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Autore: Circe    10/06/2020    2 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Lord Voldemort : “Piacevole ossessione”


Non volevo portarla davvero nel mio mondo, quello no, le avrei concesso solamente un pochino della mia essenza privata e preziosa.
Solo questo intendevo fare.
Mi materializzai ancora là dunque, in quel posto speciale, sulla scogliera a picco sul mare, dove il vento soffiava sempre forte, tanto da far sbattere le onde contro gli scogli, separare l’acqua dal sale e farlo salire in alto, fino a toccarti e bruciarti la pelle.
Mi piaceva veramente molto, quando ero bambino, sentire il sapore del sale sulla pelle.
Mi materializzai lì con lei, esattamente sul dirupo a picco sul mare, ma così tanto a picco, che sotto i nostri piedi si notava solo il bianco della spuma di mare, si sentiva solo il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli, sembrava di essere sospesi in aria.
Mi materializzai proprio lì, entrambi con lo sguardo di fronte al mare, a pochi centimetri dal vuoto, e lo feci di proposito, perché mi piaceva spaventarla. Era diventato un gioco divertente.
Bella subito lanciò un grido e si aggrappò stretta alle mia braccia.
Sorrisi.
Mi venne da sorridere alla sua paura, a come si lasciasse fare tutto da me, anche quando sentiva il terrore sotto la pelle e nel cuore, anche quando il suo istinto di sopravvivenza le gridava di scappare via, lontano da me. 
Pensava che avrei potuto semplicemente lasciarla cadere, vederla morire. 
Mi piaceva che lo pensasse e per un attimo la guardai, lasciandola come sospesa nell’incertezza, la lasciai lì nella sua paura. 
Poi la strinsi forte. Io ero ben saldo sulla roccia, ma lei non sapeva se l’avrei tenuta stretta a me o no.
La afferrai così forte da farle sicuramente male.
Per caso affondai il mio viso fra i suoi capelli lunghi che volavano liberi al vento, sentii quel profumo di rosa inebriante e vellutato che, per un attimo, per un solo istante, mi incantò. 
Bella, in un certo senso, mi entrava nei pensieri e non mi era facile mandarla via, non mi lasciava stare.
Mentre la tenevo ancora stretta sentivo il suo cuore battere velocemente.
“Hai avuto paura?”
Non si mosse, non si voltò verso di me, rimase di spalle, impietrita.
“Certo, mio Signore, molta.”
Sorrisi senza che mi vedesse, ancora nascosto tra i suoi capelli profumati.
“Hai ancora paura?”
La sentii respirare sotto la stretta delle mie braccia, le sue dita erano saldamente strette ai miei polsi.
“Sì, mio Signore, ho ancora paura…”
Percepii che le spiaceva dirmi così, sembrava si dispiacesse per me, perché non voleva che immaginassi che non si fidava. 
“Ti ho già detto che non ti faccio del male, sei la mia strega più potente. Ricordi?”
La sentii annuire muovendo il capo.
Sorrisi di nuovo, ma non mi mossi.
“Guarda giù.”
Lei mosse appena lo sguardo, lo fece per farmi contento, poi tornò a stringersi totalmente a me.
“Vedi laggiù la spiaggetta? Ora è quasi completamente invasa dall’acqua, ma d’estate si libera e si può accedere facilmente da una stradellina. Quando ero bambino, ci portavano spesso laggiù, questo è diventato quindi un posto speciale per me.”
Feci una breve pausa, lei mi ascoltava silenziosa.
“Forse il mio preferito.”
Mi fermai, sentii che si sporgeva leggermente, con cautela, per osservare meglio. Fui contento che si interessasse.
“Era un posto che sentivo mio, sembrava un normale luogo di mare, ma se lo scrutavi per bene, in tutti i suoi anfratti e nascondigli, ne scoprivi il lato selvaggio, pericoloso. Se poi ti ci avventuravi nelle stagioni giuste, potevi sentire tutta la potenza del vento, oltre che del mare.”
Ci allontanammo leggermente dal picco, Bella si rilassò appena, fece per voltarsi, ma la fermai.
“Resta ferma così, continua a sentire il vento, devi ascoltarlo, altrimenti non lo conoscerai mai.”
Continuavo a stringerla da dietro, ci capivamo benissimo, senza necessità di guardarsi negli occhi.
“Io ho imparato qui a comandare il vento, il mio elemento, venivo qui scappando per stare solo, non avevo nemmeno dieci anni.”
Fece ancora per voltarsi, ma la bloccai ancora in una stretta più potente. Non ci provò più e si fece attenta agli elementi.
“Mio Signore, come avete fatto? Eravate così piccolo?”
Allentai la presa.
“Mi piaceva andarmene dal luogo dove vivevo, lo facevo tutte le volte che potevo, mi piaceva stare solo, scoprire posti nuovi, selvaggi, che mi si confacevano.”
Lei taceva e mi ascoltava. Forse era il motivo per il quale diventava facile, con lei, parlare, diventava quasi un monologo dove io ero il protagonista.
“Non sapevo, allora, di essere un mago. Le cose però mi venivano straordinariamente semplici e naturali. Amavo il vento e imparai a comandarlo, fu come un gioco.”
Questa volta Bella si voltò verso di me, allora la lasciai dalla stretta.
“Come un gioco, mio maestro?”
“Ero un bambino… il vento era il mio compagno di giochi in quel momento e mi piaceva comandarlo, fargli fare ciò che volevo, piegarlo al mio volere. Lui mi seguiva. Non fu difficile.”
Bella sorrise scuotendo il capo.
Allora la volli far arrabbiare.
“Un giorno portai qui con me una bambina, una compagna dell’orfanotrofio…”
Mi fece ridere per come mi guardò angosciata: avevo imparato a prenderla in giro spesso per le sue sciocche gelosie.
Le sfiorai le labbra con le dita, attesi che si adirasse ancora di più, prima di tranquillizzarla.
“Non si mostrò minimamente all’altezza, rimase impaurita e traumatizzata per anni, una sciocca.”
Bella continuava a guardarmi sconcertata, ma io tornai serio.
“Ora basta, però, stiamo perdendo tempo, concentrati sul vento. Devi imparare a percepirlo, sentirlo sulla pelle e anche a prevederlo, se vuoi capire come comandarlo.”
Restammo in silenzio a lungo, mi allontanai, le lasciai il tempo di acuire i suoi sensi e i suoi poteri, la osservavo e mi accertavo che la sua consapevolezza e la sua capacità di approcciarsi alla magia oscura facesse i dovuti miglioramenti.
E mi accorgevo che li faceva molto velocemente.
Molte questioni di potere spingevano perché io mi dedicassi anche ad altro che non fosse la magia oscura, molti dei miei Mangiamorte insistevano in tal senso, ma io non mi decidevo. Traevo troppo piacere in questa pratica, sarei andato avanti finché l’avessi ritenuto utile e necessario. Il mio scopo primario era sempre stato quello di diventare il mago oscuro più potente della storia, colui che sbaraglia tutti i confini della magia consentita, nessuno mi sarebbe mai stato al pari. 
Non solo, più andavo avanti nell’insegnamento, più notavo che i poteri di Bella erano straordinariamente forti e per questo mi sarebbero tornati molto utili, era un ottimo investimento per me.
“Mio Signore…”
La voce di Bella mi distrasse, ma avevo già pensato al seguito.
“Non abbiamo finito, Bella, oggi voglio mostrarti un’altra cosa.”
Mi era sembrata molto ricettiva, aveva davvero voglia di scoprire il vento e ne approfittai. Di nuovo la afferrai velocemente e ci materializzammo in mezzo alla brughiera.
Ci staccammo in fretta, qui non c’erano scogliere a picco sul mare, gli spazi erano ampi, il profumo di erica e brugo arrivarono subito a solleticare le narici. 
Ci guardammo attorno per alcuni istanti, il posto era isolato e silenzioso, mi parve ottimale.
“Il vento qui non arriva potente e dirompente dal mare, arriva veloce, mutevole, sferzante da ogni direzione.”
Bella restava zitta, si guardava intorno, il vestito e i capelli volavano ad ogni corrente. Era arrivato il momento di iniziare con qualcosa di più pratico e dinamico, dovevo metterla alla prova.
Sfoderai la bacchetta e la guardai fissa. Lei subito prese posizione di difesa.
“Prova a fermare il vento con la tua magia, vediamo cosa riesci a fare come primo allenamento.”
Raccolsi le mie energie e iniziai gli attacchi, speravo riuscisse subito a bloccare e controllare almeno in parte l’elemento. Purtroppo dopo un inizio promettente rimase totalmente in balia di folate improvvise ed inaspettate, nonostante io non avessi mai esagerato con potenza e violenza. Capii subito che le era difficoltoso prevedere le raffiche, non si aspettava nemmeno la loro esistenza e destabilizzazione.
Anche la vegetazione le frustava le gambe, il vento sferzante le irritava gli occhi, così facendo potevo insistere e confonderla ancora di più. Andammo comunque avanti molto perché non voleva arrendersi, ma alla fine si piegò a terra e lì rimase finché non mi avvicinai.
“Che succede?”
“Mio Signore, un po’ di pausa, non ce la faccio più, siete troppo più forte di me.”
“Non ho forzato minimamente…” 
Le dissi così pur sapendo che non era del tutto vero. Quando la vidi afflitta e umiliata mi ammorbidii.
“Non sei andata poi così male, era solo l’inizio.”
Si mise a sedere per terra restando zitta, lisciandosi pensierosa i capelli arruffati dall’allenamento.
“Allora, pensi di riuscire a comprendere come muoverti?”
Lentamente si mise in piedi davanti a me, scorsi alcuni graffi sulle braccia nude, probabilmente dovuti alla vegetazione che le era schizzata addosso trasportata, con violenza, dal vento. 
Sembrava non curarsene: apprezzavo molto questo suo lato guerriero, questo suo non avere mai paura delle battaglie, non arrendersi e non far caso alle avversità sul suo corpo.
“Non riesco ancora nemmeno a schermare il vento, mio Signore.”
Sembrava molto avvilita e mi fece ridere, le pulii rudemente un po’ di sangue dal viso, anche sulla guancia sinistra si era aperto un graffio superficiale.
“Non riesci perché non ti sei applicata nello studio quando potevi… devi prestare attenzione alle raffiche, come sono improvvise, come cambiano direzione, devi prevederle, essere pronta, sapere come muoverti. Rimettiti a studiare, preparati meglio, presto torneremo ad allenarci insieme.”
Lei annuì ubbidiente.
“Tornerò a leggere meglio l’argomento sui libri, mi sono concentrata su altro, non avevo capito. Mi ero applicata su caratteristiche e significati dell’aria.”
Alzai gli occhi al cielo.
“Sono cose interessanti, ma che nella pratica non ti servono, ormai dovresti saperlo, Bella.”
“Sì, maestro, ma se devo essere sincera, volevo conoscere i significati per capire meglio voi.”
Mal sopportavo questi atteggiamenti sentimentali che Bella mostrava ogni tanto, era giovane, ma doveva davvero smettere di sognare come una ragazzina.
“Finiscila con queste perdite di tempo, non è possibile che ogni volta devi farmi adirare per queste sciocchezze.”
“Scusatemi, mio maestro, non si ripeterà.”
Dopo una breve pausa la sentii esprimere l’ennesima curiosità.
“Anche qui venivate? È un posto importante come l’altro?”
Ci pensai un pochino, mi guardai intorno e ascoltai i rumori della natura portati fino a noi dal vento. Non ero più molto in animo di rispondere, ma lo feci ugualmente.
“Sì anche questo è un posto importante per me, sono molti i luoghi a cui do un’importanza speciale, simbolica.”
Mi ascoltò attenta, iniziò a guardarsi attorno, ancora una volta sentiva gli elementi, perciò la lasciai fare senza aggiungere altro, le diedi il tempo di concentrarsi.
Vidi che si mosse lentamente, mi scostai da lei, si voltò nello spazio attorno, sempre con calma, nel silenzio e per svariati momenti, poi tornò a concentrarsi su di me.
“E perché proprio qui, mio Signore?”
Riflettei per un attimo sulla domanda, ma le parole vennero presto spontanee, mescolate ai ricordi. Iniziai a camminare e lei mi venne dietro.
“Perché qui si sente la voce del vento, ma non solo, si sentono anche la voci degli animali selvatici, qui ho conosciuto i serpenti, ho parlato con loro, loro mi cercavano, mi trovavano, mi parlavano.”
Mi guardava attenta, senza aggiungere parola.
“Loro erano i miei veri amici, mi volevano, mi ubbidivano e mi erano fedeli. Vedevo come cercassero me e le mie parole. Piano piano mi accorsi come potevo rivolgermi a tutti gli animali, mi ubbidivano, potevo far fare loro ciò che volevo, talvolta bastava uno sguardo, un pensiero.”
Ricordai tra me come tante magie fossero iniziate per caso, da bambino, durante una gita, una scampagnata, una fuga dall’orfanotrofio. Fuori da quel posto la mia magia si liberava con più forza, soprattutto all’inizio.
“Era un gioco per me, era divertente. Solo io avevo quel potere, solo io potevo fare tutte quelle cose straordinarie.”
Mi voltai a guardare Bella, vidi che mi guardava rapita dalle mie parole.
“Anche questa cosa straordinaria era un gioco, mio Signore?”
Sorrisi compiaciuto, notava lei stessa come mi venisse tutto straordinariamente facile e naturale. Non aggiunsi altro.
“Mio Signore, non mi parlate mai di quando avete lasciato la scuola, di cosa avete fatto, dove avete vissuto.”
“In un altro momento, ora non mi va, adesso devo fare ritorno al Quartier Generale, ci sono ancora molte cose da definire con altri Mangiamorte.”
Rimase zitta e distolse lo sguardo, il vento si mosse veloce e improvviso.
“Cosa c’ è? Non ti va di essere messa in disparte per loro? Non ti sembra di avere ricevuto attenzione a sufficienza per oggi, Bella?”
La presi ancora un pochino in giro, ma vidi che lei restava sulle sue, non si scherniva come al solito, non finiva per prendersela, così la interrogai più seriamente.
“No, mio Signore, non è per questo… è che molti dei Mangiamorte non mi convincono, non sono fedeli come dovrebbero, non sono davvero pronti a rischiare tutto per voi. Ricordate quante polemiche nascoste? Le alleanze contrarie e i malcontenti non saranno sicuramente ancora finiti.”
Scossi la mano e la zittii.
“Lo so benissimo, Bella, lo vedo anche io e lo sento dai discorsi, ma non possiamo fare a meno di loro, per ampliare il nostro progetto di egemonia sul mondo magico, c’ è bisogno anche di loro.”
Non era convinta, attesi che parlasse, le sue idee erano sempre logiche e analitiche, oltre che molto intuitive, non sarebbe stato saggio prenderla alla leggera.
“È assolutamente necessario espandere la vostra egemonia sul mondo magico? Non sarebbe più conveniente impegnarsi solo sulla magia e non su questi giochi politici?”
Rimasi un attimo zitto a riflettere: il suo pensiero non mi era nuovo, diverse volte ci avevo pensato io stesso.
La guardai attentamente e lei ricambiò lo sguardo, era ferma e decisa.
Eppure dentro di me c’era la voglia di andare ancora oltre, non fermarmi solo alla magia, sentivo il desiderio di far dilagare la mia forza su tutto, distruggere tutti i confini, togliere ogni freno. Era un bisogno che non si placava mai, anzi richiedeva sempre più di andare oltre.
“Sì, Bella, è assolutamente necessario.”
La vidi sospirare, pensierosa e seria, poi lentamente annuì, guardandomi negli occhi con quello sguardo che nessuno aveva mai nei miei confronti.
Non era paura, non era terrore, non era compiacimento, non era nemmeno solo ammirazione, o solo preoccupazione, non era semplice adorazione e neanche esclusivamente passione.
Non sapevo definirlo, ma mi piaceva molto quello sguardo che riservava solo a me, solo lei sapeva guardarmi così.
Le restituii lo sguardo per lungo tempo.
“Va bene allora, mio Signore, promettetemi di stare attento.”
“Che sciocchezza, non c’è bisogno di prometterti nulla, io sono attento, so bene come devo comportarmi.”
Mentre le rispondevo la vidi sorridere, non feci quasi in tempo a terminare la frase che si avvicinò, mi accarezzò il collo, con le sue dita morbide, poi inaspettatamente strinse più forte, accostandosi a me e mi baciò. Quel bacio rubato, fugace e allo stesso tempo appassionato non mi dispiacque, non mi dispiacevano le sue labbra calde sulle mie e il trasporto che ci metteva. 
Mi scostai di lato, restando a pochi centimetri da lei, dalle sue labbra e dai suoi occhi. La guardai senza parlare, vidi che ricambiava l’occhiata con un certo timore. Aveva paura di avere azzardato troppo a prendere quell’iniziativa.
Non mi mossi, lei fece per scostarsi e invece no, non la lasciai scappare. Non dopo aver fatto il danno, dopo avermi provocato.
La tenni stretta per la vita, le affondai le dita tra i capelli che ancora profumavano di rosa, ma aveva lasciato il posto anche a quel profumo di vento e dei sapori della brughiera.
Strinsi i suoi capelli neri e folti con violenza, la costrinsi a guardarmi.
“Ti permetti di baciarmi, così? E volevi scappare senza avere la giusta punizione?”
La strinsi ancora forte. Lei gemendo chiuse gli occhi.
Mi mostrò il collo, come gli animali selvatici, in segno di resa. Silenziosa, languida. Le veniva straordinariamente naturale essere così sensuale.
“Che ossessione sei, Bella.”
Riusciva a farmi eccitare sempre, se prima l’avevo posseduta per stemperare la tensione, ora mi faceva sentire il sangue di fuoco scorrere nelle vene. 
Bastavano le sue provocazioni e le sue rese repentine, bastavano quegli occhi scuri che mi mostravano sguardi di passione e si chiudevano nel momento del desiderio più forte. 
Bastavano quelle labbra che si schiudevano in un sorriso sia di vittoria che di resa, entrambi nello stesso istante. 
Quando si inginocchiò davanti a me, perché aveva sentito quanto mi stava facendo eccitare e voleva continuare a farlo, non mi accontentai solo delle sue mani, o della sua bocca calda e accogliente. 
No, non mi riuscivo ad accontentare: la sbattei a terra in mezzo agli arbusti irti e pungenti della brughiera.
Ci graffiammo entrambi sotto la violenza della passione. Lei, sotto di me, ancora di più, cosa che mi diede ancora più piacere. La vedevo vicina che mi sorrideva, sorrideva in quel modo provocante, malato e perverso che mi entrava nella testa e me la faceva desiderare ogni volta di più. 
La volevo tutta, la volevo ovunque, desideravo possederla dove più mi piacesse, quanto più mi piacesse. Aspettavo di sentire le sue grida e i suoi gemiti eccitati, i suoi sguardi spregiudicati e le sue parole sempre più ardite.
Solo quando la sentivo venire sotto la mia forza, quando la inondavo dove più mi piacesse farlo, allora per qualche tempo la allontanavo dalla mente, ormai appagato.
Dopo poco però tornava lì. Insistentemente lei e insistentemente il pensiero di lei.
Era una prepotente, fastidiosa e piacevole ossessione.



   
 
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