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Autore: Voglioungufo    08/06/2020    2 recensioni
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«Malattia di Hanahaki (花 吐 き 病): Vomitare fiori.
La vittima tossisce petali di fiori quando soffre di amore unilaterale. Più si avvicina a un fiore sbocciato, più ci si avvicina alla morte. Oltre al ricambio dei sentimenti da parte dell’amato, non esiste una cura nota per questa malattia
Sasuke alza lo sguardo dal testo polveroso e guarda Sakura, il suo volto pallido e gli occhi gonfi dal pianto, la cornea macchiata rosso.
“Non esiste nulla del genere” dice.
Ma il mucchio di fiori che gli porge con un singhiozzo dice il contrario.
Ha una fitta al petto, un dolore che si mischia al senso di colpa e gli blocca il respiro. Perché vorrebbe, ma non può amare Sakura come vuole lei, non ci riesce.
“Sakura…”
Scuote la testa, gli occhi umidi. “Non sono miei…”
Sono di Naruto.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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6
Fiore di veronica
 
 
Quando Kakashi ha accettato di prendere il cappello come Rokudaime, ha fatto anche una semplice scelta: di prendersela con calma. Non si sarebbe stressato solo perché è l’Hokage, dal momento che era stato praticamente costretto a diventarlo, le cose potevano essere fatte a modo suo. Quindi, niente stress.
Solo perché ora è il Rokudaime non ha intenzione di invecchiare di colpo, rovinare la propria pelle perfetta in rughe di preoccupazione e ansia. Ha fiducia nei suoi sottoposti e sa di potersi comportare come il solito Hatake Kakashi: ritardi vergognosi, sguardi dolenti, poca voglia di fare e un libro porno sempre in mano durante una riunione.
Vana speranza.
Sicuro di essere invecchiato di colpo di almeno cinquant’anni dopo quanto ascoltato, chiede lento, dando a modo a chiunque di interromperlo e contraddirlo:
“Mi state dicendo che uno dei miei preziosi compagni soffre di una malattia mortale e voi due non avete detto niente a nessuno?”
Purtroppo nessuno lo interrompe o contraddice, e Sasuke e Sakura continuano a tenere lo sguardo lontano in una chiara ammissione di colpa. Se la situazione non fosse così grave potrebbe quasi sorridere per quanto assomigliano ancora a quei graziosi genin che si divertiva a prendere in giro negli allenamenti.
Ma la situazione è grave e al momento riesce a trattenersi a fatica dall’urlare.
“Da quante settimane?” chiede forzando la voce a restare pacata.
Sasuke si ostina a non guardarlo, anche se alla sua domanda i suoi occhi hanno un guizzo. È Sakura a rispondere, esitante.
“Sensei… ormai sono quasi quattro mesi”.
Kakashi aggrotta le sopracciglia incredulo a quella risposta, non era quello che si aspettava. Quattro mesi sono molto tempo, l’hanahaki è una malattia che non ci mette mai più di un mese a consumare la sua vittima, è quasi un miracolo che Naruto sia durato così tanto. Lancia uno sguardo alla porta d’ospedale, dietro cui Naruto si trova nelle mani di un’equipe medica guidata da Tsunade. Poi si volta a fissare Yamato, lo sguardo interrogativo.
Terminata la missione, sono tornati subito a Konoha sfruttando il teletrasporto del rinnegan e hanno portato Naruto in ospedale mentre Sai riferiva tutto all’Hokage. Kakashi è arrivato dalla sua squadra il prima possibile e per tutto il tempo in cui Sakura ha ammesso la condizione di Naruto, Yamato è rimasto in disparte.
La sua espressione è altrettanto perplessa.
“Probabilmente il chakra dei Kyūbi ha rallentato la malattia” osa.
“Non solo…” ammette Sakura e appena parla Sasuke le rivolge uno sguardo di ammonimento. Ma lei lo ignora, tanto ormai non ha più senso tenere qualcosa nascosto. “Orochimaru ha operato sui suoi polmoni, recidendo le radici negli alveoli. Abbiamo però lasciato intatto quelli nei ventricoli, perché Naruto non voleva…”
Kakashi alza una mano interrompendola.
“Ah, quindi a qualcuno lo avete detto” costata furibondo. “A un criminale di classe S tenuto sotto chiave dall’Allenza!”
“Orochimaru è stato l’unico a potermi dire qualcosa” protesta Sasuke.
“No! Orochimaru è l’unico al quale avete chiesto qualcosa!” corregge alzando la voce. “Se foste venuto da me, o da Yamato…”
“Tsunade-sama non mi ha creduta” sussurra Sakura.
“… noi vi avremmo creduto!” sbotta Kakashi.
 Non riesce ad aggiungere altro perché la porta della stanza si apre e rivela Tsunade.
La Godaime sembra stanca, con i capelli legati male e il camice spiegazzato.
“Yamato, puoi venire?” chiede brusca.
Con un cenno di assenso di Kakashi, l’uomo la raggiunge dentro l’altra stanza e Sasuke sembra intenzionato a fare lo stesso.
“Non così in fretta, Uchiha” lo ferma Tsunade spingendolo sul petto. “Voi aspettate qui”.
Ancora, in un’altra situazione si godrebbe l’espressione indignata sul suo studente più orgoglioso, ma si limita a sospirare rassegnato.
“Come sta, almeno?” chiede.
“Male” risponde diretta la donna. “Ci troviamo ad avere le mani legate finché tossisce, forse Yamato saprà darci un aiuto”.
“Va bene”. Si strofina stanco gli occhi, pinzando il ponte del naso. “Se si sveglia avvisaci”.
Kakashi riapre gli occhi quando sente la porta richiudersi e trova Sakura fissarlo esitante, curiosa.
“Non sei sorpreso dell’hanahaki… e Yamato-taichu la conosceva” mormora.
Gli occhi verdi di Sakura sono lustri di lacrime che sembra trattenere da mesi, i suoi capelli sono ancora arruffati e il suo abito sporco della polvere dell’ultimo combattimento. È più pallida di quanto ricordasse, con le labbra screpolate e mangiucchiate dal nervosismo e gli occhi macchiati di occhiaie. Sasuke riesce a trattenere meglio la sua preoccupazione, ma è anche lui cadaverico, con il viso più magro e le labbra piegate verso il basso.
Vedendoli in questo stato Kakashi non riesce più a essere arrabbiato – se mai lo è stato con loro – e sente solo il familiare desiderio di rassicurare i suoi preziosi studenti, di tenerli lontano dalla sporcizia del loro mondo crudele.
Allunga una mano ad accarezzarle gentile la testa, scarmigliandole ancor di più i capelli.
“L’hanahaki è stato a lungo un segreto di classe SS, conosciuto solo dagli shinobi d’elite. Per mia sfortuna sono considerato tale da quando ho tredici anni”.
“Ma quando l’ho accennato a Tsunade-sama lei non…”
Kakashi sospira, interrompendola. “Conoscere un segreto non equivale a crederci. Nemmeno io ci ho creduto finché non l’ho visto”.
La domanda negli occhi di Sakura è fin troppo chiara e si riflette nello sguardo di Sasuke, che discretamente si sta avvicinando a loro. Kakashi però non osa toccare anche lui, sapendo bene che l’Uchiha è sempre stato un gattino diffidente poco avvezzo al contatto fisico.
“Yamato ha sofferto di hanahaki quando eravamo nell’ANBU” ammette con un pizzico di colpa nel rivelare il segreto dell’altro mentre non c’è.
La reazione sorpresa è ovvia, la puntualizzazione di Sakura è comunque inaspettata.
“Ma Yamato è vivo”.
“Ovvio, ha riferito la propria situazione al Sandaime appena sono comparsi i primi petali e si è sottoposto subito all’operazione”.
Un singulto lascia le labbra di Sakura.
“Quindi lui non può più amare…”
Romanticamente” precisa con dolcezza Kakashi. “Può comunque provare affetto e amore verso i propri compagni e amici”.
Non sembra consolare la ragazza però, che ora sembra davvero dispiaciuta per il compagno di squadra più grande.
“E non ricorda nulla della persona che amava…”
Sospira e sente male fra le costole.
“Non è esatto. Yamato conosce ancora il suo ex-amore, ma non sa di averlo amato e quando si sono incontrati dopo la sua operazione, per lui quello è stato il loro primo incontro”.
Ringrazia la maschera che nasconde la piega amara delle sue labbra. È ancora doloroso essere l’unico dei due a ricordare che la prima volta che si sono incontrati è stato nei sotterranei di Root, non alla base dell’ANBU regolare, e che è stato lui ad allontanarlo dalle sgrinfie di Danzō.
“Sensei…”
Il tono esitante di Sasuke lo distrae dalla sua triste considerazione e si lascia sorprendere che alla fine Sasuke abbia deciso di parlare. Si è chiuso nel mutismo da quando sono all’ospedale.
“Perché è successo?” chiede e sembra quasi frustato nel dirlo. “Che cos’hanno avuto di diverso loro dagli altri amori non corrisposti? Perché Naruto soffre di hanahaki e altri no?”
“Oh, quindi Orochimaru non ha condiviso tutti i segreti dell’hanahaki con voi” tenta di scherzare, ma rinuncia al tentativo davanti all’occhiata omicida di Sasuke.
Non può dargli torto, la situazione è troppo tesa per provare ad allentarla, sarebbe solo fuori luogo.
Incrocia le braccia e prende fiato prima di dare la risposta.
“L’hanahaki è una malattia genetica del clan Senjū” spiega. “Lo stesso Shodaime ne ha sofferto ed è stata la causa principale della sua morte. I fiori avevano assorbito tutte le sue energie per via dei suoi Senjutsu e nel mezzo di una battaglia gli successe quello che è successo oggi a Naruto. Solo che non ci fu nessun altro utente del legno in grado di salvarlo e morì soffocato dai fiori”.
Sakura aggrotta le sopracciglia. “Ma Naruto non è un Senjū”.
“Hai ragione, è un Uzumaki” concorda. “Ma sappiamo tutti che gli Uzumaki sono imparentati con i Senjū da generazioni. Il solo fatto che Naruto si sia rivelato l’ultima incarnazione di Ashura dimostra che in qualche modo ha sangue Senjū”.
“Le cavie di Orochimaru non erano Senjū” obietta Sasuke.
Gli rivolge un sorriso indulgente. “Il clan Senjū non esiste più da generazioni, non sono stati gli stessi Hokage del passato a dirtelo? Nel tentativo di integrarsi nel villaggio il clan si è smembrato, unendosi ad altri clan ed espandendo in questo modo la propria genetica. Il clan Senjū si è estinto, ma il suo sangue scorre ancora in alcuni shinobi e civili della Terra del Fuoco. Fu il Nindaime a decretare l’hanahaki un segreto SS proprio quando il clan stava cominciando a indebolirsi. Inoltre l’unica cura che conosciamo è proprio quella che trovò lui…” concluse.
“Ed è davvero l’unica cura?” supplica Sakura.
“Sono costretto a dirlo, anche perché temo che l’unico che abbia continuato a indagarci sia stato Orochimaru. Con il passare delle generazioni l’eredità genetica dei Senjū si indebolì e il Sandaime sperò che questa maledizione non si presentasse più. Del resto per decenni è andata così, l’unica eccezione è stato Yamato, che è a sua volta un’eccezione…”
Sasuke annuisce, non conosce bene la storia del suo compagno di squadra, ma sa che è frutto di un progetto di laboratorio mirato proprio per ottenere il mokuton dello Shodaime.
“Non ha senso” sbotta però. “Perché rendere segreta una malattia così pericolosa e mortale? Soprattutto quando rischiava di colpire persone fuori dal clan Senjū?”
Kakashi sa del piccolo rancore che Sasuke ancora prova il Sandaime, nel suo cuore lo reputa egualmente responsabile della strage della sua famiglia e dalla sofferenza di suo fratello. È ovvio che istintivamente contrasti ogni scelta presa del vecchio Hokage.
“Perché è una debolezza” risponde. “Questa malattia mortale è una profonda debolezza per il villaggio, soprattutto se in grado di uccidere uno shinobi potente come lo Shodaime. Gli avversari avrebbero potuto tentare di usarla per conquistarci, seducendo i membri del clan e non ricambiando i loro sentimenti. Inoltre già durante la Terza Guerra Shinobi sembrava essere sparita dal villaggio, quindi era inutile allarmare i cittadini più del dovuto. Contava che se qualcuno avesse iniziato a tossire fiori lo si sarebbe riferito immediatamente all’Hokage”.
C’è un sottile rimprovero nell’ultima frase che fa abbassare gli occhi di Sakura.
“Ci ha fatto promettere, sensei” spiega affranta. “Non potevamo”.
“Immaginavo” sospira rassegnato.
Sa com’è fatto Naruto, la sua testardaggine e il suo spingersi al limite. Sa ancora meglio la fiducia che c’è tra loro, nemmeno la tortura di Ibiki li avrebbe fatti parlare.
C’è un piccolo silenzio, dove Sakura e Sasuke valutano le nuove informazioni con tristezza. Conoscerle non cambia molto la situazione, rende solo tutto ancora più reale e fatalistico.
Kakashi li lascia nelle loro elucubrazioni il tempo necessario, ma poi ottiene la loro attenzione con un lungo sospiro.
“Quindi?” chiede cercando di mostrarsi tranquillo. “Chi è?”
Ha dovuto mordersi le labbra per non aggiungere chi è il pezzo di merda che ha rifiutato l’amore del mio adorabile fratellino?
Lo sguardo esitante che i suoi due ex-studenti si scambiano lo lascia perplesso, in realtà si chiede come i due non abbiano provato ad assassinare la persona che sta portando Naruto alla morte. Può capire Sakura, diplomatica e razionale, ma Sasuke?
Sospetta che la risposta non gli piacerà.
“È Obito, sensei” mormora alla fine Sakura.
Gli ci vogliono molti secondi prima di registrare correttamente l’informazione e si accorge di accettarla senza combattere, nonostante la sua assurdità. Nonostante l’assurdità dà senso a tutte le volte che ha trovato Naruto davanti alla tomba commemorativa, a come scappasse dal suo ufficio ogni volta che si parlava di Obito e allo stesso tempo assorbiva avido ogni parola che aveva su di lui.
“Ma certo” dice fra sé, triste. “È ovvio”.
E ancora una volta, sempre davanti al cuore spezzato di un suo compagno di squadra, si pente di essere lui quello che è sopravvissuto.
 
*
 
Restano in quella saletta per ore senza parlare, mangiati dal nervosismo dell’attesa. Fuori il sole cala, ma nessuno accenna ad andarsene. Perfino Kakashi ha cacciato ogni ANBU e Jōnin che è venuto a cercarlo nel tentativo di ricordargli le sue mansioni da Rokūdaime.
Aspettano e restano al buio.
Così quando Tsunade esce di nuovo dalla stanza di ospedale, la prima cosa che fa è accendere la luce e tutti scattano sul posto, in allerta.
La Godaime posa lo sguardo su ognuno di loro, scrutandone i visi pallidi e scarni di preoccupazione.
“È vivo” dice, rispondendo alla  muta domanda che alleggia nell’aria.
Non per molto, pensa.
Poi gli occhi di Sasuke si abbassano sul panno che tiene tra le mani. Con un sospiro, mostra i grappoli di fiori violetti e indaco tutti stropicciati.
“Quando si sveglia è per pochi secondi ed è per vomitare questi” spiega. “Ora sembra essersi calmato, ma non sappiamo quanto durerà. Sia io che Yamato siamo al limite”.
“Capisco” mormora Kakashi. “Grazie per quello che avete fatto”.
“Non c’è neanche bisogno di dirlo” afferma tremante, gli occhi nocciola che bruciano di preoccupazione per il suo ragazzino biondo e scemo.
Sakura le si avvicina e afferra lo stelo pieno di fiorellini.
“Sono fiori di Veronica” riconosce mesta e si chiede a chi Naruto stia offrendo il suo addio.
(Ancora una volta ha paura che lei, la squadra 7, Konoha non sia abbastanza per fermare qualcuno che ama a lasciarli.)
Sasuke non chiede nemmeno se possono entrare, semplicemente lo fa. Offrendo appena un altro sguardo al medinin, attraversa la porta a passo di marcia.
Dentro c’è un olezzo disgustoso che gli fa arricciare il naso: il tipico odore dei medicinali è mescolato a quello dolciastro di fiori appassiti o bruciati, con un retrogusto di ferro pungente.
Naruto è steso sul letto, sveglio, con tubicini infilati sul per il naso. Ha gli occhi pesti, incavati, non era così pallido dalla battaglia in cui si sono quasi uccisi. Eppure non mostra ferite, la sua pelle è intatta e priva di ematomi.
Tra le dita ha uno di quei fiori, ci gioca distratto e mesto, accarezzandone le corolle e il fusto. Quando si volta a guardarlo ha un’espressione così desolata, sperduta… sconfitta. Sasuke non credeva fosse davvero possibile sconfiggere Naruto.
Non hanno bisogno di parlare. Quello che vuole dire è chiaro sul suo viso e Sasuke non è così crudele da girare il coltello nella piaga, a fargli dire ad alta voce quella decisione.
Del resto non c’è altro che possano fare.
“Andrà bene” dice e non si sente falso.
Naruto non ricorderà niente di tutto questo, degli ultimi mesi, e non ricorderà di aver amato. Se non ricorderà non può soffrirne e il dolore che sente ora passerà.
Non soffrire, è questa la cosa importante ora. Desidera solo che Naruto smetta di soffrire e viva, perché quella stessa sofferenza la sente sulle proprie spalle e non può sopportarla.
“Come stai?”
La voce di Kakashi arriva alle loro spalle disinvolta, in quella sua nota allegra che frustra i nervi di Sasuke ogni volta.
“Sono stato meglio” concede Naruto con un sorriso.
Il momento di vulnerabilità è stato interrotto, è tornato nella sua solita espressione sciocca e allegra. Gli occhi azzurri però volano su Sakura, che sta controllando i dati che la macchina a cui è collegato emette. Ha le labbra mangiucchiate dal nervosismo e sembra che l’unica cosa in grado a non farla crollare sia scivolare nell’automatismo delle azioni mediche.
“La crescita dei fiori sembra essersi fermata” dice.
“Per poco” risponde Yamato, seduto su un angolo esausto. “Non abbiamo più di qualche ora”.
“Sarà sufficiente, il tempo di chiamare Orochimaru e farlo venire qui” replica pratica Tsunade e all’espressione infastidita di Kakashi sbuffa: “È l’unico che conosce correttamente la procedura di rimozione, è la persona più indicata”.
Naruto è tornato spaesato, un bambino in trappola tra tutti quegli adulti che parlano. Sasuke vorrebbe urlare loro di stare zitti, perché parlare del cuore di Naruto in quel modo pratico e freddo mentre può ascoltarli è crudele.
Naruto non potrà più amare.
Amare romanticamente, si impone di sottolineare. Qualsiasi cosa succederà fra poche ore, non intaccherà il loro legame. Saranno sempre Naruto e Sakura e Sasuke, saranno sempre loro.
“Naruto,” chiama, spinto dall’urgenza e quando gli occhi azzurri tornano su di lui si sente la gola secca, “non cambierà niente” promette.
Sakura si volta di scatto, in tempo per vedere il sorriso triste e per nulla convinto di Naruto. Si avvicina a sua volta e gli afferra la mano con forza.
“Noi saremo ancora qui” dice decisa. “Sasuke ha ragione, non cambierà niente”.
La presa sembra dare maggior convinzione a Naruto, che ricambia stropicciando i fiori di veronica tra le loro dita.
Ma la sua voce trema ancora quando chiede:
“Mi parlerete di lui?” Gli occhi si ristringono. “Lo farete, vero?”
Kakashi è il primo a reagire, si sporge ad appoggiare una mano sulla sua spalla, tentato di allargare le braccia e stringere i suoi tre studenti insieme.
“Lo faremo” promette. “Lo farò. Ti racconterò tutto quello che c’è da sapere”.
Naruto annuisce e tira su con il naso, un suono acquoso quanto i suoi occhi sempre più lucidi.
“Va bene” dice. “Andrà bene”.
Sarebbe più convincente se solo non piangesse.
 
 
 
 
 
Il fiore di Veronica deve il suo nome a San Veronica.
I suoi fiori hanno molte qualità curative, infatti vengono usate per curare disturbi all’apparato respiratorio. Nella tradizione questo fiore è conosciuto anche come Occhi Divini, per via della conformazione del fiore che ricorda piccoli occhi azzurri. Proprio per la sua colorazione azzurra è associato al cielo, mentre il significato che viene tradizionalmente usato è quello riferito alla parola addio. Chi la regala, infatti, spera che gli occhi divini veglino sul viaggio delle persone amate e sono costrette ad allontanarsi.
 
 
E anche il penultimo capitolo è andato ;__; manca solo l’ultimo, anche se ormai è chiara la direzione che ha preso la storia e tutti potete sospettare cosa riguarderà il prossimo. Il dolore puro.
Spero che vi sia piaciuto il modo che ho voluto legare l’hanahaki nella lore di Naruto, il suo legame con il clan Senjū. Ovviamente sappiamo tutti che Hashirama ha iniziato a tossire fiori dopo che ha creduto di aver ucciso Madara :P E spero che anche il piccolo inserto KakaYama vi sia piaciuto, bambini çwç Forse quando finirò questa storia farò una piccola one-shot sull’esperienza di Yamato con l’hanahaki hahahaha
 
Vi ringrazio per le recensioni e per aver seguito la storia fino a questo punto <3 ci vediamo con l’ultimo capitolo!
   
 
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