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Autore: Master Chopper    02/06/2020    2 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
[Shūmatsu no Valkyrie]Per decidere le sorti dell'umanità, gli dèi di ogni pantheon si riuniscono e, disgraziatamente, la loro decisione è unanime: distruggere il genere umano. Una voce però si leva in opposizione, ed è quella di un dio misterioso di cui nessuno sa niente, ma che sfida dieci dèi ad affrontare dieci umani prima di poter accettare quel destino crudele.
Dieci esseri umani provenienti da qualsiasi epoca affronteranno dieci dèi provenienti da qualsiasi cultura: questo è il Ragnarok.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter 16: Dead End (Final)

In un mondo lontano da quello, ora Josef Mengele era solo un impotente uomo immerso nel suo stesso sangue.

Sangue. Ne aveva perso parecchio.

La sua Sefirot gli permetteva di rendere il suo stesso sangue un’arma capace di uccidere gli dèi, quando filtrato attraverso quelle cisterne. Dopo aver imbevuto diversi oggetti, nonché la sua giacca, e riempito delle sacche per le trasfusioni come trappole, sentiva che non gliene rimaneva molto in corpo. Tutto il sangue che continuava a produrre, infatti, andava in quell’unica clessidra di vita e morte: la sua creazione.

Era una creazione per la quale valeva la pena vincere quella battaglia, in modo da poter continuare per sempre i suoi esperimenti. Guardò con malinconia l’essere umano perfetto che voleva creare, e che doveva difendere.

 

“Freude

 schöner Götterfunken

 Tochter aus Elysium”

(Gioia

Bella scintilla divina

Figlia dell’Elisio)

 

Quel suono vibrò nel silenzio come una freccia scoccata, ma percorse l’infinità del vuoto e buio corridoio.

Prometheus inarcò le sopracciglia. Le sue gambe si stavano riprendendo, ma non era il solo a potersi muovere, ormai.

 

“Wir betreten feuertrunken

Himmlische, dein Heiligtum”

(Noi ci accostiamo ebbri d’ardore

Divina, al tuo sacrario)

 

“Non può essere !” Bisbigliavano intanto gli umani, così storditi da non riuscire ad alzare il volume della loro voce, come se ci fosse qualche ordine da rispettare.

“Che sia davvero… ?”

“Deine Zauber binden wieder

Was die Mode strengt geteilt”

(I tuoi incanti tornano a unire

Ciò che gli usi severamente divisero)

 

L’Inno alla Gioia, composto da Friedrich Schiller ed eseguita da Ludwig van Beethoven, risuonò soave, ma diabolico, dalle labbra insanguinate di Mengele.

Il titano strinse i pugni, preparandosi alla battaglia. In un istante si era sollevato in piedi, pronto a fronteggiare qualsiasi nuovo orrore sarebbe nato di lì innanzi.

 

“alle Menschen

Werden Brüder …“

 (Tutti gli uomini

Diventano fratelli …)

Silenzio. Si udì appena un respiro.

Dopodiché il dottore sollevò il volto. Il suo sorriso, come al solito spalancato nell’oscurità, ora pareva solo un abbellimento, una distrazione dalla massa informe e viscida che si contorceva nella sua anima, e che prorompendo come parassiti sottopelle, gli deformavano la carne del viso.

 

“… WO DEIN SANFTER FLÜGEL WEILT !”

(… DOVE SI POSA LA TUA ALA SOAVE !)

 

Mentre ora quelle aberrazioni spasmodicamente si diffondevano su tutto il resto del corpo, simili a giganteschi vermi sotto i vestiti, l’uomo scoppiò a ridere in modo insano. Di umano ormai non aveva più niente.

“Disperati, stolto! Disperati per il male che tu stesso hai creato, per un’umanità corrotta dal male e dell’intelletto superiore di individui come me! Sieg Heil !

In una folle dichiarazione, si portò entrambe le mani all’altezza dei fianchi, ritto con la schiena e puntando il suo avversario. In seguito, facendo appello a tutta la sua forza si spremette il corpo esercitando una pressione assurda: dalla sua bocca vomitò un flusso di organi, ossa e… sangue.

Il sangue infatti, dopo aver lasciato il corpo, saettò nell’aria e si trasformò fino a diventare una creatura umanoide, o meglio, proprio il suo stesso proprietario. Quell’emanazione di Mengele composta solo di fluidi vitali venne sparata verso il suo avversario e, sorprendentemente, spalancò gli occhi ed un ghigno, dimostrando di essere senziente.

 

Prometheus rabbrividì, ma dimostrò grande coraggio non arretrando nemmeno di un passo di fronte a tale mostruosità.

“Stavolta è diverso !” Rise sguaiatamente quello spettro di sangue, precipitandosi sulla sua preda. Dal suo corpo liquido si diramarono dei viticci simili a tentacoli, terminanti con delle punte da trapano.

“Mi basterà colpirti per entrare nel tuo sangue, e sempre tramite trasmissione ematica… prenderò il sopravvento sul tuo corpo e ti ucciderò !”

Furono delle scie scarlatte tracciate nel vuoto. Solo lo scintillio degli occhi di Prometheus fu visibile, anche se solo per un istante.

Nel vuoto affondarono tutti gli attacchi della creatura deforme, facendo così spalancare i suoi occhi rossi.

Ogni colpo sibilò, mancando il suo avversario: il titano manteneva il sangue freddo, evitando ogni colpo con la massima attenzione. Il suo orgoglio, la sua dignità e la sua forza di volontà lo rendeva distante anni luce da qualsiasi limite raggiungibile umano.

 

Swing! Swing! Prometheus scivola sotto ogni colpo del nemico, schivandoli tutti !!” Consapevoli di star assistendo a dell’incredibile, gli annunciatori furono la goccia che fece traboccare il vaso: tutto il pubblico si alzò in piedi, catturato dalla tensione di quello scontro al cardiopalma.

Persino Fenrir osservò la scena con massimo interesse, fisso su quelle immagini.

Gli dèi organizzatori attendevano speranzosi di vedere presto la vittoria della loro avanguardia, mentre il dio misterioso, in disparte stavolta, si mordeva l’unghia del pollice con nervosismo.

Fobetore non stava più assistendo ad un incubo, bensì ad un sogno così magnificente da ispirare un’emozione simile alla paura, ma in realtà del tutto diversa. Persino Erebo e Nyx parvero impallidire quando una luce accecante esplose davanti agli occhi di tutti.

Scorching Bright Light !”     

Dopo essersi curvato in un’angolazione impossibile, il corpo piegato di Prometheus si era teso, imprimendo nella storia la splendida immagine di muscoli che si tendevano, disegnando un percorso di potenza, energia, fuoco vitale, che terminava in un pugno: era la rappresentazione perfetta dell’aggettivo “divino”.

Proprio quel pugno fu così forte da far esplodere al minimo contatto l’intera figura liquida di Mengele. Stille di sangue venero obliterate nell’esistenza, nullificando del tutto anche solo il ricordo del corpo che un tempo le ospitava.

 

“Ha… ha… !” La voce ai megafoni gracchiò con esitazione.

“Prometheus ha …”

 

Ma Prometheus sussultò, soffocando a denti stretti un grido.

Si guardò la mano. Lì, un piccolo foro su di una nocca.

“Ce l’ho fatta !” Una voce proveniva da dentro il suo corpo.

 “Se non mi avessi ridotto in pezzi così piccoli, non sarei mai riuscito ad entrare facilmente dentro di te! E ora sono in circolo… sono in circolo, capisci?! È finita !”

 Non poteva più vederlo, ma sentì come il sorriso del dottore formarsi sotto la sua stessa pelle.

 

“Non voglio che finisca così, invece …”

Imperturbabile, il titano si mostrò sprezzante anche verso quel pericolo mortale che stava correndo.

Cadde in ginocchio, ma continuò a sostenere il mento verso l’alto, con sguardo fiero, guardandosi ora la mano che aveva sollevato davanti al viso.

“Cosa? Cosa stai… ?”

La carnagione del titano divenne pallida, simile a carta, mentre i suoi occhi venivano abbandonati dalla luce della ragione. Con voce flebile, parlò a stenti:

“Io… sto controllando il mio flusso sanguigno per dirigerlo tutto verso il braccio… impedendoti di entrare in circolo nel resto del corpo …”

“No! S-Sei impazzito ?!” Il dottore nel suo sangue gridò, non credendo a ciò che aveva appena sentito. Provò a ribellarsi con tutte le sue forze, ma non poteva nulla, era in trappola.

“Così facendo… cosa otterrai?! Se porti il sangue lontano dal tuo cervello, morirai! Solo uno stupido farebbe qualcosa del genere pur di …”

“Stupido, eh ?” Con un sorriso dolceamaro sulle labbra, Prometheus lo interruppe.

“È qualcosa che non puoi dire di conoscere, finché non l’hai provata: è ciò che porta un uomo ad affrontare un’operazione nonostante abbia oltre il cento percento di probabilità di morire… è ciò che muove la fortuna, il destino, la fede, le false speranze e la cieca fiducia in se stessi.”

Ripensò alla conoscenza di cui aveva fatto dono agli umani, ma anche di come, tuttavia, loro avessero la libertà di non usare quell’intelletto.

 “È… il bello di essere stupidi !”

 

Quando solo il braccio destro di Prometheus si fu colorato di un rosso livido, il titano se lo amputò con le ultime forze che gli rimanevano. L’arto cadde, dopodiché si avvizzì come una foglia secca e sparì in una manciata di polvere.

 

Per un po’ il silenzio permase, lasciando il tutto in un alone mistico, di luce intensissima che perforava le tenebre. Umani e divinità con il fiato sospeso.

Il dio misterioso sospirò appena. Il suo volto non era mai stato così torbido, digrignato in una smorfia che lasciava presagire ad un turbinio di diverse emozioni: rabbia, umiliazione, vergogna, vendetta. Guardò Prometheus per l’ultima volta, dopodiché abbandonò quel pensiero nefasto per il bene della propria salute mentale: il pensiero di aver compiuto una scelta che, senza volerlo, lo aveva portato solo ad una sconfitta.

  

Ladies and gentlemen! Il tanto atteso finale di questo insolito scontro… è ormai chiaro come il sole sotto gli occhi di tutti noi !”

E proprio sotto la luce del sole, ora il titano era apparso. Camminando fino al centro dell’arena, venne inondato da un’esplosione di ovazioni da parte dei suoi simili, prevalentemente.

Ma non era ciò che lui guardava: il suo sguardo infatti era solo e soltanto catturato dai sorrisi degli esseri umani, sui loro spalti, e che per quanto quella vittoria avesse segnato un passo avanti verso la loro estinzione, si sentivano toccati nel profondo del loro cuore dal suo gesto.

Infine, sorvolò tutti fino a raggiungere il dio misterioso, nascosto nell’ombra. Ne osservò l’espressione indecifrabile, non riuscendo a capire se fosse soddisfatto o no di quanto era avvenuto.

 

“Stavolta la vittoria è stata conquistata dagli dèi! Il vincitore è il titano PROMETHEUS !!”

 

Di colpo, non gli importò più di niente e di nessuno. Una voce lo aveva richiamato, così si voltò e cercò quella persona che… lì, ora in piedi accanto al sorridente Zeus, lo salutava e lo chiamava a gran voce.

Era riuscito a sentirlo nonostante le urla delle divinità, perché in fondo il suo cuore perdeva un battito ogni qual volta pensasse a lui. Le lacrime gli solcarono il viso.

Corse ad abbracciare suo fratello Epimetheus.

 

All’interno della struttura, teatro dello scontro appena concluso, si aggirava un’ombra senza meta.

Fenrir, il lupo argenteo, era stato sul punto di intervenire quando la battaglia aveva preso atto fuori dall’arena. Era stata una violazione delle regole, e per tanto avrebbe dovuto interromperla.

Tuttavia, dopo che un ordine gli aveva proibito di intromettersi, era rimasto in disparte ad osservare.

Da una parte aveva iniziato a rivalutare l’orgoglio di Prometheus, molto diverso dalla fama di traditore e codardo che si era conquistato, mentre dall’altra aveva assistito al peggior essere umano sulla faccia della terra.

Dopo aver raggiunto la vasca dentro la quale quel dottore stava per dar vita al suo più inumano esperimento di clonazione, non aspettò un attimo: con uno schioppo della sua pesante catena Gleipnir, la ridusse in frantumi. Il liquido rosso colò ai suoi piedi, ma era ormai inoffensivo, siccome la Sefirot era attiva fin a quando restava in vita il suo utilizzatore.

“Oh, ma che bel cagnolino !” Una ragazza saltò fuori dal nulla, e con gli occhi spalancati dalla tenerezza iniziò ad accarezzare energicamente le orecchie da lupo di Fenrir. “Bello! Bello! Bello! Un bel cucciolotto !”

Lui arricciò il naso: per quanto quella donna umana non rappresentasse un pericolo, gli sembrò strano quell’epiteto con cui, per la prima volta, qualcuno gli si rivolgeva.

“Calma, Charlotte.” Intervenne il dio misterioso, avanzando con uno sguardo amareggiato “Non è lui il tuo avversario.”

La ragazza si mostrò sorpresa, dopodiché, salutando dolcemente Fenrir con un grattino sotto il mento, si allontanò.

Il lupo osservò i due camminare via e nonostante la confusione, quanto accaduto non lo alterò per niente.

Questo, fino a quando non notò un dettaglio: ormai dopo essersi allontanata di diversi metri, quella ragazza brandiva un coltello nella mano. Lui però non l’aveva vista affatto estrarlo, ma solo ora che ci aveva prestato più attenzione se n’era accorto.

Ripensò alle parole del dio misterioso.

-Se non l’avesse fermata… lei… - Si sfiorò il collo, dove all’altezza della carotide un sottile taglio spiccava sulla sua pelle.

In lontananza, Charlotte Corday, avanguardia dell’umanità, ridacchiò tra sé e sé mentre si rigirava tra le mani una lama lievemente tinta di sangue.

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!

Cari lettori, lo so… questo capitolo è suonato un po’ simile al quarto scontro dell’opera originale, quello di Jack e Eracle, a partire dalla scelta dei personaggi. Non posso negarlo, proprio perché questa battaglia è stata un mio personale tributo a quello scontro: volevo ricreare qualcosa di simile, aggiungendo però il parco delle emozioni e delle sensazioni su cui potevo giostrarmi.

Spero non sia sembrato troppo noioso, al pari di un plagio, a causa di questa mia decisione.

Detto ciò, ci vediamo al prossimo scontro, tra una settimana (Martedì 9 Giugno)! Wow, stento a crederci che siamo arrivati praticamente a metà!

Alla prossima!

 

   
 
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