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Autore: NyxTNeko    24/05/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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10 luglio

Durante i giorni di soggiorno a Nizza, Napoleone approfittava della sua condizione da 'disoccupato', seppur momentanea, per gironzolare tra le vie. Era un modo per constatare gli umori e le opinioni diffusi,  discretamente, però, infatti non poneva domande dirette, né si avvicinava troppo agli interlocutori più discreti. Attendeva che le parole giungessero alle sue orecchie da sole.

Non poteva compromettersi in un momento storico come quello, era fortunato che non fosse finito sotto il tribunale militare, oltre ad essere scampato alla morte sulla sua isola, per questo non doveva più commettere errori e doveva mostrarsi, di conseguenza, un fervente giacobino, stare dalla parte dei forti. Era l'unica alternativa che aveva per salvare la famiglia, più che stesso. 

Il tentativo di evasione non lo liberava dall' oppressione dalla noia, anzi lo innervosiva, il corpo fremeva, desideroso di essere adoperato per qualcosa di davvero utile alla società. Attendeva, con impazienza malcelata, che il generale gli affidasse un qualsiasi incarico, era snervante dover aspettare i comodi degli altri.

Ed ecco perché non sopportava sottostare agli ordini dei superiori, obbedire a qualcosa che non fosse la sua volontà, la sua ambizione. "Se solo fossi qualcuno..." sospirava tristemente, camminando svelto tra la folla. Non si accorgeva nemmeno di essere spintonato, tanto era immerso nei suoi pensieri, gli occhi erano offuscati dall'ombra dell'incavatura "Sarei già arrivato alle cariche più elevate, ma se resto così...se resto così..." si torturava le mani dietro la schiena - Sc-scusate... - emise dopo essersi accorto di aver sbattuto contro il busto di un uomo, probabilmente un politico, a giudicare dall'abbigliamento curato e dalla tuba sulla testa.

Quest'ultimo non gli aveva lanciato che un'occhiata veloce, disinteressato, non si era per nulla curato di quel giovane, piccolo, ufficiale dall'aspetto macilento e bizzarro. Aveva ripreso a chiacchierare tranquillamente con il suo compagno. Napoleone trattenne la frustrazione che tale indifferenza aveva suscitato in lui e ritornò sui suoi passi. "Forse...il mio destino è restare nell'oblio...al pari di tanti...allora perché mi ha donato tali capacità? Poteva crearmi idiota... lo avrei accettato serenamente!" Si chiedeva, tormentato dal fatto che nessuno gli avrebbe risposto.

Arrivò alla caserma senza nemmeno rendersene conto, si riscosse solamente quando sentì uno dei suoi colleghi chiamarlo insistente, si voltò e rispose - E-eccomi...

- Capitano Bu...Buonaparte, il generale Du Teil vuole vedervi - lo informò l'altro spazientito dall'incapacità di pronunciarne il cognome. Lo studiò velocemente, trovandolo sgraziato e poco curato. Si interrogò su come il generale avesse potuto reclutare un tipo distratto come quel ragazzo dal nome impossibile? "La Francia è davvero caduta in basso".

Napoleone spalancò leggermente gli occhi grigi e annuì. Improvvisamente il suo cuore prese a battere all'impazzata e corse in direzione della stanza di Du Teil. Ma a metà percorso l'entusiasmo si smorzò e, lucidamente, intuì che lo aveva convocato solo per tenerlo aggiornato della situazione o al massimo per affidargli qualche incarico insulso. Si fermò davanti la porta e allungò la mano tremando leggermente, cercando di aggrapparsi alla tiepida speranza. Bussò - Avanti! - udì dall'interno.

- Desideravate vedermi, generale? - esordì immediatamente Napoleone, si mise in posizione: ritto, con i piedi uniti, il palmo destro lievemente poggiato sulla fronte. Anche se per lui era difficile attenersi alla rigida etichetta militare, si sforzava di apparire il più conforme possibile.

- Sì, capitano Buonaparte - rispose Du Teil, lo squadrò, era concentrato e ansioso. Aveva notato i suoi taciti tentativi di autocontrollarsi: era un giovane uomo impaziente, pieno di ambizioni e desideri. Era impossibile frenare quel fiume di emozioni che lo invadeva - Riposo, ragazzo - aggiunse sorridendo. Il suo tono era sempre conciliante e pacato.

Napoleone si rilassò leggermente, pur restando teso e pronto a scattare in ogni caso. Voleva fare buona impressione, voleva dimostrare di essere all'altezza di qualsiasi compito. Teneva adocchiato il generale al pari di un rapace affamato, nell'istante in cui aveva avvistato la preda. A Du Teil un simile sguardo non sfuggì e sorrise tirato, si alzò lentamente dalla sedia e lo guardò a sua volta - Immagino abbiate capito il motivo per cui vi ho convocato qui...

Il capitano annuì, chiuse e riaprì gli occhi - Avete trovato un impiego per il sottoscritto - tentò, sperava davvero che fosse così. Non vedeva l'ora di uscire dalla monotonia di quella routine e scendere sul campo.

- Perspicace - ridacchiò il generale, il doppio mento vibrò assieme alla voce spessa. Era proprio un ragazzo sveglio, malgrado la sua esteriorità celasse questa dote - Sì, sono riuscito a trovare un incarico per voi, capitano - allungò la grossa mano verso di lui e proseguì - Forse non è il lavoro a cui ambite ma al momento non posso offrirvi altro, cittadino - spostò leggermente la sedia e prese a camminare.

Napoleone ingoiò la saliva, l'emozione crebbe nuovamente in lui, tuttavia aveva paura di essere, ancora una volta, deluso, non voleva creare troppe aspettative. Altre volte era rimasto scottato dalla realtà, era difficile essere ottimista. Seppur scosso da sentimenti, così contrastanti quanto simili, seguiva il generale, attento, non gli sfuggiva nemmeno un piccolo movimento e aspettava, si mordeva il labbro inferiore e muoveva le gambe.

- Vi affido l'incarico di organizzare i convogli di polvere da sparo per l'Armée d'Italie, capitano - gli riferì autorevole il rotondetto generale. Poté leggere l'amarezza farsi spazio nei suoi grandi occhi grigi, mista a  rassegnazione. Non poteva fare altrimenti. Inoltre voleva metterlo alla prova, prima di affidargli qualcosa di più impegnativo. Sebbene fosse abbastanza sicuro delle sue capacità, volle testare la sua affidabilità, anche per tranquillizzare il colonnello Compagnon il quale continuava a non fidarsi del ragazzo - So che aspirate a qualcos'altro, capitano, però... - si fermò, capendo che non gli avrebbe detto di no.

Buonaparte trattenne la rabbia prorompente e si fece forza. Se non fosse in quella terribile situazione di assoluto ozio e, contemporaneamente, di necessità, lo avrebbe rifiutato senza pensarci due volte, purtroppo non aveva altra scelta e si sentì costretto ad accettare - Non importa, generale, comprendo le vostre ragioni, darò comunque il massimo anche in questo incarico - Ed era vero, si sarebbe impegnato a fondo, nonostante tutto. Abbassò leggermente la testa e strinse i pugni: avrebbe dimostrato che persino un misero convoglio sarebbe stato un lavoro degno per un militare del suo calibro. La sua memoria e la sua puntigliosità lo avrebbero aiutato non poco.

- Ne...ne sono felice capitano - emise sollevato il generale, lo esaminò dalla testa ai piedi, era ancora giovane, con un grande futuro davanti, era sicuro che sarebbe riuscito a farsi valere prima o poi - Sapevo di poter contare su di voi, avete studiato questi luoghi con molta dedizione, mi dicono, quindi non sarà troppo difficile per voi organizzare il tutto alla perfezione... - dopodiché lo lasciò andare a compiere il suo dovere.

Napoleone mise da parte ogni negatività e, senza perdere tempo, cominciò ad ispezionare le cartine a sua disposizione, se ne fece dare quante più possibili, in questa maniera avrebbe avuto ben chiaro il quadro generale, conoscendo l'esatta ubicazione dei produttori e dei fornitori della polvere. Una volta fatto questo, sarebbe partito il prima possibile per il fronte. La situazione ai confini era più drastica di quanto si poteva immaginare. L'armata era a corto di qualsiasi rifornimento, perciò non poteva sprecare un solo secondo - Se sarò diligente, forse avrò qualche possibilità di avanzare...

Parigi, 13 luglio

La notte stava calando lentamente sulla turbolenta capitale francese, una giovane donna scendeva dalla vettura che dall'Hotel de la Providence l'aveva condotta a rue des Cordeliers. Al numero 30 vi era l'abitazione che aveva preso di mira da quella mattina, la casa dell'amico del Popolo, Jean-Paul Marat. 
Nonostante fosse piena estate e il caldo soffocasse Parigi, un brivido pervase le sottili membra della ragazza, mentre avanzava nuovamente tra le case alte di quelle vie strette. Probabilmente non era il freddo a provocarle i brividi, quanto la folle idea che la perseguitava da mesi: uccidere Marat. Quella donna era Charlotte Corday.

Aveva poco più di 24 anni ed era, dallo scoppio della Rivoluzione, una girondina convinta. Non le era andato giù il trattamento che i giacobini avevano riservato ai membri del suo partito, ed era convinta che dietro tutto quanto ci fosse quel mostro di Marat, il sobillatore della guerra civile. Essendo cresciuta con le opere di Rousseau e gli eroi di Plutarco, trovava inaccettabile lo stato in cui versava la Francia. La Rivoluzione avrebbe dovuto liberare il paese dalle ingiustizie, dalle brutalità e dalla guerra, invece non faceva altro che alimentarle.

Per questo si era messa in viaggio da Caen, il suo paese d'origine, e in pochissimi giorni era scesa a Parigi al fine di compiere la sua missione. Non avrebbe più fatto ritorno a casa, ma non le importava, Marat sarebbe morto prima di lei e avrebbe rivendicato fino al patibolo il suo eroico gesto di liberazione.

Il rivoluzionario l'avrebbe riconosciuta, perché gli aveva mandato due lettere quello stesso giorno e si era già presentata alla portinaia, che non l'aveva fatta entrare. Ritornò nuovamente sviando la portinaia, a sbarrarle la strada trovò un altro ostacolo: la sorella di Jean-Paul, Albertine - Che volete cittadina? - le chiese aprendo di poco la porta, guardandola dalla piccola fessura.

Charlotte posò la mano sul petto, in cui nascondeva il coltello e disse determinata - Desidero parlare con l'Ami du Peuple, lui solo può aiutare il mio paese Caen e salvare Parigi da una controrivoluzione!

- Andate via, mio fratello non ha tempo da perdere con una come voi! - sbottò la donna chiudendo la porta in faccia alla giovane. Charlotte non si perse d'animo e prese a bussare insistentemente, urlando a squarciagola le sue intenzioni e il motivo per cui era arrivata. Albertine controbatteva a sua volta.

Le urla erano talmente alte da giungere alle orecchie del cinquantenne Marat, che si ricordò delle lettere mandate da un'abitante di Caen - Albertine! - gridò autoritario alla sorella - Lasciala passare, ha fatto questo viaggio solo per parlare con me, avrà di sicuro qualche notizia importante - Albertine obbedì controvoglia e la condusse nella stanza dei ricevimenti del fratello, ovvero il bagno.

Marat, infatti, era costretto a restare per parecchie ore a mollo nella sua piccola vasca di rame, a causa di una malattia della pelle che gli procurava dei pruriti insopportabili. Questi si affievolivano soltanto con l'acqua tiepida, si sedeva nella vasca piena a mezzo busto e avendo, per fortuna, le braccia libere, poteva comunque lavorare in tutta praticità. Non partecipava più alle sedute, però riusciva a rimanere aggiornato su ogni questione rivoluzionaria e non smetteva neppure di scrivere ordini o articoli.

Charlotte rimase colpita dalla modestia dell'ambiente: accanto alla vasca di rame,  c'era una cassetta di legno, che fungeva da tavolino e da scrivania, sulla parete vi era attaccata una cartina della Francia, a terra sparse un po' dovunque delle carte, lettere, fogli e perfino gli avanzi della cena da cui proveniva un odore non proprio piacevole.

- Allora cos'è che volete dirmi, cittadina? - chiese il rivoluzionario, con la sua voce gracchiante e potente al tempo stesso.  Sollevò il viso quasi deforme sulla ragazza, notò che era davvero giovanissima. Charlotte evitò di guardarlo per evitare di tradirsi e di mandare all'aria il piano, non credeva che fosse veramente quell'esile ometto di mezza età ritratto sulle stampe.

Teneva gli occhi bassi, le mani che pendevano e in prossimità della vasca, cominciò a parlare, descrivendo la situazione in Normandia. Furbamente usava un tono adulatorio, per far sì che Marat abbassasse la guardia e si fidasse di lei. L'Ami du Peuple la interrogò sulla questione, che già sapeva e la rassicurò dicendole che la controrivoluzione sarebbe stata sedata.

Infine pretese che gli elencasse i nomi dei deputati rifugiati a Caen, lei lo fece con una naturalezza invidiabile. Marat li trascrisse rapidamente, sul suo volto si formò una smorfia terrificante, carica di crudeltà inaudita e annunciò vendicativo - Bene! Prima di otto giorni andranno tutti sulla ghigliottina!

Quelle parole fecero scattare qualcosa nella Corday, i suoi occhi si infiammarono d'un tratto e certa, ormai, delle intenzioni e dell'indole sanguinaria del montagnardo, estrasse il coltello e agilmente, senza alcuna esitazione o ripensamento, lo affondò in profondità sotto la clavicola, squarciando brutalmente la zona fra l'aorta e la carotide destra. Estrasse l'arma grondante di sangue e la lasciò cadere ai suoi piedi - A me, mia amica! - urlò deformato dal dolore lancinante, e boccheggiò, chiamando aiuto.

L'acqua si era tramutata rapidamente in un lago rossastro, l'acre odore ferroso penetrò nauseante nelle narici del morente, dell'omicida e dei presenti che piombarono nella stanza, ossia Laurent Bas, l'incaricato delle spedizioni del giornale di Marat, che immobilizzò Charlotte con un colpo, e l'amante di Marat, Simone Evrard che disperatamente cercò di arrestare l' emorragia - Un medico, un medico subito! - Era troppo tardi: Jean-Paul era spirato poco dopo il loro arrivo.

Quasi immediatamente la casa fu invasa dalla folla incontenibile, che si era riversata lungo le strade alla notizia della dipartita del montagnardo vicino al Popolo. I conoscenti di Marat impedirono che la gente si scagliasse sull'assassina, stordita dalla riuscita del piano e dal colpo che l'avevano assestato. Non la consegnarono alla popolazione in quanto speravano che potesse rivelare loro i nomi dei complici - È impossibile che abbia agito da sola...ci deve essere qualcun altro...

La trascinarono fino alla prigione dell'Abbaye, vicina all'abitazione di Marat e lì fu perquisita da cima a fondo. Frugarono e rivelarono un foglio nascosto, piegato otto volte: 'Ai Francesi amici della legge e della pace. Fino a quando, o sfortunati Francesi, vi compiacerete dei problemi e della divisione? Già per troppo tempo dei faziosi, degli scellerati, hanno messo l'interesse delle loro ambizioni al posto dell'interesse generale; perché, vittime del loro furore, vi annientate da voi stessi, per perseguire il desiderio della loro tirannia sulle rovine della Francia.

Le fazioni scoppiano da tutte le parti, la Montagna trionfa grazie al crimine e all'oppressione, i mostri alimentati dal nostro sangue conducono questi detestabili complotti' si appellava con animo battagliero e patriottico ai francesi 'Noi lavoriamo per la nostra disfatta con più zelo ed energia di quanta ne abbiamo usata per conquistare la libertà! O Francesi, ancora poco tempo, e non resterà che il ricordo della vostra esistenza!

Già i dipartimenti indignati marciano su Parigi, già il fuoco della discordia e della guerra civile abbraccia la metà di questo vasto impero; esiste ancora un mezzo per comprenderlo, ma questo mezzo deve essere pronto. Già il più vile degli scellerati, Marat, il cui solo nome è l'emblema di tutti i crimini, cadendo sotto il ferro vendicatore, indebolisce la Montagna e fa impallidire Danton, Robespierre, e tutti questi altri briganti seduti sul trono sanguinante, circondati dal fulmine, che gli dei vendicatori dell'umanità sicuramente non sospendono per rendere la loro caduta più eclatante, e per colpire tutti quelli che saranno tentati di costruire la loro fortuna sulle rovine dei popoli abusati!

Francesi! voi conoscete i vostri nemici, alzatevi! Marciate! che la Montagna annientata non abbia più fratelli né amici! Ignoro se il cielo ci riserva un governo repubblicano, ma non può donarci un Montagnardo per capo, se non altro per l'eccesso delle sue vendette. O Francia! il tuo riposo dipende dall'esecuzione delle leggi; non ho nuociuto affatto uccidendo Marat: condannato dall'universo, lui è fuori dalla legge. Quale tribunale mi giudicherà? Se sono colpevole, Alcide lo era allora quando distruggeva i mostri!' 

Proseguiva riferendo il suo dolore per le disgrazie che avevano colpito la sua amata Francia e affermò che non avrebbe preso la decisione di uccidersi, immolandosi in nome della Rivoluzione, non era questo il suo scopo. Il suo obiettivo era di risvegliare i francesi al fine di sollevarsi contro i veri nemici del popolo, i montagnardi, attraverso il suo sangue e il suo ultimo respiro. La sua testa al pari del vessillo di libertà.

Per poi concludere affermando di aver condotto l'omicidio da sola e alluse ad una sorta di testamento 'La mia famiglia e i miei amici non devono inquietarsi, nessuno conosceva i miei progetti. Allego il mio estratto di battesimo, per mostrare come la più debole mano può essere guidata dalla completa devozione. Se non riuscissi nella mia impresa, Francesi! Vi ho mostrato la strada, voi conoscete i vostri nemici; alzatevi! Marciate! Colpite!'. 


 

 

   
 
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