Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: evil 65    30/05/2020    10 recensioni
( Sequel di So Wrong )
Quando vengono assegnati ad una missione congiunta, Peter Parker e Carol Danvers si ritrovano costretti a ad affrontare sentimenti che credevano ormai soppressi da tempo.
A peggiorare ulteriormente la situazione già molto tesa, i problemi per la coppia di Avengers sembrano appena cominciati. Perché ad Harpswell, cittadina natale della stessa Carol, cominciano ad avvenire numerose sparizioni che coinvolgono bambini…
( Crossover Avengers x IT's Stephen King )
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccovi un nuovissimo capitolo! Vi auguro una piacevole lettura, perché qui si entra nel vivo della lotta ;)



The Eater of Worlds
 
Gli occhi di Peter Parker si spalancarono lentamente.
Ciò che videro, una volta che furono completamente aperti? Il buio. Era tutto ciò che lo circondava: il nulla assoluto. Era buio…e faceva freddo.
Per un attimo, l’adolescente credette di essere morto. Il pensiero che la non-vita potesse assomigliare a ciò in cui era stato catapultato – un nulla cosmico – lo fece rabbrividire. Ma fu proprio quella sensazione di terrore e incertezza a fargli capire che era ancora vivo, che era molto più che semplice pensiero disincarnato.
E poi, una voce squillante riecheggiò attorno a lui come un colpo di cannone.
<< All’inizio era il nulla. E poi fu…Guerra! >>
BOOM!
Un bagliore accecante esplose al centro di quel vuoto, illuminandone ogni angolo.
Peter si ritrovò costretto a coprirsi gli occhi per non perdere la vista, ma sentì comunque il calore di quel lampo che gli bruciava la pelle, attraversando i rivestimenti della tuta come fossero burro.
<< La luce dell’essere esplose nel mio regno. Accecato, caddi per eoni nello splendore >> continuò Pennywise, sebbene il vigilante non potesse capire se fosse vicino a lui o distante chilometri. Era tutto troppo confuso.
<< E dentro quella luce…qualcos’altro…dei. >>
Quando il calore cominciò ad attenuarsi, Peter abbasso la mano…e allora li vide. Giganti che sembravano usciti direttamente dai sogni più sfrenati di un pittore rinascimentale. Esseri grandi quanto galassie in armature fatte di pura luce, reggenti grandi alabarde nelle loro mani corazzate.
Non avevano volto…non avevano voce…erano semplicemente esistenza allo stato puro.
E in mezzo a loro? Un ombra, piccola e apparentemente insignificante, di cui Peter distinse solo un paio di occhi gialli come il sole stesso. Gli occhi…di Pennywise.
<< Quelli che giudicarono la mia dimora…incompleta. Come argilla per i loro sgraditi progetti >> ringhiò la voce, mentre il vuoto attorno all’Avenger cominciava a cambiare. << Che hanno bandito il mio abisso negli angoli più profondi della loro creazione. >>
Presto, il nulla venne sostituito dal “qualcosa”. Stelle e pianeti iniziarono a volteggiare lungo orbite ellittiche, comete sfrecciarono nell’oscurità e nebulose esplosero come fuochi d’artificio in mezzo a quella cacofonia di fenomeni cosmici.
L’ombra che una volta era IT osservò il tutto con cupo interesse…e provò rabbia. Rabbia per coloro che avevano osato sconfinare nella sua dimora. Nel suo santuario.
<< Erano giunti a chiamare il mio regno “spazio”, come se fosse qualcosa di vuoto che andava colmato >> sibilò,  mentre uno dei giganteschi esseri si chinava ad osservarlo con apparente curiosità.
Allungò la sua mano corazzata e IT vi salì sopra, inclinando la sua testa priva di caratteristiche facciali…ad eccezione degli occhi. Quegli occhi tanto familiari a Peter, detentori di pensieri che avrebbero potuto ridurre in poltiglia il cervello di qualunque mortale. Gli occhi del Male primordiale.  
<< Ma il mio regno non era vuoto. Il mio abisso non era morto…non era vuoto! >> rimbombò la voce, tanto forte da costringere l’Avenger a tapparsi le orecchie. << L’infinità delle mie terre non era a loro disposizione per essere distrutta e rimodellata. No…il vuoto respira. L’abisso…ha i DENTI. E le ombre si ingrandiscono alla luce. >>
Sotto il suo sguardo incredulo, la piccola ombra balzò verso il collo del gigante e aprì una sontuosa ferita nella sue carni, attraversando l’armatura dell’essere nella frazione di un battito di ciglia. Il titano, troppo sorpreso per potersi difendere adeguatamente, riuscì solo a portarsi ambe le mani nel punto in cui era stato colpito, mentre un liquido dorato e luminoso cominciò a fuoriuscire dal suo corpo.
<< Quella fu la prima volta che assaporai il sangue della creazione. E per quel crimine…venni bandito >> continuò Pennywise, mentre uno degli altri giganti si apprestava ad aiutare il compagno ferito.
Menò un possente fendente della sua alabarda, e l’arma andò a scontrarsi con il corpo minuto dell’ombra, scaraventandola oltre i confini dell’esistenza.
 << Ma gli dei non sapevano cosa avevano fatto. Gli sciocchi mi avevano mandato a casa, nel mio vuoto. Il mio “ Macroverso “ >> continuò la voce con cupo divertimento.  << Lì cominciai ad evolvere. Là, avvolto nell’oscurità, il dio di un’idea dimenticata…divenne il dio della distruzione. >>
A testimonianza di quell’affermazione, l’ombra cominciò a crescere. Divenne una massa indistinta di luce e oscurità al tempo stesso, sfruttando il sangue della Creazione come carburante.
<< Cominciai a cibarmi della luce…e la luce divenne parte di me. E con il passare di altri eoni, scoprì un altro cibo molto nutriente: l’immaginazione >> sussurrò, mentre urla di ogni genere e cadenza iniziarono a riecheggiare per lo spazio. Urla appartenenti a razze di cui Peter non aveva mai sentito parlare, altre fuoriuscite dalla bocca di tutte quelle anime umane che IT aveva mietuto nel corso della sua lunga vita.
<< E allora bevvi del sangue di innumerevoli razze…e migliaia di mondi caddero sotto le mie zanne. Miliardi di anime divennero parte di me. E le loro urla sono la canzone che mi accompagna ogni secondo della mia esistenza >> ringhiò l’entità.
E in quei pochi secondi che racchiudevano parte dell’eternità…Peter vide l’orrore. E capì che l’universo era dominato da Mostri.
<< Io SONO LA VITA! >>
BOOM!
Un’altra esplosione.
Luce…buio…silenzio.
 
                                                                                                                    * * * 
 
Paura. Per Carol era…fiori nella neve, dove nessun fiore dovrebbe mai crescere…un soldato in divisa bianca, immobile come un sasso. Una bandiera stesa e piatta come il quadrato di erba sintetica su cui stava in piedi. Paura era il tasto sibemolle, le prime lente note di taps…prima che si rendesse conto di cosa significassero e dove le aveva già sentite…al funerale di tuo fratello Steve, morto in Iraq. Pensava che questa volta sarebbe stata più facile. Ma niente con la sua famiglia era mai stato facile.
Per Carol Danvers, la paura era cercare le parole quando non c’era rimasto più niente da dire.
Quando aveva aperto la bocca per parlare, riusciva a stento respirare. Come se Joe Danvers avesse risucchiato tutto l’ossigeno dal mondo quando lo aveva lasciato…l’aveva lasciata.
Carol era abbastanza sicura di aver già vissuto una volta il funerale del genitore. Eppure…eccola lì, ancora una volta in quel cimitero avvolto da bianche fumate, a fissare un’immagine speculare di se stessa.
Suo fratello e sua madre erano più giovani, mentre lei era uguale a come era adesso.
Attorno a loro vi erano decine di persone vestite di nero e in divisa militare, tutti membri della famiglia di Joe, oppure compagni d’armi che avevano servito assieme a lui durante la sua carriera militare.
<< Capitano…qualche ultimo pensiero su suo padre? >> chiese improvvisamente il prete, riferendosi alla sua copia.
La donna in questione sussultò, come se si fosse appena svegliata da un sogno ad occhi aperti.
<< Io… >> borbottò, volgendo lo sguardo in direzione della bara contenente il genitore, sul punto di essere posta nella fossa comune scavata quella stessa mattina.
Carol trattenne il respiro e vide la sua controparte deglutire a fatica, mentre si avvicinava con passo lento ed esitante fino alla cassa in legno bianco.
Vi posò una mano sopra e chiuse gli occhi, sussurrando:  << Mio padre….era un avversario valido. >>
Quelle parole riecheggiarono per tutto il cimitero come un colpo di pistola.
Il cielo cominciò a farsi più cupo, facendo calare un ombra sull’ammasso di lapidi raccolte.
In quel preciso istante, qualcosa afferrò la spalla dell’Avenger, suscitandole un brivido lungo la spina dorsale. Con la coda dell’occhio, si rese conto che si trattava di una mano dalle sembianze scheletriche, quasi priva di carne. Ed essa era collegata ad un braccio ricoperto da una manica ingiallita, attaccato a sua volta ad un corpo umano.
No, si corresse mentalmente Carol. Quel corpo aveva ben poco di umano. Sembrava quasi uno zombie…e aveva il viso con le sembianze di Joe Danvers.
<< Dimmi, Carol…sei ancora la mia bambina? >> chiese il cadavere con una bocca senza labbra, scoprendo una fila di denti ricoperti da vermi e piattole color carbone.
La bionda rimase ferma e immobile, fissando dritta nelle pupille grigie di quel morto tanto simile a suo padre, eppure diverso.
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, prese un respiro profondo e…
<< No >> ringhiò freddamente, per poi sparare un raggio di energia cosmica nel petto dello zombie.
Questi lanciò un urlo animalesco e crollo a terra, riducendosi ad un mucchietto di cenere.
Il tutto sotto lo sguardo impassibile dell’Avenger.
<< Questo trucco non funzionerà con me. Non una seconda volta >> disse con tono di fatto, mentre il mondo attorno a lei cominciò improvvisamente a cambiare.
Non era più al cimitero.
Era in piedi in mezzo ad una foresta ed era quasi il crepuscolo.
Sembrava quasi il boschetto che circondava Harpswell, eppure era…diverso. Il fogliame era più esuberante, più fitto, inondato di una selvaggia fragranza. C'erano piante che non aveva mai visto, fra le quali felci gigantesche che dapprima aveva scambiato per alberi. C'era anche un rumore di acqua correnteò
 Inoltre, faceva parecchio caldo. Non che non facesse caldo nel Maine…ma quest'afa non era certo normale, nei periodi autunnali.
Nelle depressioni del terreno si annidava una bruma bassa, fumosa e densa. Emanava un sottile odore agro, come quello del fumo di legna troppo fresca.
Si fermò per guardarsi intorno, ruotò su se stessa e studiò l'orizzonte.
La città…era sparita. Là dove una volta c'erano le case, ora emergevano, dal fitto delle felci gigantesche e dei pini, massi e rosse formazioni di arenaria.
Qualcosa agitò rumorosamente i cespugli e poi qualcos'altro ancora. Carol ruotò su se stessa con il cuore che le batteva dolorosamente nel petto e vide per un istante la sagoma di un animale simile a un grosso struzzo.
Venne seguita a ruota da delle piccole creature simili a topi, insetti e altre bestie a cui non riusciva neppure a dare un nome.
“ Sta per succedere qualcosa… e loro lo sanno” fu il primo pensiero che attraversò la mente della supereroina.
Gli uccelli passarono, presumibilmente per atterrare in massa più a sud. Un altro animale misterioso galoppò nei pressi del punto in cui si era fermata... e un altro ancora.
Poi ci fu silenzio, salvo che per il rombo costante di un fiumiciattolo. C'era una sospensione in quel silenzio, un'attesa, qualcosa di gravido che a Carol piacque assai poco.
Nello stesso istante si rese conto che qualcosa aveva cominciato ad invaderle i piedi… un formicolare costante che gli saliva nelle caviglie e nei polpacci fino alle ginocchia, trasformandole i tendini in un paio di corde afflosciate. Cresceva. E cresceva…
La vibrazione acquisì voce, un boato in crescendo che raggiunse un'intensità travolgente.
Si schiacciò le mani sulle orecchie e urlò. E non udì se stessa urlare.
Le nuvole a ovest si accesero di un'infioritura di fuoco vermiglio. La fiammata scese verso di lei, ingigantendosi durante il viaggio, da arteria a torrente a fiume, di un colore sempre più minaccioso; poi, quando un oggetto incandescente trapassò la volta delle nubi cadendo verso la terra, si alzò il vento. Era torrido, fumoso e soffocante. L'oggetto nel cielo era possente, una fiammeggiante capocchia di fiammifero così fulgida da non poterla guardare a occhio nudo. Da esso scaturivano scariche elettriche, frustate azzurre che lampeggiavano e si lasciavano dietro una scia di tuoni.
E per quanto potesse sembrare strano…Carol intuì subito che doveva trattarsi del Male primordiale che avrebbe infestato Harpswell milioni di anni dopo.
Stava assistendo all’arrivo di Pennywise sulla Terra. All’arrivo…di IT.
Ci fu un'esplosione, un boato seguito da uno spostamento d'aria che la fece stramazzare a terra.
Seguì una seconda esplosione. Carol aprì gli occhi e vide un bagliore e una colonna di fumo che si alzava nel cielo.
Poi, un’enorme nuvola piroclastica si abbattè su di lei.
 
                                                                                                                          * * * 

Peter si ritrovò immerso nel buio ancora una volta.
Attorno a lui non vi era altro che il vuoto…eppure, a dispetto di ogni logica possibile, riusciva chiaramente a distinguere i contorni del suo corpo, i colori della tuta…quasi come se tutta la luce di quel luogo fosse concentrata esclusivamente su di lui.
<< Aiuto!! >> urlò una voce improvvisa nell’oscurità. Una che Peter riconobbe all’istante.
<< Carol! >> esclamò, mentre cercava di capire il punto da cui era partita. Un’impresa assai difficile, considerando il fatto che tutto ciò che lo circondava era il nulla più assoluto.
Camminò alla ceca per quello che sembrò un tempo interminabile, fino a quando i suoi occhi non si posarono sulla figura della compagna. Il suo corpo era appena illuminato da un intenso bagliore ed era avvolto da numerosi viticci color sangue.
<< Peter, aiutami >> singhiozzò la donna, il volto adornato da un’espressione sofferente.
Il ragazzo si ritrovò ad esitare. Carol era forse la donna più forte e coraggiosa che avesse mai incontrato. Ed era anche molto orgogliosa. Non avrebbe mai chiesto aiuto…
<< Non puoi ingannarmi >> disse freddamente, rimanendo ben piantato dove si trovava.  << lo so che non è reale! >>
<< Ma davvero?! >> chiese improvvisamente l’inconfondibile voce di Pennywise.
Il clown apparì come dal nulla affianco alla supereroina e le afferrò il collo, issandola da terra. La donna emise un sussulto soffocato e cercò di liberarsi, invano.
Questa volta, l’istinto di Peter ebbe le meglio sul buon senso.
<< Carol! >> esclamò, lanciandosi verso di lei. Tuttavia, una volta che il suo pugno entrò in contatto con il volto di Pennywise…sia la creatura che la donna si dissolsero in una coltre di nebbia.
Il vigilante iniziò rapidamente a guardarsi attorno, facendo appello ai propri sensi più sviluppati per cercare di prevenire un qualunque tipo di attacco.
<< Tu non sai cosa è reale, Spider-Boy! >> sibilò una voce alle sue spalle.
Peter si voltò di scattò e menò un altro pugno, ma il colpo incontrò solo il vuoto dell’aria.
All’improvviso, la figura di Pennywise si materializzò di fronte a lui. Nella mano destra, reggeva un grappolo di palloncini rossi.
<< Su, vieni dal clown, Peter! >> disse con tono beffardo, scoprendo le zanne che nascondeva sotto le labbra color sangue. << Galleggerai anche tu, quaggiù. TUTTI galleggiamo, quaggiù. Sì, galleggiamo! >>
Scoppiò in una sonora risata, un trillo acuto e graffiante che risuonò per tutta la lunghezza di quel vuoto senza fino.
Preso da un’improvvisa ondata di rabbia, il vigilante partì spedito contro il clown con tutta l’intenzione di ribaltare le carte in tavola. Ma prima che potesse raggiungerlo, si ritrovò a sbattere contrò qualcosa di invisibile.
L’aria di fronte a lui sembrò incresparsi. Era quasi come se avesse centrato in pieno una vetrata particolarmente resistente.
E non appena quel pensiero attraversò la mente del ragazzo, ecco che gli occhi di Peter incontrarono un’immagine speculare di Spider-Man.
<< Guardati allo specchio >> continuò Pennywise, mentre il vigilante scrutava direttamente nelle lenti bianche del proprio riflesso. << Sei solo un bambino spaventato in tuta da ginnastica! Come puoi sperare di affrontarmi? >>
FLASH!
Un altro lampo di luce.
Il vuoto venne sostituito da una collina piena di lapidi, avvolta nell’oscurità più totale: un cimitero.
Nel cielo non vi era nemmeno l’ombra di una stella. Tra le tombe, rampicanti e alberi morti erano l’unica forma di vita che serpeggiava in quel luogo desolato.
E a pochi passi da lui, Peter intravide una lapide su cui era stato inciso un nome che suscitò un’ondata di nausea nel suo stomaco: Tony Stark.
Inconsciamente, il vigilante camminò fino alla tomba e vi posò sopra una mano tremante.
<< Se tu fossi stato più forte… forse Tony sarebbe ancora vivo >> sussurrò dolcemente la voce di Pennywise, facendolo rabbrividire.
Fu in quel momento…che una mano scheletrica sbucò dal terreno situato ai piedi della lapida, seguita dal suono familiare di giunture meccaniche pienamente operative.
Colto di sorpresa, Peter balzò all’indietro e cadde a terra. Pochi secondi dopo, l’inconfondibile figura di Iron-Man si fece strada da sotto la tomba.
Parte del casco era stata rimossa, rivelando un teschio ghignante a cui erano rimasti ancora alcuni pezzi di carne attaccati.
Il vigilante rimase fermò e immobile, troppo scioccato da una simile visione per poter anche solo respirare.
Il cadavere del suo ex mentore lo affettò per il collo, issandolo da terra. La sua presa era reale e concreta, tanto quanto quella dei nemici che aveva combattuto fino ad ora.
<< Dentro di te, sai che ho ragione >> disse il mostro, la cui voce sembrava quasi un miscuglio tra quella di Pennywise e dello stesso Tony Stark. << Hai fatto la tua scelta! Dovevi seguire il mio consiglio e farti da parte. Ed ora... tu... devi...morire! >>
E, dopo che il cadavere ebbe pronunciato tali parole, Peter si sentì di nuovo tirare all’indietro da una forza invisibile.
 
                                                                                                                  * * * 
 
Carol Danvers spalancò gli occhi.
Girò la testa da una parte all’altra, rendendosi presto conto di trovarsi in una specie di caverna.
L’aria attorno a lei era satura e stantia, completamente immobile. Non vi era alcun suono…ad eccezione del plop! occasionale di acqua piovana che percorreva i numerosi cunicoli che spiccavano lungo il soffitto di quel luogo scavato nella terra.
<< Cerchi qualcosa? >> chiese una voce familiare alle sue spalle, costringendola a voltarsi.
Senza perdere tempo, la donna sparò un raggio di energia cosmica verso la figura di Pennywise, ma questi si limitò a dissolversi in una nuova di fumo.
Riapparve a circa un centinaio di metri dalla donna, girato di schiena. Carol strinse gli occhi e volò fino a lui con un unico balzo.
<< Io non ho paura di te >> disse freddamente, pronta a scaricargli addosso un altro attacco.
Il clown, tuttavia, continuò a darle le spalle e cominciò a camminare con aria apparentemente disinvolta.
<< Forse no…mai hai comunque paura di qualcosa >> dichiarò con tono di fatto.
Inutile dire che quelle parole non fecero per nulla a piacere alla supereroina. << Pensi che sia così? >>
<< Oh, lo so che è così! È quello che ho sempre conosciuto meglio di voi mortali…le più grandi paure che aleggiano nelle vostre piccole menti >> rispose la creatura.
Girò appena la testa di lato, volgendo alla donna uno dei suoi sorrisi agghiaccianti. << La tua? È che perderai tutti coloro che ami! >>
FLASH!
Un lampo di luce illuminò le tenebre di quella foresta.
Improvvisamente, Carol non si ritrovò più circondata da alberi…ma al centro di quello che aveva tutta l’aria di essere un campo di battaglia.
La zona era completamente disseminata di cadaveri, in parte sommersi da grossi cumuli di cenere. L’aria era stantia del puzzo di morte e fiamme. Dense nuvole di fumo oscuravano la volta celeste, accentuando la cupezza di quel luogo.
E in mezzo a tutta quella devastazione…Carol vide i suoi compagni Avengers, esanimi, distesi a terra come tante marionette a cui avevano appena staccato ai fili. Peter spiccava tra tutti loro, il corpo martoriato e spezzato, affiancato dal cadavere di Marie Danvers e di suo fratello Junior.
Quella visione, unita al trauma del vedere la madre morire solo pochi minuti prima, si rivelarono troppo anche per la donna.
Si piegò in avanti e si portò una mano alla bocca, nel tentativo di trattenere un conato di vomito.
<< Ma soprattutto, hai paura che sarai tu stessa la causa della loro morte. Perché non eri abbastanza forte per impedirlo >> sussurrò la voce di Pennywise attorno a lei.
Carol si voltò di scatto…ma non trovò nessuno. Continuò a guardarsi attorno con aria frenetica, nel tentativo di localizzare la creatura.
<< Sei sempre scappata da tutti! I tuoi amici, la tua famiglia, il tuo stesso pianeta >> continuò il clown, rimanendo celato alla vista. << Pronta a buttarti a capofitto nei problemi degli altri…ma incapace di affrontare i tuoi. >>
All’improvviso, un’ombra calò su di lei.
Carol alzò appena lo sguardo…e si bloccò. Gli occhi della donna incontrarono quelli gialli e malevoli di Pennywise, attualmente nella sua forma di clown gigante.
Sorrise all’Avenger, scoprendo le zanne affilate, mentre con la mano destra sradicò il tronco di un albero morto.
<< In fondo, sappiamo entrambi che, nonostante tutto il tuo potere…nonostante tutta la tua forza… >> sibilò il mostro, mentre sollevava la pianta a mo’ di mazza, << Non sei altro…che una codarda! >>
E prima che la donna potesse anche solo avere il tempo di reagire a quelle parole, il clown la colpì violentemente con il tronco, facendola volare per diverse centinaia di metri.
Il corpo della supereroina sbattè contrò qualcosa di solido.
Sì udì il suono di vetri che andavano in frantumi. Poi…silenzio.
 
                                                                                                                            * * *
 
<< Peter! >>
Il suo della voce di May Parker fece destare Spider-Man da un sogno ad occhi aperti.
Guardandosi intorno, si rese conto di essere ancora circondato dalla più totale oscurità.
<< Peter? >> disse nuovamente quella voce familiare, un sussurrò che sembrava lontano e vicino al tempo stesso, come una sorta di eco.
Il cuore del vigilante cominciò a battere a mille.
<< Non è reale…non è reale… >> borbottò, mentre si portava ambe le mani sopra le orecchie.
ZZZZZZZZZZ!
Improvvisamente, la familiare vibrazione del senso di ragno lo costrinse a spostarsi di lato. Appena in tempo, poiché qualcosa si schiantò nel punto esatto in cui si trovava fino ad un secondo prima, sollevando una densa nube di detriti.
Peter si rimise subito in piedi e assunse una posizione di combattimento. Nel mentre, qualcosa di grosso e decisamente meccanico fuoriuscì dalla coltre di polveri. Un essere umanoide ricoperta da capo a piedi con una bizzarra armatura. Sulla schiena spiccavano un paio di grosse ali meccaniche, simili a quelle di un rapace.
<< Ciao Petro! >> esclamò il criminale noto come l’Avvoltoio, mentre le lenti color smeraldo del suo casco si posavano sulla figura dell’Avenger.
Questi spalancò le proprie per la sorpresa.
<< Toomes! >> esclamò, riconoscendo all’istante il primo criminale contro cui aveva combattuto agli inizi della sua carriera di supereroe.
Subito, la mente del ragazzo cominciò a correre. Era forse un illusione? Oppure Toomes era davvero lì, di fronte a lui? Sapeva che era evaso di prigione quasi due anni prima, assieme a Phineas, Schultz e Gargan. E se questi tre erano stati reclutati da quella banda di pazzi…vi era una forte possibilità che pure il trafficante fosse stato coinvolto nella loro missione.
Ma se così fosse, perché non aveva combattuto assieme agli altri? Forse si era tenuto in disparte, aspettando il momento più propizio per attaccarlo, quando era solo e incapace di richiedere aiuto. Ormai, aveva cominciato ad intuire che Pennywise si fosse in qualche modo alleato con la banda di criminali e quello strano alieno cacciatore.
E se così fosse, allora…
<< Penso di doverti un rimborso per aver spezzato il cuore di mia figlia >> disse Toomes, distogliendolo da quei pensieri.
Il vigilante non ebbe nemmeno il tempo di controbattere. L’uomo si lanciò in avanti, allargando ambe le ali e puntando in direzione del supereroe.
Peter si lanciò in aria, evitando appena in tempo l’attacco avversario. Tuttavia, non ebbe la possibilità di atterrare.
Qualcosa lo afferrò a metà del salto, intrappolandolo in una morsa. Abbassando lo sguardo, il vigilante si rese conto che era stato appena catturato da uno dei tentacoli dell’uomo che aveva ribattezzato come Doctor Octopus.
<< Eilà, aracnide >> sorrise questi, scoprendo una dentatura impeccabile.
Il vigilante gli sparò contro una ragnatela, ma questa sembrò attraversare il volto del supercriminale come se fosse fatto di nebbia. Eppure, Peter poteva chiaramente sentire gli effetti della sua presa, concreta quanto lo era stata alcune ore prima.  Quella era molto più che una semplice illusione…
Prima che potesse completare quel pensiero, il vigilante si sentì lanciare in aria, dove venne afferrato dalle zampe meccaniche di Toomes.
<< Tocca a me! >> esclamò questi, mentre scendeva in picchiata e lo sbatteva violentemente contro il terreno. Imitò l’azione una seconda volta…e poi una terza.
Peter sentì qualcosa rompersi dentro di sé, probabilmente un osso o due. Sputò sangue nel casco della tuta e strinse i denti per frenare un’improvvisa ondata di dolore. Poi, la maschera si spaccò in due, rivelando il suo volto martoriato e pieno di lividi.
Facendo appello a tutta la forza di volontà che aveva in corpo, piegò la schiena all’indietro e calciò il supercriminale in volto. Il corpo dell’uomo cadde pesantemente a terra…per poi dissolversi in una coltre di vapori.
Peter non perse tempo a soffermarsi sulla cosa e si alzò in piedi, portandosi una mano al fianco e cercando di lenire il dolore.
Fu allora che i suoi occhi si posarono su una visione assai bizzarra.
Di fronte all’adolescente, infatti, avevano appena preso posto un totale di tre porte incastonate in una parete rocciosa. Su ciascuna di esse era stata incisa una scritta rosso sangue:
SPAVENTOSO  per quella di sinistra, POCO SPAVENTOSO per quella centrale e PER NULLA SPAVENTOSO per quella di destra.
Inutile dire che il vigilante si trovò non poco a corto di parole.
“Seriamente?” fu tutto quello che riuscì a pensare, dimenticando per un attimo l’agonia che stava passando.
<< Andiamo, questo trucco lo conoscono tutti >> borbottò con un roteare degli occhi, mentre si avvicinava alla porta con sopra scritto SPAVENTOSO. Era abbastanza sicuro che Pennywise stesse solo cercando di manipolarlo psicologicamente.
Prese un respiro profondo, aprì il cardine…e si trovò davanti ad un corridoio apparentemente vuoto.
<< Jackpot >> sussurrò a se stesso, preparandosi a compiere un passo in avanti. Ma in quel momento, uno strano cigolio attirò la sua attenzione.
Abbassò lo sgaurdo…e si bloccò.
C’era…un cane ai suoi piedi. Un volpino, per essere più precisi, dal folto manto rosso. Era poco più grande di un pallone da calcio e stava fissando l’Avenger con un paio di occhioni neri e lucidi.
Peter compì un passo all’indietro. Era forse una trappola? Considerato tutto quello che aveva visto negli ultimi minuti, il vigilante non ebbe alcun problema a crederlo.
Tuttavia, quel corridoio sembrava essere l’unica via d’uscita da questo posto infernale, per cui…
<< Ehm…ciao, bello? >> disse con voce incerta, mentre si chinava in avanti e afferrava il cagnolino.
Questi si limitò a inclinare la testa di lato, continuando a fissare il vigilante. Per un attimo, Peter si sentì estremamente sollevato.
Quel volpino sembrava del tutto innocuo. Sicuramente, Pennywise aveva solo scambiato le scritte delle porte per ingannarlo…
Ebbe appena il tempo di completare quel pensiero.
Come dal nulla, il musetto del cane sembrò spaccarsi in due, aprendosi come i petali di un fiore. E ogni petalo…aveva decine di denti seghettati incastonati al suo interno.
<< ODDIO! >> esclamò il vigilante, mentre la bestia cercava di staccargli la testa con un unico e rapido morso.
Senza perdere tempo, Peter lanciò il cane demoniaco all’interno del corridoio e chiuse la porta dietro di sé con un sonoro tonfo.
<< Ok…è stata una mossa molto stupida >> borbottò a se stesso, mentre prendeva alcuni respiri calmanti.
E fu allora…che la terra sotto di lui cominciò a tremare.
Il corpo del vigilante venne istantaneamente percorso da un brivido di anticipazione. Appena un secondo dopo, il pavimento si aprì in due, ingoiandolo dalla testa ai piedi.
Peter cadde pesantemente su una superficie solida e polverosa. Guardandosi attorno, si rese conto di essere finito in una sorta di pozzo.
Alzò lo sguardo…e i suoi occhi incontrarono quelli dorati di Pennywise, il quale lo stava fissando dall’apertura da cui era precipitato.
La bestia sorrise con intento malevolo.
<< Sarai anche diventato un supereroe, Peter. Ma nel profondo rimarrai sempre un perdente senza genitori e senza amici! >> esclamò, mentre procedeva a chiudere quell’unica via di fuga con una grossa pietra. << Che morirà…da solo! >>
Per un attimo, non accadde niente. Poi, un sonoro gorgoglio cominciò a riecheggiare per tutta la lunghezza del pozzo.
Peter si guardò freneticamente attorno, nel tentativo di individuarne la provenienza. E fu in quel momento…che uno strano liquido prese a fuoriuscire dai bordi del contenitore.
Non era acqua, aveva una consistenza molto più densa. E poi c’era l’odore: un odore familiare, simile a quello del rame…sangue! Il pozzo si stava letteralmente riempiendo di copiose quantità di sangue fresco!
Peter emise un grido e tentò di fare appello all’aderenza delle proprie mani per arrampicarsi.
Ma per qualche ragione, si ritrovò incapace di risalire la parete. Era come se i suoi poteri fossero stati appena soppressi.
Era…era in trappola.
 
                                                                                                                       * * * 
 
I sensi di Carol vennero invasi da un odore acre e maleodorante.
L’aria che la circondava era umida…e fredda al tempo stesso. Per ogni goccia di sudore che le colava sulla pelle, ecco che giungeva una ventata di brezza gelida che la faceva rabbrividire.
Si sollevò a fatica, portandosi una mano alla tempia per frenare il mal di testa che stava rischiando di spaccargli il cranio in due.
Presto, si rese conto di essere in una foresta. Ma non come quella in cui era stata catapultata pochi minuti prima, manifestazione illusoria di una Terra primordiale.
Questo bosco era secco e decadente, praticamente morto e immerso in una tetra oscurità. Non c’erano né foglie né animali…solo nebbia e tronchi decadenti, avvolti da una sottile nebbia.
E i suoi piedi era immersi fino alle caviglie in un qualcosa di liquido e fangoso. Sembrava quasi che fosse stata catapultata in una sorta di palude…
<< Carol! >>
Il suono inconfondibile della voce di Peter la distolse da quei pensieri.
Era un urlo disperato…un grido d’aiuto.
Il cuore della donna cominciò a battere a mille. Era forse un’illusione? Pennywise stava cercando d’ingannarla?
Non era disposta a correre il rischio.
Prese un respiro profondo e si lanciò verso il punto da cui aveva sentito provenire la voce. Attraversò fronde e alberi morti, mentre arrancava attraverso l’acqua paludosa.
Infine, si ritrovò di fronte ad un muro. O meglio, una sorta di parete che sembrava non avere fine, nera come la pece. Era liscia, perfettamente levigata, e s’innalzava fin sopra le nubi di quel luogo spettrale.
<< Peter! >> urlò, guardandosi attorno con aria frenetica.
Dentro al pozzo, il vigilante sentì la voce della compagna Avenger. Il sangue aveva già ricoperto tre quarti della bocca e lui stava facendo del suo meglio per tenersi in superficie nonostante la pesantezza della tuta.
<< Carol >> sussurrò, capendo che la donna si trovava proprio al di fuori di quella trappola mortale. << Carol, sono qui! >>
Al di fuori del pozzo, la donna udì la voce del ragazzo provenire da oltre la parete.
Spalancò gli occhi per la sorpresa e colpì il muro con tutta la forza che aveva in corpo.
<< Peter, resisti! >> urlò di rimando, il volto ora adornato da un sorriso sollevato. Quell’espressione, tuttavia, fu assai di breve durata…poiché notò che la parete non aveva subito il minimo danno. Era completamente intatta, quasi come se non fosse stata toccata.
La bionda sussultò e procedette a colpirla una seconda volta. E poi una terza…e una quarta.
Niente. La superficie del muro non si era nemmeno scheggiata.
Nel mentre, all’interno del pozzo, il flusso di sangue aveva quasi raggiunto l’apertura. Peter spinse le mani in alto, nel tentativo di smuovere la pietra che fungeva da tappo, ma ogni suo tentativo si rivelò vano.
<< Carol! >> urlò ancora, ma le sue parole uscirono ovattate da un gorgoglio strozzato. Il sangue era ormai arrivato alla bocca.
La bionda sussultò, capendo all’istante che qualcosa non andava.
Fu allora che una rivelazione cominciò a farsi strada all’interno della sua mente. Peter…stava morendo. Oltre quella parete, completamente solo…stava morendo! Ecco perché Pennywise le aveva permesso di arrivare fin lì: voleva che assistesse agli ultimi momenti del vigilante. Voleva costringerla a SENTIRE le sue urla disperate, le invocazioni di aiuto a cui non sarebbe stata in grado di rispondere.
<< No….no, no, no! >> ringhiò, mentre ad ogni parola tirava un poderoso pugno alla parete.
Nel pozzo, il volto di Peter era ormai appiccicato alla roccia che copriva l’apertura. Entro un minuto al massimo…sarebbe stato completamente sommerso.
“ Morirò qui, non è vero?” pensò con rassegnazione, ormai conscio che fosse alla completa merce di Pennywise.
<< Carol …>> disse dopo qualche attimo di silenzio, il volto adornato da un triste sorriso, << Per favore…vattene da qui. Fuggi e non guardare indietro. >>
Oltre la parete, il cuore della donna mancò un battito.
<< No…te lo può scordare >> sibilò, gli occhi illuminati da un intenso bagliore dorato. << Io ti salverò…io…>>
<< Va tutto bene, Carol >> continuò Peter, il volto ora coperto da una coltre di sangue. << Di agli altri che mi dispiace…prenditi cura di mia zia, ok? Io…ti amo… >>
Il vigilante si ritrovò completamente sommerso.
“Ti amo”
Quelle parole giunsero alle orecchie di Carol come un colpo di pistola.
La mente della donna venne invasa da centinaia di immagini. Piccoli momenti tutti mischiati assieme…momenti che aveva passato con l’arrampica-muri…momenti che non aveva mai dimenticato.
Il loro primo incontro, durante la battaglia contro Thanos. Lei sopra la sua figura martoriata, mentre quel giovane ragazzo stringeva a sé l’arma più pericolosa dell’intero universo.
“ Ciao…sono Peter Parker” le aveva sussurrato con un sorriso tremante, nonostante fosse ricoperto di lividi e graffi.
E poi, il giorno in cui entrambi visitarono la tomba di Stark. Carol ricordava ancora l’odore della terra dopo la pioggia…calde lacrime che le scorrevano sulla giacca nera…un abbraccio pieno di calore, da cui nessuno dei due era intenzionato a sottrarsi.
Seguirono altri momenti. Cominciarono ad allenarsi insieme, ad uscire insieme…presto, arrivò il combattimento con Electro. Carol ignorò l’ondata di rabbia che l’avvolse al pensiero del supercriminale, concentrandosi sulla conversazione che entrambi ebbero sul tetto di quel grattacielo. Sembrava passata un’eternità.
E poi, venne il compleanno di Peter…e il loro primo bacio. Il sapore familiare delle sue labbra contro le proprie era ancora vivido e rassicurante. Venne seguito da molti altri baci…e qualcosa di più. Calore, i loro corpi avvolti da una coperta, sorrisi e occhiate appena accennate ad ogni missione…e Carnage.
Colui che aveva risvegliato memorie che aveva sperato con tutta se stessa di dimenticare. Il bambino che non era mai esistito, le parole insensibili che aveva rivolto a Peter…
Venne improvvisamente inondata dalla vergogna. Ma tale sensazione venne presto sostituita da qualcos’altro…qualcosa di bello…perché la prossima visione rappresentava il vigilante, mentre con un sorriso gentile le diceva che l’avrebbe aspettata, non importa quanto tempo avrebbe passato lontano dalla Terra.
Carol si ritrovò a specchiarsi in quegli occhi castani carichi d’amore. Vide tutto questo nella frazione di pochi secondi…e un calore familiare cominciò a farsi strada nel suo corpo.
<< AAAAAAAAAAAAAAH ! >>
L’urlo riecheggiò per tutte le fognature di Harpswell, accompagnato da un bagliore tanto intenso da illuminare ogni cunicolo del complesso di gallerie.
Carol si lasciò guidare da quei ricordi. No…non si sarebbe arresa. Nessun’altro sarebbe morto, quel giorno. Nessun’altro! E soprattutto…NON PETER!
Tirò un pugno contro la parete, e questa rimase completamente immacolata. Ma la donna non ci fece nemmeno caso. Tirò un secondo pugno, ignorando ogni logica. Quel muro aveva già affrontato gli attacchi della donna, perché questa volta il risultato sarebbe dovuto essere diverso? Ma la mente di Carol bandì all’istante quel pensiero.
“Posso farcela…è solo un muro…un muro fragile che può essere abbattuto... È SOLO UN MURO!”
E questa volta, quando le nocche della bionda incontrarono la liscia parete nera…l’impatto generò una densa ragnatela di crepe su tutta la superficie. Ma Carol non perse tempo a cantare vittoria.
Tirò un altro pugno…e poi un altro…e un altro ancora. Ben presto, densi fiotti di “qualcosa” di rosso cominciarono a schizzare dalle crepe appena formatesi sulla parete.
Il bagliore che avvolgeva il corpo di Carol crebbe d’intensità. Il costrutto creato da Pennywise cominciò a cedere, ma non sotto la potenza di quei colpi…ma per mano della convinzione di una donna che aveva scelto di proteggere una persona che amava.
Altri sonori tonfi riecheggiarono nella foresta spettrale, seguiti dal suono delle pietra che si spezzava.
Infine, dopo quello che sembrò un tempo interminabile…la parete crollò come un castello di sabbia, riversando copiose quantità di sangue nell’area circostante.
Il corpo di Peter Parker schizzò al di fuori del pozzo, ruzzolando a terra e finendo ai piedi della donna.
<< Peter! >> esclamò lei, chinandosi all’istante per controllare le condizioni del vigilante.
Non si muoveva. Era completamente immobile, con un volto pallido e bagnato da sfumature rosse.
Una presa agghiacciante sembrò afferrare il cuore della supereroina.
 << Ti prego, no… >> sussurrò con le lacrime agli occhi, mentre con la mano destra sollevava appena la testa dell’Avenger. Fatto questo, si chinò in avanti e cominciò a rilasciare aria nei polmoni del ragazzo.
Si alzò rapidamente e spinse con forza sul suo torace, ripetendo l’azione più volte.
Per un attimo…non accadde niente. Poi, un flotto di saliva misto a sangue fuoriuscì dalla bocca di Peter, rapidamente seguito da sonori colpi di tosse.
Carol rimase come pietrificata, incapace di esternare la felicità che stava provando in quel preciso istante. Era vivo…oddio, era vivo!
Il vigilante aprì lentamente gli occhi…e incontro quelli umidi e sollevati di Capitan Marvel.
<< Carol… >> salutò con un sorriso tremante, mentre sollevata una mano e la posava sulla guancia della supereroina.
La donna trattenne un singhiozzò a la strinse a sé, baciandone le nocche.
Aiutò il ragazzo a rimettersi in piedi, per poi stringerlo in un caldo abbraccio. Questi restituì il gesto, stringendola a sua volta, come se ormai non potesse più fare altro.
Rimasero in quella posizione per quasi un minuto buono. Poi, entrambi si staccarono lentamente…e si guardarono negli occhi.
Il vuoto che li separava venne attraversato da un brivido di anticipazione.
<< Idiota >> sussurrò Carol, mentre si chinava in avanti e posava le proprie labbra su quelle di Peter.
L’arrmapica-muri spalancò le palpebre per la sorpresa. Per un attimo, credette che il suo cervello avesse smesso di funzionare.
Sentì un intenso calore farsi strada nel suo stomaco…accompagnato da un’odore dolce e acre al tempo stesso…qualcosa di morbido che premeva contro di lui…
Erano passati due anni dall’ultima volta in cui aveva provato una sensazione simile. Quante notti insonni aveva passato al ricordo dei baci di quella donna? Troppe da contare…e sinceramente, in quel momento non aveva la forza di preoccuparsene.  
Chiuse gli occhi e approfondì il contatto, assaporando le labbra di Carol per quello che sembrò un tempo infinito.
Si staccarono dopo quasi un minuto, i volti adornati da un lieve rossore…
<< Oh, ma quanto siete carini >> sibilò una voce alle loro spalle.
Entrambi gli Avengers sussultarono e si voltarono di scatto. Pennywise si trovava a pochi passi da loro, le labbra arricciate in un sorriso disgustato.
<< Spero che vi siate goduti quel bacio a dovere…perché sarà l’ultimo della vostra vita >> ringhiò attraverso le zanne sporgenti.
Senza perdere tempo, Carol si mise subito di fronte al compagno.
<< Peter, tutto questo non è reale. Lui non può farci del male >> disse freddamente, i pugni illuminati da un familiare bagliore dorato. << È solo un clown >>
A quelle parole, il ghigno sul volto del pagliaccio sembrò allargarsi.
<< Solo…un clown? >> domandò retoricamente, prima di scoppiare in una risata agghiacciante.
Vi fu un altro bagliore. Una luce accecante che avvolse la totalità di quel luogo oscuro.
Sia Carol che Peter furono costretti a coprirsi gli occhi, convinti che avrebbe potuto accecarli. Era più intensa di qualunque sole su cui la donna avesse mai posato gli occhi…ma non era calda. Era fredda…e puzzava di morte.
Quando i due Avengers abbassarono le mani…l’orrore li avvolse come un lenzuolo.
IT era davanti a loro, ma non aveva più le sembianze di un clown. Era un ragno da incubo venuto da oltre il tempo e lo spazio, una creatura inimmaginabile persino nelle fantasie più ardite dei supplizi perpetrati negli infimi gironi dell'inferno.
Era alto forse cinque metri e nero come una notte senza luna. Ciascuna delle sue zampe era possente come un tronco d’albero. I suoi occhi erano rubini malevoli e scintillanti, sporgenti dalla orbite piene di un fluido color del cromo.
Apriva e richiudeva le mandibole frastagliate, scaricando nastri di schiuma. Raggelato in un orrore estatico, in bilico sul ciglio della totale follia, Peter osservò con la calma serafica dell'occhio dell'uragano che quella schiuma era viva: cadeva sul pavimento lastricato e scodinzolava via per infilarsi nelle crepe come masse di protozoi.
 << Io sono la Mangiatrice di Mondi >> ringhiò l’essere, riversando copiose quantità di quella sostanza vischiosa dalle forcipule.
Entrambi i supereroi rimasero completamente fermi e immobili, incapaci di muovere anche un solo muscolo. Era quasi come se i loro corpi si rifiutassero di rispondere ad un qualunque comando.
Era la sensazione che molti animali provavano di fronte ad un predatore dal quale non potevano fuggire. Una completa e totale sottomissione derivante dalla forma più pura e primordiale…di terrore.
<< Siete davvero adorabili. Non so proprio chi uccidere per primo! >> aggiunse il gigantesco ragno, mentre passava i suoi occhi malefici da un Avengers all’altro.
<< Nha, sto scherzando >> disse dopo qualche attimo di silenzio, volgendo la propria attenzione nei confronti di un certo arrampica-muri. << Tu. Tu sarai sicuramente il primo, piccola peste. >>
Si chinò in avanti, fino a quando le sue tenaglie non furono ad appena pochi centimetri dal volto del ragazzo. Poi, sollevò la testa quel tanto che bastava per rivelare una piccola bocca irta di denti acuminati.
E da quell’apertura…venne una luce. La luce di IT…i Pozzi Neri.
<< Vieni…a galleggiare! >>
 
 
 
 
Dum, dum, duuuuuuuuum!
Sarà perché sono sadico, ma questo è forse il capitolo della storia che più mi sono divertito a scrivere.
Qui ho avuto la possibilità di scatenarmi non poco con le torture psicologiche di Pennywise, che spero abbiate apprezzato. Una di esse è una citazione a “Spider-Man Far From Home”.
Vi ho pure dato un assaggio delle sue origini e del suo arrivo sulla Terra.
Analogamente al romanzo, in questo mio personale universo IT è un’entità che esisteva prima della creazione stessa, il signore indiscusso del vuoto.
I giganti di luce con cui combatte all’inizio sono i Celestiali, già citati da King Ghidora nella fan fiction “Avengers – The King of Terror”.
Per chi non avesse letto il romanzo di IT, il ragno gigante non è la sua vera forma, ma solo l'immagine più vicina a ciò che i comuni mortali possono associare al vero aspetto di IT, la cui essenza è ancora nella sua dimensione separata ( il Macroverso ). Quando è in forma di ragno, IT è femmina, motivo per cui si definisce come la Mangiatrice di Mondi. 
Inoltre, scopriamo cos’è successo all’altro fratello di Carol, morto in guerra quando presatava servizio in Iraq.
E finalmente, dopo varie peripizie, Carol e Peter si scambiano il loro primo bacio dopo ben due anni di separazione! Momento peggiore non potevano scegliere…
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: evil 65