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Quella
sera non avevano fatto altro che guardarsi. Lei più che altro si era soffermata
un sacco di volte a squadrare il sedere della mora, che vuoi o non vuoi non
badava al fatto che per Jen fosse più facile soffermarsi sulle sue forme. Non
credette di aver alimentato qualche particolare intenzione, finché la mora non
si era chinata su di lei e l’aveva baciata sulle labbra. Jen di tutta risposta
le aveva infilato una mano tra i capelli e aveva presto alimentato quel bacio,
con l’ingresso della sua lingua nella bocca dell’altra. Poi la mora si era
sollevata e aveva fatto scivolare per terra, il suo benedetto vestito,
rivelandosi indossare solo le mutandine; una sensazione che pensava di non
provare serpeggiò nella parte bassa del suo corpo. Mentre era ancora lì che
pensava, la mora dandole le spalle, si era chinata in maniera equivoca,
sfilandosi le mutandine e Jen perse un battito.
“Oddio”
– boccheggiò.
“Cazzo”
– si svegliò di colpo e ansante. Non poteva credere di averla appena sognata in
déshabillé. Si mantenne dritta con l’aiuto delle braccia, per poi accasciarsi
al materasso, fissando il soffitto. Non era possibile che avesse sentito quella
sensazione, lei non aveva più sentito le sue gambe dal risveglio dopo
l’incidente. E se suo fratello avesse ragione, se doveva provare almeno con la
fisioterapia? Ma tanto a cosa sarebbe servito? Non avrebbe più provato quello
di prima, e chi mai si sarebbe affiancato a lei, così? Sbuffò frustrata e
decise di provare a riposare un altro paio di ore.
“Credevo
che sarebbe venuta” – disse Ginnifer sedendosi accanto a Lana, che si era
accomodata fuori sulla veranda dei Dallas.
“Aveva
promesso che ci avrebbe pensato” – disse la mora rigirandosi il bicchiere di
plastica tra le mani – “Non l’ho mai vista così Gin” – ammise guardandola – “Se
prima mi faceva tristezza adesso ho paura”
“Paura
che possa fare qualcosa di avventato?” – si girò verso di lei.
“Spero
davvero non sia così sciocca” – sbuffò – “Mi ha rinfacciato che non fossimo più
amiche, e okay ci sta, ci siamo un po’ persi di vista, ma diamine io vi voglio
bene” – cercò di non commuoversi.
“Noi
siamo dovuti andare da lei senza preavviso” – la guardò.
“L’ho
fatto anche io, è così orgogliosa, ma non posso credere che vi, ci stia tenendo
fuori! Non siamo significati nulla per lei?” – si morse il labbro.
“Credo
che non accetti questa situazione, e non voglia la nostra pietà” – spiegò –
“Non vuole neanche fare la fisioterapia” – sospirò.
“Perché?”
– chiese guardandola.
“Non
crede che l’aiuterà” – ammise.
Qualche
sera dopo
Suonarono
alla porta e la bionda percorse velocemente il tragitto e aprì la porta. La
mora allargò le sue labbra in un sorriso seducente, sollevò un sopracciglio e
mosse la busta che aveva tra le mani.
“Sushi?”
– Lana aspettò una risposta.
“Ehi”
– era stupita di vederla – “Entra” – sorrise – “Credo di dover aprire un’altra
bottiglia di bianco”. La mora entrò e la guardò, avrebbe voluto salutarla con
un bacio, ma ecclisso quell’impulso. Si diressero in soggiorno, mentre Jen
andava in cucina per recuperare dal suo frigo vini, una bottiglia – “Mi
dispiace di non essere venuta” – ammise non sollevando neanche lo sguardo su di
lei.
“Non
eri pronta posso capirlo, però ci siamo rimasti un po’ male sai” – non voleva
farla sentire in colpa, ma voleva comunque lo sapesse – “Siamo i tuoi amici, e
non ti giudichiamo, vorremmo solo che tu riprendessi la tua vita tra le mani”
“Dovremmo
mangiare, sennò si fredda” – ci pensò un attimo e scoppiò a ridere, portandosi
una mano sugli occhi – “Che idiota” – rise ancora, guardando l’altra che le
faceva eco.
“Concordo
con questo” – sorrise poggiandole una mano sulla spalla – “Mangiamo perché
semplicemente ho fame” – sorrise e portò la mano sulle proprie gambe. Cenarono
e bevvero tutta quella bottiglia di vino, chiacchierarono sul divano, dove
Jennifer aveva più facilità a sistemarsi. Poi la mora si congedò con un lungo
sorriso alla bionda.
“Pronto?”
– rispose con voce assonnata l’uomo.
“Jaime?”
– disse flebilmente.
“Jennifer”
– scattò sull’attenti – “Stai bene? È successo qualcosa?” – disse mettendosi a
sedere.
“No
tranquillo, domani hai da fare?” – chiese ancora incerta – “Mi porteresti in un
posto?” – attese.
“Certo,
dove vuoi” – forse finalmente si era convinta.
“A
domani”
“Chi
ti ha convinto alla fine?” – rise camminandole accanto, mentre lei muoveva le
mani guantate sulle ruote della sua sedia.
“Diciamo
che hai mosso bene le tue pedine” – disse guardandolo – “Mi sto dando solo una
possibilità, non significa che creda di rimettermi in piedi”
“Perché
non provi ad essere più positiva?” – chiese incuriosito.
“Non
ci riesco” – lo guardò appena “Mi dispiace”.
“Allora
perché lo fai? Per i tuoi amici?” – chiese.
“Lo
faccio perché credo che sia la cosa giusta per chi mi sta intorno”
Alcune
settimane dopo
“Vedi
che ti vedo dietro la finestra Jen” – disse Lana ferma davanti alla grande
vetrata del salotto della bionda. Lei all’esterno nonostante le tende, vedeva
la figura in carrozzella dell’amica. Dal canto suo l’altra non rispondeva era
come sconnessa dalla realtà – “Per favore apri la porta parla con me” – disse
incrociando le braccia sotto il seno. Qualche minuto dopo vide la porta
aprirsi, ma nessuno sull’uscio, sentì distintamente le ruote scorrevano sul
pavimento, poi un tonfo. Entrò in casa all’istante e la trovò piazzata davanti
al caminetto. Si diede un contegno, per il fatto che il suo cuore stesse
battendo all’impazzata nel suo petto, lo zampillare delle fiamme le dette un
sentore di casa.
“Non
sapevo ci fosse una nuova Salvatrice in città” – disse piatta.
“Ti
va di scherzare?” – disse incrociando le gambe e sedendosi sulla moquette
accanto a lei – “Guarda questa” – disse passandole il suo cellulare, con sullo
schermo un’immagine – “Rispondi”
“Ci
sono andata alla fisioterapia, ma niente” – sospirò ripassandole il telefono.
“Jen
serve tempo” – disse provando a cercare il suo sguardo.
“Mi
sono solo illusa che potesse cambiare qualcosa” – disse tirando su con il naso
– “L’ho fatto perché me lo avete chiesto, per non deludervi” - Lana prese la
sua mano stringendola dolcemente.
“Devi
solo avere pazienza Jennifer, vedrai che andrà meglio” – la guardò.
“E
a cosa serve?” – restò a bearsi di quel contatto – “Sarò sempre quella in sedia
a rotelle”
“Sei
altro dalla persona in sedia a rotelle. Sei cazzuta, e per me almeno, sei
sempre la solita Jen, che tu cammini o no” – sorrise – “Sei la stessa”
“Lana
sai che questo non basta”
“A me basta che tu sei viva cazzo, Jen” – increspò un lato delle labbra – “Se venissi con te alla fisioterapia?” – chiese speranzosa di una risposta positiva.
Okay il sogno è stato dettato da un messaggio della mia alfa che vi riporto:"vagare la mente is the new fantasticare sull'altra in déshabillé" e ovviamente la mia mente è partita! Spero che questo angst vi stia piacendo! Suggerimenti, critiche, insulti sono sempre ben accetti! Alla prossima xoxo