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Autore: Halina    20/05/2020    1 recensioni
Nymphadora Tonks viene convocata al Ministero della Magia in piena notte, dove le viene rivelato che suo cugino, Sirius Black, è evaso da Azkaban. Anche se il suo addestramento da Auror non è ancora completato, viene inserita nel gruppo di ricerca guidato da Kingsley Shacklebolt con un compito specifico, indagare su Remus Lupin. Così, due anni prima di trovarsi insieme nell'Ordine della Fenice, le strade di Dora e Remus si incrociano.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Capitolo 19 – Febbraio e Marzo 1995
 

Dora si stiracchiò sulla poltrona, allungando pigramente i piedi verso il tepore del camino, le dita arricciate dentro le sue buffe calze a righe viola e arancioni. Continuò a ridacchiare sommessamente per la storia che suo padre le aveva raccontato e si posò le mani sulla pancia gonfia: sua madre non aveva fatto sconti con la cena.

Andromeda prese posto sul divano di fronte a lei, mentre Ted sparecchiava la tavola. Madre e figlia si godettero qualche istante di sereno silenzio prima che la donna sorridesse: “Allora, Dora, come procedono le tue investigazioni? Possiamo aiutarti con qualcosa?”

Tonks sobbalzò, il suo coma da cibo bruscamente interrotto da quelle parole. Per tutta la sera aveva fatto in modo di evitare l’argomento lavoro, ma avrebbe dovuto sapere che non c’era modo di sfuggire a sua madre. Si chiese per un istante se fosse una legilmens, quindi scacciò bruscamente il pensiero e sospirò: “Sono solo stanca, – mormorò – sto cercando di trovare collegamenti annaspando senza uno straccio di prova.”

Esitò un istante prima di trovare il coraggio di aggiungere: “Mamma, credi sia possibile che la tua famiglia sia coinvolta?”

Andromeda spazzolò invisibili granelli di polvere dalla lunga gonna di feltro che indossava, evitando il suo sguardo: “Perché me lo chiedi?”

“Tutti sanno dei Lestrange, ovviamente, ma credi che zia Narcissa e suo marito fossero Mangiamorte? Conosci il Marchio Nero? Sai se …”

Andromeda si alzò improvvisamente dal divano, dando le spalle alla figlia senza darle modo di cogliere l’espressione sul suo volto. Dora la vide attraversare la stanza fino alla finestra e abbracciarsi il petto prima di rispondere piano: “Se mi stai chiedendo se mia sorella è marchiata… non lo so. Ho perso ogni contatto con lei e Bella quando ho iniziato a uscire con tuo padre, e finita Hogwarts non le ho quasi più viste. Dopo la guerra, Lucius riuscì a convincere il Wizengamot di aver agito sotto Maledizione Imperius ma ho i miei dubbi. Non posso essere certa che fosse un Mangiamorte, ma la sua posizione era notoriamente radicale, lo è sempre stata.”

Tonks si passò due dita sulla fronte; per quanto sapesse che era doloroso per sua madre parlare di quelle cose, non poté fare a meno di aggiungere: “Alla finale della Coppa del Mondo, il Marchio è stato evocato con la bacchetta di Harry Potter e il ragazzo era in tribuna con i Malfoy. Potrebbe essere stato Lucius?”

Andromeda tornò a guardare la figlia con aria triste, scuotendo appena il capo: “Ne dubito. Lucius è un codardo, vedi. Arrivista e arrogante, sicuramente, ma codardo. Teme il ritorno del Signore Oscuro, teme di perdere i privilegi che ha e di essere punito per il suo tradimento. No, non credo proprio che avrebbe compromesso la sua posizione senza certezza di un guadagno in ritorno.”

Dora mugolò e chinò il capo, sconfitta: “Potrebbe effettivamente essere stato Pettigrew, allora, o chiunque altro. C’è stata una gran confusione quella notte; nel buio e nel delirio collettivo non sarebbe stato troppo difficile sfilare la bacchetta dalla tasca di un ragazzo spaventato. Non c’è nessuna pista da seguire.”

Andromeda posò una mano sulla spalla della figlia: “Dora, che cosa ti aspettavi? Lo so che eri solo una bambina all’epoca della guerra, ma i sostenitori del Signore Oscuro erano ovunque: tra gli amici, tra i famigliari, i compagni di scuola, nel posto di lavoro. E tu stai cercando un colpevole in centinaia di migliaia?”

“Ma ci deve essere un collegamento – rispose Tonks, convinta – Il Marchio Nero alla Coppa e il nome di Potter nel calice di Fuoco non possono essere solo coincidenze. Ripartirò da Karkaroff.”

“Karkaroff? – chiese in quel momento Ted, facendo capolino in sala – Non è il Preside di Durmstrang?”

“So che è un pessimo motivo sospettare di qualcuno solo perché non si ha un’alternativa migliore, - sospirò la ragazza - ma sappiamo che non può essere stato nessuno studente ad ingannare il Calice, né nessuno che Dumbledore abbia assunto, quindi chi mi rimane?”

Sbuffò piano, per poi aggiungere: “E Dumbledore si ostina a non volere Auror che pattuglino il castello! Immagino che si senta abbastanza tranquillo con Mad-Eye all’interno della scuola, ma tutte le volte che penso a quelle centinaia di ragazzi chiusi là dentro mi viene come un brivido lungo la schiena.”

“Non c’è nulla che puoi fare, cara – sorrise Andromeda – dovresti cercare di pensare ad altro, vedere gli amici … deduco che con Remus le cose non abbiano funzionato?”

Dora saltò sulla poltrona, paonazza: “Come? Cosa? Remus?”

“Sì, Remus. Non è che non mi faccia piacere averti a cena, Dora, ma avrei sperato che avessi qualcuno di più interessante con cui passare la sera di San Valentino.”

Dora si schiarì la voce: “Bah… è una festa stupida in ogni caso…”

Si alzò, fuggendo dalla sala con una scusa, e non notò lo sguardo affettuoso e divertito che i suoi genitori si scambiarono dietro la sua schiena.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤
 

Con il calendario ormai sulla pagina di marzo, le temperature si stavano facendo più clementi, nonostante il vento e la pioggia non avessero smesso di incombere sul sud dell’Inghilterra.

La seconda prova del Torneo Tremaghi era arrivata e se n’era andata senza intoppi, se non una valanga di articoli più o meno lusinghieri usciti sulle varie testate. Kingsley era andato ad Hogwarts ed era passato indenne dall’enigmatico scrutinio del Preside, Percy Weasley continuava a sostituire Barty Crouch e Tonks aveva la spiacevole sensazione che stesse succedendo qualcosa di grosso, qualcosa da cui era completamente tagliata fuori, che le stava venendo nascosta.

Era appena rientrata in casa bagnata fradicia, stramaledicendo il diluvio che si stava abbattendo sulla città, quando un grande lupo argentato apparì in corridoio, facendola piombare a terra per lo spavento.

“Ciao, Nymphadora, – disse il Patronus nella calda e rassicurante voce di Remus, e la ragazza rimase congelata sul pavimento – spero tu stia bene. Stavo pensando che potrebbe farti piacere avere qualche aggiornamento e mi chiedevo se avessi voglia di vederci, il prossimo fine settimana magari. A presto… spero.”

Dora si lasciò cadere all’indietro lunga e distesa, intrecciando le mani sotto la testa, e si crogiolò per qualche istante nell’adorabile sensazione di calore che la stava assalendo. Due mesi, erano passati due maledettissimi mesi durante i quali si era dovuta costringere più e più volte a non cercarlo, a non forzarlo … ed era bastato sentire la sua voce per perdonargli la lunga assenza, per perdonargli qualsiasi cosa.

Estrasse la bacchetta dalla manica con un rapido gesto del polso ed evocò senza sforzo un patronus che le si accoccolò sul palmo della mano: “E’ bello sentirti, Remus – mormorò al roditore argentato – Vengo da te, Londra mi sta mandando fuori di testa. Mandami le indicazioni per raggiungerti e ci vedremo sabato.”

Si morse un labbro, cercando di contenere l’entusiasmo, infine si lasciò andare a aggiunse un rapido: “Mi sei mancato.”

Improvvisamente Londra, la pioggia, il Ministero, le indagini… nulla contava più. Di lì a quattro giorni avrebbe visto Remus.
 

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Si era a malapena rimessa in piedi, ancora intontita dalla smaterializzazione, quando una violenta folata di vento la travolse, facendole nuovamente perdere l’equilibrio. Chiuse forte gli occhi, alzando le braccia per proteggersi dall’inevitabile urto, e crollò miseramente sulla sabbia fresca.

Da qualche parte sopra di lei, una sagoma si interpose al sole, facendole ombra; socchiuse un occhio e sentì il cuore iniziare a battere all’impazzata non appena ebbe messo a fuoco il viso sorridente e benevolo di Remus, che la squadrava con le braccia conserte su un cardigan panna.

“Benarrivata, Nymphadora.”

La ragazza sbuffò piano, sollevando il ciuffo violaceo dagli occhi e mettendosi a sedere abbandonando ogni pretesa di eleganza: “Ciao, Remus.”

Si prese un istante per guardarsi attorno, abbracciando con lo sguardo la grande spiaggia deserta su cui era comparsa, le onde che si infrangevano sul bagnasciuga sabbioso e il vento implacabile che ne portava il profumo e gli spruzzi fino a lei. Dal lato della terraferma erano protetti da piccole dune che nascondevano alla vista cosa ci fosse dall’altra parte.

Remus le tese entrambe le mani e la tirò delicatamente in piedi per poi tenerla vicina a sé, le loro mani unite posate sul suo petto. La guardò dritto in volto per qualche istante e Dora si sentì arrossire sotto quello sguardo affettuoso, tutto per lei.

Infine, Remus le lasciò andare una mano per spostarle qualche ciocca ribelle dietro un orecchio: “Sono felice che tu sia qui” le mormorò, senza distogliere lo sguardo.

Tonks non poté fare a meno di sorridere: “E io sono felice di essere qui” gli rispose, alzandosi sulla punta dei piedi per posargli un bacio leggero su una guancia ispida.

“Vieni, - disse allora lui, raccogliendo da terra la borsa della ragazza e facendole cenno verso le dune - togliamoci dal vento, non è distante.”

Lei lo seguì di buon grado, profondamente grata della mano forte e calda che stringeva ancora la sua.

In poco meno di un quarto d’ora avevano raggiunto un cottage di pietra e paglia, circondato da un piccolo giardino e un orto. Remus aprì il cancelletto e poi la porta, precedendola dentro. Un fuoco torbato ardeva pigro nel camino, i mobili erano in legno e avevano un’aria rustica e accogliente e una porta socchiusa si affacciava su quella che doveva essere la camera da letto.

Remus appoggiò la borsa di Dora sul divano, per poi passarsi una mano tra i capelli: “Non è molto ma…”

“È adorabile” finì la ragazza per lui.

L’uomo le rivolse uno sguardo gentile e fece per dire qualcosa, ma richiuse la bocca vedendo l’aria genuinamente felice di Tonks: “Lo credi davvero” commentò stupito.

Lei annuì, passando un palmo sulla superficie del tavolo per poi issarsi a sedere sul bordo senza troppa fatica, le gambe a penzoloni. Rivolse a Remus un sorriso sornione e gli fece cenno con l’indice di avvicinarsi. Lui esitò appena, con aria divertita, ma avanzò infine cautamente verso il tavolo, prendendo posto tra le sue gambe leggermente divaricate. Le posò le mani sui fianchi, sfiorandole la fronte con la sua.

Dora gli passò le braccia attorno al collo e si sporse avanti per un bacio. Aveva voluto essere un bacio dolce e leggero ma, quando si staccò dalle sue labbra con un piccolo sospiro, non riuscì ad allontanarsi. Rimase con il volto a pochi centimetri dal suo, cercando i suoi occhi, in cui lesse lo stesso bisogno, la stessa urgenza, a malapena repressa.

Un commento malizioso le morì sulla punta della lingua appena in tempo. Ricordò come fossero bastate poche parole, in precedenza, a rovinare tutto, e decise che non era disposta a rischiare di perdere quell’occasione in cui Remus sembrava disposto a mettere da parte le sue remore e permetterle di donarsi a lui. Non gli lasciò tempo di pensare troppo; gli fece passare le gambe attorno alla vita e si aggrappò alle sue spalle, premendosi contro di lui tornando a baciarlo.

Remus sprofondò il capo nell’incavo del suo collo, sollevandola senza sforzo, e attraversò la piccola stanza fino alla soglia della camera da letto. La posò a terra e Dora calciò via gli anfibi, afferrando al tempo stesso il maglione e la maglia che Remus indossava e tirando tutto dolcemente verso l’alto. Trattenne bruscamente il fiato quando vide la rete sottile di cicatrici che si rincorrevano sul suo petto, magro e sorprendentemente glabro. Cercò il suo sguardo, e vi lesse emozioni contrastanti.

Era immobile, sembrava a malapena respirare, i pugni stretti e le spalle tese; aveva negli occhi una triste determinazione, e un forte imbarazzo. Tonks percepì distintamente nella sua postura e nella sua espressione la certezza del rifiuto e, ancora una volta, si impedì di inondarlo di parole di rassicurazione e scelse invece di alzare con estrema cautela una mano ad accarezzargli il viso. Lui socchiuse gli occhi e il suo intero corpo fu scosso da un piccolo tremito. Dora gli strinse la via con il braccio libero e portò le labbra a sfiorare la grossa cicatrice che scendeva dalla clavicola destra fino a quasi all’ombelico.

Fece scorrere piano le dita lungo i suoi fianchi, ma quando raggiunse la fibbia della cintura, lui le prese entrambe le mani. Per un attimo fu il suo turno di temere il rifiuto, un senso di vertigine prima del vuoto mai provato prima, ma Remus si limitò a indirizzarla delicatamente verso il letto, facendola sdraiare di traverso sul copriletto fiorato per poi esalare piano contro il suo collo, chinando il capo per posare un bacio giusto sotto il suo orecchio, una mano che le sfiorava leggera un seno attraverso troppi strati di vestiti.

Si lasciò baciare per qualche istante, mentre Dora gli accarezzava piano la schiena e le spalle, segnate da altre cicatrici, quindi fece forza sugli avambracci e si sollevò un poco, quanto bastava a guardarla in viso. Qualche ciuffo castano gli ricadeva scompostamente davanti agli occhi chiari, dandogli un’aria insolitamente sbarazzina. La sua espressione, però, era seria.

Dora mugolò piano e abbandonò il suo buon proposito di stare zitta, posandogli un dito sulle labbra: “Ti prego, Remus, so cosa stai per chiedermi… non farlo, sai già qual è la risposta.”

Inaspettatamente, lui sorrise, baciandole il polpastrello: “Non volevo chiederti se sei sicura di volerlo.”

Lei inarcò le sopracciglia, stupita: “Oh! Che cosa volevi dirmi, allora?”

“Che voglio che questo succeda con te, Dora, voglio vedere te. Togli la metamorfosi, tutta.”

Lei si irrigidì appena, colta alla sprovvista: nessuno le aveva mai fatto quella richiesta. Era molto più probabile che le venisse chiesto, in modo più o meno serio, di alterare qualche caratteristica. Nessuno, se non i suoi genitori di sfuggita, l’aveva mai vista completamente priva di metamorfosi in età adulta. Ciò nonostante, non esitò, si aggrappò alle braccia di Remus con entrambe le mani e prese un grande respiro, strizzando gli occhi.

In un attimo, i capelli erano scesi a sfiorarle le spalle, di nuovo del loro anonimo colorito castano, il viso era tornato ad avere la sua infantile forma a cuore e il naso e gli zigomi si erano induriti. Esitò, chiedendosi che cosa avrebbe visto Remus in lei: Sirius in gonnella? O, peggio, una brutta copia di Bellatrix Lestrange?

Sentì un bacio leggero posarsi sulle sue labbra e si costrinse ad aprire gli occhi, incontrando l’espressione serena di Remus: “Grazie. Sei bellissima, Dora.”

Nymphadora non poteva, né voleva, negare di aver immaginato quello scenario decine di volte negli ultimi mesi, in platonici sogni ad occhi aperti quanto nelle ore più private della solitudine del suo letto. Tutto si era aspettata tranne il silenzio tranquillo della piccola camera rustica, con la sua carta da parati pastello e le tende coordinate con il copriletto, gli uccellini che cinguettavano nel sole fuori dalla finestra e Remus che faceva l’amore con lei con la dedicata delicatezza che lo contraddistingueva.

Rimase a lungo distesa mollemente su un fianco, il corpo nudo tenuto tiepido dal lenzuolo e gli arti troppo pesanti per essere spostati da dove stavano, una gamba di traverso su quelle di Remus, un braccio stretto attorno ai suoi fianchi snelli. Il petto sotto la sua guancia si alzava e abbassava a intervalli regolari; a tratti poteva sentire il suo respiro ancora laborioso sfiorarle i capelli, ma non poteva guardarlo in viso, il capo incastrato com’era in quella piega tra collo e spalla che sembrava creata apposta per lei. Chiuse gli occhi e respirò la sua pelle accaldata.

Quanto lo aveva desiderato! Perfino ora, completamente appagata, una parte di lei voleva salirgli in grembo, baciare ogni centimetro del suo corpo magro e segnato e trascinarlo in un tale vortice di passione che sicuramente il vecchio letto non sarebbe sopravvissuto indenne alla prova. Era riuscita a trattenersi, a lasciare che fosse lui a prendersi il tempo di esplorarla, accogliendo tanto il suo tocco gentile quanto la sua timidezza nell’essere a sua volta stretto e toccato.    

La grande mano calda che riposava sul suo braccio prese ad accarezzarla piano e Dora sprofondò il naso nel collo di Remus per un ultimo respiro prima di sollevarsi su un gomito, pregando di non trovare rimorso nei suoi occhi gentili. Fu una versione inedita di Remus che incrociò il suo sguardo, vulnerabile, ancora in pare incredulo, ma sicuramente non rammaricato. Gli sorrise e lui ricambiò, impacciato, tirandola a sé e posandole le labbra sulla fronte.  

 
*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤

 
Il sole era ormai tramontato, e un fuoco scoppiettava allegro nel camino, quando Dora riemerse dal bagno tamponandosi i capelli umidi. Dall’altro lato della stanza, Remus le deva le spalle, supervisionando gli ultimi preparativi della cena. La ragazza lasciò cadere l’asciugamano su una sedia e si appoggiò al tavolo, mordicchiandosi un labbro: “Ehi, stai… bene?” 

Remus posò il cucchiaio di legno e si voltò con un’espressione stupita: “Bene? – ripeté, e in due lunghe falcate l’aveva raggiunta, posandole entrambe le mani sui fianchi – Merlino, Dora! Devo averti dato dei segnali ben contraddittori se devi farmi una domanda del genere!”

“Beh, sì. Non nell’ultimo paio d’ore! – si affrettò ad aggiungere lei con un sorriso affettuoso – Ma prima, mi sono chiesta più volte se… Ma non importa, qui e ora sono solo maledettamente felice.”

Posò una guancia sul suo petto e lui la tenne stretta, sospirando piano: “Anche io, Dora. Sono felice come non sono stato…”

Si interruppe, e Tonks si irrigidì inconsciamente, chiedendosi se Remus stesse pensando a Dorcas e a come gli avesse spezzato il cuore tanti anni prima. Due dita si posarono sotto il suo mento, facendole inclinare il capo verso l’alto, e nuovamente c’era incertezza sul viso dell’uomo quando mormorò piano: “Sarebbe patetico, o ti farei scappare via urlando, se ti dicessi che non credo di essere mai stato così felice nella mia vita?”

Dora si sentì mancare il respiro per un attimo, stordita dall’intensità delle emozioni che stavano travolgendo il suo piccolo cuore. Gli prese il viso in entrambe le mani, guardandolo dritto negli occhi: “Sono estremamente grata che tu mi abbia lasciato mostrarti come io ti vedo, che tu ti sia concesso di liberare questa parte di te, e che tu lo abbia fatto con me.”

E mentre Remus chiudeva gli occhi, stringendosela al petto e appoggiando il mento sui suoi capelli, nel cuore di Tonks si fece strada qualcosa di diverso: una scintilla di paura, il presentimento che la sua felicità non avrebbe più potuto prescindere dalla presenza di Remus Lupin nella sua vita, tra le sue braccia. Prima che potesse dare un nome, semplice e potentissimo, a quel presentimento, Remus le spostò una ciocca di capelli scuri dietro un orecchio: “Sirius manda i suoi saluti, mi ha scritto un paio di giorni fa.”

Dora sorrise, chiedendosi se la lettera del cugino fosse in qualche modo responsabile dell’imprevista, meravigliosa piega che aveva preso il suo weekend: “Come sta?”

“Bene, credo – rispose Remus, staccandosi delicatamente da lei per andare a mettere in tavola la cena – Se n’è andato da più di un mese, ormai, non so esattamente dove sia ma Dumbledore deve avergli trovato un posto sicuro non lontano dalla scuola. È in contatto con il giovane Harry, come intendeva fare, ma ha deciso di non dirgli che è stato in Inghilterra negli ultimi mesi; credo non voglia che il ragazzo si faccia delle idee su chi potrebbe essere coinvolto nella sua protezione.”

Appoggiò delicatamente i piatti sulla tovaglia quadrettata ed esitò, guardando Tonks che si era accoccolata su una sedia e stava spalmando un’abbondante dose di burro su una fetta di pane: “Ci sono novità da Hogwarts, Dora.”

Lei si bloccò con i denti nel pane, bofonchiando: “Buone o cattive?”

“Complicate. A detta di Harry, Barty Crouch è comparso a scuola – all’espressione sbalordita di Dora, Remus precisò – Non in veste ufficiale! Ricordi della mappa di cui ti ha raccontato Sirius? Harry l’ha visto su quella, pare stesse tentando di entrare nell’ufficio di Severus.”

Dora posò lentamente il pane sul piatto, la fronte corrucciata: “Tutto questo non ha senso. Continua a darsi malato, non mette piede al Ministero da mesi, smette di seguire il Torneo per poi sgattaiolare a Hogwarts di soppiatto? Come? E perché tra tutti i posti possibili proprio l’ufficio di Snape?”

Remus si strinse nelle spalle: “Credo che il fatto che qualcuno sia riuscito a manomettere il Calice sotto il suo naso sia stato un duro colpo per Barty, si dice che trovare maghi oscuri sia diventata un po’ una sua fissazione. Magari si è ritirato dalla vita pubblica per indagare per conto suo su che cosa stia succedendo a scuola? E Severus… Harry ha origliato una conversazione, pare che Karkaroff l’abbia avvicinato durate una lezione e gli abbia mostrato qualcosa sul suo avambraccio. Da quello che mi hai raccontato delle tue ricerche potrebbe essere…”

“Il Marchio Nero – finì per lui Tonks – su questo non c’è dubbio. Non può essere una coincidenza, Remus, e finalmente mi darebbe una risposta all’enigma di Crouch, che mi ossessiona da mesi.”

Tacquero entrambi per qualche istante, concentrati sul cibo, quindi Tonks brandì una forchetta e scosse la testa: “No, c’è ancora qualcosa che non mi torna. Karkaroff sarebbe nella posizione ideale per essere stato reclutato da Voldemort una seconda volta, chi meglio di lui per andare a Hogwarts e manomettere il Calice di Fuoco per far partecipare Harry al Torneo? Ma allora perché avvicinare Snape? Per cercare di reclutarlo alla causa? Sotto il naso di Dumbledore? Non ti sembra un po’ troppo… dilettantistico per un mangiamorte?” 

Remus sospirò: “Non lo so, Dora, anche io ho una preoccupazione simile. Il Marchio Nero alla finale è stato evocato con la bacchetta di Harry, nel Calice è stato messo il nome di Harry… è chiaramente lui l’obiettivo di tutto questo, eppure ancora non gli è successo nulla. Ora, possibile avere orchestrato tutto questo nella speranza che durante il Torneo gli capitasse un incidente? Anche questo mi pare un po’… dilettantistico.”

“Il Torneo non è ancora finito, Remus.”

Remus si passò una mano sul viso, improvvisamente stanco: “La felicità è così sfuggente, Dora, qualcosa mi dice che non abbiamo più molto tempo prima che arrivi il momento della verità.”

“In tal caso - mormorò lei, alzandosi e prendendolo per mano - Non sprechiamo nemmeno un istante.”



 
  
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