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Autore: Lady I H V E Byron    05/06/2020    1 recensioni
"Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utron, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato."
Sono passati quattro anni dalla battaglia finale contro lo Shredder virtuale, ma non è ancora finita, per le Tartarughe Ninja. Presto si troveranno coinvolti in una nuova avventura, che riguarderà una coppa di fattura umile, Cavalieri Templari, Dimensioni Mistiche, visioni di un passato lontano, un nuovo nemico e un nuovo alleato.
Quale destino attende le Tartarughe Ninja?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Note dell'autrice: scusate se i capitoli mi vengono lunghissimi, ma che ci volete fare? XD Preparatevi ai colpi di scena, gente!


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-Branco di beoti!-
David lanciò con forza un bicchiere di vetro vuoto contro il muro.
Gli unici presenti nella stanza con lui erano Giacomo, Andrea e Luigi. La sua reazione li allarmò.
Pochi istanti prima era entrato nella dimensione mistica, a contatto con il resto dei Grandi Maestri.
Non gli avevano riportato buone notizie. E questa era stata la sua reazione, nonostante le sue continue proteste.
-La loro cecità mi ripugna!- imprecò, battendo il pugno sul tavolo; dagli angoli della bocca stava scendendo un lieve rivolo di bava –Come osano avermi rivolto parole simili?!-
Andrea si alzò, mantenendo la calma.
-Cosa ti hanno detto?-
David inspirò. Una parte della sua rabbia era svanita. Il giusto per riprendere il controllo. Si asciugò la bava dalla bocca.
-Si ostinano a dire che la nostra è solo un’inutile caccia alle streghe…- riportò, camminando verso il salone; il resto dei tetrarchi lo seguì –Mi hanno suggerito di rinunciare e tornare in Italia, e riprendere il mio posto di Gran Maestro dell’Europa, e mandare qui Stefano al posto mio.- soffiò dal naso, irritato –Cum diabolo! Sono solo degli ingrati! Io ho fatto più per l’ordine di tutti loro quattro messi insieme!- entrarono in un’altra stanza, oltre la sala di allenamento; c’erano una spada incastonata nella roccia sotto vetro, due piedistalli, uno vuoto e l’altro con sopra dei rovi intrecciati insieme, e una lettiga tra le cui tende si poteva scorgere un baule con due decorazioni di angeli sopra -Io ho raccolto le sante reliquie cristiane! La corona di Cristo, la Spada nella Roccia di San Galgano, l’Arca dell’Alleanza…- rivolse lo sguardo verso il piedistallo vuoto –Me ne manca solo una per completare il nostro obiettivo! E quelli mi ordinano di tornare in Italia!-
Andrea fece un passo in avanti: fra i tetrarchi era l’unico che riusciva a mantenere il controllo anche in situazioni simili.
-David, forse non hai considerato un particolare…- fece notare, avanzando verso il Gran Maestro –Siamo qui da quasi un mese, e, nonostante quasi tutte le bande criminali di New York siano sotto la nostra ala, ancora non abbiamo ottenuto risultati sul Graal. Forse inviare Flagello non è stata una buona idea. Lo sai che non è adatta per queste missioni. Era meglio mandare Spettro. I Grandi Maestri non hanno del tutto torto a volerci rinviare in Italia, a meno che non portiamo una prova concreta che il Graal sarà presto nelle nostre mani.-
Anche David, normalmente, riusciva a mantenere il controllo delle proprie emozioni: ma la missione della ricerca del Graal, come i Cavalieri della Tavola Rotonda e i Templari prima di loro, lo stava mettendo alla prova. Anche la propria salute mentale. Era diventata la sua ossessione da anni. E finalmente era vicino.
-No… non posso…- balbettò, camminando avanti e indietro, con le mani che stringevano i capelli sale e pepe -Devo… devo accelerare i tempi… devo aiutare Flagello contro gli abomini… ma come?-
Elisabetta non era come Giacomo, non era brava con l’oratoria. La sua specialità erano le uccisioni.
Doveva ricevere un aiuto.
Le uniche persone di cui si fidava, all’interno dell’ordine, erano gli stessi ragazzi con cui aveva svolto la Veglia. Le uniche con cui poteva confidarsi. Specialmente con una.
David si illuminò, alzando la testa sorridendo. Brillava una strana luce nei suoi occhi.
-Ah, giusto! Federico!-
Non si sarebbe fermato di fronte a nulla, per il suo obiettivo. Nemmeno se avesse comportato il sacrificio di sangue del suo unico figlio.
Federico, come ogni sera, era a contatto con Elisabetta nella dimensione mistica.
Entrambi stavano ridendo.
-No! Non ci credo!- esclamò lui, riprendendosi a malapena dalla risata -Dài! È impossibile!-
-No! Te lo giuro, Fede! E Donnie ha dovuto usare il laser per liberarlo!-
Con David riportava i fatti oggettivi della sua missione di copertura. Con Federico le avventure divertenti, con lo scopo di farlo sorridere. E non erano poche, nel rifugio delle Tartarughe Ninja.
E Federico era felice di vedere l’amica sorridere dopo tanto tempo.
-Insomma, Eli, sembra che questa missione di copertura con le Tartarughe ti stia facendo bene…- notò, non senza nascondere una nota di gelosia nei suoi confronti –Era da tempo che non ti vedevo sorridere, da quando…-
Era quasi passato un anno dalla morte del loro confratello Francesco. Da allora, Elisabetta e anche Federico avevano smesso di sorridere. Ma questo li aveva uniti ancora di più, e si erano promessi di sostenersi a vicenda, in qualunque momento. E continuavano a farlo, anche se lontani. Era anche per questo che serviva la dimensione mistica, secondo loro.
Ed era da tempo che Federico vedeva il volto dell’amica risplendere di luce propria: non era più spenta, ma raggiante.
Lei si strinse nelle sue spalle, quasi imbarazzata, quasi intuendo lo stato d’animo dell’amico.
-Sì, mi fanno tanto ridere.- ammise –E ogni avventura con loro è a dir poco memorabile. Vorrei che ci fossi anche tu, qui. Questo mi renderebbe la persona più felice del mondo. E poi sono sicura che piaceresti anche a loro. Anche perché se osano guardarti storto, non rivolgerò mai più loro la parola.-
Aveva instaurato un legame con le Tartarughe, ma Federico sarebbe stato per sempre il suo migliore amico. Non lo avrebbe mai sostituito con nessuno. Come lui non avrebbe mai sostituito Elisabetta.
-Lo apprezzo davvero, Eli.- ringraziò lui, sorridendo lievemente –Ma non saprei…-
-Oh, andiamo! Le adorerai! Mick mi ha riportato al mondo dei videogiochi. Deus mi, quanto mi è mancato! Donnie parla in modo un po’ strano, ma mi piace giocare a scacchi con lui. Leo ha una mente sveglia e curiosa. Pensa che gli sto insegnando la nostra cultura e anche il latino. E Raph…-
Qualcosa mutò, nell’aria. E i due templari si inquietarono.
-Eli, lo senti anche tu?-
-Sì.-
La dimensione mistica non era il mondo reale: non esisteva il tempo, lo spazio, il caldo o il freddo. Ma, all’improvviso, entrambi stavano percependo qualcosa che ricordava il freddo e l’aria pungente dell’inverno. C’era qualcosa. Ed era intorno a loro.
Il corpo di Federico venne circondato da una strana nube, che ricordavano delle radici. Lo stavano legando e bloccando.
Lui si paralizzò, guardandosi con terrore.
-Eli!- chiamò. Due occhi rossi apparvero alle sue spalle. E una sagoma gigante. Le radici provenivano da lui. Sembrava lo stesse abbracciando. E poi trascinarlo via con forza.
La ragazza non sapeva cosa fare. Ma non poteva abbandonare l’amico.
-Fede!- esclamò, lanciandosi all’inseguimento.
Ma una forza invisibile la spinse all’indietro, facendola cadere.
Tornò nel mondo reale, di soprassalto.
Era buio, nel rifugio, con l’eccezione delle luci di emergenza.
Non era da molto che le Tartarughe e Splinter erano andati a letto.
Elisabetta e Federico si erano sempre promessi di parlarsi prima di andare a dormire. Sarebbe stato quello che avrebbero fatto, se non fosse accaduto quell’evento.
Osservò il suo anello, spaventata e preoccupata.
-No… nonononono!- vi strofinò sopra –Federico… Federico… Federico…-
Niente. Non riusciva ad entrare nella dimensione mistica. Non facendo il nome di Federico.
Provò di nuovo, pensando intensamente all’amico.
“Federico… Federico… Federico…”
Provò e riprovò, fino a farsi venire due lievi calli sulle dita. I polpastrelli erano ormai arrossati dall’eccessivo sfregamento.
Se un templare non rispondeva al richiamo dell’anello, voleva dire solo due cose: o non portava l’anello, o peggio, era intrappolato nella dimensione mistica. Solitamente, accadeva solo per il primo motivo.
Ma quella presenza che aveva intrappolato e portato via Federico, non poteva certo essere dovuto alla perdita improvvisa dell’anello. Ma per un motivo ben peggiore.
Federico era in pericolo.
E lei non sapeva cosa fare.
“Cosa faccio? Cosa faccio? Chiamo il Magister? No, non ama essere disturbato per queste cose. E poi a lui poco importa di Fede…”
Aveva un’altra idea, in realtà. Non sapeva come o perché, ma era sicura che l’avrebbero aiutata. Inoltre, non aveva scelta.
-Oh, Kyrie Eleison…- lamentò, sempre più preoccupata per Federico; ogni minuto che passava, poteva essere in pericolo -Ragazzi, aiuto!- urlò, a gran voce.
Non era da molto che le Tartarughe si erano addormentate. Essere svegliate all’improvviso, in quel modo, per poco non risvegliò in loro un represso istinto omicida contro la ragazza.
-Yaaawn. Eli, ma ti sembra questo il modo di urlare?- si lamentò Michelangelo, uscendo dalla sua stanza -Mi ero appena addormentato…-
Anche Splinter era uscito dalla sua stanza. Non sembrava turbato o arrabbiato contro la templare.
Anzi, si allarmò a vederla pallida e preoccupata.
-Scusatemi se vi ho svegliati, ma, vi prego, è un’emergenza. Ho bisogno del vostro aiuto.-

Raccontò per filo e per segno quanto accaduto.
-Quindi il tuo anello non solo dona poteri magici e scaglia croci.- riassunse Donatello, affascinato, quanto inquieto –Ma vi permette di comunicare l’un l’altro?-
-Esatto.-
-E tu ora stavi parlando con un tuo amico in questa… come l’hai chiamata? Dimensione mistica?-
-Sì, il luogo in cui ci conduce il nostro anello, quando dobbiamo comunicare.-
Raffaello incrociò le braccia.
-Furba a rivelarcelo ora.- commentò, acido –Chi ci dice che per tutto questo tempo non ti sei tenuta in contatto con i tuoi confratelli?-
Raffaello aveva intuito la verità. E con lui anche i fratelli. Ma Elisabetta non doveva ammetterlo. Doveva continuare a mentire.
-No, i confratelli non lo sanno che ho ripreso l’anello.- mentì, cercando di essere convincente –Solo io e il ragazzo che mi ha messo l’anello nel comodino della mia stanza lo sappiamo. Ho comunicato sempre e solo con Federico, lo giuro.-
-E magari gli riferivi di noi. E lui lo riferiva al resto de templari. Lo sapevo che non dovevamo fidarci di te!-
-D’accordo, siete liberi di non credermi su questa parte, ma Federico è davvero in pericolo! Vi prego, dovete aiutarmi! È il mio unico amico all’interno dell’ordine e io sono la sua unica amica! Non voglio perderlo!-
-E, esattamente, tesoro…- aggiunse Michelangelo –Cosa ti aspetti che facciamo?-
-Non lo so! Ma siete la mia unica speranza. Vi prego, aiutatemi…-
Splinter si mise a riflettere: il sospetto di essere sorvegliati da un templare non gli andava giù. Ma non era quella la parte più importante. Una persona era in pericolo, il figlio di David.
Ancora ricordava il suo volto, la sua espressione triste, come era stato trattato dal padre.
Renditi utile, per una volta.
Nemmeno lui avrebbe osato pronunciare una tale frase ai suoi quattro figli.
Ed era amico di Elisabetta. Non era giusto lasciarlo intrappolato in un luogo simile.
E Leonardo stava pensando la medesima cosa.
-Eli…- disse, prima di prendere la sua decisione –Quanto tieni a Federico?-
Notava davvero preoccupazione nei suoi occhi. Lo sguardo freddo e disinteressato era svanito. Da un certo punto di vista, aveva già intuito la sua risposta.
-Provo per lui gli stessi sentimenti che tu provi per i tuoi fratelli.-
Proprio come aveva intuito. Sorrise.
-Allora ti aiuteremo a salvarlo.-
Anche la ragazza sorrise, tirando un sospiro di sollievo e riempiendo il suo cuore di speranza.
I fratelli non condividevano la decisione del fratello, specialmente Raffaello.
-Leo, sei sicuro?- domandò, infatti, avvicinandosi a lui. Non perché non si fidasse di Elisabetta, nonostante la rivelazione dell’anello, ma perché, per la prima volta, avrebbero agito in un ambiente a loro poco familiare.
-È stato anche grazie al suo aiuto se adesso sei a casa. Ora tocca a noi salvare uno della sua famiglia.-
Glielo dovevano. Li aveva aiutati a salvare Raffaello e riportarlo a casa. E da come ne aveva parlato, Federico era come un fratello minore, per lei. Nessuno, più delle Tartarughe Ninja, sapeva cosa voleva dire avere il timore di perdere un fratello.
-Ok, adesso siamo tutti d’accordo sul salvare il figlio del tuo cosiddetto Ma.. Magi-qualcosa…- aggiunse Michelangelo, accompagnando le sue parole con le mani –Ma qualcuno ha un piano su come entrare in questa… dimensione mistica?-
Elisabetta tornò ad osservare il suo anello.
-Il collegamento tra me e lui si è interrotto all’improvviso e non so come. Non riesco più a contattarmi con lui.- spiegò –Ho i calli alle dita a forza di strofinare.-
-Non puoi entrare direttamente nella dimensione mistica così lo cerchiamo?-
-No, Leo. È impossibile. La dimensione mistica è grande quanto l’intero universo. Dobbiamo per forza avere un punto di contatto per incontrare una persona. Nel nostro caso sono i nostri anelli. Entrare nella dimensione mistica senza una posizione precisa mi condannerebbe a vagare lì dentro in eterno. E per Federico potrebbe essere troppo tardi.-
Michelangelo rabbrividì al pensiero di vagare per l’eternità in un luogo sperduto e mistico.
-Allora occorre rafforzare il tuo legame mistico con Federico.- aggiunse Splinter; dall’inizio era d’accordo sul salvare Federico. Ma se avesse espresso la sua decisione, i figli lo avrebbero seguito spinti dal dovere nei suoi confronti di padre e maestro, non dalla loro volontà.
-E come?-
Splinter si rivolse ai figli.
-Figlioli, ricordate il vostro addestramento al Tribunale Ninja?- fece ricordare -Kon-shisho vi ha insegnato come raggiungere l’apice della meditazione. Dovete raggiungere di nuovo quel livello e incanalarlo verso l’anello di Elisabetta. Avrà abbastanza energia mistica per ristabilire il contatto con Federico e cercarlo. Ma per farlo, dovrete meditare. Figliola, ti prometto che faremo il prima possibile, per salvare il tuo amico.-
Il primo a protestare fu Michelangelo, che piegò la testa all’indietro e si lasciò cadere le braccia.
-Ma, sensei, dobbiamo proprio?!- si lamentò, prima di sbadigliare -Mi sono appena svegliato. La mia mente è già sgombra.-
Ricevette uno scapaccione da Splinter.
-Dovete, Michelangelo.- ribatté, severo –E non è questo il momento per fare spirito!-
-Eli, ti aiuteremo a trovare Federico.- rassicurò Leonardo, mettendole una mano sulla spalla –Faremo del nostro meglio per portarti nella dimensione mistica.-
Raffaello era ancora poco convinto, ma anche Donatello diede la sua disponibilità.
Questo bastò per far sorridere la templare.
-Grazie, ragazzi, significa tanto per me.- ringraziò –Pregherò incessantemente affinché Dio vi dia la forza necessaria per raggiungere il vostro apice di meditazione.-

Splinter e le tartarughe si riunirono nella loro postazione dedita alla meditazione. Elisabetta si era ritirata sotto il crocifisso, recitando il rosario, pensando a Federico, pregando per la sua salvezza. Ma ancora era inquieta sulla presenza che lo aveva trascinato via. Non riusciva a capire cosa fosse. Doveva solo attendere, prima di affrontarlo e salvare l’amico.
Raggiungere l’apice della meditazione non era facile: le Tartarughe e Splinter dovevano scacciare ogni pensiero, ogni dubbio, ogni timore. E mantenere quel livello di concentrazione fino a far fortificare il loro “chi”.
Ma dovevano fare in fretta: c’era in gioco la vita di una persona.
Non è facile concentrarsi, quando siamo preoccupati.
-Non ci siamo, figlioli.- notò Splinter; percepiva i “chi” dei figli: erano ancora flebili; anche loro erano preoccupati per Federico; erano arrabbiati con Elisabetta per aver loro mentito sull’anello, ma c’era una persona in pericolo e loro non erano degli egoisti –Vedo delle scintille dentro di voi, ma per il nostro scopo abbiamo bisogno di un fuoco. E il vostro legno è umido.-
Elisabetta interruppe le sue preghiere, appena udite le parole di Splinter.
Doveva pregare con speranza. Ma anche in lei erano insite preoccupazione ed inquietudine.
Ecco cos’era “l’umido” che impediva alle fiamme del “chi” di accendersi: la preoccupazione.
La preoccupazione per un amico, quella di Elisabetta. La preoccupazione per una persona in pericolo, quella delle Tartarughe.
-Siete tutti preoccupati per il giovane Federico, lo so, e lo sono anch’io.- riprese Splinter –Ma non dobbiamo lasciare che la preoccupazione offuschi le nostre menti. Dobbiamo aiutarlo e di certo non possiamo farlo se ci lasciamo guidare dal timore. Così perdiamo la battaglia, se ci lasciamo spaventare dal pensiero della sconfitta. Siete tutti dei guerrieri formidabili, figlioli. Avete sempre superato ogni ostacolo, per salvare persone a voi care, gli abitanti di New York, di tutto il mondo. Anche allora avete avuto paura, ma siete riusciti a metterla da parte, perché sapevate che c’era in gioco qualcosa di più importante, che lasciarvi guidare dalla paura e dall’insicurezza. Adesso non sarà diverso da ciò che avete affrontato fino ad ora. E comprendo anche il vostro rancore verso Elisabetta, ma dovete superarlo, per salvare il giovane Federico.-
-Lo sappiamo, sensei…- rispose Leonardo, sospirando –Ma il fatto è che stavolta agiremo in un luogo che non abbiamo mai visitato prima. Sono preoccupato da quello che potrebbe aspettarci. E senza i nostri medaglioni, non siamo capaci di raccogliere il nostro “chi”.-
-Davvero un peccato che siano andati distrutti dopo lo scontro con lo Shredder Tengu…- aggiunse Donatello, anche lui scoraggiato.
Splinter scosse la testa.
-No, figlioli. I medaglioni non c’entrano.- rivelò -Il “chi” scorre nelle vostre vene. I medaglioni servivano solo a stabilizzarlo e concentrarlo, per evitare che ne foste sopraffatti. Voi eravate già capaci di manovrare la vostra energia interiore, vi serviva solo una persona che vi insegnasse a controllarlo, come il Tribunale Ninja.-
Riconobbe il merito del Tribunale Ninja per la maturità dei suoi figli, nonostante il rancore che ancora provava per loro, per aver non aver soccorso il suo maestro Yoshi il giorno in cui era stato ucciso da Shredder.
-Io… ci provo…- si sforzò Michelangelo, stringendosi nelle spalle e chiudendo le mani a pugno –Ma… non ci riesco…!- si abbandonò per terra, sdraiandosi –Ah! Non ce la faccio! Ho fame! E ho sonno!-
Anche Raffaello sospirò.
-Sarà la giusta punizione per Elisabetta per averci mentito…- mormorò, a bassa voce.
-Raph! Non dire così!- rimproverò Leonardo.
Raffaello odiava essere preso in giro, odiava le bugie, odiava essere trattato come un idiota. Ma, di norma, nemmeno lui si tirava indietro, quando si trattava di salvare una persona. La rabbia lo stava di nuovo accecando. Ma anche lui, a modo suo, era preoccupato per il figlio del Gran Maestro Templare. Infatti, si pentì subito di aver detto quelle parole.
Elisabetta si morse il labbro inferiore: Federico era in pericolo, lei non era in grado di salvarlo, da sola. Aveva richiesto l’aiuto delle Tartarughe, rivelando uno dei suoi segreti e questo aveva compromesso la fiducia nei suoi confronti. Non poteva permetterlo; non c’era solo in gioco la vita di Federico, ma anche la sua copertura.
Doveva rimediare.
Si alzò e camminò verso i ninja.
-Maestro Splinter…- iniziò, prima di mettersi a sedere di fronte al ratto –Se siete così è colpa mia. Lo so, avrei dovuto dirvi dal principio dell’anello, ma avevo paura che non mi avreste creduto e che mi avreste cacciato via. Permettetemi di aiutarvi a raggiungere l’apice della meditazione.-
-Ehm, tesoro…- commentò Michelangelo, alzando solo un braccio –Poco fa, non avevi chiesto TU aiuto a NOI?-
-È ancora così, infatti. Ma so anche di essere la causa per cui non riuscite ad aiutarmi e voglio rimediare.-
-E come, sentiamo…?- aggiunse Raffaello, di tutti i presenti, ancora quello più arrabbiato con lei.
Lei mise le mani in preghiera. Il rosario era ancora tra le sue mani.
-Quando le risorse umane si rivelano inaffidabili, non ci resta che ricorrere a quelle divine.- spiegò -Affidiamoci a Dio, alla sua forza, alla sua pietà, alla sua bontà. Darà la forza a tutti noi di salvare Federico.-
Michelangelo e Raffaello scoppiarono a ridere a quell’affermazione.
-Vuoi risolvere tutti i problemi del mondo con una preghiera?!- derise il primo –Certo che voi templari siete proprio strani!-
-Vi prego, permettetemi di sollevare i vostri animi, mentre invoco l’aiuto di Dio.-
-Cosa vuoi che facciamo, figliola?- domandò Splinter, interessato all’idea della ragazza.
-Tornate come prima. Seduti a gambe incrociate.-
Splinter fece un cenno ai figli, invitandoli a sedere.
Anche Elisabetta si mise in ginocchio.
-Ora voglio proprio vedere cosa farà…- ridacchiò Michelangelo.
Si aspettavano il rosario.
Ma così non fu.
Un canto.
 
Da pacem Domine
in diebus nostris
Quia non est alius
Qui pugnet pro nobis
Nisi tu Deus noster
Fiat pax in virtute tua
et abundantia in turribus tuis
Da pacem Domine
in diebus nostris
Quia non est alius
Qui pugnet pro nobis
Nisi tu Deus noster
 
 
Un canto sublime. Come quando aveva cantato il “Salve Regina”.
Un canto che implorava Dio a donare pace in tutti coloro che credevano in lui. Poiché era della pace che avevano bisogno la templare ed i ninja. La pace interiore.
Ascoltandolo, infatti, le menti dei ninja si erano come sgombrate: dai pensieri, dai dubbi, dalla preoccupazione. C’erano solo loro ed il “Da Pacem Domine”.
Sentirono qualcosa accendersi dentro di loro: il “chi”.
Il legno era asciutto: la fiamma ardeva.
Avevano raggiunto l’apice della meditazione.
-Sì! Lo sento!- esultò Michelangelo.
-Mantienilo, Michelangelo!- avvertì Splinter, senza aprire gli occhi –Se lo lasci scappare è impossibile recuperarlo!-
Elisabetta sorrise: la fede aveva di nuovo funzionato. Li aveva salvati dal dubbio e dalla preoccupazione.
La fede aveva riacceso il “chi” nei ninja. Una benedizione di Dio, per ritrovare uno dei suoi servi.
Dovevano mantenere quel livello del “chi” fino a raggiungerne il pieno controllo.
Elisabetta continuò a cantare, proseguendo il  “Da Pacem Domine”.
Era sicura li avrebbe aiutati a controllare il “chi”.
 
Propter fratres meos
et proximos meos
loquebar pacem de te
Da pacem Domine
in diebus nostris
Quia non est alius
Qui pugnet pro nobis
Nisi tu Deus noster
Propter domum Domini Dei nostri
quaesivi bona tibi
Da pacem Domine
in diebus nostris
Quia non est alius
Qui pro nobis
Nisi tu Deus noster
Rogate quae ad pacem sunt Jerusalem
et abundantia diligentibus te
Da pacem Domine
in diebus nostris
Quia non est alius
Qui pugnet pro nobis
Nisi tu Deus noster
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto
sicut erat in principio et nunc et semper
et in saecula saeculorum
Amen
 
 
-Figlioli, abbiamo raggiunto il nostro apice.- annunciò Splinter, mantenendo gli occhi chiusi; dopo il canto, erano rimasti fermi per circa due ore o più; Elisabetta pregò che non fosse troppo tardi per Federico –Percepisco i chi dentro di voi. Siamo pronti per accedere nella dimensione mistica, figliola.-
La templare tirò un sospiro di sollievo, speranzosa.
Dovettero cambiare posizione, per trasferire il “chi” nell’anello di Elisabetta: si erano posizionati, seduti, in modo da formare una “Y”, in cui Elisabetta era la base; Splinter era dietro di lei, con entrambe le mani sulle sue spalle; Leonardo gli stava toccando la spalla destra e Raffaello stava toccando le sue; mentre Donatello e Michelangelo stavano facendo la stessa cosa, ma sulla spalla sinistra.
Ma ancora non era abbastanza.
Elisabetta iniziò troppo presto a strofinare sull’anello.
-Federico… Federico… Federico…- mormorava.
Ancora niente.
I ninja sobbalzarono: era il loro “chi” che reagiva.
-Troppo presto, figliola.- disse Splinter, ancora con gli occhi chiusi e senza lasciare le spalle della ragazza; lui era il tramite del “chi” dei figli con l’anello templare –Non possiamo sprecare così il nostro chi.-
-D’accordo. Scusatemi.-
Anche lei attese, con gli occhi chiusi. Ma non riusciva a mantenere la calma. Era così vicina a salvare Federico. La speranza aveva suscitato in lei un sentimento di fretta. Finalmente aveva trovato il modo per entrare nella dimensione mistica, e salvare Federico dall’entità che lo aveva rapito. Aveva fretta di entrare. La preoccupazione era tornata.
Tentò un’altra volta.
-Federico… Federico… Federico…-
Niente.
Un altro sobbalzo dei ninja. Era come se qualcuno li avesse colpiti sullo stomaco, dall’interno.
-Mondo Pizza! Fai piano!- brontolò Michelangelo –Mi stai spezzando in due!-
Un altro buco nell’acqua. Non stava ottenendo progressi: stava solo facendo del male alle Tartarughe.
-No! È inutile!- imprecò, alzandosi in piedi, camminando verso il crocifisso.
Questo spezzò l’equilibrio creato dai “chi” dei ninja. Riaprirono gli occhi di scatto; e la fiamma del “chi” si spense.
E Splinter, per poco, non cadde per terra.
Sentirono dei singhiozzi da parte della ragazza. Dei singhiozzi.
-È inutile…- riprese lei, singhiozzando, senza voltarsi; stava piangendo -Ho sbagliato a chiedere aiuto a voi… Perdonatemi… Non volevo coinvolgervi, ma non sapevo cosa fare per salvare Fede… Scusatemi, scusatemi tanto… Perdonami, Fede… Sono incapace persino di salvarti…-
Aveva perso la speranza. All’improvviso.
Si era lasciata guidare dalla speranza, e questo l’aveva portata alla fretta.
E la fretta aveva spezzato il legame che stavano creando tra il “chi” e l’anello templare.
E questo aveva portato alla delusione ed alla rassegnazione.
Stava piangendo, provando rabbia e delusione per se stessa. E per timore di aver perduto il suo amico.
Voleva salvare Federico, non voleva nient’altro. Ma non sapeva come fare.
Era questo a farla piangere.
-Non disperare, figliola.- le disse, premuroso, Splinter –Riproviamoci. Magari questa volta è quella buona.-
Lei scosse la testa.
-No… è inutile… è impossibile… siamo troppo incompatibili…-
Si ostinava a dare le spalle ai ninja. Non voleva la loro compassione. Non voleva mostrarsi debole.
Le Tartarughe Ninja avevano affrontato molti ostacoli, nella loro vita: ma non avevano rinunciato ad abbattere quegli ostacoli. Non si erano mai tirati indietro, finché stavano insieme.
Elisabetta era sola. Si sentiva sola.
Forse era anche questo ad impedirle di accedere nella dimensione mistica, nonostante il potere del “chi”.
O il senso di colpa per aver mentito loro.
Dovevano farle capire di non essere sola, che loro erano lì per lei, anche se aveva loro mentito.
Bugia a fin di bene o non, non potevano permettere che cadesse nello sconforto: dovevano salvare Federico. E magari non restava nemmeno molto tempo.
Raffaello sospirò e fece un passo in avanti. Poi un altro. Ed un altro ancora.
Si stava avvicinando alla templare: voleva essere lui quello che l’avrebbe riportata alla ragione. Come faceva con Leonardo.
Sentì qualcosa pungergli il piede. Lo sollevò: notò il rosario e l’anello. Entrambi beni di Elisabetta.
Prima di camminare verso il crocifisso, infatti, li aveva gettati entrambi per terra.
Aveva permesso alla delusione, alla rabbia, alla disperazione di prevalere sulla speranza. Questo l’aveva spinta a liberarsi di due oggetti che venerava e che portava con orgoglio.
Li prese: nella sua mano erano davvero piccoli. Dovette stare attento a non romperli nella sua stretta.
Poi tornò ad osservare la templare con aria seria. Forse ancora rancore per la bugia. Forse per altro.
-Ehi, permetti due parole?- le disse, nel medesimo tono.
-Lasciami sola!- ottenne, come risposta.
Non eseguì l’ordine: piuttosto, serrò le labbra e le strinse forte un lobo dell’orecchio, severo.
-Invece tu vieni con me, senza fare storie!- ribatté, allontanandola dal crocifisso.
Non amava l’insolenza: neppure eseguire gli ordini.
-Ahi! Smettila! Mi fai male! Lasciami!- protestò lei, tentando, inutilmente, di liberarsi. Ma non voleva strapparsi il lobo dell’orecchio.
Non era raro che Raffaello agisse in quel modo, ogni volta che doveva discutere con qualcuno, ma quella reazione stupiva sempre i fratelli e Splinter: solitamente, era lui ad ascoltare e sopportare i rimproveri dovuti al suo comportamento.
Ma capitava che trovasse qualcuno più testardo di lui a cui rimproverare le stesse cose cui veniva rimproverato lui.
Elisabetta fu tra questi.
Erano usciti dal rifugio, entrando in una galleria.
-Raffaello! Fermati! Mi stai facendo male! Dove mi stai portando?!- continuava a lamentarsi lei, seguendo, costretta, la tartaruga.
Si fermarono. E l’orecchio della ragazza fu finalmente libero. Il lobo pulsava.
-Ascolta, Cosa, non ti fare strane illusioni.- iniziò, serio -Io sono ancora arrabbiato con te, ma confesso di non gioire nel vederti piangere. Quindi, lascia che ti dica due paroline. Io so quello che provi, lo provo di continuo. A volte sono impulsivo, do l’impressione di voler fare tutto da solo. È vero, sono così. Ma è perché mi sento inadeguato rispetto ai miei fratelli. A volte mi domando se quello che faccio sia abbastanza per proteggerli. Io non amo apparire sentimentale, tantomeno debole, e uso l’arroganza e l’orgoglio per nasconderli. Ma spesso è questo a mettermi nei guai. Ma quando sono nei guai, i miei fratelli mi salvano sempre. E torno a casa pieno di delusione per me stesso. E sai cosa faccio? Mi alleno il doppio, per non cadere più in trappole simili. Mi alleno e voglio diventare più forte per proteggere la mia famiglia.-
Il suo tono lasciava intuire la delusione che provava ancora nei confronti della templare.
-Raph, cosa vuoi dire con questo?- domandò lei, quasi confusa, con la mente ancora annebbiata dalla disperazione.
-Io non conosco Federico. Ma se è come penso, non gli piacerebbe affatto vederti così. Non puoi arrenderti ai primi tentativi falliti. Devi comunque riprovarci. Non pensi alla vita di Federico? O improvvisamente non ti importa più niente di lui? Hai detto di provare per lui lo stesso sentimento che noi proviamo l’un per l’altro. Se abbandoni lui è come se abbandonassi la tua famiglia. Prima eri determinata a salvarlo e… questo te l’ho ammirato molto. Non so come sia la vera Elisabetta, ma quella che conosco non si arrende così. Ora riprendi questi affari, torni di là e ti decidi ad entrare nella dimensione mistica, perché non ho speso due ore della mia vita nella meditazione per vederti arrendere quando siamo vicini al traguardo, sono stato chiaro?!-
La sua mano era aperta con il palmo verso l’alto: c’era il rosario e l’anello templare.
Gettati per terra come spazzatura in un momento di disperazione, rabbia ed autocommiserazione.
Gli stessi strumenti che lei usava in momenti simili, per riacquisire il controllo.
Stavolta erano bastate le parole di un essere simile a lei.
-Non esiste che mi dimentichi di Federico…- mormorò, asciugandosi le lacrime –Non l’ho abbandonato. E mai lo farò. Mi sono lasciata trasportare dai sentimenti. Non accadrà più.- riprese il rosario e indossò l’anello –Torniamo dagli altri.-
Raffaello fece un cenno della testa, facendo il primo passo verso il rifugio.
-Raph…-
-Sì?-
-Grazie.-
Raffaello accennò un sorriso, senza farsi vedere.
Tornarono insieme al rifugio.
Splinter, Leonardo, Donatello e Michelangelo si rialzarono per accoglierli.
-Ragazzi, mi dispiace tanto per prima, davvero. Non volevo coinvolgervi in questo, ma non sapevo proprio cosa fare…- si scusò Elisabetta, incrociando le dita.
Leonardo fece un passo in avanti, mettendole una mano sulla spalla.
-Ehi, tranquilla. Non è successo niente.- la rassicurò, sorridendo –Salveremo il tuo amico.-
Anche gli altri sorridevano, per rassicurarla. Nonostante l’inganno, le avevano promesso che l’avrebbero aiutata e niente avrebbe fatto loro cambiare idea.
-Magari, la prossima volta, avvertici, prima di rompere il legame con il nostro chi.- aggiunse Michelangelo –È scappato via non appena ti sei alzata, tesoro.-
Il senso di colpa tornò in Elisabetta.
-Oh, Deus mii, perdonatemi. Ci avevate messo così tanto a raggiungere l’apice…-
-Stai tranquilla. Il grosso del lavoro lo abbiamo già fatto prima.- chiarì Leonardo, mentre Dontatello diede un colpo sulla testa di Michelangelo con il bastone –Non dovremo metterci molto tempo prima di recuperare il nostro “chi”. Ma forse quel tuo canto potrebbe aiutare.-
-Forza, figlioli, riprendiamo dove abbiamo interrotto.- annunciò Splinter, battendo il bastone per terra.
Ripeterono la procedura di prima: i ninja raggiunsero di nuovo l’apice della meditazione.
Tornarono in posizione, a Y, come prima.
Elisabetta promise di non essere troppo avventata nello strofinare sull’anello.
Doveva essere paziente. Chiuse gli occhi.
In effetti, percepì un’ondata di energia entrarle nelle vene. Era il “chi” delle Tartarughe.
E diveniva sempre più forte.
-Ci siamo… ci siamo…- mormorava Splinter.
Percepiva il suo “chi” e quello dei suoi figli diventare sempre più forte. Lui era il tramite. Elisabetta lo sentiva fluire sempre di più verso il suo anello.
-ADESSO! VAI!- era il segnale.
Elisabetta tornò a strofinare le dita sull’anello.
-Federico! Federico! Federico!- disse, pensando “Ti prego, fa’ che funzioni!”
Sentì qualcosa risucchiarla dall’interno. E guardare in alto.
Rimase immobile. Così Splinter e le Tartarughe. Come se fossero stati tramutati in pietra.
Nei loro occhi era rimasto solo il bianco.
Tuttavia, avevano ugualmente l’impressione di avere gli occhi chiusi.
Elisabetta fu la prima ad aprirli: percepì una sensazione familiare.
Si guardò intorno: un paesaggio grigio, immateriale, vuoto, e l’aria lì presente sembrava distorcere l’atmosfera.
Stupore e felicità si manifestarono nel suo volto.
-Ragazzi! Ce l’avete fatta!- esultò, saltando una sola volta e abbracciando Leonardo –Sono tornata nella dimensione mistica!-
Non era sola: Splinter e le Tartarughe erano con lei. Già armati. Lei compresa: aveva la sua tenuta mimetica, Hesperia, Hellas e anche l’azza.
Elisabetta era ormai abituata alla cupezza ed alla sensazione di vuoto della dimensione mistica. Non provava più inquietudine. Ma in nuovi visitatori, come Splinter e le Tartarughe, tali sentimenti erano forti. Avevano viaggiato nello spazio, in nuovi pianeti, nel passato, nel futuro, in Giappone, e persino nel mondo virtuale. Ma non avevano mai viaggiato in un mondo mistico. Era esattamente come lo aveva descritto la templare: un luogo trascendente, senza forma o materia, dove non esistevano tempo e spazio, né caldo né freddo. Un luogo desolato.
I colori cui era composta ricordava vagamente le interferenze della televisione. O un’immagine illusoria delle sfide per il cervello.
Era davvero inquietante. E sebbene non circolasse aria fredda, le Tartarughe sentirono il loro sangue raggelare nelle loro vene. Come se un nemico fosse costantemente in agguato, pronto ad aggredirli.
-Già, Eli, mi sono scordato di chiedertelo…- ricordò Michelangelo, appena ripresosi dallo sgomento del luogo cui era circondato –Perché ti sei portata anche l’azza?-
-Nella dimensione mistica non si può mai sapere. Ora cerchiamo Federico!-
Non sapevano in che parte proseguire; ad aprire il gruppo era Elisabetta, in quanto conosceva la dimensione mistica.
Avanzava, sempre più preoccupata.
-Fede!- chiamava spesso –Fede, sono io, Eli!-
Anche le Tartarughe si unirono a lei.
-Federico! Sono Mick, un amico di Eli, ma posso essere anche tuo amico!- esclamò Michelangelo, subendo un altro scapaccione da Raffaello.
Splinter non amava urlare: come sempre, si affidava al suo olfatto. C’era un odore pungente, nell’aria. Uno doveva essere l’odore di Federico. Ma era subentrato da qualcos’altro. Qualcosa di maligno. Non riusciva a capire bene da quale parte provenisse. Era come se fosse intorno a loro.
-Non avevi detto che così ci saremo recati direttamente da Federico?- fece notare Leonardo; era da troppo tempo che lo stavano cercando. Stava cominciando a perdere le speranze.
-Sì, doveva essere così!- Elisabetta era sorpresa e stranita quanto lui –Ma l’ultima volta che ci siamo parlati, una presenza lo ha portato via. Deve averci percepiti e portato Federico da un’altra parte.-
Anche Raffaello era presente. Infatti, sbuffò.
-Fantastico…-
Donatello stava procedendo con lo sguardo fisso sul suo tablet.
-Ragazzi, ho perso il segnale.- annunciò.
-Ti sembra il momento di giocare con i tuoi aggeggi, Don?-
-Non sto giocando, Raph! Volevo solo monitorare i nostri movimenti, per orientarci in questo posto. Ma qui non c’è segnale.-
-L’ho detto.- riprese Elisabetta, sempre più seria e sospettosa –Questo posto è fuori dal tempo e dallo spazio. È impossibile orientarsi. L’unica cosa che possiamo fare è entrare e uscire. Nessuno, che io sappia, si era mai addentrato.-
Splinter stava continuando ad annusare, a guardarsi intorno. Non riusciva a capire dove si trovasse Federico, o chi fosse la seconda presenza che percepiva.
-Allora è per questo che sento il suo odore ovunque…- evinse, da quella spiegazione –E una presenza maligna. Dobbiamo preoccuparci, figliola?-
Sfortunatamente, tra le abilità dell’anello templare non c’era la possibilità di rintracciare un confratello. E lei non aveva certo la stessa abilità che Leonardo aveva usato per ritrovare Raffaello, nonostante il legame tra lei e Federico.
-La dimensione mistica dovrebbe essere sicura…- spiegò lei, sospettosa e guardandosi intorno –E solo i templari possono accedervi. Non riesco a capire. Magari qualcuno ha attaccato Federico dall’esterno e gli sta impedendo di risvegliarsi, non lo so. Fede! Fede!-
Era sempre più preoccupata. Era entrata piena di speranza, nella dimensione mistica. Ma quella speranza la stava lentamente abbandonando, ad ogni passo che compiva per la ricerca di Federico.
Poteva sempre uscire dalla dimensione mistica, ma non poteva e non voleva abbandonarlo.
Avrebbe perlustrato ogni centimetro della dimensione mistica, prima di trovarlo. E le Tartarughe non volevano abbandonarla, nonostante Michelangelo stesse cominciando a mostrare segni di noia, stanchezza, fame e paura. Paura che qualcosa potesse spuntare dal nulla e fare la stessa fine di Federico.
Leonardo acuì la vista. Aveva visto qualcosa. Sul punto in cui stavano camminando.
L’ombra. Era tornata. Sembrava lo stesse guardando.
-Non può essere…- mormorò, avvicinandosi. Non era lontana da lui.
-Eli! Sensei! Ragazzi!- esclamò, sorpreso –L’ombra! È qui! L’ho vista!-
-Oh, Leo… ancora con questa ombra?- sbuffò Donatello –Te l’ho detto. Non esiste!-
-È impossibile.- aggiunse Elisabetta, sospettosa e anche curiosa –Non c’è luce, qui. Quindi non può esserci alcuna ombra.-
-Ma io l’ho vista! Lo giuro!- ripeté Leonardo, guardando verso il punto dove l’ombra era apparsa –Magari ci condurrà da Federico! Lo sento!-
I fratelli erano ancora scettici sulle sue “visioni” sull’ombra di cui non faceva altro che parlare da giorni. Negli occhi di Splinter non si leggeva scetticismo, quanto curiosità e prudenza.
Leonardo camminò verso l’ombra: sembrava attenderlo. Era ferma, ma si muoveva, come fosse una persona vera in attesa, non una statua. Si inchinò sul punto dove era proiettata la testa.
-Portaci da Federico.- sussurrò.
L’ombra svanì. Riapparve poco lontano da lui.
Leonardo sorrise, speranzoso; camminò in quella direzione, guardando in basso, ma nessuno lo seguì. Il fratello poteva essere impazzito.
Era ossessionato dall’ombra. La vedeva ovunque. Al di fuori dei suoi sogni.
Ma lui non conosceva la dimensione mistica come Elisabetta.
-Eli, che facciamo?- domandò Donatello, fra tutti il più scettico.
-Non sappiamo dove andare.- rifletté Elisabetta; nemmeno lei poteva credere in una proiezione astratta in un luogo trascendentale quale era la dimensione mistica –Magari questa ombra potrebbe essere un segno. Potrebbe tanto portarci da Federico quanto in una trappola. Ma non potremo mai saperlo, se non lo seguiamo.-
-Ehi, Don…- si intromise Michelangelo, mettendosi alle spalle del fratello –Questa situazione non ti ricorda quella teoria che mi hai spiegato tempo fa, quella volta in cui avevamo scoperto che il nostro ristorante cinese take-away preferito era chiuso e io non ero sicuro di provarne un altro? Quello del gatto… non ricordo nemmeno il nome…-
-Il gatto di Schroedinger?-
-Quello.-
Donatello rimase in silenzio per pochi secondi. Non era ancora convinto e aveva storto la bocca.
Poi decise.
-Sì, forse hai ragione. Non scopriremo mai se il gatto è vivo o morto, se non apriamo la scatola.-
Raffaello ringhiò scuotendo la testa.
-Non è il momento per i tuoi ragionamenti scientifici inopportuni! Seguiamo Leo!-
Seguirono Leonardo, che continuava a seguire l’ombra.
Da come appariva e spariva, poteva essere lui un fantasma. O un ninja. E se fosse stato lui la presenza che stava intrappolando Federico? Splinter lo avrebbe percepito. Ma non lo aveva percepito nemmeno nel mondo reale. Era come se solo Leonardo potesse vedere l’ombra.
Poi si fermò, per svanire di nuovo, in una dissolvenza. In modo definitivo.
-È sparita.- mormorò; notò qualcosa, in basso, un grumo di fumo, molto denso. Sembrava una specie di radice.
Alzò lo sguardo, lentamente.
Al suo stupore, si aggiunse un verso di spavento di Elisabetta. Un urlo silenzioso, un respiro mozzato.
Avevano trovato Federico: era sollevato a due metri di altezza, circondato da quel fumo. Sembravano tante radici racchiuse intorno a lui, quasi a formare un albero. Lui era lì in mezzo, con gli occhi chiusi e la bocca coperta da quel fumo. Solo il suo volto era visibile.
-Mondo Pizza!- esclamò Michelangelo –E questo cos’è?-
-Non ne sono sicura…- mormorò Elisabetta, seria ed allarmata –Ma questo non dovrebbe accadere, nella dimensione mistica…-
Non era chiaro se Federico fosse vivo o morto. Non si muoveva.
-FEDE!- esclamò Elisabetta, preoccupata.
Il ragazzo, aprì gli occhi di scatto, facendo un lieve sobbalzo.
Era vivo. Questo fece sollevare la ragazza e anche le Tartarughe e Splinter.
Riconobbero tutti lo sguardo malinconico del ragazzo del Nexus, succube del padre.
Leonardo non lo avrebbe mai dimenticato. E vederlo in quelle condizioni gli provocò un misto di rabbia e preoccupazione.
Fece un passo in avanti, involontariamente.
-Stai tranquillo, ti tireremo fuori!- rassicurò.
Toccò quel fumo con una mano. Sentì come una forte scossa elettrica e di nuovo un bagliore bianco.
Arretrò, con uno scatto ed un lieve urlo di dolore. Si osservò la mano: era ustionata. E stava fumando.
Come se avesse toccato del ferro rovente.
Elisabetta lo superò.
-Perdonami, Leo.- si scusò –Ma se le mie supposizioni sono esatte, questo è opera di un demonio. Le loro creazioni sono come lava colata, per i normali esseri viventi. Considerati fortunato ad avere ancora il tuo braccio. Noi templari siamo immuni dai loro effetti, quindi gli unici ad affrontarli. Lasciate fare a me.-
Strinse la mano a pugno, chiudendo gli occhi. La croce si illuminò di azzurro.
-Ti libererò, amico mio.-
Sferrò una croce eterea contro quell’albero di radici.
Il fumo si dissolse, svanendo nell’aria e Federico cadde da un’altezza pari a due metri.
Michelangelo, ricordando l’allenamento con Hisomi-shisho, fu abbastanza rapido da prenderlo al volo: voleva pensarci Elisabetta, ma non era abbastanza forte da sostenere il suo peso.
-Salve.- salutò la tartaruga, prima di posarlo a terra.
Il ragazzo, poco prima della caduta, aveva ripreso conoscenza. Fu sorpreso di vedere la tartaruga.
-S-salve…- disse, in un inglese un po’ perplesso.
Ma provò sollievo e conforto a vedere il volto dell’amica, anche lei sollevata e confortata.
Elisabetta corse ad abbracciarlo, quasi travolgendolo.
Anche lui ricambiò l’abbraccio. Era davvero felice di vedere Elisabetta. E toccarla, sentire che era reale e non un’illusione, lo sollevò e gli diede speranza.
-Eli…- disse, in italiano -Sapevo saresti venuta a salvarmi…-
-Oh, Fede! Ero così preoccupata! Non sapevo cosa fosse successo! Eri sparito in quel modo e io…! Dio… non sapevo cosa fare!-
Si separarono, guardandosi in faccia: negli occhi di entrambi erano comparse delle lievi lacrime. Ma sorridevano.
-Come hai fatto a tornare?- domandò lui, curioso, oltre che contento.
-Loro mi hanno dato una mano.-
Il dito della templare indicò le Tartarughe e Splinter.
Federico non aveva dimenticato il secondo gruppo terrestre del Nexus. Creature simili non erano facili da dimenticare. Ricordava i loro combattimenti, di ognuno di loro, i loro nomi.
-Ciao, Federico.- salutò Splinter, avvicinandosi a lui –È un piacere rivederti. Vorrei tanto che il nostro incontro avvenisse in un’altra circostanza…-
Federico fece un lieve inchino.
-Maestro Splinter, l’onore è mio.- salutò; diede uno sguardo fugace all’amica –E… grazie per aver aiutato Eli e averle dato ospitalità. Quando mio padre ha dichiarato la sua scomunica, non sapevo cosa fare.-
-A me sembra che voi due abbiate avuto da sempre le idee ben chiare!- tuonò Raffaello facendo dei passi in avanti e con un dito puntato verso i due templari –Immaginavo che la signora templare qui presente stesse architettando qualcosa alle nostre spalle e stasera ce ne ha dato la prova.-
-Raph, non essere precipitoso!-
-No, Leo. Qui c’è una questione da chiarire e subito! Non ho intenzione di dare asilo ad una persona che potrebbe tradirci e pugnalarci alle spalle alla prima occasione che abbassiamo la guardia! Ci ha detto tutto, della faccenda dell’anello! Davvero credevate di tenercelo nascosto a lungo?! Come ti aspetti che adesso crediamo ad ogni parola che uscirà dalla vostra bocca!?-
-Raffaello! Adesso basta!- esclamò Splinter, sbattendo il bastone sul suolo invisibile.
Il suo tono, come sempre, silenziò la voce del figlio impulsivo, che si limitò ad osservare in basso ed incrociare le braccia. Erano palesi la sua rabbia e delusione. Forse le stesse sensazioni che stavano provando i suoi fratelli, ma lo nascondevano dietro a sguardi preoccupati.
I due templari non poterono certo biasimarli.
Elisabetta osservò Federico; lui si morse il labbro inferiore.
-È vero, non posso negarlo.- rivelò –Ma lasciate che vi spieghi. Quando mio padre, dopo il Nexus, ha dichiarato la scomunica di Eli, avevo paura di rimanere da solo. Quando un templare viene scomunicato, la prima cosa che deve fare è restituire il suo anello. Il nostro anello non è solo la fonte dei nostri poteri. Come Eli vi avrà forse spiegato, è il nostro mezzo per comunicare senza essere sentiti. Sono riuscito a convincere Luigi a darmi l’anello, con la promessa di portarlo alla fonderia. Ma in realtà l’ho messo nel suo comodino. Ci eravamo accordati in questo modo. Era l’unico modo per restare in contatto. Non posso vivere senza Eli. Lei… è la mia unica amica.-
Raccontò tutto con tono triste, da pentimento. Da un certo punto di vista, si sentiva responsabile per le parole di Raffaello contro l’amica. Notò, con la coda dell’occhio, che Elisabetta aveva abbassato lo sguardo, anche lei pentita per le menzogne. Per darle forza, le strinse una mano.
-Vi prego, dovete crederle, non mandatela via.- supplicò, infine -La faccenda dell’anello è… un segreto tra noi due. Nessuno, all’interno dell’ordine, sa che l’ho fatto. E tutto ciò che ci diciamo qui, nella dimensione mistica… non lo sa nessuno, all’infuori di noi due.-
Lo sguardo del ragazzo sembrava supplicare le Tartarughe e Splinter di non scacciare la ragazza dalle loro vite. Suo padre l’avrebbe scomunicata per davvero, se fosse tornata nella base senza il Graal. Un destino persino peggiore della morte.
Splinter osservò entrambi i templari: aveva visto con i suoi occhi l’atteggiamento che David teneva con il figlio. Non osò immaginare come trattasse il resto degli accoliti. Non si stupì delle parole del ragazzo: credette alla storia dell’anello.
-Tranquillo, ragazzo.- rassicurò il topo, facendo un passo avanti, prendendo la mano di Federico –Ora che sappiamo il perché, non manderemo via Elisabetta. Resterà con noi.- prese anche quella della ragazza, sorridendole -E poi… ho sempre desiderato una figlia.-
I due templari tirarono un sospiro di sollievo. La copertura era intatta. Un’altra menzogna a sostegno del loro castello di sabbia.
Leonardo, Michelangelo e Donatello sorrisero alla decisione del maestro: anche loro avevano perdonato Elisabetta, una volta ascoltata la storia di Federico. Raffaello era ancora scettico: era una menzogna a fin di bene, quella della ragazza, ma era sempre una menzogna, e lui odiava essere ingannato.
-Stai tranquillo.- aggiunse Leonardo –Eli è al sicuro con noi.-
-Ma non qui di certo.- tagliò corto Michelangelo, guardandosi intorno, inquieto –Questo posto mi mette i brividi. Possiamo tornare a casa?-
Federico si mise a ridere. Si osservò l’anello, in procinto di mettervi l’indice ed il medio.
-Tranquilli, sarete fuori in un batti…- non concluse la frase; si fece improvvisamente serio -Non siamo soli…-
Anche Elisabetta si guardò intorno.
-Oh, no…- mormorò, sospetta.
Persino Splinter lo aveva percepito; l’odore maligno che aveva annusato dal suo ingresso nella dimensione mistica. Era lì. Era più forte.
Delle nuvole di fumo comparvero dal nulla: da essi si materializzarono dei demoni alti un metro e settanta, con il corpo composto da radici e due minacciosi occhi rossi.
I templari ed i ninja si misero in cerchio, voltati verso gli avversari, con le armi sguainate.
-Chi sono questi simpaticoni?- domandò Michelangelo, facendo roteare i nunchaku.
-Esattamente quello che temevo.- rispose Federico, sempre più serio e sospettoso –Servi del demone dell’accidia.-
Elisabetta sgranò gli occhi.
-Demone dell’accidia? Vuoi dire che…?-
-È come immaginavo. Qui c’è lo zampino di Luigi.-
Raffaello soffiò con il naso.
-Tsk! Che mi importa di chi li ha mandati!- imprecò, roteando i sai e mettendosi in posizione di combattimento -Questi cosi ci stanno ostacolando! Io direi di stenderli per bene così possiamo tornare a casa!-
Urlò, scattando verso il demone di fronte a lui. Non lo colpì con un sai, ma con un calcio.
La sua gamba, però, passò attraverso il corpo del demone. Questo stupì la tartaruga.
-Ma cosa…?!-
Il demone, però, agguantò lui, per la caviglia, stringendo forte; roteò Raffaello per farlo scaraventare verso i fratelli.
-Raffaello!- esclamò Splinter, premuroso.
Anche il resto delle Tartarughe tentò uno scontro contro quei demoni: le loro armi passavano loro attraverso.
-Non riesco a colpirli!- lamentò Michelangelo, continuando a colpire il demone di fronte a sé con i nunchaku, ben consapevole di colpire solo aria -Questi sono fumi viventi!-
Esattamente come con Raffaello, anche il resto delle Tartarughe venne scaraventata verso Splinter. Anche lui voleva combattere contro quei demoni, ma non dopo aver visto cosa avevano fatto ai suoi figli.
Uno di essi divise la sua mano in tre radici affilate come artigli, saltando verso i mutanti, per aggredirli.
Ma una spada lo colpì, fendendolo in due. Il demone svanì come apparve.
Elisabetta aveva sguainato Hesperia ed Hellas, e si era messa come scudo ai mutanti.
-Fede, tieni!- aveva esclamato poco prima, lanciando l’azza a Federico; aveva iniziato a roteare l’arma, colpendo due demoni in un sol colpo.
I loro anelli erano illuminati.
-È come vi ho detto: nella dimensione mistica può accadere di tutto.- ripeté Elisabetta –Le armi umane non possono nulla contro i demoni. Solo noi templari possiamo affrontarli.- Federico si era messo accanto a lei –Fede, sei pronto?-
Lui annuì, sorridendo.
Entrambi si misero in ginocchio, impugnando le proprie armi come fossero in preghiera.
 
“Un cavaliere è votato solo al coraggio
Il suo cuore conosce solo la virtù
La sua spada difende gli inermi
Il suo potere sostiene i deboli
Le sue parole dicono solo la verità
La sua ira abbatte i malvagi!”
 
Alzarono lo sguardo: le croci templari erano apparse nei loro occhi. Ma non rosse, ma azzurre. Lo stesso colore di cui si illuminò la croce sul loro anello.
Anche le loro armi si illuminarono di quella luce, ma per un attimo.
-DEUS VULT!- esclamarono, infine.
Spalla a spalla, i due templari combatterono contro i seguaci del demone della pigrizia.
Come era solita, la ragazza usava Hesperia appena parati i colpi nemici con Hellas. Federico si destreggiava molto bene con l’azza, specialmente con la parte con il martello.
Talvolta usava la parte posteriore quando, con la coda dell’occhio, notava un nemico avvicinarsi alla consorella; allora gli bastava spingere il bastone indietro, come per rinfoderare una spada.
Ma ciò che affascinò Splinter e le Tartarughe furono i loro movimenti: erano sincronizzati; ciò fece loro pensare che erano soliti combattere insieme. Specie quando notarono Elisabetta correre verso l’amico e poi eseguire una scivolata in ginocchio, rivolgendo lo scudo verso l’alto, e Federico, anche lui in corsa, saltarci sopra per poi sferrare dei colpi di martello, uno verticale ed in salto e due, in terra, orizzontali, contro i demoni. O come lei aveva rotolato sopra la schiena di Federico per sferrare un fendente verso il suo aggressore.
Addirittura, lei era riuscita, solo ponendo la spada sopra lo scudo, a parare gli attacchi verticali di tre demoni: Federico, roteando l’azza, diede un colpo sulla tempia di uno, forte tale da farli scaraventare tutti e tre.
-Mondo Pizza, che sincro! Guarda là che roba! E dagli di qui! E dai di là!- commentò Michelangelo, affascinato, ma anche invidioso; non gli faceva piacere non partecipare ad una battaglia; tuttavia simulò ugualmente delle mosse, immaginando di combattere al fianco dei due templari.
-Sono perfettamente in grado di tenere loro testa.- aggiunse Splinter, preoccupato –Ma sono comunque troppi per loro. Come vorrei dare loro una mano…-
Desiderio condiviso con i figli.
Delle nuove nuvole di fumo comparvero intorno ai mutanti: altri seguaci del demone dell’accidia.
Pur coscienti che le loro armi non erano efficaci su di loro, le Tartarughe si misero comunque in posizione di combattimento. Non potevano certo stare con le mani in mano.
Federico fece in tempo a voltarsi, anche Elisabetta, dopo aver respinto e contrattaccato degli attacchi dei demoni.
-NO! ATTENTI!- urlò lui, preoccupato.
Un demone era già saltato verso Michelangelo. In situazioni normali, avrebbe risposto all’attacco: ma gli occhi del demone, rossi come il sangue, i suoi denti aguzzi, le sue tre dita artigliate, gli inibirono il movimento, dalla paura che gli procurarono. Usò i nunchaku come scudo ed urlò “come una femminuccia”, come era solito ammettere, non senza una nota di imbarazzo.
Ma gli artigli non lo sfiorarono: un raggio arancione era partito dai nunchaku ed aveva colpito il demone.
I fratelli si stupirono.
Anche Michelangelo stesso era stupito.
-Mondo Pizza!- esclamò, osservando i suoi nunchaku; notò degli strani disegni sulle sue mani, che lo fecero quasi sobbalzare –Ma che mi succede?! Don, attento!-
Un altro demone stava saltando su Donatello: dal suo bastone era partito il medesimo raggio di Michelangelo, ma viola. E non solo.
-Don, che ti succede?- fece Michelangelo –Sei… viola. E non solo lui!-
Nei corpi di tutte e quattro le Tartarughe erano comparsi degli strani simboli, dello stesso colore delle loro bende.
-Ragazzi! È il nostro “chi”!- ricordò Leonardo –Ricordate il nostro addestramento al Tribunale Ninja?-
-Ma come può essere?- ribatté Donatello, sospetto –Non abbiamo nemmeno i nostri medaglioni!-
Un altro demone tentò di aggredire Raffaello; e lui lo respinse con lo stesso calcio che, pochi istanti prima, era stato eluso. Stavolta, il demone subì il colpo, come fosse un essere materiale.
-Chi se ne importa?- fece notare, finalmente sorridendo -L’importante è che adesso possiamo prendere questi cosi a calci nel sedere!-
Erano tutti dello stesso parere. Splinter, purtroppo, non possedeva quel potere. Altro non poteva fare che osservare, suo malgrado.
-Pronti, fratelli?- iniziò Leonardo, con le katana sguainate.
Saltarono tutti, in soccorso dei due templari.
-POTERE TARTARUGA!-
I seguaci del demone dell’accidia non facevano altro che comparire: Federico ed Elisabetta non potevano affrontarli da soli. Le Tartarughe Ninja ed il loro chi risvegliato furono il loro aiuto provvidenziale.
Alternavano colpi di armi con colpi eterei, croci e raggi.
-E… questo demonietto va a casa!- diceva Michelangelo, ad ogni demone che sconfiggeva –Questo demonietto se la prende con le persone sbagliate! E quest’altro demonietto corre a casa piangendo “Uè! Uè! Uè!”!-
Ogni tanto capitava un lieve momento di collaborazione tra ninja e templari: Federico si era abbassato per schivare un colpo nemico, ma con l’azza pronta a colpirgli le gambe. Donatello, nel frattempo, aveva usato il suo bastone come leva per lanciarsi in avanti e colpire con un calcio due demoni pronti ad attaccare il templare alle spalle.
Raffaello, invece, stava affrontando, da solo, tre demoni.
-RAPH! GIÙ!- udì. Lui eseguì: Elisabetta usò il suo guscio come trampolino e saltò, eseguendo un attacco verticale verso il demone centrale. Gli altri due vennero eliminati da un doppio calcio a spaccata da Raffaello, saltando oltre la templare.
I due si rivolsero una rapida occhiata; era palese l’orgoglio nei loro occhi. L’orgoglio di Raffaello nel chiedere scusa ad Elisabetta per i sospetti su di lei. E l’orgoglio di Elisabetta nel chiedere scusa a Raffaello per aver mentito a lui ed ai suoi fratelli. Ma le menzogne non erano finite.
Tuttavia, la battaglia contro i seguaci del demone dell’accidia lo era.
I templari ed i ninja ansimarono, riprendendo fiato. Tornarono normali: i segni e le croci svanirono.
-Ehi, Federico, sei davvero bravo.- complimentò Donatello –Con l’azza sei persino più bravo di Eli.-
La citata si sentì lievemente offesa, ma, nello stesso tempo, lieta per l’amico, che si strinse nelle spalle, imbarazzato.
-Oh, andiamo. Non è niente di che.-
-Fede è il migliore con l’azza.- tagliò corto la ragazza, poggiando la mano sulla sua spalla, sorridendo –Ecco perché l’ho portata qui.-
-Confermo.- aggiunse Splinter, anche lui sorridendo –La tua abilità è davvero formidabile, figliolo. Non nego che Usagi sia un bravo samurai, ma tu saresti stato perfettamente capace di tenergli testa.-
Federico accennò un sorriso: poi riprese la mano di Elisabetta.
-Beh, forse perché Eli non era con me. Non so perché, ma lei mi da forza.- ammise –Con lei al mio fianco, sento persino di poter andare in capo al mondo e tornare indietro.-
La ragazza guardò in basso, imbarazzata e quasi arrossendo.
Leonardo comprese le parole del ragazzo: lui provava la stessa cosa per i suoi fratelli.
-Tuo padre è comunque ingiusto nei tuoi confronti.- riprese Splinter, compiaciuto per Federico –Sei un bravo guerriero e un degno cavaliere. Non devi permettere a nessuno di sminuirti.-
-Sono lusingato delle tue parole, Maestro Splinter, ma non me le merito.-
In quel momento, fu Elisabetta a stringere la mano a Federico: lui si era incupito di nuovo, scettico nei confronti di se stesso.
Non aveva fiducia nelle sue capacità: da questo punto di vista, era un po’ affine con Leonardo. Nonostante fosse il leader, non erano rari i suoi momenti di dubbio. Per questo Raffaello era il suo pilastro, l’unico con cui era libero di confidarsi, l’unico che gli facesse risollevare il morale, l’unico in grado riportarlo sulla retta via.
E il pilastro di Federico doveva essere Elisabetta. Per questo si erano tenuti in contatto. Per questo Elisabetta aveva il suo anello.
Leonardo non biasimò i due templari per la loro scelta: avrebbe fatto anche lui la stessa cosa, se fosse stato separato da uno dei suoi fratelli. E anche Raffaello era del suo stesso pensiero, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Soprattutto a se stesso.
O meglio, questo era quello a cui avevano creduto. Solo i due templari sapevano la verità.
-Ehm, signori… non vorrei interrompere questo momento toccante…- Michelangelo stava guardando da un’altra parte; la sua pelle aveva cambiato colore, diventando chiara di due toni, e stava indicando da una parte, tremando –Ma c’è qualcosa di grande che sta venendo verso di noi…-
Si voltarono tutti: ogni demone aveva rilasciato del fumo, alla sua eliminazione. Tante nuvole di fumo si stavano unendo, in un unico, grande agglomerato.
Da quel fumo brillarono due occhi rossi. E comparve una bocca piena di denti aguzzi.
La forma si materializzò: un essere con radici come braccia alto più di due metri apparve loro innanzi.
Tornarono tutti in posizione di combattimento: le croci brillanti apparvero agli occhi dei templari ed i segni riapparvero sui ninja.
-Ed eccolo qui...- mormorò Federico –Il demone dell’accidia…-
Anche Elisabetta si fece seria.
-Quindi questo spiega il tuo rapimento…- poi realizzò -Certo, come ho fatto a non capirlo? Chi altri potrebbe essere capace di segregare qualcuno nel sonno, da perfetto vigliacco…?-
Il demone ringhiò, un po’ pigro, non furioso.
Michelangelo deglutì, quasi tremando alla vista del demone. Anche i suoi fratelli erano tentati di arretrare: era persino più spaventoso dello Shredder Tengu e di quello digitale.
-Tranquilli.- cercò di rassicurarli il ragazzo –Non ama i confronti diretti. È il più debole dei Sette Peccati Capitali. In sei possiamo farcela. Ma dovete fare attenzione.-
Elisabetta era determinata più che mai ad annientare quella creatura.
Lo erano anche i ninja, dopo il discorso del templare.
Come previsto, il demone avanzò con passo pesante e lento; ma distese le braccia in avanti: le radici si allungarono, dirette verso i suoi avversari.
Non prese nessuno dei templari o dei ninja: il suo obiettivo era Splinter. Era l’unico che non poteva affrontarlo. Quindi, era quello più facile da affrontare.
-Sensei!- esclamò Leonardo, preoccupato.
Splinter era circondato da radici, che si erano richiuse intorno a lui, quasi formando una gabbia.
Cercava di liberarsi con il bastone dell’Antico, invano: era come colpire l’aria.
-Figlioli!- chiamò, per soccorso.
Leonardo non ci pensò due volte: saltò, e tagliò le radici con un attacco verticale rotante. La “gabbia” svanì, e Splinter tornò libero. Atterrò dopo due capriole per aria.
-Grazie, figliolo.-
-Stai bene, Maestro?-
-Non pensare a me, ora. Aiuta i templari contro quell’essere!-
Non aveva torto: tutte le energie dovevano essere concentrate contro il demone dell’accidia.
Elisabetta aveva persino riattivato il suo potere: l’aura rossa e bianca aleggiava brillante intorno a lei.
Il demone non si muoveva: solo le radici che aveva come braccia si muovevano. Ma i ninja le schivavano senza problemi. E anche i templari.
Lo avevano circondato, attaccandolo da vari lati. Contavano sulla sua lentezza e sui suoi tempi di reazione.
Il demone si voltava pigramente ovunque, osservando i suoi avversari, con l’intenzione di catturarli nelle sue radici.
Ma persino i templari erano più veloci di lui. Federico usava l’azza come scudo, mentre Elisabetta distruggeva le radici con Hesperia, spinta dalla sua rabbia.
Anche le Tartarughe erano in grado di distruggere le radici, grazie al potere del “chi”.
Ma non finivano mai: ogni volta che venivano distrutte, esse riuscivano a rigenerarsi e persino moltiplicarsi, come la testa dell’Idra.
Templari e ninja si riunirono un’ultima volta.
-Qui ci stiamo tutta la vita, se non troviamo il modo di eliminarlo in un colpo solo!- fece notare Raffaello.
Il demone tornò a ringhiare pigramente.
-Ci deve pur essere il modo di eliminarlo…- cercò di riflettere Donatello.
-RAGAZZI! ATTENTI!-
L’urlo della ragazza fece attirare l’attenzione generale su delle radici in loro direzione.
Per fortuna, fu abbastanza rapida da scagliare esse contro una croce eterea.
Il demone emise qualcosa simile ad un lamento: le radici furono illuminate da una specie di fuoco bianco che gli aveva recato danno. Un danno da scottatura.
-Giusto!- realizzò Federico –Le nostre croci! È l’unico modo per scacciare un demone!-
-Hai ragione, Fede! Ma in due non abbiamo abbastanza forza da scacciare un Vizio Capitale, anche se colpissimo in simultanea.-
-Possiamo aiutarvi noi.- propose Leonardo –Se incanaliamo il nostro “chi” nei vostri anelli, potreste avere il potere necessario per scacciare questo essere.-
-Giusto! Come abbiamo fatto per entrare in questo luogo!- ricordò Donatello, schioccando le dita.
Elisabetta osservò Federico.
-Fede, io penso che dovremo comunque provarci.- lo incitò, fiduciosa –È così che siamo riusciti a trovarti.-
Anche Federico si convinse: se Elisabetta si fidava di loro, allora anche lui si fidava.
-Allora facciamolo.- decise.
-Anche io mi unirò a voi.- aggiunse Splinter, determinato anche lui ad eliminare il demone.
Leonardo mise una mano sulla spalla di Federico, e Donatello sulla spalla di Leonardo. Raffaello e Michelangelo fecero la stessa cosa con Elisabetta. Splinter chiudeva i gruppi, mettendo le mani sui gusci di Donatello e Michelangelo.
Avevano formato una forma a “V”, con Splinter come vertice.
Varie auree si levarono intorno al gruppo: era il “chi” dei ninja.
I due templari sentivano una nuova forza crescere dentro di loro, fino a sentirla nei loro anelli.
Aprirono gli occhi: le croci nei loro occhi si fecero ancora più brillanti.
-IN NOMINE PATRIS, FILI ET SPIRITUS SANCTI, REVERSA IN UMBRAS, DIABOLE!-
Con quel grido, scagliarono simultaneamente due croci eteree dai loro anelli: quelle croci si unirono, fino a formarne una sola, enorme, circondata da auree blu, viola, rossa, arancione e gialla.
Travolse il demone, che svanì in un fuoco bianco, tra urli di dolore, come un eretico condannato al rogo. L’impatto fu tale da farlo scaraventare, prima di svanire.
Quell’impatto travolse persino Luigi, nel mondo reale, che cadde per terra, come se qualcuno lo avesse spinto.
Se un demone riceveva un danno ingente tale da costringerlo a tornare nel suo recipiente, anche il suo custode riceveva quello stesso danno.
Le croci rosse scomparvero dai suoi occhi. Rivide ciò che il demone dell’accidia aveva visto.
Urlò di delusione.
Nella dimensione mistica, intanto, era tornata la tranquillità e la quiete.
I templari ed i ninja urlarono di gioia e di vittoria.
Le Tartarughe scontrarono i loro gusci e si batterono i tre.
Elisabetta abbracciò Federico, che ricambiò, sorridendo.
-Ce l’abbiamo fatta!- esultò lei, ridendo.
Al loro abbraccio si era unito anche Michelangelo: prese entrambi i templari e li sollevò per aria.
-Sì! Ce l’abbiamo fatta! Siete stati formidabili! E vi adoro entrambi!- esclamò.
Federico non era mai stato abbracciato in quel modo: l’unica persona che lo aveva sempre abbracciato era solo Elisabetta; con Francesco non si erano mai dedicati agli abbracci di gruppo.
Fu strano. Ma non affatto spiacevole. Anzi, gli piacque quell’abbraccio.
-È fatta, figlioli.- annunciò Splinter, sollevato –Federico è salvo. E possiamo tornare a casa.-
Federico si fece di nuovo triste e malinconico. Doveva di nuovo essere separato da Elisabetta.
Sarebbe tornato nel mondo reale, nella base templare. Da solo.
Ed Elisabetta sarebbe tornata alla sua copertura.
-Vi prego, prendetevi cura di lei.- raccomandò il ragazzo ai mutanti –E… non so se avete avuto modo di scoprire il suo potere…-
-Sì!- fu la risposta delle tartarughe, all’unisono; il solo pensare al potere di Elisabetta faceva venir loro i brividi.
Lei abbracciò l’amico per un’ultima volta.
-E tu sii prudente, Fede…- mormorò, preoccupata. Anche a lei dispiaceva la separazione con l’amico.
-Federico, se vuoi, puoi venire anche tu a stare da noi.- propose Leonardo, provando anche lui preoccupazione per il ragazzo –Possiamo irrompere nella base templare e rapirti…-
-No, ti ringrazio.- tagliò corto Federico –Anche se volessi, non posso. Il mio posto è con i templari. Mio padre mi tratterà male, ma è pur sempre mio padre. Non posso abbandonarlo.-
Un figlio devoto, pensò Splinter. E come tale, degno di rispetto.
Fece un passo in avanti.
-Non dimenticare le mie parole, giovane Federico.- raccomandò, con tono dolce e rassicurante –Non devi permettere a nessuno di sminuirti o umiliarti, nemmeno da tuo padre.-
Federico sorrise e fece un inchino, per poi stringergli la mano.
-Grazie, Maestro Splinter.- poi, si rivolse alle Tartarughe –E voi, vi conviene trattare bene Eli. Era da tempo che non la vedevo sorridere così. Se la vedo che piange nella dimensione mistica, vengo lì da voi e vi spezzo le gambe.-
Michelangelo piegò le ginocchia, immaginando la scena.
-Oh, no no no! Le mie belle gambe no! Hai idea di quanto mi sia allenato per avere delle gambe perfette?!- implorò.
Risero tutti, immaginando la scena.
-Allora alla prossima, Fede. E stai attento.- salutò Elisabetta, prendendo entrambe le mani di Federico.
-Tranquilla.  Me la caverò. Come sempre.-
Il suo sorriso convinse la ragazza.
I ninja si strinsero intorno a lei, mettendole le mani sulle spalle.
Ai due templari bastò toccare i loro anelli, per tornare nel mondo reale.
Elisabetta barcollò. I ninja, invece, caddero, come se avessero corso una maratona.
-Ragazzi! State bene?!- domandò, allarmata, la ragazza.
-Ah… mi sento come se un supercattivo abbia appena prosciugato le mie energie vitali…- lamentò Michelangelo, con la forza sufficiente per mettersi supino.
-Dobbiamo aver consumato il nostro “chi”, nella dimensione mistica, figlioli.- informò Splinter, anche lui muovendosi a malapena; Elisabetta gli diede una mano per rialzarsi –Non solo per entrare, ma anche contro quei demoni.-
-Già… ancora non mi spiego come i nostri poteri siano tornati, nonostante non avessimo i nostri medaglioni del Tribunale Ninja…- si chiese, sospetto, Donatello, rialzandosi con l’aiuto del bastone.
-Forse avrà avuto a che fare con il “chi” che abbiamo trasferito nell’anello di Eli.- ipotizzò Leonardo –È stato quello a farci entrare nella dimensione mistica, in fondo. E nel processo, questa energia deve essere rimasta dentro di noi, fino ad attivarsi quando sono arrivati i demoni. Lo so, è un’ipotesi azzardata, ma non so a cosa altro pensare.-
Regnò il silenzio, nel rifugio, per riflettere sulle parole di Leonardo.
Neppure Elisabetta sapeva fornire una risposta.
-Io ve lo avevo detto: non si può mai sapere, nella dimensione mistica.- disse, infine.
-Eli, pensi che Federico starà bene?- riprese Leonardo.
-Io lo spero proprio. Dio… mi sento in colpa per averlo lasciato solo.-
Di nuovo quello sguardo: era palese dei sentimenti che la ragazza provava per Federico. Lo stesso che le Tartarughe Ninja provavano l’un per l’altro.
Solo quei sentimenti erano l’unica cosa vera di Elisabetta.
-Ragazzi…- si intromise Michelangelo –Io ho fame.-
Tutti sospirarono.

Anche Federico si destò, dalla dimensione mistica. Si svegliò di soprassalto, come se qualcuno lo avesse spaventato.
Era nella sua stanza. Ma non da solo.
-Mh. Solo sei ore.- suo padre aveva controllato l’orologio da polso, con aria impassibile –Pensavo saresti rimasto molto di più, nella dimensione mistica.-
E non c’era solo suo padre. Luigi. E l’Andrea anziano.
Federico era confuso.
-Cosa…?- domandò, scuotendo la testa –Padre, cosa fai qui…? E… loro…?-
-Non prendertela, figliolo. Era solo una prova per il nostro Flagello.- spiegò David, senza indugi –Una prova di fiducia per la sua missione. Come sai, deve prendere il Graal da quegli abomini, e noi dobbiamo aiutarla con ogni mezzo affinché quei cosi si fidino ciecamente di lei, da permetterle di prenderlo senza destare sospetti. E quale mezzo migliore, se non farle salvare una delle persone a cui lei tiene molto? Quelli non si tirano indietro, quando si tratta di salvare qualcuno. Naturalmente, non potevo farlo da solo. E tu eri nella dimensione mistica. Per questo ho chiesto a Faust un piccolo favore…-
Luigi sembrava ancora turbato: il demone doveva avergli trasmesso la delusione di aver perso contro i ninja ed i templari. E lui provava le stesse sensazioni.
Anche Federico provava delusione. Per suo padre.
-Tu gli hai permesso di…?- immaginava la mano di Luigi nella sua segregazione nella dimensione mistica. Ma mai avrebbe pensato che l’idea sarebbe partita da suo padre. Non lo immaginava capace di tanto. -Come hai potuto farlo, padre?! A me?! TUO FIGLIO?!-
-Ringrazia Dio di essere ancora vivo.- tagliò corto David, provando alcun senso di colpa -Ora lavati quella faccia e mettiti la veste monacale, stanno per arrivare i nostri nuovi sottoposti e devi esserci anche tu.-
Federico venne lasciato solo.
Si sedette sul letto, con una sensazione amara in bocca: sapeva che suo padre non aveva stima nei suoi confronti; ma addirittura ordinare un confinamento nella dimensione mistica… non lo avrebbe creduto capace di farlo.
Era suo padre. E un padre dovrebbe guidare ed insegnare ai propri figli come essere delle degne persone.
Come Splinter con i suoi figli.
Lo aveva percepito, quando gli aveva toccato la mano: aveva attivato il suo potere, e scavato dentro il suo cuore. Sentiva il sentimento di amore per i figli e quello per il suo defunto maestro, Yoshi Hamato.
Sentimenti che suo padre non aveva mai provato per lui.
Non nascose la sua invidia per le Tartarughe, per avere un padre premuroso; severo, ma gentile.
Se solo lo avesse visto combattere contro il demone dell’accidia: avrebbe cambiato opinione su di lui?
Avrebbe finalmente provato ammirazione per il figlio.
Probabilmente no. Dopotutto, era il demone dell’accidia, non il demone dell’ira.
Si alzò: non doveva far aspettare il padre ed il resto dei confratelli. Si lavò il volto, per togliere ogni segno della notte e della sua disavventura nella dimensione mistica. Nella realtà, era apparentemente sopito, ma, nonostante gli occhi chiusi, per lui era stata una notte senza sonno.
Dall’armadio, prese la veste monacale, per poi mettersela: la tunica bianca crociata rossa che era solito indossare durante le messe.

Erano tutti riuniti nel salone centrale, ognuno con la veste monacale.
Anche David, l’Andrea anziano, Giacomo e Luigi avevano la loro.
Attesero con pazienza l’arrivo degli ospiti: i Dragoni Purpurei.
Hun entrò nell’hangar, con soli due Dragoni, come spalle: successivamente quanto avvenuto la sera del reclutamento, alcuni Dragoni avevano paura del templare di nome Luigi, detto Faust.
Ma il loro capo aveva accettato l’offerta di divenire subordinato templare e dovevano rispettare la sua decisione.
-Questo posto è una bettola.- mormorò questi, guardandosi intorno, mentre scendeva le scale –Da come quei due damerini si sono presentati, pensavo fosse in un posto tipo un castello, o, almeno, un palazzo reale.-
David gli andò incontro, in compagnia del figlio Federico e dei suoi tre fidati.
-Signor Hun!- salutò a braccia aperte –Niente riscalda più il cuore di una nuova anima caritatevole che impegna le sue risorse per servire un bene superiore.-
L’omone storse la bocca e rivolse un’occhiata quasi minatoria al Gran Maestro.
-Umpf. Sono venuto qui perché mi è stata promessa una grande quantità di denaro e una fetta della città. Oltre alla riabilitazione del vecchio edificio dei Dragoni Purpurei.-
-Ogni cosa a suo tempo, signor Hun.- il tono di David era più flautato e gentile, con i nuovi subordinati, specialmente i capi; una tattica efficace per attirarli nella sua rete, lo stesso di una pianta carnivora con un insetto –Intanto, voglio presentarvi alcuni dei miei adepti. Lui è Federico, il mio unico figlio. Lui è Andrea, il mio fidato consigliere, lui è Giacomo, il mio braccio, e ha già conosciuto Luigi.-
La vista del templare che lo aveva assoldato fece rabbrividire Hun. Luigi gli stava già rivolgendo uno sguardo freddo e minatorio. Dava l’idea di poter invocare i demoni in un momento all’altro: tutto dipendeva da Hun.
-Sono stato ragguagliato delle promesse di fratello Luigi, e noi siamo più che disposti ad esaudirle.- riprese David, invitando Hun ed i due Dragoni a seguirlo per il salone –E siamo persino pronti a darle il doppio, se farà ciò che le richiediamo.-
-Bene. Io ho già accettato l’offerta ed esigo la mia parte della città! Quando mi spetta?!-
David gli fece gesto con la mano di tacere.
-Come le ho già detto, esaudiremo le sue richieste DOPO che avrà fatto quello che noi le avremo richiesto.-
Hun ringhiò sbuffando, senza farsi sentire da Luigi.
-Come vedrà, un gruppo del nostro calibro non può permettersi un posto come questo, come base.- mostrò David, passando accanto al grande crocifisso –Miriamo a qualcosa più in alto di un semplice hangar poco fuori New York. Abbiamo la cifra adatta per comprare un edificio, ma non abbastanza manodopera per ristrutturarlo. Un edificio che lei conosce molto bene, signor Hun. La vecchia base del Clan del Piede.-
Sentire quel nome fece rabbrividire e, nello stesso tempo, innervosire l’omone. Erano legati ricordi lontani a quel nome e anche quella base. Ricordi legati a Shredder, il suo vecchio capo. Un uomo che ammirava e rispettava. L’uomo che, anni prima, gli aveva proposto la medesima offerta dei templari.
I Dragoni Purpurei erano il braccio del Piede. E regnavano su New York.
-E questo cosa ha che fare con me?- riprese Hun, serio.
Anche David si fece serio. Si fermò, voltandosi verso l’ospite.
-Ha decisamente a che fare con lei.- rivelò –Lei conosceva bene quella Base. Ci servono informazioni su passaggi segreti, congegni, tutto quello che ricorda. E non solo della Base del Clan del Piede, ma di tutta New York. Vede, signor Hun, l’ordine templare è stato dato per scomparso secoli fa, a causa del timore dei potenti. Sa cosa temevano? Che l’ordine potesse sovvertire la corona ed il papato, regnando su tutta Europa. Noi siamo rinati dalle loro ceneri, per continuare il retaggio e perseguire ciò che è stato interrotto a causa dei potenti corrotti. Seguiamo ancora le loro tradizioni, siamo iniziati da un piccolo gruppo e ci siamo espansi, fino a creare un nostro impero dentro gli Stati, addirittura rifondando la nostra Banca, perduta da anni. Siamo gente comune unita da un solo fine: ordine. L’ordine nel mondo. Alcuni ci definiscono radicali, rigidi, freddi, ligi al dovere. In questa epoca corrotta, corrosa dal caos e dai vizi degli uomini. Da quando il Clan del Piede è stato sgominato dalle quattro tartarughe mutanti che anche lei conosce bene, New York è sprofondata nel caos. Tutte le bande rivali si stanno fronteggiando per avere l’egemonia. Noi siamo riusciti ad assoldarne alcuni, accogliendoli sotto la nostra ala. Tuttavia, è impossibile tenere a bada delle bestie, senza sapere come domarle. Ed è per questo che ci rivolgiamo ad un esperto. Stando alle nostre informazioni, i Dragoni Purpurei tenevano in mano tutte queste bande, anzi, proprio erano a capo di queste bande, quando ancora lei lavorava per Shredder. Noi, abbiamo bisogno del suo aiuto, per avere in pugno tutte queste bande e ripristinare l’ordine. Lei ed i suoi Dragoni potrete riottenere quel privilegio, se vi unirete a noi, non come sottoposti, ma come soci. Potrete avere tutto quello che desiderate, e tanto altro. Oro, gioielli, possedimenti… ogni vostro desiderio verrà realizzato, se accettate di aiutarci.-
Governare su New York. E nemmeno come sottoposto dei templari, ma come alleato. Era una richiesta più unica che rara.
L’offerta tentò non poco il capo dei Dragoni Purpurei: ottenere il privilegio che aveva perduto con la caduta del Clan del Piede gli faceva gola. Ergersi al di sopra del resto delle bande criminali, avere tutti i teppisti di New York in pugno. Gli mancava, quella sensazione di potere.
Era come Luigi aveva dedotto: Hun sentiva la mancanza delle sfide di New York. La città in cui i Dragoni si erano stabiliti era troppo incline a piegare la testa al potente, senza tentare la resistenza.
Era troppo facile. Si perdeva interesse e, alle lunghe, diveniva noioso. Non era degno della fama dei Dragoni Purpurei.
Infatti, sorrise.
-Accetto la tua offerta, Gran Maestro David.-
Si strinsero le mani, stipulando l’accordo. Era fatta: i Dragoni Purpurei erano alleati dei templari. Sarebbero stati trattati da pari. In cambio del loro aiuto con le bande criminali e la ristrutturazione della vecchia Base del Clan del Piede.
-Sapete molte cose su di me, damerini…- commentò, poco dopo –E sapete persino chi fosse Shredder, nonostante i telegiornali non ne hanno mai parlato. Per loro, Shredder non è mai esistito, solo Oroku Saki. Ma voi sì. Perché?-
David si fece serio. E con lui anche l’Andrea anziano, Giacomo e Luigi.
-Signor Hun, come crede che conosciamo bene New York?-
Fece proseguire il giro ai tre ospiti, entrando, poi, in una stanza.
-Prima di giungere in questo Stato, era opportuno raccogliere le dovute informazioni.- proseguì –E tutto partiva dal suo vecchio capo, Oroku Saki, detto Shredder. Lui praticamente teneva la città in pugno. E solo due persone erano abbastanza vicine a lui da fornirci le informazioni cui necessitavamo per come tenere questa città sotto controllo. Uno era lei, ma era ormai fuori New York. L’altro… beh, è stato complicato trovarlo, ma è per questo che si sono rivelati utili le abilità del nostro Spettro e anche di Lazzaro. Ed è stato lui stesso che ci ha portato a lei. È una persona che conosceva molto bene. Secondo quanto riportato dal qui presente Andrea, detto Lazzaro, il nostro primo informatore è sempre stato molto riluttante a parlare con noi, ma, per fortuna, siamo riusciti persino ad arrivare a lei. Ci è stato utile con le Tartarughe Ninja. E speriamo che anche lei collabori con noi.-
Hun si fece sospetto.
-Le Tartarughe?! Sono ancora vive?!- si stupì, battendo un piede a terra –Accidenti a Khan! Lo sapevo che era un incapace! Quindi anche voi dovete sorbirvi quelle quattro seccature.-
-Le nostre strade si sono incrociate e temo si ripeterà spesso.- informò David –È anche per questo motivo che ho bisogno di lei ed i suoi Dragoni.-
-Pur di sbarazzarmi di quelle creature sono disposto a fare un patto con il demonio.-
-Da un certo punto di vista lo ha già fatto.- fece ricordare Luigi, alludendo a quanto avvenuto sere prima, la sua visita alla nuova struttura dei Dragoni Purpurei.
Hun rabbrividì, nel vedere l’uomo ed i suoi occhi glaciali.
Entrarono in un’altra stanza, più piccola e più buia: l’unica fonte di luce era un contenitore alto due metri, pieno d’acqua, in cui vi era immerso un cervello. Sotto di esso, una lapide, con un nome e le date di nascita e morte della persona che possedeva quel cervello.
Hun impallidì a leggere il nome.
-Questo è il nostro primo informatore.- spiegò David; la luce del contenitore aveva reso il suo aspetto ancora più terrificante –Fino ad ora, si è rivelato incredibilmente utile per conoscere la città, per conoscere il modus operandi di Shredder, in modo da sfruttarlo per arruolare le bande criminali, per avere più informazioni sulle Tartarughe, e per trovare lei. Non ho mai avuto l’onore di contattarlo dal vivo, ma ho pensato sarebbe stato più educato attendere la sua presenza, signor Hun, in modo da riallacciare un rapporto tra vecchi compari.-
Hun non sembrava d’accordo. Ma non trovò il coraggio di obiettare.
David si rivolse all’Andrea anziano.
-Fratello Andrea, puoi procedere.- ordinò, in italiano.
Il citato annuì. Chiuse gli occhi, inspirando profondamente.
Sembrava sopito. In piedi.
Poi riaprì gli occhi: le croci templari avevano preso il posto delle iridi.
Cambiò espressione: da neutrale, divenne allarmata. Addirittura, quando aveva aperto gli occhi, sobbalzò, come se avesse avuto un incubo.
Si guardò intorno, spaventato.
-Cosa succede…?- aveva cambiato voce; accento americano, leggermente roca e molto più profonda di prima; guardò in basso, precisamente le mani, che girò e rigirò più volte; impallidì –Ma cosa…? Queste mani…- poi si voltò; vide il suo riflesso sul contenitore con il cervello all’interno; era come se avesse visto un fantasma –No…! No! Perché anche questo?! Cosa non si capisce del concetto “riposa in pace”?! -
Hun era sempre più pallido. Anche i due Dragoni si stupirono.
Ma David ed il resto dei templari rimase neutrale. Anzi, egli addirittura sorrise.
-I nostri ossequi… dottor Baxter Stockman.-
Sulla lapide, infatti, era scritto, in grandi lettere dorate:
 
BAXTER STOCKMAN
Uno scienziato, un genio, una rarità di questo periodo

Una grave perdita per il patrimonio dell’umanità
R.I.P.
 

Era stato dichiarato morto da anni, dalla distruzione delle Stockman Industries, se non proprio da quando Leonardo aveva “decapitato” Shredder. Per i media era morto, ma di fatto aveva continuato a sopravvivere negli anni. Era stato sufficiente il suo cervello, anche quando era “collaboratore” di Bishop.
Fino al suo “incontro” con i templari. O meglio, il rapimento da parte dei templari.
Andrea-Stockman si voltò, ancora pallido e spaventato.
-Cosa…?- notò i templari; notò Hun –TU?!-
Questi arretrò, sgomento da quanto aveva assistito.
-Che scherzo è questo?!- protestò, rivolto ai templari –Come è successo…?!-
-Questo è il potere di fratello Andrea.- spiegò David –Il suo nome da templare è Lazzaro, perché il suo corpo è il recipiente dei defunti. Può comunicare con le anime dei defunti e, talvolta, farli incarnare nel suo corpo. Da qui il suo nome da templare. Purtroppo, con l’età che avanza, il tempo in cui può ospitare una nuova anima è diminuito. Adesso abbiamo a malapena un quarto d’ora. Ovviamente, la fama di Stockman è nota persino da noi, in Italia. Era stato reso manifesto il suo coinvolgimento negli affari di Shredder. Quindi era lui la chiave per, almeno, la prima parte del nostro piano. Trovarlo non è stato difficile. Come le ho detto prima, la parte più complicata è stato convincerlo a rivelarci quello che sapeva. Ma il nostro Andrea è riuscito a convincerlo a collaborare con noi. Come lei, anche lui è vincolato da un contratto con noi. E adesso, sono in compagnia delle persone più vicine a Shredder, e come lui riuscirò a mettere la città sotto il mio giogo, il giogo dei templari.-
Andrea-Stockman prese la parola.
-Aspettate! Ho fatto il vostro gioco, rivelandovi tutto quello che sapevo su New York! Non era previsto che dovessi collaborare con questo scimmione!-
-In questo stato non è utile, dottor Stockman.- tagliò corto, freddo, David –Ci serve lei, fisicamente, per attuare la sua parte del nostro accordo. Per i progetti che stava attuando con l’agente Bishop. Come stabilito nell’accordo, voglio che costruisca quelle macchine, per l’ordine.-
-No! Non tornerò in vita! Lasciatemi morire! Ve ne prego!-
-Sono sicuro che troverà uno scopo per riottenere il suo corpo, dottore. Quando, non mi interessa, ma spero sia il prima possibile. E lei, Hun, come le ho già detto, mi aiuterà a riunire tutte le bande criminali per subordinarle all’ordine templare. E permettetevi di offrirvi il mio aiuto, per attuare i vostri scopi.-
Schioccò le dita: nella stanza entrarono due ragazzi, alti uguali. Apparentemente, sembravano persino coetanei, ma tra loro correva una differenza di età di quasi tre anni.
Entrambi avevano la barba, ma uno l'aveva folta e scura, l’altro più corta, castana, ma tendente al ramato.
E due paia di occhi scuri che scrutavano gli ospiti da sotto il cappuccio della tunica.
-Vi presento Geena e Noctis, due tra i miei migliori templari.- presentò il Gran Maestro, orgoglioso –Geena, prima di unirsi a noi, era un informatico. Potrebbe essere utile con lei, dottore. Altrettanto non posso dire del suo potere, a meno che non voglia esporre un oggetto a temperature elevate.-
Geena fece un cenno della testa, come saluto.
-Ma io ho detto che non…!- protestò Andrea-Stockman.
-Su, su, non faccia i capricci, dottore.- tagliò corto David, incurante delle sue proteste –Sono sicuro che profitterà dalla nostra collaborazione.- indicò l’altro ragazzo –Lui, invece, è Noctis. Avrà il compito di sorvegliare lei ed i Dragoni Purpurei, signor Hun.-
Hun squadrò il secondo ragazzo dall’alto al basso. Uno dei Dragoni si avvicinò a lui, con aria strafottente e sul punto di ridere.
-Davvero? Tutti questi discorsi e poi ci fanno sorvegliare da questo nanerottolo? Capo, questi hanno voglia di prendersi gioco di noi.-
Il templare osservò il Dragone con aria fredda. Poi posò una mano sul suo braccio.
Niente di strano. All’inizio.
Il Dragone sentì le proprie energie mancare. Il respiro si interruppe all’improvviso. Ed il suo battito cardiaco cessò.
Cadde per terra, privo di sensi. Morto.
Hun ed il secondo Dragone rimasero sgomenti.
-Cosa, in nome di…?!- esclamò il primo.
-Ah, non ve l’ho detto, ma ogni persona perisce al suo tocco.- informò il Gran Maestro, fingendo un’amnesia -Il nome “Noctis” è dovuto alla curiosa vicinanza della notte con la morte, in quanto entrambe buie. Ho deciso di metterlo a vostra disposizione per il solo fine di prevenire un possibile tradimento contro l’ordine. Per il suo scopo, è più che idoneo. Ah, e non fungerà solo da sorvegliante, ma anche da sovrintendente. Per tutto il periodo in cui lavorerete per me, Noctis sarà la manifestazione dei miei ordini per voi, sono stato chiaro?-
Il potere di Luigi era spaventoso.
Ma anche quello del ragazzo chiamato Noctis era spaventoso.
Hun non ebbe dubbi: i templari erano temuti tanto quanto il Clan del Piede. O anche di più, a causa dei loro poteri.
Fu costretto a chinare il capo. Dopo tanti anni senza padrone.
David sorrise e tese le mani in avanti, verso i nuovi alleati, Hun e Stockman. Altre pedine per il piano dei templari.
-Benvenuti nell’ordine.- sibilò, con un sorriso malefico.
   
 
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