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Autore: about_mydreams    04/06/2020    2 recensioni
-Epilogo alternativo
2 Maggio 1998. Harry Potter é stato gravemente ferito dal Signore Oscuro e costretto, dunque, alla ritirata insieme all'Ordine della Fenice. L'ultima speranza di luce pare essersi spenta. Ormai il mondo magico è governato dall'oscurità, Lord Voldemort e i suoi seguaci si sono impossessati dei vertici del potere e non hanno scrupoli a perseguitare gli "impuri".
Hermione Granger non è riuscita a fuggire con i suoi amici ed ora scappa per restare in vita. Le sue condizioni cambiano quando incontra Draco Malfoy che, dopo averla sottratta da un avvenimento poco piacevole, deciderà di portarla al Manor con sé.
L'eroina del mondo magico si ritrova nella tana del nemico da sola.
(Storia presente anche su Wattpad)
Terza classificata al contest "The Girls 2019" su Wattpad.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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«Patricia Blanchard.»

La sala da ballo di Villa Malfoy era irriconoscibile: l'atmosfera che si respirava non era gelida come l'avevo immaginata, ma piacevole; i bagliori delle candele coloravano l'ambiente di un caldo arancione facendo sparire tutto quel grigiore che caratterizzava la dimora stessa; il grande e alto albero di Natale era il protagonista dell'angolo conversazione, dove si erigeva maestoso accanto al camino della parete destra, davanti al quale vi erano stati sistemati dei comodi divani di cui gli ospiti avrebbero potuto godere; le decorazioni di quel bellissimo abete erano d'oro e d'argento, culminante in un puntale a stella al cui centro vi era lo stemma della famiglia; il camino era accesso e quel rosso vivo animava ancora di più la stanza; drappi dorati scendevano leggeri dalle finestre e sembravano brillare sotto la luce delle candele; nella parte sinistra della sala un quartetto di musicisti suonava una dolce canzone di sottofondo, non troppo alta per non disturbare le chiacchiere allegre degli invitati; il soffitto era incantato, esattamente come quello di Hogwarts, e riprendeva il cielo limpido e stellato che vi era fuori dalle finestre; dei camerieri, racchiusi in una divisa nera, reggevano vassoi di fine argenteria offrendo leccornie a quei palati viziati. Era tutto surreale e terribilmente strano. Per quanto quell'aria non fosse pesante e oscura, mi sentivo comunque a disagio. Guardavo gli ospiti che riempivano il grande salone e un grosso nodo allo stomaco si formò immediatamente: ero circondata da Mangiamorte e famiglia di sangue puro, ero in campo nemico. In quella stanza la maggior parte di loro avrebbero voluto vedermi morta solo per i miei natali, figurarsi se avessero saputo chi si fosse nascosto dietro quel viso sconosciuto. Con agitazione crescente, strinsi ancora un po' la presa contro il braccio del mio accompagnatore mentre avanzavamo piano oltre la soglia della grandiosa stanza. Al mio gesto, Draco ridacchiò divertito ed io, irritata, gli lanciai uno sguardo truce e sussurrando lo ammonii con un secco «Taci!».

Non appena fummo notati, una serie di teste e borbottii accompagnarono il nostro ingresso continuando a fissarci sbalorditi anche quando ci fermammo ai margini della sala, non volendo dare troppo nell'occhio - anche se con la chioma biondissima di lui e il colore sgargiante del mio vestito fu quasi impossibile. Preoccupata, mi guardavo intorno cauta, studiando le espressioni di chiunque guardasse verso di noi indignato o perplesso che fosse. Ero spaventata a morte potessero scoprirmi, che anche un solo semplice gesto avrebbe potuto smascherarmi; ero nella tana dei lupi, con tutto il branco presente, e non potevo abbassare la guardia. Per quanto la Polisucco potesse nascondermi, io restavo comunque Hermione Granger.

«Rilassati.» mormorò ghignando lui, ormai di fronte a me, distante qualche passo.

«Sono letteralmente circondata, Malfoy. Come faccio a stare calma?» quasi lo aggredii, strofinando le mani una contro l'altra per il nervoso. «E' stata una pessima idea.» sussurrai scuotendo il capo, riportando lo sguardo verso il ragazzo.

Draco scosse il capo e alzò gli occhi al cielo, ma, ad essere onesta, sembrava più divertito dalle mie paranoie piuttosto che infastidito. Di fatti, subito dopo, bloccò uno dei cameriere prendendo due bicchieri dal vassoio per poi mandarlo via. Me ne offrì uno, mentre l'altro lo portò immediatamente alla bocca bevendone un sorso, senza mai distogliere lo sguardo dal mio. Per un attimo, mi persi a guardare quell'azzurro profondo che erano i suoi occhi, quel colore vivo che brillava di divertimento e sfida - col mondo, con se stesso. Era molto bello quella sera, non potevo negarlo, e la sua vicinanza - quello sguardo profondo- mi smosse qualcosa dentro: avevo una disperata voglia di baciare quelle labbra rosee e leggermente bagnate di champagne.

Scossi appena il capo, distogliendomi da pensieri inopportuni, e ritornai a guardare la stanza attenta a chiunque si avvicinasse o attraversasse la soglia. Mi ammonii silenziosa, pensando a quanto fossero sciocchi i miei desideri, soprattutto in quel momento. Non dovevo mostrare emozioni ambigue che avrebbero suscitato troppe domande. Tuttavia, razionalmente, mi resi conto di dover mantenere la lucidità non solo quella sera, ma anche dopo, quando saremmo ritornati ad essere noi. Draco mi faceva perdere il controllo, in qualche modo; quando ero insieme a lui non mi riconoscevo, lasciandomi spesso guidare dalle emozioni ed è una cosa che non avevo mai fatto prima.

«Guarda che non è avvelenato. Puoi berlo.» interruppe i miei pensieri, con fare beffardo, facendo un cenno del capo al secondo bicchiere che ancora teneva in mano.

Lo fissai confusa, non capendo a cosa si riferisse. Tuttavia, in pochi secondi, elaborai le sue parole - ero ancora stordita da quei pensieri strani- e mi resi conto che Draco associò la mia perplessità ad una mancanza di fiducia nel bere ciò che lui mi stava porgendo. Fu meglio così, per entrambi.

Annuii senza rispondere, prendendo il flute pieno di alcolico frizzante e ne bevvi un sorso, ancora a disagio sentendo gli occhi di tutti gli altri su di me. Forse erano solo fantasie, forse ero solamente io ad essere in ansia, sta di fatto che sentivo di non essere nel posto giusto.

«Dovremmo inventarci una storia per rendere credibile la tua presenza qui.» interruppe nuovamente il silenzio, con tono piatto quella volta, attirando la mia attenzione.

«Non avevi detto che Patty è una tua amica rimasta sola il giorno di Natale?» chiesi sovrappensiero, quasi non badando a ciò che mi stava davvero dicendo, eppure era davvero importante.

«Questo non basterà ai curiosi. Svegliati.» ribatté sbuffando, poggiando il bicchiere su uno dei vassoi di un cameriere che, gentile e in silenzioso, porgeva l'oggetto in un tacito invito a liberarci degli ingombri; io feci come Draco.

«Non cominciare a fare lo stronzo, Malfoy.» dissi voltandomi nella sua direzione, indispettita da suo tono. «Non puoi biasimarmi se sono preoccupata!» sussurrai nervosa, guardandomi intorno circospetta.

«Se fai così è peggio!» mormorò un ammonimento, stizzito dal mio atteggiamento. «Sembrerà che abbiamo qualcosa da nascondere. Sii naturale.»

«Odio quando hai ragione.» borbottai stufa, incrociando le braccia al petto.

«Abituati, accadrà spesso.» mi prese in giro, facendo quel sorriso da sbruffone che non ho mai sopportato.

«Ringrazia che non ho la bacchetta, altrimenti ti avrei già fatto sparire quel sorrisino dalla faccia.» ribattei sicura, assottigliando gli occhi con fare minaccioso e avanzando di qualche passo nella sua direzione.

«Ringrazio, ringrazio.» continuò a prendermi in giro, sorridendo divertito. «Ritornando a noi: tu sei Patricia Blanchard, una lontana parente del capostipite della famiglia stessa. Hai studiato in casa, non hai mai frequentato nessuna scuola perché-»

«Perché i miei genitori non sono altro che idioti con il credo del sangue puro?» suggerii ironica, sorridendogli irritata.

«Sì, esattamente.» annuì serio lui, nascondendo le mani in tasca e alzando il mento. «I Blanchard sono degli stronzi.»

«Mi ricordano qualcuno ...» lo provocai, guardandolo dritto negli occhi, leggermente divertita.

«Se fossi stata comprata da loro saresti ridotta ad un Vermicolo strisciante, mia cara sapientona.» rispose sorridendo, con voce altezzosa - come se avessi dovuto ritenermi fortunata ad essere in quella casa e non altrove.

«Prima che ti colpisca facendoti molto male, mi dici come ci siamo conosciuti?» chiesi sbuffando appena, seccata dalla sua supponenza.

«Qualche tempo fa ho fatto visita alla magione dei Blanchard a Lossiemouth, sull'isola di Mainland. Lì c'è una piccola comunità di maghi che predilige tranquillità al caos della vita in città e il capo famiglia è uno di questi.» cominciò a spiegare tranquillo, senza mai distogliere lo sguardo dal mio; si mostrava così indifferente che io stessa, se avessi potuto vederlo con gli occhi di un ospite, avrei pensato non ci fosse nulla di male in quel volto all'apparenza sereno. «Henry Blanchard è il miglior commerciante di ingredienti per pozioni e ho cercato di convincerlo a collaborare con me, ma ovviamente c'è mancato poco che mi schiantasse. E' in questa situazione che ti ho conosciuta, cara Patricia.» sorrise beffardo sull'ultima affermazione. «Quest'uomo, seppur un bastardo, preferisce alienarsi dalla società magica londinese, famiglie dal sangue puro comprese. Nessuno qui lo ha mai visto, forse solamente il Signore Oscuro uno volta, e se qualcuno è andato a fargli visita quel burbero lo avrà fatto cacciare a calci nel sedere dalla sua lussuosissima dimora. Dunque, non c'è nulla di cui tu debba preoccuparti, comportati come una di noi, per quanto ti è possibile.»

«Frequento tua madre e te da mesi, ormai. Avrò pur imparato qualcosa, non credi?» quella volta toccò a me essere superba, credendo fermamente nelle mie capacità.

«Lo spero, altrimenti siamo finiti.»

«Hai una grande fiducia in me, noto.» commentai ironica, scuotendo la testa un po' divertita. Non lo avrei mai ammesso ad alta voce, ma battibeccare con lui stava diventando il mio passatempo preferito.

In un attimo, la sua espressione cambiò visibilmente: dal sorriso ghignante e l'espressione seccata alla serietà assoluta. Mi guardava con attenzione, puntando i suoi occhi azzurri e tumultuosi nei miei - in quelli di Patricia Blanchard -, ed immediatamente una sensazione di piacevole calore si espanse nel petto. Se prima mi ero sentita a disagio e volevo solo andare via da quella stanza, in quel preciso momento, persa nel suo sguardo intenso, mi sentii al sicuro, mi sentii al posto giusto; era lì che dovevo essere: accanto a lui. Mi diedi della stupida, subito dopo, perché fare certi pensieri non era appropriato, eppure non riuscivo a distogliere l'attenzione da lui. Era bello nella sua serietà.

«Mi fido più di quanto tu possa credere e mi piaccia ammettere.» sussurrò lento; forse per permettermi di imprimere meglio quelle parole, forse perché gli costava confessare quanto il nostro legame fosse diventato più forte nel corso del tempo.

Qualunque fosse la giusta ipotesi, quella frase ebbe il potere di farmi tacere; rimasi davvero senza parole non sapendo cosa potessi ribattere di fronte la portata di quell'ammissione. Lo guardai perplessa, credendo per un secondo di non aver capito, tuttavia lui continuava ad essere serio e a fissarmi ammirato. Draco era riuscito a sorprendermi nuovamente quella sera ed era riuscito nell'ardua missione di imbarazzarmi. I battiti del cuore divennero veloci e il fiato mozzato, tutto a causa di una semplice frase.

Lui continuava a guardarmi attento, ma d'improvviso un sorriso divertito comparì sulle sue labbra sottili e lì capii che, era ovvio, stesse ridendo della mia probabile faccia confusa e leggermente arrossata a causa della vergogna. Mi sentii ancora più stupida e, di conseguenza, dato il tumulto di emozioni confuse, mi innervosii. Scossi il capo e alzai gli occhi al cielo, spostando l'attenzione al centro del grande salone, scrutando ancora gli invitati che, in quei minuti, erano notevolmente aumentati. Spostai lo sguardo, poi, sull'ingresso e in quel momento, bellissima e fiera, fece la sua comparsa Astoria Greengrass che, sorridente, se ne stava ferma accanto alla sorella e esattamente dietro i suoi genitori. Non potei non ammirarla nella sua eleganza e delicatezza. Indossava quel lungo vestito di seta color cobalto, perfettamente intonato ai suoi occhi, raffinato ma seducente, con un disinvoltura invidiabile. Quella giovane donna sembrava perfettamente a suo agio mentre stringeva la mano ad un uomo sorridente a me sconosciuto; era leggiadra nel muoversi e il suo sorriso sembrava illuminare la sala, oltre che contagiare chiunque avesse di fronte. Era bella e conturbante come una ninfa. Astoria Greengrass sarebbe stata una perfetta signora Malfoy un giorno, e immaginarla accanto a Draco - all'uomo per cui iniziavo a provare qualcosa- fece più male di quanto fossi disposta ad ammettere a me stessa. In cuor mio, sapevo che un legame tra lui e me sarebbe stato alquanto impossibile, nonostante l'appoggio di Narcissa. Tuttavia, continuavo a chiedermi: "Se non ci fosse stata la guerra e Draco mi avesse incontrata per caso, decidendo di mettere da parte qualsiasi ostilità, sua madre sarebbe stata comunque d'accordo nel vederci insieme?".

Chiusi gli occhi e sospirai forte, imponendomi di scacciare nuovamente quei pensieri inopportuni. Mi ripetevo quanto fossi stupida; mi dicevo che nella mia vita non ci fosse più spazio per sciocchi problemi adolescenziali. Nonostante i soli diciannove anni, avevo la sensazione di aver perso la mia gioventù e che fossi maturata, invece, così velocemente da esser diventata arida. Eppure, stando accanto a Draco, proprio in quel momento, mi batteva forte il cuore, come se fosse tornata all'improvviso quella voglia di giovinezza. E sapevo di non potermelo permettere. Ero arrivata in quella casa con la determinazione di voler conoscere i segreti celati tra le mura buie e antiche, invece mi ero ritrovata a dover rivedere i miei piani e le mie idee. Tutto per colpa sua.

«Draco.» una voce dolce e familiare, richiamò la mia attenzione, facendomi voltare alle spalle del ragazzo.

Narcissa Malfoy, nel suo raffinato abito rosso scuro, sorrideva appena, lanciando occhiate prima al figlio e poi alla sottoscritta. I suoi occhi ci fissavano quasi ammonitori ed io non riuscii a capire se sapesse chi io fossi in realtà, e dunque cosa avevamo escogitato per essere lì insieme, oppure se semplicemente non fosse d'accordo con l'idea del figlio di invitare un'altra donna -che non fosse la sua fidanzata ufficiale- ad una festa e appartarsi con lei. Qualunque fosse stato il pensiero della matrona, rischiavamo di finire nei guai.

«Madre, siete splendida.» sorrise il ragazzo, ormai voltato dalla parte della donna. 
Le prese una mano tra le sue e la portò alle labbra, sfiorandone appena il dorso.

«E' tu sei un perfetto adulatore, ma ricorda chi hai davanti, figlio. Sono io che ti ho insegnato ad esserlo.» disse ricambiando il sorriso, in modo più debole, alzando il mento in segno di alterigia.

Come il figlio, Narcissa Malfoy non avrebbe mai smesso di sorprendermi: aveva appena detto a Draco che le moine non avrebbero fermato lei dal fargli una ramanzina o dal comportarsi come una degna donna della sua nobile casata, il tutto in maniera elegante e piccata. Per quanto, a volte, affrontare argomenti spinosi non le piaceva, con la prole era una donna diversa; segretamente l'ammiravo per quello.

«Non mi presenti la tua giovane amica?» chiese con tono quasi indifferente, ma sapevo benissimo quanto, in realtà, fosse irritata.

«Lei è Patricia Blanchard, madre.» ribatté l'altro calmo, mantenendo un sorriso accennato sul volto; io chinai appena il capo in segno di rispetto.

«Blanchard?» domandò curiosa, ma credo fosse più sospettosa – sapeva bene come nascondersi.

«Sì, signora Malfoy. E' un piacere conoscervi.» risposi gentile, guardandola decisa negli occhi; non avrei mai dovuto calare il capo, non sarebbe stato consono al cognome che mi era stato concesso per quella sera.

«Il piacere è mio, signorina Blanchard, credetemi.» replicò algida, guardandomi da capo a piedi. 

In quel momento sentii freddo e il cuore cominciò a battere veloce per la paura di essere scoperta, tuttavia avevo trascorso molto tempo in quella casa e sapevo bene come dissimulare. Dunque sorrisi, fingendo di non aver realmente compreso quanto la mia presenza la infastidisse. 

«Vi sono grata per avermi invitata, signora Malfoy. Sarebbe stato un Natale deprimente restando da sola in una grande casa, con degli elfi per giunta.» ringraziai educata, ma con quella nota di altezzosità degna di un membro di una grande e pura casata.

«Cosa ci fate a Londra, Patricia Blanchard?» era sempre più curiosa - più pericolosa.

«Suo zio le ha commissionato di trovare un raro ingrediente per una pozione che sta sperimentando. Henry Blanchard è anche un ottimo alchimista, madre.» intervenne Draco, parlando con tranquillità invidiabile; nessuno avrebbe minimamente sospettato fosse un bugiardo spudorato.

«Per questo ho chiesto aiuto a vostro figlio.» sorrisi, guardando Draco mentre pronunciavo la frase. «Conosco la sua fama di pozionista.» mi rivolsi di nuovo a lei, senza mai far trapelare il nervosismo.

«Certo. La sua fama.» ribatté stizzita, mostrandolo appena sul volto ben truccato e raffinato. «Draco, figlio, dovresti venire con me. Importanti persone del Ministero vorrebbero conoscerti.» si voltò verso il ragazzo, non badando più alla mia presenza.

Gli tese la mano, in un tacito invito a seguirla; fredda e algida nella sua nobiltà. Il giovane Malfoy le sorrise e annuì, afferrando delicatamente la mano di sua madre e, dandomi le spalle, con un gesto rispettoso del capo, si congedò lasciandomi da sola. Guardai madre e figlio, la prima sotto braccio del secondo, mentre di avvicinavano ad un uomo corpulento a me sconosciuto.

Scossi il capo, ancora un po' scossa per la conversazione avuta con la signora del maniero, ma al contempo segretamente divertita. Narcissa Malfoy aveva fatto il suo dovere di madre: proteggere il figlio da qualsiasi arrivista volesse arrivare ad un possibile matrimonio, dilapidando il patrimonio e mettendo in ridicolo il nome stesso della famiglia. In un momento di debolezza pensai subito che Astoria, anche in quello, sarebbe stata a dir poco impeccabile.

Scacciai veloce quei pensieri, chiudendo gli occhi per qualche secondo e espirando profondamente. Un senso di oppressione sembrava schiacciarmi il petto e ostruire la gola impedendomi, così, di respirare. Per un breve istante, gli occhi pizzicarono di lacrime, ma, non so nemmeno io come, riuscii a trattenere quella strana sensazione di inadeguatezza che, senza una ragione, aveva iniziato ad invadermi. Ero rimasta da sola in un angolo, con la sola musica di sottofondo a farmi compagnia; Draco non aveva mantenuto la promessa fattami minuti prima, tuttavia non potevo fargliene una colpa. Non sapevo cosa fare, né come comportarmi. Di certo una Blanchard non avrebbe avuto di questi problemi, avrebbe girato per la sala come se fosse la padrona indiscussa della casa, ma io ero Hermione Granger, la Sanguesporco circondata dai nemici, e l'unica mia sicurezza se n'era andata sorridente assieme a sua madre.

Riaprii gli occhi ritrovando quella sicurezza che, un tempo, era il mio tratto distintivo nelle situazioni critiche, ma quando la sala fu nuovamente sotto il mio sguardo, Astoria Greengrass era già a pochi passi da me - da Patricia. Una lieve sensazione di fastidio mi annodò lo stomaco: stava avanzando determinata verso quella che credeva fosse l'amante dell'uomo che stava per portarla all'altare. La più giovane delle Greengrass era pronta a mettere in chiaro la situazione, esattamente come aveva detto Draco. Prima la signora Narcissa e poi lei; finché sarei rimasta in quella stanza, non avrei avuto un attimo di pace, lo sapevo bene. Tuttavia, quando accettai l'invito di Malfoy, immaginavo che i guai sarebbero potuti arrivare in qualsiasi momento. Comunque, era già troppo tardi per scappare via: la futura signora Malfoy, mi si avvicinò con un gentile sorriso sulle labbra rosa, il mento alzato in segno di superiorità e una compostezza da sembrare rigida come un tronco. Per quanto cercasse di mascherare il nervosismo, non ci riuscì appieno; non era brava come i padroni di quella casa, ma sicuramente avrebbe imparato con il tempo. Ne aveva le capacità.

Bella nel suo essere letale, si fermò esattamente di fronte a me sorridente, guardandomi attenta in volto. Ci fu qualche secondo di silenzio, alquanto teso. Tuttavia, cercai di comportarmi come si conviene ad una ragazza cresciuta in un ambiente ristretto di vedute e rigido.

«Salve, signorina Greengrass.» fui io a interrompere quella quiete fastidiosa, con tono gentile e amichevole - come se non avessi attraversato la soglia di quella stanza a braccio del suo fidanzato.

«Mi conoscete, vedo, ma io non posso dire lo stesso di voi.» affermò prontamente, senza mai perdere l'alterigia che contraddistingueva la sua importante e ricca casata.

«Avete ragione.» le sorrisi, alzando il mento con fare superiore. «Sono Patricia Blanchard, molto piacere.»

«Oh, abbiamo l'onore di conoscere una persona appartenente ad una delle casate nobiliari più antiche e prestigiose del mondo magico.» sentii quasi dell'ironia nella sua voce, ma non me ne curai; d'altronde, potevo capirla: stava morendo di gelosia e di rabbia.

«La mia famiglia non ama mostrarsi troppo. Preferiamo la calma di un'isola alla vita caotica della città.» cercavo di essere cordiale e sorridere, pregando Merlino e Morgana che Draco arrivasse quanto prima per liberarmi da quello che poteva essere un problema.

«Sì, lo so bene.» annuì altrettanto amichevole, ma era chiaro che ci fosse qualcosa ad infastidirla. «Be', sarà sicuramente meno avventurosa la vostra vita a Lossiemouth.»

«Assolutamente. Londra mi destabilizza alquanto.»

«Dunque cosa ci fate così lontana da casa?» chiese incuriosita, continuando a guardarmi con sufficienza - quasi non fossi alla sua stessa altezza. Ammetto che quel suo atteggiamento, seppur giustificato, cominciava ad innervosirmi.

Mi armai di sorriso e pazienza. Mantenni la calma pensando ad agire non come Hermione Granger, ma come una Malfoy. D'altronde avevo imparato moltissimo durante quei mesi e, in quel momento, avevo l'occasione di mettere tutto in pratica.

«Sono qui per conto di mio zio, signorina Greengrass. Tuttavia, non credo vi interessi davvero quello che faccio.» le risposi gentile, senza mai perdere il contatto con i suoi grandi occhi chiari. «Andate dritta al punto.» la invitai, ormai stufa di quei mille giri di parole.

Potevo ben immaginare cosa volesse sapere, o meglio cosa volesse dirmi. Dunque, con un sorriso, seppure essendo molto seria, decisi fosse arrivato il momento di mettere in chiaro le cose; niente sotterfugi, niente scorrettezze, ma solo la verità. Avevo già perso troppo tempo ed iniziavo a innervosirmi restando più del dovuto insieme alla donna che avrebbe sposato Draco - il ragazzo, per cui, avevo iniziato a provare qualcosa di forte. Stava diventando tutto assurdo.

«Siete più sveglia di quanto credessi.» ammise sorridente, ma potei notare un accenno di nervosismo in quell'espressione apparentemente angelica. «Vedete, forse voi non lo sapete, ma io sarò la prossima Signora Malfoy e di certo non mi piace che il mio futuro sposo si presenti ad una festa con un'altra donna.» disse calma, avvicinandosi di qualche passo; io restai immobile, aspettando intimidazioni che, sapevo, sarebbero arrivate. «Posso sembrare una donna gentile e affabile, e in effetti lo sono anche, ma non fate lo sbaglio di credere che sia innocua. Ciò che mio è e resterà tale; ciò che desidero sarà mio ugualmente, perché ottengo sempre quello che voglio.» il tono fu tagliente, serio e l'espressione di quella donna, che un attimo prima era quasi divino, si trasformò in quello di un demone: cupo, minaccioso; gli occhi le brillavano di ira e sfida.

Ci fu un breve silenzio. Ci fu un momento in cui la guardai attenta, senza mai abbassare lo sguardo o il capo - e non perché avessi il volto di un Blanchard o di chicchessia, ma perché ero io-, e mi resi conto, in quel momento, il vero motivo per cui fu smistata, ai tempi, in Serpeverde.

Le credevo. Credevo davvero che se avesse avuto anche il solo dubbio di una possibile relazione tra il suo uomo e me avrebbe sfoderato qualsiasi arma affinché lei ne uscisse vincitrice. I suoi occhi erano diventati freddi e distaccati, la sua espressione dura; mostrava tutta la fierezza tipica di una Purosangue. Aveva idee più tolleranti, era stata gentile, ma alla fin fine restava ciò che era. Tuttavia, il suo tono diretto e quasi brusco non mi intimorirono e se avesse anche solo pensato di avermi spaventata si sbagliava di grosso.

«State minacciando la persona sbagliata, signorina Greengrass. Conosco Draco perché sono in affari con lui, non ho di certo bisogno di irretirlo per arrivare a fama e denaro. A differenza di molti altri, non necessito che il mio cognome sia associato a quello dei Malfoy. Il nome Blanchard fa aprire molte più porte, credo lo sappiate bene, e ho sufficiente intelligenza da poter camminare da sola.» ribattei lentamente, cosicché le mie parole potessero arrivarle chiare e coincise. «Dunque non abbiate la presunzione di conoscermi, Astoria Greengrass. Se avete poca fiducia nel vostro fidanzato non è affar mio.» continuai facendo un passo nella sua direzione e guardandola con la sua stessa alterigia, da capo a piede. «Certo posso capire la vostra disapprovazione nel vedermi qui, insieme al vostro futuro marito, ma credo sia opportuno per entrambe stare al proprio posto. Sono un' invitata, nonché amica del padrone di casa, e mi comporterò come tale.» sorrisi appena, ammorbidendo un po' i toni e l'espressione dura di qualche secondo prima. «Potete stare tranquilla, signorina. Vi auguro una buona serata.»

Le rivolsi un sorriso più grande, come per rincuorarla, come per capire il suo disagio, ma la verità era un'altra: provai una certa soddisfazione nel vederla ammutolire, seppur fu una sensazione breve e di cui mi vergognai quasi subito. Tuttavia, per un fugace momento, ero stata meschina nei confronti di una ragazza innamorata. Io al suo posto avrei fatto anche di peggio. Eppure, mi era piaciuto vederla sorpresa e poi quasi offesa dalle mie parole, ed era tutta colpa di quei sentimenti subdoli che iniziavano a nascere nei confronti di Draco. Per un attimo, solo per un attimo, provai una gelosia che solamente al sesto anno di scuola, con Ronald, avevo sentito bruciarmi dentro. Non potevo credere stesse davvero succedendo a me, non potevo credere alla profondità di quei sentimenti che, inaspettati, mi erano cresciuti nel petto senza che ne avessi il controllo.

Voltando le spalle alla ragazza innamorata, mi avviai verso l'ingresso, troppo confusa e sopraffatta da tutto quello che stavo provando. Il cuore mi batteva forte, il respiro era veloce e mozzato, la gola bruciava per un pianto che cercavo in tutti i modi di trattenere e le lacrime pizzicavano gli occhi. Non potevo dare un nome a quelle emozioni così potenti e totalizzanti, perché sarebbe stato ridicolo. Continuavo a dirmi che non poteva essere, che dovevo svegliarmi da quella illusione, ma quando ormai ero vicina alla soglia del salone ed ero pronta ad uscire una presa decisa bloccò ogni mia intenzione. Era chiaro chi mi avesse impedito di andare via. Il profumo di pino arrivò prima dei suoi occhi chiari color del ghiaccio ma bollenti come il sole. Mi guardò curioso, con un sorriso beffardo disegnato sul bel volto affilato, senza mai lasciare la presa contro il mio braccio - dita fredde e ferme nella stretta gentile. Mi chiesi perché il cuore stesse battendo all'impazzata; mi chiesi perché mi sentivo meglio ora che lui era accanto a me, che sentivo il suo profumo.

«Dove stai andando?» domandò divertito in un sussurro, avvicinando appena il suo volto al mio.

«La mia permanenza è stata fin troppo lunga, Malfoy.» riposi con compostezza, provando ad imitare la stessa tranquillità avuta con la futura sposa. La sua sposa. «Voglio andare in camera mia.»

«Senza nemmeno concedermi un ballo? Vergognati!» mi ammonì divertito - scherzando come se nulla fosse, come se non avessi appena discusso con Astoria.

«Draco, smettila!» lo rimproverai dura, scuotendo la testa; non faceva altro che confondermi.

«Granger.» mormorò appena il mio nome, dolcemente. «Balla con me.»

Mi guardava serio, con un sorriso vero, appena accennato. Raramente lo avevo visto in quel modo e mi piaceva. Mi specchiai in quegli occhi profondi e chiari che mi fecero rabbrividire, che mi bloccarono il respiro. Ed io capii che per tutto quello c'era davvero un nome, ma faceva tremendamente paura perché, in fondo, saremmo sempre stati Draco e Hermione. Tuttavia, nonostante la consapevolezza, avevo una tremenda voglia di lasciarmi andare e accettare il suo invito. E mai come quella volta, mente e cuore facevano a gara per il predominio.

 

   
 
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