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Autore: Minako_    27/05/2020    7 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
week-end.
 

Shinichi si trascinò stancamente verso la biblioteca, zoppicando un pò e cercando di mantenere una sorta di equilibrio. Un po’ dolorante entrò all’interno e accese la luce, mentre teneva saldamente nella mano destra il fascicolo del caso che aveva risolto due sere prima.
Lo aveva completamente dimenticato, negli ultimi due giorni. E, ormai domenica sera, si era improvvisamente ricordato della sua esistenza solo quando lo aveva trovato ancora abbandonato sulla sua scrivania, esattamente dove Ran lo aveva riposto il venerdì sera precedentemente Con uno sbuffo spazientito si portò la mano alla testa, e se la passò fra i capelli in un gesto di stizza.
Pensare che avrebbe dovuto consegnarlo la mattina dopo alla centrale di polizia voleva dire una sola cosa: notte in bianco. Specialmente perché non aveva nemmeno iniziato lontanamente a buttare giù niente, nemmeno un appunto veloce.
Da un parte, se il motivo di tale ritardo fosse stato dovuto a cause piacevoli, avrebbe anche accantonato la sensazione di delusione che lo attanagliava da almeno la mattina prima. Ma, come ripensò parecchio adirato, non era affatto così. Un sacco di spiacevoli inconvenienti gli erano caduti addosso nelle ultime quarantotto ore, e sebbene fosse stato tutto il tempo con Ran, nessuna di queste precludeva il rimanere soli o godersi un po’ di tempo insieme.
Anzi.
Sbatté con impazienza il fascicolo sulla scrivania, e si lasciò cadere sulla sedia davanti a lui. Con irritazione accese il computer, e per niente entusiasta iniziò a revisionare i fogli che prese dalla cartellina.
Dovette leggere almeno tre volte la stessa riga per capire davvero cosa dicesse, e alla fine si riportò una mano al viso stropicciandoselo. Era stanco, decisamente. E il motivo aveva dei nomi, e dei cognomi.
Ayumi Yoshida.
Genta Kojima.
Mitsuhiko Tsubuya.
Ai Haibara.
Era solo ed esclusivamente per colpa loro che si ritrovava con un piede gonfio, una delusione prepotente e quel fascicolo ancora da sistemare.
Sbuffò di nuovo, cercando di concentrarsi. Prima si applicava, e prima forse avrebbe potuto raggiungere la ragazza che in quel momento si trovava nel suo soggiorno e a guardare un film, completamente da sola.
« Che cavolo », borbottò ripensando a Ran.
Davvero non aveva parole per la piega che aveva preso quel fine settimana.
Quando la mattina prima si erano messi a fare colazione, alla fine, pareva tutto calmo. Avevano chiacchierato tranquillamente, superando perfino la timidezza dell’essere crollati a dormire insieme. In quel momento aveva davvero pensato di poter passare un week-end tranquillo, finalmente solo con lei.
Povero scemo.
Già. Illuso per di più.
Certo non poteva immaginarsi che da lì a poco una telefonata li avrebbe distratti, non appena avevano finito pane tostato e marmellata. Una telefonata che per di più aveva dovuto rielaborarsi davanti alla sua ragazza, e anche in questo caso il motivo erano due persone ben precise.
Kogoro Mori.
Eri Kisaki.
Fece una smorfia al solo pensiero del giorno prima, mentre ricordava esattamente l’accaduto.

 

Sabato mattina, ore 11:00


« Ti sta suonando il telefono », esclamò Shinichi mentre prendeva l’ultimo sorso del suo caffè. Lanciò un’occhiata distratta a quest’ultimo, e si sentì già sollevato che non fosse nuovamente Kogoro. Solo poco prima, alla sua telefonata, Ran era caduta nel panico più totale, perciò chissà cosa si sarebbe inventata se quest’ultimo avrebbe ripensato di chiamarla nuovamente. Vide invece che era un numero non salvato nel suo cellulare, e a memoria non lo riconobbe. Un po’ curioso la fissò mentre si allontanava dal lavandino dove stava lavando le poche stoviglie della colazione, e un sorriso tenero gli si creò spontaneamente sul viso quando la rivide ancora vestita col suo pigiama coi panda. Senza accorgersi del suo sguardo dolce addosso, Ran acchiappò un po’ confusa il cellulare, non riconoscendo anch’essa quel numero.
« Pronto? », chiese incerta.
Shinichi si alzò senza far rumore con in mano la tazza ormai vuota, e riprese dove lei aveva interrotto il lavaggio dei piatti. Si mise a sciacquare le stoviglie ancora insaponate e lavare la sua tazza, cercando comunque di ascoltare con malcelata curiosità le sue parole al telefono.
« Mi scusi, io non capisco », la sentì dire dubbia. « Mia madre dov’è? ».
Shinichi si bloccò, sentendo un brivido percorrergli la schiena. Evitò accuratamente di voltarsi, solo perché era davvero impreparato sia a vedere il viso confuso di Ran, sia per non doverla affrontare qualora lei si fosse accorta del suo sguardo colpevole.
Da quando la sera prima lei gli aveva detto che suo padre era via “per lavoro”, spesso nelle ultime ore aveva pensato se intervenire e farle capire quanto in realtà potesse essere strano che a Yokohama non ci fossero altri detective disponibili, men che meno che qualcuno volesse proprio Kogoro. Dopotutto, ma non volle ricordarglielo, la sua agenzia ormai funzionava davvero poco. Probabilmente se fosse stato ancora famoso come mesi prima poteva ancora reggere come scusa, ma ormai Kogoro il dormiente era davvero un ricordo lontano. Si morse un labbro, mentre la chiamata proseguiva e lei ribatteva solo con alcuni cenni di assenso. Si sentì così in colpa per quel segreto che cercò velocemente di non pensarci e convincersi che stava facendo bene a tralasciarglielo, semplicemente perchè non gli aveva mai rivelato di aver visto sua madre sgattaiolare via settimane prima, men che meno altri segnali che aveva evidenziato in Kogoro ultimamente. Pareva essere più interessato all’aspetto esteriore, tanto che ogni qualvolta entrasse in casa avvertiva chiaramente il suo prepotente profumo arrivargli al naso facendoglielo storcere. Se ne metteva davvero troppo, negli ultimi tempi. Per non parlare del suo sorriso da ebete puntualmente stampato in faccia, o della sua esuberanza davvero inquietate. Era davvero troppo euforico.
A parte quando mi ha minacciato di morte.
A quel ricordo, corrugò la fronte sentendosi ulteriormente colpevole. Non solo ciò di cui aveva paura era accaduto, ma sua figlia aveva dormito con lui appena la notte prima e, per quanto ne sapeva, sarebbe stato così per tutto il fine settimana.
Se lo scopre, mi uccide.
Completamente perso nei suoi pensieri non si accorse che Ran aveva chiuso la chiamata, e ora le si era affiancato con sguardo perplesso. Quando infine si accorse di lei trasalì dallo stupore di averla al proprio fianco, e maldestramente provò ad apparire totalmente rilassato.
« Tutto bene? », domandò con voce sicura, continuando a lavare la tazzina fra le sue mani, sebbene fosse già linda da almeno un minuto. Voleva occuparsi, solo per non doverla guardare negli occhi.
« Sì », replicò lei ancora un po’ pensierosa. Fissò il suo telefono, e poi riprese a parlare lentamente.
« Era la segretaria di mia mamma… mi ha detto che è passata da casa di mia madre per dare da mangiare a Goro, ma non ha toccato cibo e lo ha trovato un po’ mogio… », spiegò pensosa.
« Mmm », disse solo Shinichi, e ringraziò che lei fosse presa da chissà quali pensieri per notare il suo sguardo nervoso.
« Così le ho chiesto perché gli stesse dando da mangiare lei, e mi ha detto che mia mamma è andata fuori città per un lavoro piuttosto laborioso », concluse non del tutto convinta.
Non potendo continuare a far finta di niente, e sapendo che comunque lei prima o poi si sarebbe accorta del suo mutismo (il bello di conoscersi da una vita), mise infine da parte le ultime stoviglie e prese ad asciugarsi le mani voltandosi verso di lei cercando di fingere indifferenza.
« Quindi il gatto non sta bene? », cercò di deviare la sua attenzione sul povero Goro piuttosto che sul fatto che, per una strana combinazione del fato, i suoi genitori fossero entrambi via contemporaneamente da casa per due giorni. E per di più, sua mamma probabilmente non le aveva nemmeno detto niente.
« Sì ma non capisco perché mia mamma non me lo abbia lasciato », iniziò a ragionare, causando solo l’ennesimo brivido in Shinichi.
Cazzo.
« … e perché non mi abbia detto che andava via ».
Shinichi tamburellò le dita sul piano della cucina, non sapendo bene come fare.
Si era ripromesso di non dirle nulla proprio per non illuderla di alcunché, a maggior ragione visto che i diretti interessati a quanto pareva volevano tenere tutto nascosto per un qualche motivo a lui ignoto. Ma ora? Continuare a tacere?
Niente più bugie.
Si maledisse per quella promessa. Dopotutto lo stava facendo per il suo bene!
Sì, anche Conan Edogawa era nato “per il suo bene”.
Il suo stomaco fece una capriola all’indietro, mentre guardava di sottecchi la ragazza al suo fianco.
Però non stai mentendo… stai OMETTENDO.
Poteva valere come discorso? Non seppe rispondersi nemmeno lui.
« Ora la chiamo, c’è qualcosa che non va », la sentì dire in lontananza ancora con la testa in confusione più totale. Quando si rese conto di cosa stesse facendo, ormai era troppo tardi e aveva già il telefono all’orecchio.
« Aspetta! », esclamò con voce alta, facendola trasalire.
« Cosa? », domandò lei titubante.
« Chiudi, chiudi! », la incitò lui gesticolando e Ran lo vide così agitato che gli volle dare retta. Chiuse in fretta la chiamata prima che potesse squillare almeno una volta, e lo fissò in attenta.
« Beh? », disse facendosi contagiata dal suo nervosismo..
« M-magari non te lo ha detto per non disturbarti », provò lui cercando di dare un po’ di sicurezza alle sue parole, sebbene sapesse che in realtà come scusa facesse alquanto schifo. Infatti lei alzò un sopracciglio, non del tutto convinta.
« Ma me lo ha già lasciato altre volte », contestò Ran.
« Ragiona », sbuffò Shinichi, provando il tutto per tutto. « Ora stiamo insieme, e sa che ogni sabato facciamo qualcosa… magari non voleva rovinarti il week-end, e ha chiesto alla segretaria di dare lei da mangiare a Goro ».
Ringraziò il proprio cervello e il proprio sangue freddo per aver partorito una scusa migliore in davvero pochi secondi, e in qualche modo di accorse che effettivamente quel motivo pareva aver rilassato Ran.
« Beh, può essere », giocherellò col telefono in mano.
« E poi se è un lavoro così importante, non vorrai disturbarla », continuò lui acquistando un po’ fiducia in se stesso. « Andiamo a vedere Goro e curiamolo noi senza preoccuparla ».
Vide Ran ancora un po’ tentennante, ma dopo poco sospirò e posò il telefono. Constatò con sollievo crescente come l’avesse convinta, mentre gli rivolgeva un sorriso debole e un cenno del capo.

 

Domenica, ore 23:45


Shinichi ripensò a come poi si fossero prepararti e fossero usciti trafelati, per arrivare poco dopo a casa di Eri con la chiavi di riserva di Ran e avessero trovato Goro effettivamente sottotono. Avevano impiegato circa quaranta minuti per trovare il trasportino e metterlo di forza dentro, lotta che causò almeno dieci graffi a testa e un numero considerevole di corse intorno al tavolo del salotto. Quando, infine, lo avevano imprigionato mentre il poverino continuava imperterrito a soffiargli, erano andati dal veterinario.
Di sabato.
Dall’unico di turno in tutta Beika.
Li probabilmente trascorsero almeno un’ora abbondante, visto la coda di persone nella piccola sala d’attesa. Tutto ciò per appurare che Goro aveva un banalissimo mal di pancia e bastava dargli dei fermenti lattici per risolvere il tutto.
Tornare a casa, passare in farmacia, dargli la medicina e il cibo, poi, aveva richiesto anch’esso più tempo del previsto.
Per non parlare di quando era stato il momento di chiudersi la porta alle spalle e lasciarlo lì. Da solo.
La vista di Goro tutto raggomitolato in un angolo del divano aveva stretto il cuore di Ran che, con sguardo supplichevole, aveva iniziato a guardare Shinichi con un labbro tremante e gli occhi speranzosi.
« Sì, ce l’ho anche con te », borbottò Shinichi seduto alla scrivania, mentre un gattino grigio faceva proprio in quel momento capolino in biblioteca, guardandosi intorno curioso.
Già. Perché Ran non aveva avuto il cuore di lasciarlo solo, seppur Shinichi avesse provato a spiegarle che per un gatto la solitudine non era un problema enorme. No. L’avevano portato a casa.
Shinichi sospirò quando, infine, Goro gli saltò in braccio facendogli le fusa sulle gambe.
« Ti va bene che amo gli animali », mormorò iniziando ad accarezzarlo.
E così, praticamente l’intero pomeriggio del sabato era passato, fra veterinari, giri di negozi di animali per prendergli almeno la lettiera del cibo, farlo ambientare in casa e rincorrerlo ovunque per evitare che saltasse da qualche finestra.
Aveva sperato di passare almeno una serata apparentemente affettuosa con la sua ragazza, quando, subito dopo cena ed essersi trasferiti sul divano, l’aveva lasciata sola per dieci minuti per rincorrere Goro che si stava facendo le unghie su un mobile dell’ingresso. Evidentemente, un lasso di tempo fatale perché, al suo ritorno con Goro scalpitante in braccio, Ran era già riversa su se stessa in un sonno profondo. Alla sua vista, la bocca semi aperta e un respiro nasale, gli era venuto perfino da ridere, finchè almeno non si era ritrovato l’unico sveglio a guardare un film anche piuttosto interessante. Non che avesse immaginato chissà cosa, ma l’idea comunque di essere soli, senza adulti intorno e per una volta nessun cadavere nelle vicinanze, aveva fatto nascere in lui una certa speranza, perlomeno di poter stare un po’ insieme. Da svegli.
Invece ormai a mezzanotte, e il sonno che a differenza della ragazza completamente riversa sulla sua spalla mancava ad arrivare, aveva deciso di scuoterla per trascinarla almeno a letto. Una volta che quest’ultima si era messa il pigiama e infilata sotto le coperte senza forse nemmeno accorgersene, con un Goro gongolante fra i piedi, si era arreso e aveva preso un libro a caso dalla biblioteca, sperando che quest’ultimo gli consigliasse un po’ il sonno.


 

Domenica, ore 2:25


« Shinichi? ».
Shinichi sobbalzò sulla sedia, e ci mise un po’ per mettere a fuoco intorno a lui. La luce debole della lampada sulla scrivania certo non aiutava, e per qualche secondo avvertì solo un dolore prepotente alla cervicale e la bocca impastata. Rintronato si portò una mano al collo, e nel muoversi fece cadere il libro dimenticato sulle gambe.
In quel momento mugugnò qualcosa che non capì nemmeno lui, mentre si chinava e raccoglieva un thriller che aveva letto almeno duecento volte.
« Sono le due e mezza di notte », sbadigliò Ran, scuotendolo per una spalla. « Mi sono svegliata e non c’eri ».
In quel momento capì che si doveva essere addormentato, e il male al collo ne era la prova. Chissà da quanto aveva la testa ciondolante su quel libro.
« Dai, andiamo fanatico », lo prese in giro Ran, mentre lui si alzava in piedi lentamente. Aveva anche lei la voce impastata, segno che era forse ancora un po’ addormentata. Così, tenendolo per un braccio, salirono piano le scale in silenzio. Solo quando furono sulla porta di camera sua e Shinichi fece uno sbadiglio rumoroso, lei sorrise.
« Succederà sempre così? », domandò rimettendosi nel letto. Un po’ più sveglia, e rendendosi conto che lui invece era ancora un po’ rintontito dal sonno, lo guardò arrossendo leggermente quando lo vide spogliarsi a poca distanza. Si morse un labbro, mentre Shinichi noncurante e forse con la testa davvero ancora addormentata, si toglieva la maglia e i pantaloni, rimanendo illuminato un po’ dalla lampada che lei aveva acceso prima di scendere a cercarlo.
« Cosa? », sbiascicò mentre cercava a tentoni il suo pigiama.
Ran trattenne il respiro, mentre lo vide a poca distanza da lei tastare il materasso ormai solo in boxer, e cercò di non sentirsi eccessivamente accaldata.
Era davvero perfetto.
Cercò di guardarlo più che poté, approfittando del fatto che lui tanto pareva non accorgersene e probabilmente così assonnato non se ne sarebbe ricordato la mattina dopo.
Aveva davvero un fisico asciutto, con i muscoli definiti nei punti giusti senza che risultassero di troppo. Specialmente la pancia, che scendendo si andava a definire perfettamente. Si ritrovò a mandare giù un po’ di saliva quando si accorse di aver aperto la bocca per un tempo indefinito, quando capì di stargli guardando i boxer davvero troppo. Probabilmente così, in piedi davanti a lei, non lo aveva ancora mai visto.
Ringraziò quando infine si mise il pigiama sbadigliando, solo per il fatto di aver iniziato a sudare un po’. Lo sentì avvicinarsi a lei, e posarle una mano sul fianco prima di sprofondare nel cuscino. In quel momento si ritrovò quasi delusa quando vide che non fece una mossa verso di lei, ma quando poco dopo iniziò piano a russare capì che doveva essere davvero crollato. Cercando di non svegliarlo, si sporse verso la lampada e la spense.
Calò il buio più totale, e sentì solo due zampette muoversi lungo le sue gambe prima di sistemarsi con un verso soddisfatto fra di esse.
Sorrise al buio contro il cuscino, ritrovandosi a pensare ad un ipotetico futuro.
Credo che non sarà l’ultima volta che verrò a trascinati via da quella libreria nel cuore della notte…

 

Domenica, ore 23:55


Che si fosse addormentato, lo aveva capito solo quella domenica quando si era ritrovato nel letto con addosso un gatto di almeno quattro chili e la sua ragazza che aveva praticamente invaso tutto il suo cuscino. Non si ricordava nulla, nemmeno il tragitto dalla libreria dalla camera e, quando a colazione lo aveva chiesto a Ran, aveva notato solo un lieve rossore sulle sue gote che non seppe davvero spiegarsi. Dapprima sospettò di aver fatto qualche gesto poco galante, ma dubitò vivamente della cosa. Quello se lo sarebbe ricordato come minimo.
Shinichi scosse la testa prima che certi pensieri davvero poco educati iniziassero a vorticargli in testa, e cercò di tornare alla relazione, notando con orrore come avesse scritto si e no due righe.
Proprio a riguardo di quei suoi ricordi “poco galanti”, pensò che la delusione che lo attanagliasse si riferisse anche a quello.
Non che l’avesse invitata a stare da lui per quel motivo, assolutamente. Non rientrava davvero nelle sue corde un comportamento del genere, tuttavia pensava che almeno in due giorni e mezzo qualcosa sarebbe risuccesso. Seppur fra ansie e imbarazzi, sentiva davvero ogni fibra del suo corpo contratta ogni qualvolta anche solo per sbaglio lei lo sfiorasse. Non poteva farci niente, pareva che la sua pelle lo attraesse come una calamita e non poterla avere lo stava rendendo nervoso e irascibile.
L’unico vero momento in cui erano riusciti a ritagliare un momento solo per loro era stato quella stessa mattina, ma anche in quel caso non durò a lungo…

 

Domenica, ore 11:30


« Quel gatto mi è stato addosso tutta la notte », Shinichi sbadigliò sonoramente, mentre guardava Ran sul tappeto del salotto giocare con Goro e un topino blu. Gli stava facendo fare dei salti davvero notevoli, e quest’ultimo pareva non averne mai abbastanza.
« E’ contento di stare qui con noi », annunciò entusiasta Ran.
Shinichi alzò gli occhi al cielo, e preferì andare alla ricerca di qualcosa da mangiare per pranzo piuttosto che intrattenersi anch’esso con Goro.
Pigramente aprì il frigo, e notò quanto fosse scarno. Iniziò a pensare sul da farsi, specialmente perché voleva davvero organizzare qualcosa da fare per quel pomeriggio, considerato che dal venerdì prima ogni suo piano era stato mandato a rotoli da vari ed eventuali.
Era ancora completamente immerso nei suoi pensieri, che non badò a Ran che gli si era avvicinata quatta quatta alle spalle, e dopo pochi secondi gli lanciò in testa qualcosa.
« Ahio! », commentò quando sentì il topino di Goro colpirlo in testa, e per quanto fosse piccolo il lancio forte di Ran lo aveva reso quasi contundente.
Si voltò con una mano alla testa solo per vedere la sua ragazza scoppiare a ridere, prima di arretrare dopo aver notato il suo sguardo minaccioso.
« Come sei permaloso », disse Ran, cercando di trattenere ulteriormente le risa. Seppur per niente offeso, lui mise comunque su un’espressione imbronciata e iniziò a camminare lentamente verso di lei con fare circospetto.
« Sai quel film di ieri sera? », iniziò fissandola.
« Mmm, sì bellissimo… così bello che mi sono addormentata », lo schernì lei.
« Appunto, vuoi sapere come finiva? ».
Ran non seppe dirsi dove fosse l’inganno in quella domanda apparentemente innocua, perciò alzò le spalle come per incoraggiarlo a proseguire.
« Alla fine », riprese Shinichi continuando a camminare verso di lei. « Il colpevole era… ».
Ran finì di arretrare per il semplice fatto che qualcosa dietro di lei non le permise di continuare, e si rese conto con la coda dell’occhio che era lo schienale del divano. Trovandosi in trappola lasciò trapelare sul suo viso uno sguardo teso, che non mancò agli occhi di Shinichi. Sorridendo trionfante, lui si mise di fronte a lei e velocemente allungò le braccia, appoggiando le mani sullo schienale e intrappolandola così fra lui e il divano. Lo vide curvarsi leggermente verso di lei con la parte superiore del corpo, e rimanendo immobile avvertì il suo respiro contro la guancia destra.
« Il detective ».
Quasi le venne da ridere, ma presto fu circondata dalle sue braccia che la afferravano e le fecero perdere l’equilibrio. Ran cercò di rimanere in piedi come meglio potè, e finì per abbracciarlo stretto. Traballarono ancorati l’uno all’altra mentre lei provava a liberarsi, e quando alla fine Shinichi non riuscì più a tenerla ferma optò per lasciarsi cadere sul divano.
Con un piccolo sussulto di Ran che non si aspettava di venir trascinata giù da lui, finirono entrambi sul divano, scatenando ben presto le loro risa.
Risa che nel caso di Ran scemarono abbastanza in fretta, quando si accorse di essere sopra di lui, premuta completamente sul suo corpo disteso sotto di lei. Rendendosi conto della posizione abbastanza imbarazzante, fece per alzarsi. Shinichi capì le sue intenzioni e di istinto la afferrò per i polsi, guardandola sorridendo.
« Dove vai? », chiese prendendola in giro. Lei arrossì prepotentemente, e notò che anche sul viso del ragazzo davanti a lei era apparso un leggero color roseo. Tuttavia pareva determinato a trattenerla lì sopra di lui, per cui rimase un po’ spaesata.
Da quando era così audace?
Eppure quando lo fissò negli occhi, capì. Ci vide dentro un luccichio così forte che si perse dentro, e avvertì un formicolio lungo la schiena mentre avvertì davvero la presa ferrea sui suoi polsi. La teneva così saldamente ma al tempo stesso così delicatamente, che ebbe l’irrefrenabile voglia di premersi ancora di più contro il suo corpo. Probabilmente quell’impellente desiderio le si potè chiaramente leggere in faccia, perché il sorriso sul viso di Shinichi scemò e iniziò a guardarla serio. Rimasero così per qualche secondo, prima che Ran prendesse l’iniziativa e cancellasse la distanza fra i loro volti.
Lo baciò forse un po’ rudemente, ma volle non farci eccessivo caso.
Il giorno prima era stata troppo presa dal caos provocato dal gatto che alla fine la sera era crollata sul divano, senza nemmeno potersi dedicare un po’ a lui, sebbene ogni parte del suo corpo si sentisse attratta da ogni suo movimento o gesto. Anche il solo vederlo camminare intorno a lei le provocava una sensazione così forte che raramente riusciva davvero a mantenere il controllo, e si ritrovava spesso a fissarlo in posti davvero troppo imprudenti. Se solo lui se ne fosse accorto, non l’avrebbe lasciata stare tanto facilmente… poteva solo immaginarsi le prese in giro!
Cercò di non pensarci mentre continuava a baciarlo e lui la teneva ancora saldamente per i polsi, come se volesse sottolineare che doveva stare lì con lui.
Ogni parte del suo corpo aderiva perfettamente alla sua, e presto iniziò a sentire caldo. Si mosse spazientita sopra di lui, e si ritrovò ad avvampare quando si accorse che quei vestiti la stavano quasi infastidendo.
Quel suo muoversi, tuttavia, fece in modo che con un ginocchio per sbaglio premette appena poco più su delle sue cosce, e rendendosi velocemente conto di cosa avesse sfiorato si bloccò velocemente arrossendo furiosamente.
Quando si rese conto di averlo toccato in un punto davvero troppo imbarazzante, notò presto il suo sguardo stupito e le sue labbra improvvisamente tirate. La sua mente andò letteralmente in tilt per qualche secondo.
Quel sabato prima, dopotutto, lei non si era davvero spinta così con lui. Anzi.
Troppo intimidita da ciò che stava accadendo, si era limitata a seguire ogni suo gesto, non prendendo davvero l’iniziativa nemmeno una volta. Era per quello che, fondamentalmente, poteva dire che si era affidata completamente a lui, cercando di evitare accuratamente tutto ciò che riguardasse la parte inferiore del suo corpo.
« I-io », mormorò piano, distogliendo lo sguardo.
« S-scusa », non voleva davvero scusarsi, ma il suo cervello pareva non collaborare. Shinichi inarcò un sopracciglio, prendendo un attimo di tempo per riorganizzare le idee e sedendosi anch’esso. Infine, vedendola un po’ nel panico, le lasciò la presa sui polsi. Lei si alzò velocemente, mettendosi seduta dal lato opposto del divano, mettendo a malincuore un po’ di distanza fra loro.
« Non ti devi scusare per niente », sussurrò, e Ran potè avvertire l’imbarazzo nella sua voce pur non riuscendo a guardarlo in faccia.
« Lo so », dal nervoso avrebbe riso volentieri, ma sapeva bene che così facendo avrebbe rovinato quel momento fra loro. Perciò alzò gli occhi e li incatenò a quelli di Shinichi, fissandolo per un attimo.
« Cosa succede? », domandò lui dolcemente.
Ran sbuffò debolmente: come non mai, ultimamente lui pareva leggerle nella mente. Solitamente era piacevole, ma in quel frangente si sentì terribilmente a disagio. Conscia che anche se avesse mentito lui non le avrebbe creduto, prese un bel respiro.
« E’ che io… », iniziò incerta. « Io non… ».
Shinichi la fissò per un po’, mentre notava come non riuscisse a trovare le parole per descrivergli quale fosse il problema. Un po’ preoccupato, si avvicinò a lei silenziosamente, mentre lei velocemente si portava le gambe al petto.
All’improvviso, e con ansia crescente, si chiese se non avessero corso troppo. Il panico si impossessò di Shinichi, mentre cercava di scacciare il senso di colpa opprimente che si faceva largo nel suo cervello. Forse voleva dirgli che era davvero stato uno sbaglio, la settimana prima? Totalmente nel caos, riprese a guardarla. Lei non pareva aver fatto caso al suo senso di disagio crescente, anzi. Era immersa in un qualche lontano pensiero, mentre appoggiava la testa alle ginocchia e fissava un punto a caso lontano.
« Ran? », pronunciò debolmente.
Lei finalmente lo guardò nuovamente, per poi affondare il viso fra le ginocchia. Vide le sue orecchie tingersi di rosso, e si sentì ancora peggio.
Ma, prima che potesse continuare col suo interrogatorio, lei borbottò qualcosa contro le ginocchia. Shinichi inarcò un sopracciglio, sporgendosi un po’ verso di lei.
« Cosa? », domandò confuso. Lei lo guardò leggermente, e ripeté qualcosa che non capì nuovamente.
« Non ho capit- ».
« Non so cosa devo fare! ».
Alla fine glielo aveva praticamente urlato. Aveva alzato di scatto la testa e gli aveva esclamato quella frase colta da un imbarazzo così disarmante che gli era praticamente esploso dal petto. Shinichi sbarrò gli occhi, mentre la fissava a bocca semi aperta.
Rendendosi conto di cosa le fosse appena sfuggito di bocca, tornò d’istinto a immergere la testa fra le ginocchia, dandosi mentalmente della stupida.
« Ran », ripeté lui, ma non riuscì a continuare. « Non devi essere in imbarazzo con me, davvero ».
« Lo siamo da tutta la settimana », borbottò lei.
« Appunto, direi basta, no? », alzò gli occhi al cielo Shinichi.
« Dimmi esattamente qual è il problema, perché davvero non ho capito ».
Ran si costrinse ad alzare nuovamente il viso, e lo guardò un po’ incerta.
« E’ che l’altra volta hai fatto tutto tu », obiettò avvampando. « Io non so cosa devo fare ».
Se avesse potuto, avrebbe riso istericamente. Ma Shinichi si impose di non farlo, mentre la guardava stupito.
« Vorrei fare qualcosa anche io, piuttosto che rimanere ferma lì… », si giustificò Ran, immergendo il viso fra le mani. « Però mi vergogno », concluse con voce soffocata dalle dita.
Shinichi deglutì, e ragionò sul da farsi. Era vero che la volta precedente aveva preso iniziativa lui, mentre lei gli era rimasta ancorata per tutto il tempo, ma ciò che non voleva decisamente significare che lui fosse questo grande esperto in materia. Si era semplicemente limitato a fare quel poco che sapeva, e pensò che Ran dovesse saperne davvero molto poco se aveva creduto che lui fosse così competente. La voglia di riderle in faccia era sempre più prepotente, ma mandò giù quell’irrefrenabile voglia e le sfiorò un piede a poca distanza dalla sua mano.
« Non voglio che tu faccia qualcosa che ti metta a disagio », disse infine con voce roca.
« Non devi importi nulla, le cose verranno da sè piano piano », concluse cercando di usare il tono più comprensivo e rassicurante possibile.
Ran lo fissò intensamente, non del tutto convinta.
« Tu parli come se io sapessi tutto », disse Shinichi, interrompendo per un attimo i suoi pensieri confusi, con un sorriso storto.
« Ma, se non te ne fossi accorta, è tutto nuovo anche per me », spiegò lentamente.
« Ma tu… ».
« Ma io », sottolineò Shinichi imporporandosi. « Non ne so davvero più di te, Ran ».
Le sue parole la rincuorarono, e per un momento sentì il cuore decisamente più leggero. Sapeva bene come un discorso del genere dovesse essergli costato un’immensa fatica, e guardandolo si trovò a provare, se possibile, ancora più affetto per lui. Mentre le sue parole si susseguivano in loop nella sua testa, un sorriso si formò piano sulle labbra. Sempre un po’ rossa annuì timidamente, e lo vide imporporarsi anch’esso. Cercando di apparire più a suo agio, si avvicinò un po’ più a lui e gli stampò un bacio a stampo guardandolo negli occhi. Notò che anche lui non li chiuse, e ci vide dentro un’espressione così tenera che per poco non si sciolse.
Sempre con un sorriso fece per dargliene un altro, quando improvvisamente qualcuno suonò il campanello facendoli sobbalzare entrambi sul divano.
Si scambiarono uno sguardo confuso, e al secondo squillo Shinichi si alzò un po’ titubante. Ran lo guardò allontanarsi, e rimasta sola ritornò rossa quando ripensò alla discussione appena avuta. Immerse il viso fra le mani sentendosi un po’ sciocca, e per toglierselo dalla testa balzò in piedi seguendolo. Rimase un po’ nascosta, mentre lui rispondeva al citofono.
« Sì? », chiese con tono sospettoso.
Quando sentì la voce dall’altra parte dell’apparecchio, si rilassò un poco. Sbuffò, e con stizza aprì il cancello con il pulsante davanti a lui, per poi avvicinarsi alla porta e aprirla, rimanendo sulla soglia con le braccia incrociate.
Ran, ancora un po’ nascosta, vide solo dopo poco una testa di capelli biondi far capolino davanti a lui.
« Per caso lo guardi ogni tanto il telefono? », disse con voce calma Ai.
« Forse mi sono perso qualcosa », ammise Shinichi con una smorfia. Guardò dall’altro al basso Ai, e ancora una volta lo trovò strano: non si era ancora abituato, in quei mesi, a non vederla alla sua altezza.
« Forse? », disse lei sarcastica.
« Il controllo era ieri ».
Shinichi alzò gli occhi al cielo.
Da quando era uscito dall’ospedale, Ai aveva preso a visitarlo una volta al mese per appurare che le sue condizioni continuassero ad essere stabili. E non per quel proiettile, ma per quanto riguardava le sue condizioni post APTX. Al sentirli parlare di quei controlli, Ran cercò di sporgersi con discrezione per poter sentire meglio, improvvisamente molto interessata all’argomento.
Shinichi aveva sempre quasi voluto sorvolare in cosa consistettero quelle visite ogni qualvolta andasse dal dottor Agasa, dicendo solamente che gli misurava la pressione e gli faceva le analisi per controllare che tutto fosse a posto. Aveva sempre ribattuto con un sorriso che stava bene, e che Ai lo faceva solo per precauzione. Aveva voluto credergli, per il semplice fatto che ormai sapeva bene che voleva mantenere la sua promessa del non raccontarle più bugie, ma talvolta la preoccupazione si faceva largo in lei.
Lo guardò di sottecchi, mentre una strana sensazione di fastidio si faceva largo alla base del suo stomaco. Sapeva di essere molto stupida al riguardo, ma si sentiva anche gelosa. Il saperlo solo con Ai le procurava un po’ di irritazione, e non riusciva davvero mai a controllarla.
Scosse la testa, per cercare di scacciare quei pensieri dal proprio cervello. In fondo, doveva solo essere contenta che facesse ogni mese le analisi e si facesse visitare, specialmente dopo tutto ciò che aveva passato. Era ancora immersa in questi pensieri, quando si rese conto che si era sporta fin troppo e ora Ai la stava guardando con una strana espressione in volto. Quando si rese conto che quest’ultima stava fissando qualcosa in casa, si voltò anche Shinichi e quando notò Ran arrossì.
« Beh, almeno ora ho capito perché ti sei dimenticato », appurò Ai con noncuranza, lanciandogli un’occhiata maliziosa.
« E’ solo passata per pranzo »,  borbottò, mentre Ran si faceva piccola piccola nuovamente dietro al muro.
« Certo », replicò Ai. « In ogni caso, muoviti, non ti aspetterò ancora ».
Così dicendo di voltò e, con le mani incrociate dietro la schiena, ripercorse il viale per poi uscire dal cancello. Capendo benissimo che doveva seguirla, Shinichi si voltò appena indietro ben sapendo che Ran fosse ancora lì.
« Devo andare », disse un po’ scocciato.
A quel punto Ran fece due passi avanti, annuendo lievemente. Avrebbe tanto voluto chiedergli di andare anche lei, solo per appurare che tutto andasse bene e anche per curiosità propria. Ma, prima che potesse anche solo provare a chiederglielo, lui aveva le chiavi in mano e ora teneva la porta sull’uscio.
« Vieni? ».
Per la seconda volta in pochi giorni, lui la incluse nelle sue cose. E di questo, lei ne fu così sollevata che di istinto gli sorrise raggiante.
« Mi cambio, e arrivo », disse quando si ricordò di indossare ancora il suo adorabile pigiama coi panda.
Shinichi annuì, e quando effettivamente si accorse che fosse ancora in pigiama, capì perché Ai non aveva minimamente creduto al fatto che lo avesse raggiunto solo per pranzo.
Cercando di scacciare via l’imbarazzo, specialmente perché Ai solitamente ci sguazzava per poi prenderlo in giro ulteriormente, avanzò velocemente verso casa del dottor Agasa.
Non amava particolarmente quelle visite, per il semplice fatto che lui si sentiva bene e non ne capiva davvero il senso. Non dopo tutti quei mesi, almeno.
Eppure lei era sempre lì a ricordarglielo, e puntualmente sgridarlo se faceva qualcosa che non andava bene con la dieta e l’allenamento che gli aveva consigliato.
Come un automa entrò nel cancello lasciato aperto da Ai, e infine bussò alla porta. Dopo poco vide sulla soglia il dottor Agasa salutarlo con un grosso sorriso, e cercò di lasciarsi contagiare da esso. In fondo, perché doveva sentirsi irritato? Dopotutto, erano stati solo interrotti per l’ennesima volta.
« Shinichi! », lo accolse l’uomo, lasciandolo entrare.
« Dottor Agasa », ribattè lui. « Dovrebbe arrivare Ran fra poco, stavamo per pranzare così le ho detto di venire », gli spiegò.
« Ma sì, certo, sto io con lei. Tu va pure », gli diede una pacca sulla spalla e con un ultimo sorriso rassegnato Shinichi si diresse verso il seminterrato. Ormai Ai lo aveva adibito totalmente a suo laboratorio e studio, perché appena entrò non si stupì nemmeno più nel vedere una serie di contenitori con topolini bianchi all’interno, o boccette contenente liquidi dai colori diversi sulla sua scrivania. Stava ancora cercando l’antidoto, dopotutto.
« Ancora niente? », domandò, chiudendo accuratamente la porta alle sue spalle. Non voleva che Ran vedesse tutto quello, era, effettivamente, abbastanza inquietante. La bambina a poca distanza da lui alzò le spalle, mentre leggeva il fascicolo della sua ultima visita.
« Stai perdendo colpi », la canzonò, mettendosi a guardare un topolino particolarmente agitato che continuava a correre nella gabbietta.
« Sarebbe più semplice se mi permettessi di farmi da cavia, ma non vuoi essere né vivisezionato, né mutilato, quindi… », disse candidamente lei, riponendo il fascicolo e indicandogli uno sgabello a fianco a lei.
« Sono un amico davvero poco collaborativo », replicò sarcastico lui. Si sedette dove le aveva indicato, e si tolse la maglia mentre lei acchiappava uno stetoscopio dalla scrivania.
« Allora? Come stai? », chiese iniziando ad auscultargli il cuore, mentre lui faceva profondi sospiri.
I primi tempi gli era sembrato strano perfino farsi visitare da una bambina di sette anni, ma col tempo ormai ci si era abituato. Perciò fece come faceva sempre, mentre lei gli passava lo stetoscopio sul petto e subito dopo sulla schiena.
« Bene », disse semplicemente, fra un sospiro e l’altro.
« Ti senti stanco? Ti affatichi più facilmente? ».
« No ».
« Tachicardia? Dolori? ».
« No, e no ».
Lei smise di auscultarlo, e appuntò qualcosa sul suo fascicolo.
« La dieta? ».
« Non mangio porcherie », rispose come un automa Shinichi.
Ogni santo mese le stesse domande.
« Quante volte ti alleni? ».
Merda.
« Ehm », preso in contropiede, ci impiegò forse troppo a rispondere. Quando lo vide in difficoltà, Ai lo fissò con un sopracciglio alzato.
« Non te lo ricordi neanche? », indagò contrariata.
« Ma smettila », borbottò lui, anche se davvero non si ricordava l’ultima volta.
Il fatto era che, fra il compleanno di Sonoko, fra i compiti extra e le ultime settimane movimentate con Ran, si era scordato perfino del calcio. E a suo ricordo, l’ultimo allenamento risaliva almeno a dieci giorni prima. Cercando di abbozzare un sorriso colpevole, la guardò dubbioso.
« … è che ho avuto un po’ di cose da fare, poi anche a scuola… », si rese conto da solo quanto la sua voce tradisse la verità.
Difatti, Ai corrugò la fronte.
« La scuola? », ripeté. « Ma tu non eri quello con la memoria fotografica? ».
« Beh, sì », non sapeva davvero più come salvarsi dal suo sguardo di fuoco. « Ma appunto, devo almeno guardarle le pagine ».
Lei distolse lo sguardo con l’aria di chi non aveva creduto ad una sola parola, e riprese a scarabocchiare qualcosa.
« Stai scrivendo che avevo dei compiti extra? », buttò li sorridendo speranzoso di smorzare la tensione creatasi.
« No, sto scrivendo che sei un idiota ».
Shinichi si zittì, preferendo tacere. Per quanto piccola e all’apparenza innocua, le sue ramanzine talvolta lo intimidivano.
« Quindi », riprovò lei infine. « Neanche una volta? ».
« Ehm… », provò a ripensarci, ma non gli venne davvero in mente nulla.
« Neanche un mini allenamento? », lei era esasperata. « Che ne so, una corsetta? ».
No, nemmeno una “corsetta”. Dannazione.
« In queste ultime settimane non hai mai fatto attività fisica di qualsiasi tipo?! », era davvero innervata.
Ma a quella particolare frase, Shinichi si immobilizzò per un attimo. E senza poterci fare niente, gli tornarono in mente alcuni immagini di quel sabato notte, e di istinto arrossì, distogliendo lo sguardo improvvisamente a disagio. Provò quasi subito a scacciare via quel palese imbarazzo, ma Ai ormai lo conosceva davvero bene. E non era stupida.
« Ah », fece un sorriso storto. « Quindi hai fatto un altro tipo di attività fisica ».
« Ma che dici », sbottò lui, arrossendo ulteriormente.
« Comunque, non basta di certo », a volte Shinichi si chiedeva come potesse mantenere un’apparente aurea di indifferenza anche nel bel mezzo di una discussione imbarazzante.
« Non credere di poterti permettere di abbandonare gli allenamenti veri », continuò imperterrita, sotto il suo sguardo sgomento e le gote porpora.
« Ascolta, hai frainteso », gesticolò in un ultimo tentativo disperato lui, ma ovviamente Ai non gli diede nemmeno retta.
« Ti avevo già detto di fare palestra », lo interruppe. « E non hai voluto ».
« Non sono tipo da palestra », obiettò Shinichi.
« … ma ti avevo accordato il calcio, e ora nemmeno quello? », alzò di un tono la voce la bambina.
Messo alle strette lui sbuffò contrariato, ancorandosi meglio a quello sgabello ciondolante.
« La tua ragazza lo sa come è messo il tuo cuore? », domandò dopo un po’ Ai.
« Il mio cuore sta benissimo », fece una smorfia Shinichi.
« Ora », sottolineò lei. « Ma i primi mesi era debole, solo con il costante allenamento ti sei rinvigorito. E non vorrai buttare tutto al vento », la sua voce era categorica.
« Dai, Ai », balzò in piedi lui con uno slancio spazientito. « Era solo un po’ debole, tutto qui ».
« Non sappiamo sul lungo termine le ripercussioni che subirà il tuo corpo per ciò che hai passato, devi mantenerti allenato », non lo ascoltò nemmeno.
« Quindi, o ti decidi a prendere sul serio ciò che dico, o vado dalla tua ragazza e glielo dico. Forse lei la ascolterai », concluse minacciosa.
« E va bene », sbottò Shinichi.
Vedendolo improvvisamente agitato, si sentì abbastanza soddisfatta dal tornare al fascicolo.
La vide appuntare ancora qualcosa, per poi risedersi in attesa del prelievo. Rimasero per un po’ in silenzio, e sentì chiaramente come al piano di sopra Ran stesse chiacchierando con il dottor Agasa.
« Comunque avresti dovuto dirglielo », riprese Ai sorprendendolo un po’.
« Era l’ultima cosa che volevo appena uscito dall’ospedale, preoccuparla ancora », borbottò.
« E ora va tutto bene », sentenziò infine.
« Come preferisci », fece spallucce lei.
Ricadde un silenzio teso, mentre lei gli si avvicinava e gli metteva un laccio intorno al braccio.
« Per il resto, è tutto a posto? », domandò lei lanciandogli un’occhiata eloquente.
Capendo a cosa si stesse riferendo, Shinichi distolse lo sguardo sdegnato.
« Smettila », mormorò fra i denti.
« Almeno sappiamo che a livello ormonale è tutto ok », sorrise sarcastica Ai, iniziando a prelevargli il sangue.
« Ti ho già detto che hai frainteso ».
« Certo, certo », il suo tono era così ironico che contribuì solo a farlo arrossire nuovamente.
« Ecco fatto », disse infine. « Ti farò sapere i risultati ».
Felice di poter finalmente uscire da lì, e sentendosi anche un po’ in colpa sia per la questione allenamento, sia per la consapevolezza di aver omesso quel discorso a Ran, si rimise velocemente la maglia e salì le scale due a due. Prese infine un bel sospiro, e aprì la porta facendo capolino nel salotto del dottor Agasa.
« Hey », lo salutò Ran, seduta al tavolo con l’uomo.
« Tutto bene? », gli domandò mentre lui la affiancava.
« Sì, tutto a posto », disse fin troppo velocemente, così tanto che Ran lo guardò un po’ dubbiosa. Fece per dirgli qualcos’altro, ma qualcuno irruppe fra di loro. Solo in quel momento, infatti, Shinichi si accorse di altri tre paia di occhi guardarlo incuriositi.
« Ciao! », lo salutarono all’unisono Ayumi, Genta e Mitsuhiko. Dall’ultima cena insieme avevano un po’ rivalutato quel ragazzo così riservato che si faceva vedere raramente, e gli regalarono tutti e tre un sorriso molto ampio.
Shinichi rispose al saluto un po’ stupito di ritrovarseli davanti, e subito dopo si vide sbucare Ai al proprio fianco.
« Sei pronto? », domandò Ayumi rivolgendosi nuovamente a Shinichi, e lui notò come avesse fra le gambe un pallone da calcio.
« Per cosa? », domandò disorientato, guardando prima il gruppetto poi Ai.
« Per allenarci! », saltò su Mitsuhiko inarcando un sopracciglio.
Shinichi sgranò gli occhi, mentre Ai lo fissava gongolando.
« Non siamo molto bravi a calcio, e visto che tu lo sei gli ho detto che mi avevi detto che ci avresti allenato oggi », disse con tono calmo e un sorriso quasi sadico in volto.
Shinichi rimase così senza parole e con espressione stupita che perfino Ran nascose un sorriso divertito sotto i baffi.
« Ma davvero », ribatté Shinichi un po’ troppo bruscamente, guadagnandosi ben presto una gomitata di avvertimento dalla sua ragazza. Alla vista poi della sua espressione grave, cercò di sorridere forzatamente ai tre bambini di fronte a lui che lo guardavano speranzosi.
« E’ che prima ci aiutava Conan », il sorriso di Ayumi scemò improvvisamente. « Ma lui ora non c’è, quindi… ».
Alla vista del suo entusiasmo sparito repentinamente, Shinichi avvertì lo stomaco fare un salto all’indietro. 
« Sì, ma certo », rimediò velocemente, gesticolando. « Scusate ragazzi, avevo solo dimenticato il giorno », mentì sorridendo rassicurante.
« Bene, andiamo allora! », esultò Genta, e tutti e tre iniziarono a chiacchierare fra di loro con entusiasmo ritrovato.
« Potevi almeno avvertirmi », borbottò Shinichi ad Ai sottovoce, in modo che potesse sentire solo la diretta interessata e Ran al suo fianco.
« Ho unito l’utile al dilettevole », disse lei. « Loro avevano bisogno di un allenatore, e tu avevi bisogno di allenarti… sì, sapevo già che avevi saltato gli allenamenti », rispose alla sua espressione grave. « Non ti vedo con la sacca da calcio da almeno dieci giorni ».
« Cioè? », saltò su Ran curiosa. Shinichi aprì la bocca per replicare qualcosa in modo da cambiare discorso, ma Ai lo precedette.
« Forza, andiamo », annunciò prendendo il suo cappellino e mettendoselo velocemente.
Ran a quel punto lanciò un’occhiata minacciosa a Shinichi, che scosse la testa rassegnato.
« Te lo spiego più tardi », disse solamente. Un po’ odiò Ai, ma sapeva che in fondo aveva ragione.
I primi tempi lo aveva tenuto per sé per non preoccuparla, specialmente dopo la faccenda dell’organizzazione e del coma, ma forse era arrivato il momento di dirglielo. Così, sotto il suo sguardo un po’ impensierito, le fece cenno di seguirlo e tutti insieme uscirono di casa.


 

Domenica sera, ore 23:55


Shinichi mandò giù con un nodo alla gola l’ennesimo ricordo di quel pomeriggio. Avevano giocato a calcio fino intorno alle cinque, finché per una sua distrazione non si era preso una storta e dolorante aveva chiesto una pausa. Gli doleva ammetterlo, ma era davvero fuori forma. Per di più gli sguardi allusivi di Ran lo avevano distratto parecchio, così davvero non si era accorto di quel movimento sbagliato. Ragion per cui in quel momento il piede gli pulsava tremendamente, benché lei, silenziosamente, glielo avesse ben bendato una volta tornati a casa. Avevano cenato ancora un po’ in silenzio, finché lui non aveva posato le bacchette e le aveva spiegato come stavano le cose.
Sì, il suo cuore appena dimesso dall’ospedale non era al top. Lo aveva appurato Ai, quando lo aveva visitato la prima volta, e se ne erano accorti anche i medici. Non sapendo tuttavia ricollegarlo al fatto che il suo corpo facesse spesso del cambiamenti così bruschi come quello di rimpicciolire o tornare adulto nel giro di poco tempo. Ma Ai lo aveva capito, e gli aveva detto di tenersi allenato proprio per quel motivo.
Così aveva spiegato a Ran che glielo avrebbe detto, se solo le cose non fossero tornate normali. Ma appena un mese dopo i suoi costanti allenamenti di calcio tutti i valori erano rientrati nella norma, e quindi aveva pensato di tralasciare quel discorso con lei.
Non volevo davvero preoccuparti, sto bene.
Lei in tutta risposta lo aveva fissato intensamente, e alla fine aveva sorriso mestamente. E lui sapeva bene cosa volesse dire quell’espressione: sto facendo finta di niente anche se ci sono rimasta male.
E il fatto che poi avesse ripreso a parlare come se nulla fosse, non aveva fatto altro che incrementare il suo sospetto che sì, si stava davvero sforzando di non far trapelare il suo dispiacere. Vederla così gli procurava sempre il mal di stomaco, specialmente perché lui aveva una particolare dote per procurarla una simile reazione. A volte, ancora quando era Conan, si domandava spesso se esistesse al mondo un’altra persona che la faceva piangere quanto lui. Spesso non riusciva a trovare un altro nome da aggiungere sulla lista.
Sbuffò quando infine concluse la relazione, che aveva deciso di compilare sia perché la scadenza era davvero vicina, sia per allontanarsi un attimo da lei e da quel suo sguardo triste.
Vigliacco.
La verità era che si stava sentendo in colpa, e si maledisse quando si rese conto che ancora una volta l’aveva delusa con il solo scopo di non farla preoccupare.
Ormai era un intenditore.
In più il fatto che fosse ormai domenica notte e il giorno dopo Kogoro sarebbe tornato e loro avrebbero ripreso la loro vita separati lo rendevano davvero frustrato. Non era stato decisamente il fine settimana che si era aspettato, e sapere di aver sprecato quei ultimi momenti così lo facevano davvero innervare.
Più di quanto non lo fosse già.
Con stizza spense il computer, e appurò che fosse mezzanotte passata. Aveva tutto sommato fatto presto, per il semplice fatto che aveva fatto una relazione da schifo. Se quella volta l’ispettore Megure non gli avesse fatto notare quanto era tremenda, davvero era solo per l’immensa gratitudine nei suoi confronti.
Riordinò rapidamente la scrivania, con Goro che lo guardava ancora placidamente addormentato ai suoi piedi. Si appuntò mentalmente anche di riportarlo a casa di Eri la mattina seguente, insieme ad altre milioni di faccende da sistemare quel lunedì. Stancamente spense la luce e prendendo Goro in braccio uscì dalla biblioteca, chiedendosi dove avrebbe trovato Ran. Quando passò per il salotto e non la trovò immaginò che fosse già a letto, probabilmente già profondamente addormentata.
Avevano dormito insieme per tre sere, e si erano calcolati di striscio. Se Sonoko lo avesse saputo, lo avrebbe punzecchiato per l’eternità.
Con un sospiro prese a salire le scale, Goro che da buon gatto si era già scocciato di stare fra le sue braccia e con un balzo lo aveva preceduto su al primo piano.
Aveva quasi paura di far capolino in camera, e sperò che dormisse davvero perché intercettare il suo sguardo era qualcosa che lo stava rendendo particolarmente nervoso. Ma, purtroppo per lui, dalla sua camera arrivava una luce soffusa, segno che probabilmente la lampada sul comodino fosse ancora accesa. Cercando un briciolo di dignità vi entrò e rimanendo un attimo immobile la vide.
Era seduta sul letto con la testa inclinata da una parte, segno che doveva averlo aspettato tutto quel tempo ma alla fine il sonno aveva avuto la meglio su di lei. In mano teneva un libro che aveva forse trovato in giro, perché notò come fosse un vecchio romanzo della sua raccolta. Probabilmente aveva provato a leggerlo per ingannare l’attesa, ma senza dubbio non era il suo genere e su di lei aveva avuto il risultato opposto, cioè stimolarle il sonno. Cautamente avanzò nella camera, e in silenzio si cambiò mettendosi il pigiama. Vide Goro che si sistemò fra le sue gambe soddisfatto e quando infine fece il giro del letto e fece per spegnere la lampada sul comodino, sentì la sua voce arrivargli oltre la sua spalla destra.
« Hai finito? », disse con voce impastata, muovendosi appena. Shinichi sobbalzò quando la avvertì sveglia, e la guardò un po’ sulle spine.
« Sì », mormorò. « Torna a dormire, è tardi ».
Spense velocemente la lampada, e altrettanto rapidamente fece il giro del letto e si mise sotto le coperte, stando ben attento a non premersi troppo contro di lei. Aveva come paura che fosse una bomba ad orologeria, e non voleva certo essere la miccia finale.
Eppure, dopo poco, sentì con sorpresa lei che si ancorava al suo petto e, inaspettatamente iniziava a baciarlo.
Dapprima stupito, si chiese se non fosse ancora semi addormentata, ma quando rispose al bacio un po’ titubante notò che lei stava anche allungato un braccio per afferrargli la spalla e abbracciarlo maldestramente. Conclusero quel bacio dopo un po’, e ancora con le labbra a poca distanza l’una dall’altra e i respiri un po’ accelerati, Shinichi sentì la sua mano ancorarsi ancora più tenacemente alla sua spalla.
« Io », cominciò con voce rotta. « Davvero, non so spiegare quanto mi senta fortunata ».
Shinichi inarcò al buio un sopracciglio, non riuscendo dapprima a capire a cosa si stesse riferendo.
« Per cosa? », domandò Shinichi piano.
« Ad averti ancora qui con me ».
La verità era che quella notizia quel pomeriggio l’aveva lasciata davvero senza parole. A volte si dimenticava di cosa fosse davvero accaduto, e di quanto avessero rischiato. Pensò scioccamente che avrebbe dovuto godersi maggiormente certi momenti con lui, per il semplice fatto che era stata a davvero poca distanza dal perderlo per sempre. Non era scontato averlo lì, avvinghiato a lei, mentre le accarezzava la schiena con dolcezza.
Se solo quel veleno avesse fatto effetto.
Se solo l’organizzazione lo avesse ucciso.
Se solo non fossero stati in grado di dichiararsi i propri sentimenti.
Se solo, se solo, se solo.
E in quel preciso momento, Ran decise che non le importava più niente. Erano insieme, a discapito dell’ultimo anno e di chiunque avesse cercato di separarli. Con veemenza gli diede una spintarella verso di lei per fargli capire di avvicinarsi maggiormente e lui capì. Si lasciò trasportare e si ritrovò ben presto abbracciato a lei, il suo corpo completamente premuto contro quello di Ran. In silenzio lei lo intrappolò a sé attorcigliando le gambe sulle schiena, schiacciandolo contro di lei con forza. Sebbene non si aspettasse quella reazione, Shinichi fece finta di non rimanere piacevolmente colto alla sprovvista, ma rimase ancora in silenzio, troppo stupito da quel risvolto inaspettato.
Dopo relativamente pochi secondi, non seppe dire come si ritrovarono a baciarsi nuovamente, dapprima lentamente e dopo un po’ con una foga che gli fece mancare più di una volta il respiro. Ran chiuse gli occhi, solo per sentire maggiormente il suo viso contro il suo, e godersi appieno quel momento che sapeva bene, in quell’attimo nessuno avrebbe rovinato. Con sorpresa notò come non si stava nemmeno fin troppo vergognando, quando prese ad accarezzarlo sotto la maglietta del pigiama e lui iniziò a sfiorarle le cosce.
Quello stesso imbarazzo che aveva provato quella mattina era completamente sparito, visto che riusciva a pensare ad una sola cosa: se solo, avrebbe potuto non avere mai nulla di tutto ciò.
E mentre lui le lasciava un bacio dolce sul collo e lei gli strattonava la maglietta e gliela sfilava velocemente, insieme agli altri resti del pigiama, non volle nemmeno pensare di essere per la seconda volta nuda contro di lui.
Solo per un momento, invece, lui parve un po’ a disagio quando si ritrovò il suo corpo nudo avvinghiato a lei, e un pò incerto prese ad accarezzarla lentamente. Ma quando vide che lei non pareva farci nemmeno caso, decise di prendere coraggio e lasciar perdere. Cercando di darsi un ultimo contegno, sistemò maldestramente un po’ di più le coperte sopra di loro. Cercò di coprirli come meglio poteva, anche perché Ran pareva completamente persa e distratta da quel suo maldestro tentativo di mascherarli, e non lo stava minimamente aiutando.
Almeno finché, non seppe nemmeno lui come e dopo quanto tempo si ritrovò completamente ancorato a lei, il suo cuore cominciò ad accelerare, e iniziò ad avere davvero troppo caldo. Trovando un ultimo, minimo barlume di lucidità in quel vortice di sensazioni che gli pulsavano in ogni fibra del corpo, le lanciò un’ulteriore occhiata e si rese conto che probabilmente a lei nemmeno interessasse troppo in quel momento di quanto potessero essere coperti. Con uno sbuffo fece quindi in la quelle maledette coperte, e come aveva previsto lei nemmeno se ne accorse, continuando a mantenere gli occhi chiusi in quel meraviglioso viso arrossato illuminato dalla luce della finestra a poca distanza da loro.
Shinichi, dal canto suo, non riuscì davvero a non guardarla. Approfittò del fatto che lei tenesse gli occhi serrati per guardarla per la prima, vera volta senza filtri. Era stato tutto così semplice quella volta, che davvero non si ricordò come si ritrovò contro di lei a cercare di respirare normalmente, mentre ogni muscolo del suo corpo gli pulsava tremendamente. Sentiva perfino in lontananza la storta al piede fargli male ad ogni movimento che faceva sopra Ran, ma ben presto decise di non farci troppo caso. Strinse il lenzuolo intorno al suo viso solo per cercare di mantenere un po’ di lucidità, sebbene ormai ne possedesse davvero poca.
Con sollievo notò come quella volta lei non avesse fatto alcun cenno di dolore, o si fosse sentita a disagio con lui. No, quella sera era davvero completamente rilassata, e così anche lui si ritrovò a vivere tutto il più serenamente possibile rispetto ad una settimana prima.
E si sentì così fortunato, così graziato, che la strinse ancora un po’ di più, immergendo infine il viso fra i suoi capelli e venendo investito all’improvviso da quel suo prepotente sapore di vaniglia.

   
 
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