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Autore: Jeo 95    24/05/2020    1 recensioni
(All27-Family centic)
Disperati. Distrutti. Pronti a tutto pur di riavere ciò che hanno perduto, ciò che gli è stato tolto ingiustamente, e che non sono disposti a lasciarsi alle spalle.
A costo di perdere sè stessi, faranno tutto ciò che è in loro potere per salvare la vita di colui senza il quale non possono vivere.
Perchè un Cielo senza Elementi può vivere ugualmente.
Ma gli Elementi senza un Cielo non possono far altro che perire.
***
(Titolo provvisorio)
Genere: Angst, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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N.d.A.- Chaossu! 
So di essere terribilmente in ritardo (è un eufemismo, ho aggiornato un anno fa) purtroppo però ho una vita abbastanza frenetica, che non mi permette di aggiornare quando vorrei. Non vi faccio promesse, ma siccome ho finito di stilare la scaletta dei capitoli -saranno 29 in totale se non ci aggiungo cose durante la stesura- so più o meno cosa devo scrivere in ognuno, quindi dovrebbe essere più facile aggiornare. Non ci credo molto ma proviamoci!
Se volete lasciare una recensione a me fa sempre piacere sapere cosa ne pensa chi legge, se ci sono errori e/o imprecisioni o anche se il lavoro fa schifo e sto sprecando il mio tempo.
Intanto ringrazio chi legge e mi supporta in silenzio, 
Buona lettura e alla prossima!
Baci


Jeo95/ArhiShay


p.s.

«.» -dialoghi
"." -pensieri
corsivo -I discorsi dei Guardiani che solo Hayato può sentire.

p.p.s. Ho notato un errore nei capitoli precedenti, dove "Nakano" per qualche strano motivo è diventato "Nakamura", ho già provveduto a correggerlo,.

 

Enjoy the reading!
 

*w*w*w*w*w*


 

Nonostante Tsuyoshi non fosse mai stato parte attiva del mondo malavitoso -il fatto che fosse allievo di un maestro spadaccino non faceva di lui un criminale- c'erano alcuni nomi della mafia che perfino un mercenario errante conosceva o comunque aveva sentito nominare almeno una volta: nomi dei Boss più influenti, famosi killer su commissione ed altre figure di rilievo nel mondo della mala, tutti individui la cui forza e spietatezza era nota in più strati della criminalità organizzata.

Era consapevole della loro forza e delle proprie possibilità di sopravvivere contro esseri di un certo calibro, aveva quindi cercato di evitare ogni possibile contatto con chiunque di essi, onde ingaggiare uno scontro che sapeva di perdere sin dal principio: Hayato Giglio Nero -dal cognome apparentemente sconosciuto- era un nome relativamente nuovo nel mondo della mala moderna, ma non per questo meno temibile.

Quando l'aveva trovato seduto al bancone del suo ristorante, impegnato in una conversazione con la sua dolce Aki, il primo istinto di Tsuyoshi era stato quello di rilasciare parte delle sue fiamme mischiate all'istinto omicida, un avvertimento al malavitoso nel tentativi di intimorirlo, lasciandogli intendere che non avrebbe permesso succedesse qualcosa alla moglie senza combattere.

Il mero fatto di non avere la vittoria assicurata non l'avrebbe fermato dal proteggere la sua amata.

Nell'istante in cui però aveva notato la presenza rilassata di Iemitsu -quando aveva scoperto che il fratello adottivo di Aki era niente di meno che il figlioccio del Nono Vongola aveva quasi avuto un infarto- accanto al giovane Giglio Nero, si era leggermente rilassato, sicuro che nonostante il mondo in cui vivevano ed i pericoli che affrontavano ogni giorno, Iemitsu non avrebbe mai fatto nulla per mettere Aki in pericolo, tanto meno portarle direttamente in casa un possibile assassino.

«Ah, bentornato Tsuyoshi!»

Esclusi i due mafiosi c'erano pochi clienti nel locale -nessuna sorpresa, dopotutto era quasi ora della chiusura pomeridiana- tutti serviti e intenti a rilassarsi prima di andare e riprendere le loro consuete attività.

Aki lasciò il suo posto dietro il bancone per andargli incontro, accogliendolo con un dolce bacio che Tsuyoshi ricambiò con piacere: vide con la coda dell'occhio Iemitsu sorridere mentre li osservava, mentre il suo compagno sembrava più concentrato a fissare il sushi che non prestare attenzione alla ricongiunzione della coppia -per un attimo, Tsuyoshi credette di averlo visto irrigidirsi, ma dismise subito quell'idea assurda.

Non c'era ragione per cui un mafioso dovesse irrigidirsi in presenza di un semplice mercenario.

«È bello rivederti Yoshi-san! Ti trovo in forma, per uno che ha a che fare con Aki-chan tutti i giorni.» lo salutò Iemitsu, avvicinandosi e offrendogli una stretta di mano che Tsuyoshi accettò cordialmente, osservando la sua dolce metà colpire dispettosamente il giovane Sawada alla bocca dello stomaco per la battuta appena fatta.

«Ahahahah sempre energico, eh Iemitsu?»

Nonostante l'incertezza iniziale, Tsuyoshi si era affezionato al giovane come se fosse parte della famiglia, ma considerato il delicato rapporto di amicizia e fratellanza che legava Iemitsu e sua moglie, non avrebbe potuto negargli l'amicizia nemmeno se avesse voluto: non era così crudele da costringere Aki a scegliere tra l'amore e la famiglia.

Era una scelta che a lui era stata imposta, e ancora oggi portava le dolorose cicatrici emozionali che quella decisione gli era costata. Non esisteva né in cielo né in terra che sottoponesse la sua amata a quello stesso, crudele destino.

«Vedo che hai un ospite! Chi è il tuo amico, Iemitsu?»

È un pericolo?

Era il significato nascosto dietro le sue parole, che Iemitsu sembrò cogliere e dissipare con un semplice sorriso.

Un alleato.

«Yoshi-san, ti presento il mio miglior amico al lavoro, Haya-chan!» disse, costringendo l'altro ragazzo dai capelli biondi come il grano ad alzarsi e a fronteggiare Tsuyoshi faccia a faccia.«Haya-chan, questo è Yamamoto Tsuyoshi, il sant'uomo che ha avuto il coraggio di sposare quel maschiaccio di...»

Schivò con precisione il pugno con cui Aki stava per colpirlo alle spalle, evitando agilmente tutti gli attacchi successivi che la donna sembrava volergli infliggere.

«Ti farò rimangiare ogni singola parola, Iemitsu!»

Ouch, era davvero furibonda.

«Provaci, Aki-kun.»

Tsuyoshi scosse il capo rassegnato: si erano appena ritrovati e già Sawada aveva voglia di morire per mano della sorella.

Nonostante avesse una buona opinione di lui, a volte Iemitsu si rivelava essere più strano di quanto non sembrasse all'apparenza: nonostante tutto però, l'effetto che la sua sola presenza faceva era visibile sul viso rilassato e disteso di Aki, altrimenti costantemente in pena per la vita frenetica del fratello.

Nonostante non fosse direttamente coinvolta con la mafia, nonostante lo stesso Iemitsu avesse preferito tenerla quanto più all'oscuro possibile, una parte di Aki era comunque consapevole che qualunque fosse il misterioso lavoro di Iemitsu in Italia, non avesse nulla a che fare con costruzioni e cantieri: era qualcosa di più pericoloso ed oscuro, non serviva che qualcuno glielo dicesse, era troppo legata all'amico d'infanzia per non capire quando nascondeva qualcosa.

«A volte vorrei solo sapere cosa c'è che non va... vorrei che mi dicesse cosa lo turba, cosa lo tiene lontano da Namimori per così tanto tempo. So che lo fa per proteggermi, ma non saperlo mi rende solo più ansiosa...»

Erano state le parole con cui si era confidata una sera, mentre la stringeva amorevolmente tra le braccia, carezzandole i capelli color pece morbidi e lisci come fili di seta: avrebbe voluto dirle tutto in quell'istante, stringerla più forte e baciarla, rassicurarla che tutto sarebbe andato bene e che Iemitsu se la sarebbe cavata. Il desiderio di proteggerla aveva preso il sopravvento, tacendo su ciò che sapeva e continuando invece a carezzarle i capelli dolcemente fino a quando non si era addormentata tra le sue braccia.

Non avrebbe rischiato che la verità la mettesse in pericolo, ma anche se avesse voluto farle sapere la verità, non era quello un suo segreto da rivelare: spettava a Iemitsu e a lui soltanto la decisione se dirle renderla partecipe della sua vita segreta o meno.

«Ma fanno sempre così?» la domanda inaspettata del giovane lo riportò al presente, dove la moglie ancora rincorreva il fratellastro in circolo, nel vano tentativo di fargli rimangiare quanto appena detto, sotto lo sguardo dubbioso del fantomatico “Haya-chan”.

«Temo proprio di sì. Se bazzicherai spesso da queste parti dovrai abituarti a quei due.»

Tsuyoshi sorrise, concedendosi qualche secondo per guardare per bene il giovane biondo in giacca e cravatta che sostava accanto a lui, fermandosi sulla figura snella ma tonica, con l'eleganza e la finezza che appartenevano ad un perfetto maestro spadaccino -se la sacca accostata ai suoi piedi, perfettamente raggiungibile in caso di pericolo, fosse un indizio sull'arma prediletta del giovane.

Lo guardò a fondo, e più lo guardava, più sentiva che c'era qualcosa di particolare nel giovane che sedeva di fronte a lui: qualcosa nello sguardo, nella posa in cui era, nei movimenti del corpo che lo rendevano impossibile da decifrare, dando a Tsuyoshi la sensazione che, in un duello di spada, prevedere le mosse di questo particolare avversario non sarebbe stato possibile.

Forse ciò che più lo incuriosiva e turbava al tempo stesso era l'aura vissuta che gli aleggiava tutt'attorno, come se con quegli occhi verde opaco -avevano scintillato di marrone per caso?- avesse visto e sperimentato sulla pelle diafana più dolore e rammarico di quanto una persona così giovane avrebbe dovuto sopportare: Tsuyoshi riconosceva un sopravvissuto quando lo vedeva, e questo “Haya-chan” era di certo scampato a qualcosa di così orribile che non sarebbe stato possibile descriverlo a parole.

C'era solo una cosa a cui lo chef riuscì a pensare, ma preferì non indagare con scomode domande che avrebbero soltanto portato disagio.

«Credo allora mi dovrò abituare, Iemitsu sembra si diverta a trascinarmi in giro come un cane.» Lo vide estrarre da un taschino interno un pacchetto di sigarette, portarsene una alla bocca e rimettere il resto al suo posto, senza però accenderla. «Mi chiamo Hayato a proposito, non “Haya-chan”. Giuro che se non la smette, prima o poi lo faccio saltare in aria.»

Chissà perché, ma Tsuyoshi non aveva il minimo dubbio che fosse serio in proposito.

«Yamamoto Tsuyoshi, passa pure se hai voglia di sushi. Abbiamo i migliori piatti di tutto il Giappone.»

Ed era sincero nella sua offerta -un amico di Iemitsu era quasi automaticamente amico suo- trovandosi quasi a proprio agio in presenza del giovane, mentre le prime impressioni di sconforto e dubbio sembravano quasi completamente dissolte: non era mai saggio abbassare la guardia, ma Tsuyoshi sentiva di poter concedere un po' di fiducia a questo ragazzo.

«Credo proprio accetterò l'offerta... ora scusami, vado fuori a fumare una sigaretta, sono in astinenza da troppo.»

Tsuyoshi annuì, osservandolo mentre lasciava il locale con tranquillità.

Si portò una mano al petto, cercando di calmare la Pioggia che si agitava fremente dentro di lui: prima aveva avuto dei dubbi, ma ora era certo che ci fosse qualcosa di speciale in Hayato.

Non aveva ancora ben chiaro cosa fosse, ma sembrava che le sue Fiamme fossero entrate in una specie di risonanza con quelle del giovane, sconvolgendole sin nel profondo, quasi come se fosse...

CRASH!

Il rumore di piatti che si schiantavano a terra lo riportò alla realtà, mentre con un sospiro rilegava il mistero che era Hayato in un angolo della mente e si concentrava su come fermare la furiosa corsa di Aki e Iemitsu: era contento che si fossero ritrovati, ma era meglio fermargli prima che distruggessero ogni singola ceramica del negozio.
 

***
 

«Vi ho portato un po' di sushi, immagino abbiate fame.»

No, veramente nessuno di loro era affamato.

Erano passati giorni dall'ultima volta che avevano messo qualcosa sotto i denti, eppure nessuno aveva avuto un singolo crampo allo stomaco, la necessità di nutrirsi completamente sparita e soppiantata da un dolore ben più grande: quando un legame veniva reciso con così tanta forza da strapparti perfino l'aria dai polmoni, la fame non era poi così importante.

Takeshi capiva la preoccupazione del padre -il suo desiderio di aiutarli in questo momento difficile, di cercare almeno in parte di limitare i danni di una ferita così profonda- ma non poteva evitare di curarsi poco e nulla delle necessità del suo corpo: a che scopo sopravvivere e funzionare, se Tsuna non era accanto a loro?

Il solo pensare all'amico gli procurò una nuova fitta al cuore, strappandogli l'aria dai polmoni con aggressività, quasi come un pitone che gli si attorcigliava al collo, sempre più stretto e letale: si strinse una mano al petto, mentre con l'altra tastava alla cieca nel buio, alla ricerca di un qualsiasi contatto con uno dei suoi compagni Guardiani -ne bastava uno, uno soltanto per ritrovare la calma, uno, uno, unounounounounounouno-

Fu la mano di Kyoya a trovare la sua, stringendo con forza e fermezza, e soltanto quando sentì le dita affusolate e sottili della Nuvola intrecciarsi alle proprio, solo allora Takeshi ricominciò a respirare: Jiro e Kojiro gli si erano fatti più vicini, strusciando i musetti sulla sua pelle per far sentire la loro presenza ed il loro sostegno, infondendogli fresche e calme Fiamme della Pioggia che gli tranquillizzarono il battito cardiaco, aiutandolo nello stesso tempo a riprendere il controllo delle proprie.

Erano preziose le sue Fiamme, poiché possedevano l'attributo Calma: con la Calma della Pioggia, Takeshi poteva calmare gli attacchi di panico causati dal pensiero di Tsuna, non solo per sé stesso, ma anche per gli altri Guardiani, riducendo almeno in parte il dolore fisico che li stava consumando.

Non poteva crollare, non proprio lui che era capace di lavare via il dolore e la paura dai propri compagni.

Doveva resistere ad ogni costo.

Con la coda dell'occhio osservò Tsuyoshi trarre un sospiro di sollievo -doveva aver assistito alla scena, non faceva che farlo soffrire- facendo alcuni passi nel buio per cercare di avvicinarsi al figlio e agli altri Guardiani.

Takeshi lo lasciò fare, stringendo ancora più forte la mano di Kyoya in cerca di conforto e contatto, come a volersi assicurare che fosse ancora lì, che qualcun altro di importante non fosse sparito proprio davanti ai suoi occhi, lasciandolo solo e al buio.

Sentì la mano della Nuvola ancora stretta nella sua e si rilassò, lasciando che Kyoya appoggiasse il capo stanco sulla sua spalla, chiudendo gli occhi in un disperato tentativo di riposare e fuggire dagli incubi che tormentavano il suo sonno -il sonno di tutti loro- senza mai lasciare la presa l'uno dall'altro.

Nonostante non fosse mai stato un amante delle folle e del contatto, Takeshi sapeva che anche un lupo solitario come Kyoya stava risentendo della mancanza del Cielo più di quanto non avrebbe mai ammesso: erano diventati un branco, il suo branco, e se c'era qualcosa in cui Hibari era bravo, era proteggere ciò che era suo.

La Nuvola era possessiva e territoriale per natura, ed anche se con modi bruschi e a volte violenti, sapeva dimostrare di tenere alle cose che per lui erano importanti, di poter proteggere il branco con le unghie ed i denti al costo della vita: in altre circostanze Takeshi avrebbe sorriso della cosa, ma in quel momento il solo distendere le labbra gli riusciva impossibile.

Stancamente, appoggiando la testa su quella di Hibari, lasciò vagare distrattamente lo sguardo sul resto della stanza, alla ricerca degli altri Guardiani che erano più o meno tutti nelle stesse condizioni:accanto a Kyoya c'era Mukuro, anche lui ad occhi chiusi, con la mano intrecciata a quella della Nuvola, mentre dall'altro lato stringeva Ryohei cingendogli le spalle con un braccio, con quest'ultimo ricambiava l'abbraccio quasi inconsciamente; Chrome stringeva forte Lambo tra le braccia, lasciandosi a sua volta cullare da Hayato, che li stringeva a sé come se ne dipendesse della sua vita -probabilmente era così, il loro legame era tutto ciò su cui potevano contare per risanare la ferita- mente con la mano che scivolava dietro la schiena di Chrome intrecciava le dita con quelle di Ryohei, connettendoli l'uno all'altro in un disperato tentativo di salvarsi a vicenda dall'annegare nel dolore e nei rimpianti.

Le Box Heiki non avevano lasciato il loro fianco un singolo momento, non da quando il legame era stato bruscamente tagliato ed il mondo aveva iniziato a crollare: perdere il Cielo aveva affetto loro quanto le stesse armi, in lutto per la perdita di Natsu, scomparso assieme al suo padrone quel fatidico giorno.

«Ascoltami bene Takeshi, ascoltatemi tutti.» Tsuyoshi gli si era chinato affianco, afferrandolo per una spalla e costringendolo a specchiarsi negli occhi colmi di tristezza del padre. Si chiese come fossero i suoi, se anche loro fossero vuoti come lo era diventato il suo petto.«Io vi prometto, vi giuro che troveremo i bastardi che hanno fatto questo, che vi hanno portato via il Cielo, e gliela faremo pagare, molto, molto cara.»

Era serio, lo poteva leggere nel fugace sprazzo di rabbia che gli aveva attraversato lo sguardo mentre pensava ai maledetti bastardi che gli avevano portato via tutto.

Takeshi provava lo stesso: quando la depressione lasciava il posto ad altri pensieri e sentimenti, s'immaginava di affondare la lama nei corpi della gente che aveva preso la vita del Cielo, ancora e ancora, fino a vedere le interiora riversarsi a terra, fino a rompergli tutte le ossa e sentirli così urlare di dolore, calpestargli il cranio fino a ridurlo...

«Però» riprese Tsuyoshi, riportando su di sé l'attenzione dei Guardiani.«Voi dovete cercare di rialzarvi, reagire, ritrovare la forza che avete perduto.»

Si alzò, lasciando in bella vista nella stanza buia il pacco con il sushi che aveva appositamente preparato.«Non è facile, probabilmente non passerà mai, ma dovete almeno cercare di mangiare, combattere il dolore, sopravvivere.»

Fece per andarsene, ma si voltò un ultima volta verso di loro, l'ombra di un sorriso sul viso stanco e addolorato.«Se fosse stato uno di voi, Tsunayoshi avrebbe lottato. Si sarebbe rialzato e avrebbe dato la caccia a quegli schifosi fino ad estinguerli fino all'ultimo.» e se ne andò, lasciando i sette Guardiani con molto a cui pensare.

Quel giorno avevano avuto il loro primo pasto dopo giorni di digiuno e pianto: quelle parole erano state la spinta necessaria a farli rialzare, a ridare loro uno scopo per vivere e sopravvivere.

Poco importava che fosse per vendetta o per il puro piacere di cacciare quei bastardi come animali indifesi, le parole di Tsuyoshi avevano ridato un senso alle loro vite ormai vuote e perse.

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Nonostante le insistenze di Iemitsu di alloggiare nella dimora della sua famiglia piuttosto che in un hotel, Hayato era riuscito infine a persuaderlo a lasciar cadere la questione e accettare la sua decisione, anche se non era certo di aver convinto completamente il giovane Sawada attraverso le patetiche scuse con cui aveva rifiutato un alloggio gratuito e sicuro: non aveva altra scelte però, non essendo fiducioso nella sua capacità di poter gestire le emozioni che mettere piede in casa Sawada poteva riportare a galla.

Non solo per Lambo e Chrome -senza dubbio i due più affetti, loro che avevano vissuto diversi anni in quella stessa abitazione, ne erano stati parte quasi più di quanto non avessero fatto tutti gli altri- quella dimora era stata per tutti loro un luogo sicuro in cui potersi rifugiare, un'oasi pacifica in cui essere soltanto i ragazzini che erano all'epoca, certi di poter essere sempre accolti a braccia aperta, con un sorriso ed un delizioso pasto caldo ad aspettarli.

Dover affrontare tutti quei ricordi era semplicemente troppo da poter affrontare tutto in una volta, e considerando inoltre i piani previsti per il resto della giornata, Hayato voleva per lo meno assicurarsi di non essere talmente spossato e debole da collassare per un nonnulla: era sempre più convinto che recarsi a Namimori prima di essere preparati psicologicamente fosse stata una pessima scelta, ma era vero che poteva anche essere un ottimo allenamento per non svenire in presenza del Decimo una volta fosse venuto al mondo.

Per quella sera Iemitsu aveva deciso di organizzare una piccola festicciola al TakeSushi con il suo gruppo di amici a cui non vedeva l'ora di presentarlo -compresa la famosa Nakano di cui tanto venivano decantate le lodi- per festeggiare il suo ritorno in Giappone dopo quasi un anno di assenza.

Sinceramente, Hayato ne aveva avuto abbastanza delle emozioni provate grazie ai coniugi Yamamoto che non aveva bisogno di altre avventure per il resto della giornata: una doccia calda ed una buona dormita era tutto quello di cui aveva veramente bisogno.

Tze, erbivoro.

«Per l'ultima volta, non ho intenzione di pattugliare Namimori, né ora né mai!» ci mancava soltanto la stupida ossessione di Kyoya per la città in cui era cresciuto a rendere le cose ancor più caotiche, come se testa a prato che voleva correre per il quartiere alle quattro del mattino come i “vecchi tempi” non fosse già abbastanza.

Kfufufu i “vecchi tempi” sono morti quando abbiamo perso il Cielo, così come i “vecchi noi”.

Hayato si diresse verso il balcone della stanza, lasciando che la fresca brezza serale gli scompigliasse i corti capelli biondi -nonostante i mesi passati era ancora difficile per lui abituarsi a quel colore- prendendo una grossa boccata della sigaretta che si era portato appresso per rilassarsi.

«Hai ragione, ognuno di noi è una persona diversa da allora.»

Tutti loro, nessuno escluso, avevano fatto cose di cui in un altro tempo si sarebbero sicuramente pentiti, ma che per la loro situazione corrente non era stato nulla più che lo stretto indispensabile per sopravvivere e rialzarsi: aveva perso il conto delle persone che erano state torturate e massacrate dalle sue stesse mani, positivo che la situazione per gli altri non fosse troppo diversa.

Maa maa per questo siamo qui alla fine, per ricominciare ed impedire che la storia si ripeta!

Un grugnito sfuggì dalle labbra di Hayato.

«Non è proprio così che è andata.»

No, non era per il buon cuore di cambiare la storia e migliorare la vita di qualcuno che erano tornati indietro nel tempo -quella nobiltà d'animo l'avevano persa molto tempo prima- quanto per il puro e semplice desiderio di ricongiungersi al proprio Cielo e farla pagare al vero responsabile di tutto: i cambiamenti che avevano deciso di perseguire erano stati una conseguenza dell'essere arrivati in un epoca diversa rispetto a quella concordata.

E ancora non capivano cosa potesse essere andato storto.

Ehm... G-san non aveva detto qualcosa al riguardo?

Era sempre piacevole e rilassante sentire la dolce voce di Chrome oltre quelle irritanti e fastidiose degli altri Guardiani, una gradita pausa armoniosa dall'altrimenti caotica cacofonia prodotta da quei buzzurri.

T-Tempesta-san...!!

Era così facile imbarazzarla. Però, pensando bene all'affermazione di Chrome, effettivamente quel maledetto di G aveva detto una cosa del genere.

«Non potete scegliere voi l'epoca in cui arrivare, viaggerete fino a quando sarà necessario, fino a raggiungere il luogo con più possibilità di riuscita per esaudire il vostro desiderio, vi è chiaro mocciosi?»

Non si erano mai nemmeno fermati davvero a riflettere sulle parole del Guardiano di Prima Generazioni, eppure ora –ripensandoci a mente fredda e concentrata- doveva ammettere che tutti i discorsi e gli avvertimenti che erano stati fatti dai loro cari sembravano avere più senso di quanto non ne avessero avuto allora.

Cosa esattamente ha senso, Hayato-shi? Ore-sama trova che sia tutto incredibilmente confuso.

«Tze, ed è per questo che sei una Scemucca.» schernì, spegnando la sigaretta e lanciando un ultimo sguardo al cielo che lentamente si tingeva del blu scuro della sera.« Significa che qui troveremo le risposte alle nostre domande.»

Il rumore di una macchina che accostava gli fece abbassare lo sguardo, giusto in tempo per vedere Iemitsu schizzare fuori dalla vettura e fiondarsi nell'ingresso dell'hotel, probabilmente impaziente di recuperarlo e catapultarsi dalla sua preziosa Nakano-chan.

«Forza, vediamo di sopravvivere a questa serata. Se siamo fortunati non avremmo grandi problemi.» toccandosi l'anello Mare della Tempesta tornò in camera e prese la giacca, assicurò di avere con se l'astuccio con gli altri anelli e si avviò verso la porta.

Con un po' di fortuna non c'era nessuna sgradita sorpresa ad attenderli.


***
 

Ovviamente ci fu una sgradita sorpresa ad attenderli, una che non avevano assolutamente messo in conto.

Anzi, ad essere perfettamente onesti le sorprese indesiderate furono due, presentatesi sotto forma di microscopici lattanti di cui non avevano tenuto conto perché... insomma, quali erano le possibilità?!

Sembrava stesse andando tutto per il meglio: la presenza degli Yamamoto non sembrava più turbare Takeshi -pensava solo a godere della presenza dei genitori finché poteva, anche se loro non sapevano chi lui fosse- iniziando la serata nel migliore dei modi e dando speranza ad Hayato di non dover sopprimere nessuna Fiamma impazzita fino allo sfinimento -anche se aiutarsi con l'anello Mare della Tempesta gli permetteva di conservare energia, semplificando il processo.

Ovviamente gli altri Guardiani si erano offerti di aiutarlo a controllare qualsiasi potere si fosse scatenato all'improvviso -Chrome si era offerta, mentre tutti gli altri pigri bastardi gioivano della sua sofferenza- ma fortunatamente sembrava procedere tutto tranquillamente, quindi non aveva bisogno del loro aiuto non richiesto per salvare le sorti della serata.

E poi era arrivata Nakano, e con lei il primo dei loro guai.

«Nakano-chaaaaaaaaaaaaaa-»

Nella sua corsa disperata verso l'amata, pronto a stringerla fra le sue braccia dopo tutto il tempo in cui erano stati separati, un violento calcio gli si abbatté sul volto, frapponendosi tra lui e la giovane con una violenza tale che perfino Hayato ne rimase sorpreso: da quando erano arrivati a Namimori, Iemitsu aveva preso talmente tante botte che sospettava quasi fosse una sua passione, circondarsi di persone a cui piaceva colpirlo e malmenarlo -Lal era una prova più che perfetta a sostegno di questa teoria.

Beh, anche Ryo-nii veramente. Tutta questa grande amicizia è iniziata con un pungo.

E come dare torto alla Scemucca? Era esattamente così che Iemitsu aveva iniziato a girargli attorno come un'ape al miele.

«Are are, tutto bene, Sawada-kun?»

Un tuffo al cuore lo riportò alla realtà, mentre la voce di quella che presupponeva essere Nakano riportava alla mente di tutti ricordi felici e lontani: i sorrisi gentili, gli abbracci sempre pronti a sorreggere e a consolare, l'ingenuità più pura che era una ventata d'aria fresca tra tutte le bugie e gli inganni da cui erano circondati, il sostegno di un bacio sulla fronte e di poche parole colme d'amore, capaci in infondere forza e rischiarare il cuore anche nei momenti più bui, la bontà ed il calore che solo una madre poteva riuscire a trasmettere.

Poteva anche portare il cognome da nubile, ma non era possibile non riconoscere nei suoi gesti, nei suoi movimenti e anche solo nell'aura calma e gentile che emanava, quella che in futuro sarebbe stata conosciuta da tutti come Sawada Nana.

Mama...

Nana-san... era davvero lei.

Kfufufu

ESTREMO!

Nana-san...

Un mare di emozioni li aveva investiti, senza però farli sprofondare nella spirale di angoscia e dolore causati dall'incontrare persone strettamente legate a Tsuna: esclusi gli ultimi anni, i ricordi in compagnia di Nana erano per lo più felici, piacevoli, e tanto bastava a dar loro la forza di non ricadere tra le tenebre.

La studiò da lontano, sorseggiando del buon sakè che Tsuyoshi gli aveva gentilmente offerto, notando come anche nella sua gioventù, il sorriso ingenuo ma gentile era perennemente presente ad illuminarle il viso: per il resto, così come in futuro diventerà una bellissima donna, anche ora quella che avevano davanti era una bella giovane dai lunghi capelli castani -un colore più scuro di quello che ricordavano- con una figura esile, delicata ed elegante.

Stava dietro la persona che aveva colpito Iemitsu osservando la scena in silenzio, con un tenue sorriso sulle labbra ed un vivido rossore ad imporporarle le guance, unico segno apparente che lasciava trasparire quali fossero i suoi sentimenti verso Sawada: in realtà, la luce brillante che le accendeva gli occhi marroni, scuri ed intensi come una pozza di delizioso cioccolato fondente, tradiva i suoi veri pensieri, rivelando tutta la trepidante emozione che l'aveva travolta nell'istante in cui si era rincontrata con Iemitsu.

Vederli così innamorati, scoprire che lo sono stati dall'inizio alla fine è davvero romantico.

Di romanticismo non ne sapeva davvero nulla Hayato, ma se lo diceva Chrome doveva essere per forza vero: spesso lei e le altre ragazze della loro strampalata famiglia si fermavano a chiacchierare di queste frivolezze, di questo e quell'altro film, di quanto una scena di un libro fosse stata incredibilmente romantica rispetto ad un'altra.

Anche senza essere ferrato sull'argomento però, perfino lui poteva vedere il profondo legame che si era formato tra Iemitsu e Nana, il forte sentimento che era la loro forza ed il loro sostegno: quella stessa emozione che li avrebbe condotti all'altare, e dalla cui unione sarebbe nata la persona più straordinarie che avesse mai calpestato il suolo terrestre.

Che cagnolino fedele che sei, kfufufufu.

«Tze, come se tu non pensassi lo stesso.» lo disse con un basso ringhio, assicurandosi che gli Yamamoto fossero troppo distratti per badare a lui e alle sue stranezze.

«Che ti ho detto sugli assalti, Sawada? Se osi assalire Nana come una bestia selvaggia, ti azzannerò alla gola.»

Aveva preso un abbondante sorso di sakè quando quella voce era giunta alle sue orecchie, facendogli andare di traverso il liquore e rischiando di strozzarlo: ingoiando con violenza, tossì un paio di volte per cercare di riprendere fiato, consapevole di aver attirato su di sé gli sguardi preoccupati di Tsuyoshi e Aki, ma non poté evitarlo.

Oya, c'è solo un individuo a Namimori che può parlare in questo modo.

Lo sapeva -ohhhhh se lo sapeva- tuttavia Hayato aveva sinceramente paura di alzare lo sguardo e confermare i suoi sospetti.

«M-Ma... S-Sempai...»

Con i piagnucolii di Iemitsu in sottofondo, il giovane alzò lentamente lo sguardo, scontrandosi con due familiari e gelidi occhi grigi -dio erano uguali, perfino il livello di gelo era identico- contornati la lunghe ciocche more che incorniciavano un viso sottile e spigoloso, ma non per questo meno femminile.

Si prese un secondo per ragionare.

Ok, questa seconda donna, più alta di Nana di almeno due spanne, vestita di un completo nero con camicia bianca -classico, quasi un uniforme da ufficio- e tacchi, somigliava in maniera spaventosa ad un certo maniaco della lotta di sua conoscenza, ma non era certamente il caso di impancarsi: si, la donna sembrava in tutto e per tutto una versione al femminile di Kyoya, ma non era certo che fossero in qualche modo lega-

«Devo forse ripetermi, preda

Nope.

Nopenopenopenopenopenopenopenopenopenope.

Non aveva firmato per questo, per niente di tutto questo.

Non importa se quello che stava accadendo era giusto, se era lui l'estraneo -il bug, l'anomalia, in qualsiasi fottuto modo volessero chiamarlo- e non poteva fare nulla per impedire quell'incontro: non aveva firmato per avere a che fare con due membri della famiglia Hibari nello stesso momento.

Erbivoro.

«Non usare “erbivoro” contro di me. Non c'era scritto da nessuna parte che avrei dovuto sopportare anche questo!»

Hayato, forse dovresti dare un'occhiata a cosa stringe tra le braccia la mamma di Kyoya... non credo ti piacerà, ahahahahah!

L'impellente desiderio di staccare la testa a Takeshi fu sostituito da un ennesimo brivido, che lo costrinsero a girarsi e ad esaminare meglio la scena di fronte a lui: effettivamente, pareva che la donna avesse atterrato Iemitsu con un potente calcio, mentre tra le braccia stringeva quello che sembrava essere un bambino, intento ad osservare la scena con una mano in bocca ed un peluche stretto nell'altra.

Un bambino che non poteva avere più di un anno.

Un bambino che in pochi anni sarebbe diventato il mostro più temibile di Namimori

Un bambino il cui spirito della versione adulta venuta dal futuro risiedeva ora dentro il suo corpo.

Un bambino che era in tutto e per tutto Hibari Kyoya.

«Ara, Hui-chan non essere troppo dura con Sawada-kun.»

Mentre ancora cercava di riprendersi dallo shock di quella nuova sconvolgente scoperta -com'è che Kyoya era così tranquillo? Nessun desiderio di confrontarsi con la mamma?- sentì Nana intervenire in favore di Iemitsu, cercando di convincere la signora Hibari a spostare il piede dallo stomaco del giovane, con cui lo stava tenendo saldamente bloccato a terra.

E mentre Nana parlava, ecco entrare con tutta l'irruenza classica di quella famiglia il secondo problema.

«YOSH! È qui la festa INTENSA?!»

Nope.

Non aveva decisamente firmato per questo.


***
 

Rivedere tutti i suoi amici era stato meraviglioso, molto più emozionante di quanto Iemitsu avrebbe mai potuto immaginare -e anche più doloroso, gli attacchi di Zhao-sempai erano più vigorosi di quanto ricordasse.

Rivedere tutto il gruppo che per gli anni del liceo era stato al suo fianco, regalandogli alcuni dei momenti migliori della sua vita -il rapporto che aveva con questo bizzarro gruppo di persone era pari solo a quello che aveva con i Guardiani con cui aveva formato un legame- era stato piacevole e gratificante, sentendosi completo e rinvigorito dalla fatica che la lunga missione gli aveva procurato.

«Yosh! Iemitsu! È bello rivederti, ti trovo intenso come al solito!»

Abbracciò con forza Sasagawa Kyohei, trasformatosi dal suo compagno di scorribande chiassoso e confusionario in un omaccione alto e grosso quanto un armadio, dagli scompigliati capelli castano ramato e gli occhi dorati come il miele, perennemente infiammati di energia e passione: non per nulla era stato l'asso del club di box -nonché presidente durante il secondo e terzo anno, sia alle medie che al liceo- vincendo quasi tutti gli incontri a cui aveva partecipato.

Kyohei era stato il suo partner a scuola, sempre insieme pronti a combinarne ogni giorno un nuovo disastro -i professori avevano festeggiato quando si erano diplomati- diventando le prede preferite di Hui Ying, che nonostante fosse una sempai tornava sempre sul terreno scolastico per rimetterli in riga.

Era bello vedere che non fosse cambiato, che il carattere energico fosse rimasto anche quando il ragazzino aveva lasciato spazio all'uomo.

«Kyohei! È bello rivederti fratello!»

Poteva vedere la vena pulsante sulla fronte di Hui Ying, che si stava trattenendo dal picchiarli solo perché tra le braccia stringeva quello che Iemitsu sospettava fosse il figlioletti di un anno: Nakano-chan gli aveva accennato qualcosa nelle lettere e nelle telefonate che si scambiavano periodicamente.

«Vedo che siete sempre tutti molto energici.» una dolce risata precedette l'ingresso di Sasagawa Sachiko -Kyohei maledetto, ancora non riusciva a credere che fosse riuscito a sposarsi prima di lui!- illuminando la stanza con il suo sorriso angelico ed il portamento aggraziato che la contraddistingueva sin dai tempi della scuola.

Sachiko era sempre stata l'idolo della Nami-chuu, sempre gentile e disposta ad aiutare anche il più trasandato degli studenti, mantenendo la sua fama di Angelo della scuola anche una volta entrata al liceo: Iemitsu aveva perso il conto dei cuori spezzati che la giovane si era lasciata alle spalle nella sua lunga esperienza scolastica, ma ricordava anche come Kyohei fosse stato parte di quella stessa lista, venendo rifiutato più di una volta dalla giovane che non sembrava interessata ad avere una relazione.

Non era sicuro di sapere quando e come le cose fossero cambiate -il giorno prima il suo amico aveva collezionato l'ennesimo rifiuto, mentre quello seguente, Sachiko non riusciva a parlare tranquillamente con Kyohei senza arrossire e balbettare nervosamente- ma era sinceramente contento per lui.

Una parte di Iemitsu invidiava la situazione sentimentale dell'amico, mentre dall'altra non poteva che ammirare la perseverante costanza con cui aveva inseguito l'amore della sua vita in barba ai commenti maligni e le risatine isteriche del resto del corpo studentesco -i più subdoli avevano lanciato una scommessa sul numero di volte in cui sarebbe stato rifiutato prima di arrendersi.

Gli sarebbe piaciuto vedere la faccia di quelle stesse persone ora.

Anche con il passare degli anni, Sachiko non aveva perso la sua caratteristica bellezza: un viso tondo e dai lineamenti sottili, incorniciato da lunghi e lisci capelli argentei, lo stesso metallico colore degli occhi, che nonostante fossero di una tonalità fredda come il grigio, emanavano ugualmente un senso di calore e conforto.

«Ah Sachi-chan!» vide Aki e Nakano-chan lanciarsi sulla donna appena entrata, concentrate sul fagottino che -Iemitsu notò solo in un secondo istante- stringeva teneramente tra le braccia.«Che bello! Hai portato anche Ryo-chan!»

«Quanto è carinooooo!»

Iemitsu alzò un sopracciglio, confuso.

“Ryo-chan?”

Guardò Kyohei in cerca di spiegazioni, ricevendo in risposta il più radioso dei sorrisi, mente veniva improvvisamente trascinato verso il trio di ragazze dal quale provenivano versetti e gemiti.

«Iemitsu, ti presento il mio intensissimo primo figlio, Sasagawa Ryohei!»

E mentre Kyohei parlava, Aki e Nakano si erano spostate per permettergli di vedere il bambino che Sachiko stringeva tra le braccia, così simile alla madre ma nei quali occhi grigi poteva veder splendere la stessa intensa energia che brillava in quelli del padre.

Un sorriso si formò spontaneo sulle labbra di Iemitsu.

«C-Congratulazioni!» la voce gli tremò per l'emozione. Si gettò subito su Kyohei, afferrandogli il capo sotto un braccio e scompigliandogli i già disordinati capelli castani.«Dannato! Come hai potuto non dirmi che avevi avuto un figlio?! Ha quasi la stessa età del bambino di Zhao-sempai!»

Kyohei rise, lasciandosi sopraffare dall'amico senza provare a ribattere -Iemitsu sapeva che se avesse voluto liberarsi, avrebbe potuto farlo con una sola mano.

«Ahahahah sono intensamente coetanei! Ryohei è nato lo scorso agosto, mentre Kyoya in maggio! E non te l'ho detto perché volevo farti una sorpresa INTENSA!»

Beh, sorpresa riuscita.

Non poteva che essere più felice per loro e per sé stesso, circondato finalmente dalla famiglia e dagli amici con cui aveva passato l'infanzia, e soprattutto in presenza della magnifica donna di cui si era innamorato anni prima.

Era felice di poter trascinare nella sua felicità anche Hayato, e vista la notizia che doveva dare, voleva assolutamente che l'amico con cui aveva trascorso lunghi mesi di viaggio fosse presente.

Sentiva un legame con lui, un'intesa speciale che gli sarebbe piaciuto approfondire, ma che non avrebbe mai osato forzare per paura di perdere quell'equilibrio che si era formato tra loro: Hayato era già il guardiano di Luce, non avrebbe cercato di imporsi con un corteggiamento sicuramente indesiderato.

Staccandosi dagli amici, Iemitsu si girò verso il bancone per invitare tutti a radunarsi ed iniziare così la cena, scontrandosi con gli sguardi di Tsuyoshi ed Hayato: mentre il primo aveva continuato serenamente a cucinare con un sorriso disteso sulle labbra, il secondo sembrava impegnato in un complesso discorso con sé stesso -ah, probabilmente le sue personalità multiple potevano comunicare tra loro.

Sembrava più pallido del solito, mentre con gli occhi verde chiaro -si, era proprio Hayato la Tempesta- continuava a fissare il gruppo di amici che pian piano si avvicinava: da prima perplesso, Iemitsu realizzò che il compagno doveva sicuramente sentirsi a disagio, conoscendo in quello scalmanato gruppo di persone soltanto Aki e Tsuyoshi.

Si diede dell'idiota per non aver pensato subito alle presentazioni.

Schiarendosi la voce, attirò l'attenzione della sala -Aki aveva chiuso il ristorante per quella sera:«Una serata di chiusura per festeggiare il tuo ritorno non ci manderà in rovina!»- abbracciando Hayato per le spalle e presentandolo ufficialmente agli amici.

«Ragazzi, voglio presentarmi il mio migliore amico sul lavoro! Amici lui è Hayato, lavora per una compagnia affiliata, stiamo supervisionando insieme un progetto di costruzioni su scala mondiale, Namimori era l'ultima tappa e si è offerto di accompagnarmi a salutarvi tutti!»

Vide il collega accennare ad un saluto tirato: lasciò che tutti avessero la possibilità di ricambiare i convenevoli prima di iniziare le restanti presentazioni.

«Aki e Tsuyoshi-san li conosci già. Quella seduta accanto ad Aki è Zhao Hui Ying, ora diventata Hibari Hui Ying dopo essersi sposata con Hibari Yuusuke, un altro mio vecchio sempai che oggi non ha potuto essere presente purtroppo. Quello che stringe tra le braccia invece è Kyoya-chan, loro figlio.»

Mentre la donna accennava ad un saluto, Iemitsu si abbassò, fino ad essere sicuro che soltanto Hayato potesse sentirlo.«Lei è la sorella di Fon-san.»

Era sicuro di averlo sorpreso quando lo sentì deglutire con forza, rischiando quasi di strozzarsi con la propria saliva. Lo sentì borbottare qualcosa come “... tuo zio?!” e “Dirlo prima?!”, ma non era sicuro di cosa stesse parlando: d'altro canto non era certo nemmeno di aver capito correttamente gli strani farfugli di Hayato, quindi decise semplicemente di lasciar perdere.

«Accanto alla sempai, la ragazza più bella di tutta Namimori, Nakano Nana-chan!»

Vide l'amore della sua vita arrossire al complimento, stringendosi il viso tra le mani mentre sorrideva e dichiarava di non essere poi così bella:«Sei il solito adulatore esagerato, Sawada-kun!»

Decisamente la più carina in assoluto.

«Mentre loro sono Sasagawa Kyohei e Sachiko, rispettivamente il mio braccio destro in disastri e l'idolo della scuola.» Kyohei salutò con la sua solita intensità, mentre Sachiko si limitò ad un aggraziato cenno del capo ed un sorriso.«Mentre quello tra le braccia di Sachiko-san è il loro bambino, Ryohei-chan!»

E come a rispondere, il piccolino alzò un pungo al cielo, balbettando un qualcosa che ricordava tanto uno “yosh!” ma che non era nulla più di un versetto infantile senza significato.

La cena fu piacevole, tra risate e chiacchiere sul passato e sul futuro, scambiandosi divertenti episodi avvenuti nella vita di tutti i giorni, la serata si avvicinava rapidamente alla sua conclusione, e più il tempo passava, più il peso della scatolina che Iemitsu teneva nella tasca della giacca sembrava aumentare: oggi era il giorno, non doveva e non poteva più rimandare.

Sentì una leggera pressione sulla spalla, girandosi in tempo per scontrarsi con gli occhi viola di Hayato -ah, Nebbia Hayato numero due- che gli sorrideva gentile ed incoraggiante.

«Puoi farcela.»

Iemitsu spalancò la bocca ma la richiuse, limitandosi a sorridere e ad annuire, determinato più che mai a riuscire nella propria impresa.

«Naka... No, Nana-chan!» si alzò di scatto in piedi, battendo le mani sul tavolo e alzando la voce di alcune ottave, attirando l'attenzione degli amici e della ragazza in questione che lo guardava con occhi sgranati, confusa dall'improvviso scatto che aveva fatto.

Kyoya e Ryohei mugugnarono qualcosa -probabilmente disturbati nel loro sonno dal rumore improvviso che aveva fatto- e si appuntò di non urlare troppo forte, ma non si sarebbe tirato indietro.

«È-È successo qualcosa Sawada-kun?»

Prendendo un profondo respiro, Iemitsu lasciò il suo posto a tavola e fece tutto il giro, ritrovatosi faccia a faccia con Nana: aveva il viso in fiamme e sapeva che gli occhi di tutti erano puntati su di lui, ma non se ne curò, poiché in quel frangente esisteva soltanto lei e nient'altro.

Era un momento soltanto loro.

«Io... lo so che non sono mai stato chiaro nelle mie azioni e nelle mie parole. Ho un sacco di difetti, ed un lavoro che mi tiene lontano da Namimori per molto tempo, però...» deglutì, tenendo incollato lo sguardo a quello sorpreso di lei.«Però io ti amo lo stesso e voglio stare con te!»

Si inginocchiò, non lasciando il tempo a nessuno di commentare ed estrasse dalla tasca il cofanetto che aveva conservato con cura ed amore durante tutto il viaggio: glielo aprì davanti, mostrando il piccolo anellino d'oro sulla cui cima vi erano alcuni piccoli diamanti disposti a rombo, un design semplice ma che si sposava perfettamente -a suo avviso- con Nana.

«Nakano Nana, mi vuoi sposare?»

Per alcuni lunghi, indefinibili, terrificanti secondi nessuno parlò: Nana sembrava paralizzata, con le mani che le coprivano la bocca e gli occhi spalancati, probabilmente troppo sorpresa per trovare le parole esatte con cui rispondere.

Iemitsu temeva seriamente di star per ricevere il più grande dei rifiuti.

All'improvviso si ritrovò Nana tra le braccia, mentre con una passione che non sembrava appartenerle aveva iniziato a baciarlo intensamente, tra i sorrisi, gli applausi e le congratulazioni dei loro amici che sembravano aver realizzato cosa fosse accaduto prima di quanto non avesse fatto lui.

Quando si staccò, Nana aveva le lacrime agli occhi e le guance arrossate, ma sorrideva dolcemente.

«Credevo non me l'avresti più chiesto. Certo che voglio sposarti, Iemitsu-kun!»

Quello fu per Iemitsu uno dei momenti più felici della sua vita.
 

***
 

Tornare a Namimori era stata una montagna russa di eventi inaspettati, di forti emozioni positive così come negative, ma non poteva dire di esserne stato completamente dispiaciuto: aveva potuto assistere all'esatto momento in cui Iemitsu chiedeva la mano di Nana, ed anche se tutto si era trasformato in un caotico party di fidanzamento -no, non voleva ricordare come il padre di Ryohei fosse finito a ballare nudo sul tavolo assieme a Iemitsu- almeno ora aveva una storia interessante da raccontare a Tsuna una volta fosse finalmente venuto al mondo.

Non mancava molto ormai, e Hayato si ritrovava sempre più impaziente di assistere a quel momento.

Era comunque contento di essere tornato in Italia -nonostante fosse il paese che per eccellenza gli procurava guai e sciagure- dove sperava almeno in parte di potersi rilassare e concentrare su qualcos'altro, qualcosa su cui magari riversare lo stress accumulato negli ultimi mesi.

Una bella caccia ai rapitori di bambini -e ladri di anelli, ma questo era meno grave dal suo punto di vista- era proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.

Si stiracchiò le braccia, finendo il caffè amaro che aveva ordinato, pagando il conto e andandosene in esplorazione della città come gli era stato ordinato, cercando di notare anche la più piccola traccia che i fantomatici rapitori potevano aver lasciato.

Venezia era grande e circondata dall'acqua, ma fortunatamente a lui era toccata la zona adiacente a Piazza San Marco, un'area che conosceva piuttosto bene, ed era quindi fiducioso di poter risolvere il problema in men che non si dica.

E, perché no, sfogare almeno in parte la rabbia repressa che lo affliggeva.

È un piacere vedere che non sono più l'unico ad essere considerato un sadico.

«Non vantartene troppo, ananas, tu e l'idiota dei tonfa restate i più sadici tra di noi. Forse solo il maniaco della spada è al vostro livello.»

Erbivoro.

Ahahahah sei crudele Haya-chan!

Hayato non rispose alle provocazioni di Takeshi, preferendo accendersi una sigaretta e continuare a scrutare le stradine della città, lasciandosi alle spalle così tanti vicoli e canali che chiunque altro dei Guardiani non avrebbe saputo ricordare da quale parte erano arrivati: spesso -anche quando erano nel futuro, ognuno con un proprio corpo- era Hayato a guidare gli attacchi in territori nemici, proprio per la sua memoria e la capacità di orientarsi in luoghi che aveva visto una volta soltanto.

Memoria eidetica l'aveva chiamata Shamall una volta, affermando che fosse comune in alcuni bambini in età molto giovane, destinati a perdere questa capacità con la crescita e lo sviluppo. Chi riusciva a conservarla anche nella vita adulta era senza ombra di dubbio destinato a diventare un genio.

Hayato si sentiva tutto tranne che geniale -i suoi risultati scolastici erano notevoli, ma quelli servivano solo a dimostrare che fosse intelligente, non di certo un genio- ma non aveva mai cercato di dissuadere le persone attorno a lui dal pensarlo: era una capacità utile e aveva intenzione di sfruttarla fino alla fine.

Sfortunatamente il salto temporale l'aveva scombussolata non poco -ancora certi dettagli, alcuni avvenimenti e immagini erano sbiadite e confuse, nonostante ora avesse sette memorie diverse su cui contare- ma contava di riprendersi in tempo per la nascita del Boss e l'inizio quindi della sua vera e propria missione: proteggerlo dai pericoli a costo della vita.

Nella sua lunga camminata alla ricerca dei criminali che creavano disturbi nel territorio di Luce, Hayato era arrivato davanti il Gran Teatro “La Fenice”, una delle più prestigiose strutture dedicate alla lirica al mondo, uno dei gioielli di Venezia.

Contemplò la facciata del teatro per diversi minuti, quasi come incantato alla vista del palco che aveva permesso ai suoi genitori di incontrarsi -il luogo in cui sua madre avrebbe potuto sbocciare come la grande pianista che era se lui non fosse mai esistito.

No! Non pensarlo!

La voce allarmata di Chrome lo fece sorridere, mentre le delicate Fiamme della Nebbia strusciavano contro le sue della Tempesta, in un goffo ed impacciato abbraccio che cercava di risollevarlo ed allontanare ogni cupo pensiero che poteva passargli per la mente.

«Tranquilla, era solo uno stupido pensiero.»

Rilasciò parte delle sue Fiamme in risposta a quelle spaventate di Chrome -il fatto che anche gli altri tentassero di raggiungerlo per infondergli conforto si perse nel silenzio, non c'era bisogno di parole- volendo assicurarla che non aveva intenzione di compiere alcuna stupida azione dettata dall'irrazionalità.

Tsuna non avrebbe approvato tutti quei pensieri negativi.

«Tua madre ti ha amato più della sua stessa vita, questo tuo modo di pensare è una mancanza di rispetto verso di lei ed il suo amore!»

Un sorrisino gli incurvò le labbra mentre l'adorabile broncio che il Boss gli aveva riservato quel giorno riaffiorava alla mente, assieme ai restanti avvenimenti di quel momento che erano invece meno piacevoli: il Decimo si era rifiutato di parlargli per l'intera giornata, fino a quando non avesse cambiato il suo modo di pensare e di vedere la sua esistenza.

Ricordava la disperazione, la tristezza, e ricordava vividamente d i folli tentativi che aveva fatto per convincere Tsuna a perdonarlo: era bello poter ricordare il Boss senza crollare per il dolore, almeno in qualcosa stavano facendo progressi.

Perso nei suoi pensieri felici -ricordi di un tempo che avrebbe riportato indietro, a qualunque costo- fu risvegliato dal brusco scontro con un ragazzo pressapoco della sua stessa età -in aspetto s'intende, mentalmente era un altro discorso- dai corti capelli scuri ed i vestiti sgualciti probabilmente dalla corsa che, se il fiatone era un'indicazione, aveva appena finito di fare.

«Ah, scusami! Sono un attimo di fretta.»

Ora, normalmente Hayato non avrebbe prestato molto attenzione a qualunque individuo gli si fosse avvicinato, limitandosi a liquidarlo senza nemmeno un secondo sguardo -aveva imparato che ingaggiare inutili risse mettevano soltanto a rischio la Famiglia, un prezzo che non aveva intenzione di rischiare per l'ebrezza di una scazzottata- ma qualcosa in quel giovane attirò la sua attenzione abbastanza da abbassare lo sguardo ed allungare la mano per aiutarlo.

«Fa nulla, riesci ad alzarti?»

«Mmh? Ah sì, grazie!»

Gli afferrò la mano, e quando il giovane alzò finalmente il viso Hayato capì cosa effettivamente lo aveva spinto a rivolgergli la parola.

Se ne pentì immediatamente.

Anche se più giovane e con i capelli corti tenuti all'indietro, quegli occhi neri come la pece e l'inevitabile sguardo da casanova erano impossibili da dimenticare, specie se avevi passato una vita ad ammirare quella stessa persona nel vano tentativo di farti insegnare i segreti dell'arte dell'uccidere.

Sgranando gli occhi e spalancando la bocca, probabilmente boccheggiando come un pesce in cerca d'aria, Hayato pensò che no, non era decisamente pronto ad aver a che fare con un giovane Trident Shamal.

«S-Shamal...?»

Gli uscì come un sussurro, ma tanto bastò affinché il giovane sopraccitato cambiasse completamente approccio, indurendo lo sguardo e stringendo con più forza la mano di Hayato, ora sospettoso e pronto ad attaccare nel caso si fosse rivelato una minaccia.

Sempre che una delle sue fastidiose zanzare non ti abbia già punto kfufufufu

Se proverà di nuovo a pungermi, l'erbivoro pervertito verrà morso a morte.

«Ci conosciamo?»

Mettendo da parte il fatto che le voci nella sua testa fossero completamente inutili -nella maggior parte dei casi- Hayato si concentrò su Shamal, e se già si fosse fatto un nome nella mala che spiegasse il perché sapeva chi fosse.

Prendendo un profondo respiro sfoderò il miglior ghigno di cui era capace e rispose.

«Difficile non conoscere Trident Shamal, hai una certa reputazione tra la mala.» lo vide irrigidirsi, ma prima che potesse attaccarlo parlò ancora.«Tranquillo, non sono una minaccia. Sono qui per indagare su delle attività illecite nel territorio della mia Famiglia, non ho alcun motivo per scontrarmi con te.»

Questo non sembrò rassicurare del tutto Shamal, che senza abbassare la guardia lasciò andare la sua mano con un cenno del capo: per il momento, la contrazione di qualche strana malattia era stata evitata.

«Scusami per la reazione, ma lo sai no? Nel nostro mondo non essere sempre sul chi va là può costare caro.»

Hayato annuì.«Capisco, ma cosa ci fa qui un killer famoso come te? Qualche lavoro in corso?»

Non contava troppo sul fatto che il dottore gli rivelasse quali fossero le sue intenzioni, ma trovava comunque curioso che una persona del suo talento fosse stata mandata a Venezia per una missione: era piuttosto sicuro che -escludendo Luce ed Aria, ma non poteva essere così stupido da aver accettato una missione contro i Giglio Nero- in quella città non ci fossero pesci abbastanza grossi da necessitare la mobilitazione di un killer così noto per essere eliminati.

Shamal rise, grattandosi il capo con fare agitato, mentre sembrava ponderare se rivelare o meno le proprie intenzioni a quello che in apparenza era un perfetto sconosciuto, per di più legato alla malavita: non poteva dargli tutti i torti.

«Ah no ecco, veramente io...»

«Shamal! Allora sei venuto!»

L'intero corpo di Hayato si pietrificò nell'attimo in cui la melodiosa voce di una donna gli carezzò dolcemente le orecchie, rendendolo incapace di pensare razionalmente e con lucidità.

Male, molto male.

Notò appena Shamal sporgersi e fare un cenno di saluto verso la persona che l'aveva chiamato, sorridendole di rimando: i passi alle sue spalle si facevano più rapidi e vicini, mentre l'aria nei polmoni di Hayato era sempre più rada.

Un altro attacco era in arrivo, uno molto potente, e se restava lì ancora a lungo avrebbe nuovamente finito per perdere i sensi come il giorno in cui era uscito con Aria: un conto era sopprimere le Fiamme degli altri -quando non erano in controllo del corpo era più semplice gestire gli attacchi di panico- un altro era doverli affrontare quando era pienamente cosciente ed al comando.

«Chrome... prendi il mio posto. Ora.» era l'unica a cui avrebbe potuto chiederlo in quello specifico momento.

Dannazione, e dire che stavano diventando più bravi a gestire le loro emozioni.

Ma non c'era modo che potesse affrontarla a viso aperto senza essersi preparato in anticipo: non era -probabilmente non lo sarebbe stato mai- pronto a conversare tranquillamente con lei faccia a faccia, nemmeno se avesse avuto tutto il tempo del mondo per convincersi del contrario.

Mentre si scambiava lanciò solo una fugace occhiata alle spalle, scontrandosi con gli occhi azzurri come l'acqua di Gokudera Lavinia.

   
 
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