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Autore: hart    10/06/2020    2 recensioni
Nemmeno la Salvatrice può sfuggire al suo destino e, quando le spade si incontrano, la sua vita si spezza.
SwanQueen What if? ambientata durante e dopo la 6x22.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10

 

 

7 mesi dopo

 

 

 

«Sei pronto?»

Henry si fece attendere ancora un paio di minuti, poi spuntò dalla sua camera con la faccia dipinta da scheletro. Regina gli sorrise sistemandogli la cravatta.

«Non ho voglia di andare alla festa.»

Gli diede un buffetto sulla guancia.

«Ti divertirai. Ti fa bene passare un po’ di tempo con ragazzi della tua età invece che stare sempre con noi anziani.»

Gli diede un bacio sulla guancia e lo spinse verso le scale, seguendolo fino alla porta. Lì il ragazzo si fermò e si voltò di nuovo verso di lei, le spalle curve.

«Mamma, davvero, non mi va per niente

Lei gli prese il mento tra le dita.

«È solo una festa, Henry.» La sua espressione cambiò mentre metteva via la maschera allegra e donava a suo figlio tutta la sincerità che poteva dargli. «Ti aiuterà a non pensare. Lei vorrebbe che ti divertissi.»

Henry abbassò lo sguardo, e seppe che stava trattenendo le lacrime, proprio come lei. Si schiarirono entrambi la voce. Il ragazzo raddrizzò le spalle e mise su un sorriso. Regina ricambiò.

«Bravo il mio piccolo principe» mormorò. Gli diede un altro bacio, stavolta sulla fronte, e lo spinse fuori di casa. «Muoviti o farai tardi. Incolperanno me, diranno che hai preso da me e non ho voglia di sentirli lamentarsi come al solito.»

Lui ridacchiò brevemente. Non aveva più riso davvero da quando… Be’, neanche lei, d’altronde.

«Sicura che non vuoi venire anche tu?»

Regina inarcò un sopracciglio.

«Alla festa della scuola, piena di adolescenti e bambini? E da cosa dovrei vestirmi, da Regina Cattiva e far prendere un infarto a tua nonna?»

Si sorrisero.

«Ti porterò qualche dolcetto. Buon Halloween, mamma.»

«Buon Halloween, tesoro. E ora vai!»

Lui le lanciò un ultimo sguardo e poi prese la via che portava al Granny’s.

Regina lo guardò camminare finché poté, poi rientrò in casa, ma solo per il tempo necessario a prendere il soprabito. Un gesto, e scomparve da casa per riapparire nella cripta in mezzo al suo vorticante fumo violaceo.

Senza esitare prese ciò che le serviva, poi uscì con il libro, le candele, le pietre e le rune in mano e si posizionò tra gli alberi, su una piccola radura pianeggiante.

Accese la candela nera, e con la cera sciolta tracciò un simbolo circolare a terra, con linee intricate nel mezzo. Spense la candela e ne accese una bianca, ponendola al centro. Poi prese le pietre, un quarzo ialino grosso quanto il suo pugno, un rubino ben più piccolo, un frammento di ametista e uno di acquamarina, e li mise a croce a sfiorare la circonferenza di cera nera tracciata sul terreno. Scelse due rune e le posizionò tra le pietre. Un gesto, e nella sua mano apparve la coperta che aveva tenuto al caldo Emma quand’era una neonata. La posò con cura tra gli altri oggetti. Poi aprì il libro alla pagina già segnata e recitò l’incantesimo che preparava da sette mesi in attesa della notte di Samhain.

Per qualche istante non accadde nulla.

 

 

 

 

 

 

Emma era in piedi davanti allo specchio. Un vestito di tenebra la copriva, incoronandola con forme spinose, allungate verso l’alto in cunei neri. Osservava il suo Vero Amore completare il potente incantesimo che l’avrebbe liberata col sorriso sulle labbra pallide, pronta a difenderla dal prezzo che non aveva alcuna intenzione di farle pagare. D’altronde, era in suo potere. Come molte altre cose.

Non appena Regina pronunciò l’ultima parola in quella lingua antica e scivolosa, la superficie dello specchio si incrinò. Un’unica linea spigolosa lo percorse, esattamente di fronte a lei.

Il suo sorriso si allargò. Posò la mano destra sul vetro. Una lieve spinta e andò in frantumi.

Allungò i tentacoli dell’Oscurità ad afferrare i frammenti prima che potessero anche solo avvicinarsi a Regina. Li scaraventò all’indietro, scagliandoli lontano da lei, e avanzò nel mondo in cui era stata chiamata, finalmente.

 

 

 

 

 

Regina spalancò gli occhi. Si era aperta una crepa nera proprio lì, sopra al pentacolo.

Indietreggiò, il cuore che batteva all’impazzata. La crepa di espanse, l’aria stessa si frammentò. Chiuse gli occhi e si coprì il volto, aspettandosi di essere investita da quell’esplosione, invece non accadde nulla. Riaprì gli occhi, e per poco non svenne.

Emma era lì di fronte a lei. Non assomigliava affatto al fantasma che si era aspettata di incontrare.

Si fermo ad un passo di distanza da lei, magnifica nella sua veste che sembrava fatta dall’essenza stessa della notte, una corona nera sui capelli sciolti e folti. Le sorrideva, gli occhi che luccicavano nel buio. Dietro di lei, una tenebra in perenne movimento si agitava quieta. Non c’era nessuna ferita sul suo addome. Non c’era sangue. Era pallida, sì, le labbra sembravano aver perso il loro colore, ma era solida. Viva.

«Hey» le disse, e Regina sentì l’emozione vibrarle nella voce. Barcollò. Sentì le lacrime bagnarle il viso.

«Sei davvero qui» sussurrò.

Emma sembrò preoccupata. Si avvicinò ancora un po’ mentre le rispondeva. I sensi di Regina erano tesi come la schiena di un gatto spaventato, il suo istinto animale le comandava di girarsi e scappare più veloce che poteva, che era pericolosa, che non c’era niente di più pericoloso dell’essere che aveva di fronte. Il potere che irradiava non faceva che confermare quella sensazione, eppure si trattava di Emma. La sua Emma. E sapeva che non le avrebbe mai fatto del male.

«Sì. Grazie a te. Mi hai liberata, ero bloccata nell’altra dimensione…»

«Cosa?» riuscì a chiederle. Non capiva: quell’incantesimo non avrebbe dovuto far altro che evocare il suo spirito, ora che il velo tra i mondi era più sottile. Ma avrebbe dovuto essere un evento effimero, che sarebbe durato solo fino all’alba. Un modo per dirle addio.

Ma Emma era lì, davanti a lei. E la guardava come se si sentisse in colpa per qualcosa.

«Mi dispiace tanto, Regina. Io…» sembrò in dubbio, come se non trovasse le parole adatte. «So cosa può sembrare, ma non sono… viva» disse infine. Regina si accigliò, ma prima che potesse fare qualcosa Emma le prese la mano, togliendole il fiato: era davvero lì. La sua pelle era fredda, ma morbida, reale. «Sono diventata qualcos’altro. Quella sera, quando me ne sono andata, Merlino mi ha trovata e mi ha consegnata al mio destino. Sono…» Sembrò volersi trattenere ma alla fine scoppiò in una breve risata. Regina non aveva mai sentito un suono più bello, e Emma le stava ancora tenendo la mano, e lei non riusciva a fare altro che guardarla, ascoltarla, sentirla. Era lì, non l’aveva persa. Era davvero lì. «… qualcosa tipo “la regina delle tenebre”, lui dice così.» Lo disse con una voce divertita, buffa. Poi tornò a guardarla con un’espressione strana un volto. «Ogni tanto mi veniva a trovare, mi insegnava come usare i miei poteri, ma io non potevo muovermi da lì. Ti ho… be’, ti suonerà un po’ da stalker, ma ti ho osservata per tutto questo tempo. Ho osservato tutti voi.» Si strinse nelle spalle in un gesto molto umano, un po’ goffo. «Insomma, non devi raccontarmi niente, so tutto. Comunque, Merlino aveva ragione. Mi ci è voluto un po’ di tempo per capirlo, e per scoprire cosa posso fare. Ma ora ho capito: è sempre dovuta andare così.» Un sorriso meraviglioso le illuminò il viso. «E non vado da nessuna parte, per questo sono rimasta qui, dopo che Gideon mi ha ucciso. Ora lo so.»

Regina rabbrividì a quelle parole. Il tempo non aveva cancellato l’orrore di quella notte.

«Emma, io non capisco…»

Qualcosa cambiò nel suo sguardo, una nuova luce, come se qualcosa dentro di lei fosse diverso, eppure uguale.

«Sono l’Oscurità, Regina. Vi proteggerò. Ora posso farlo davvero.»

Regina era senza parole. Non aveva senso.

«Emma, non puoi essere l’Oscurità. Tu sei fatta di luce!»

Lei le sorrise.

«Proprio per questo. Fidati, Regina, è così.» E, come a dimostrazione, mosse appena lo sguardo alla sua destra. Una propaggine nera si mosse da dietro di lei, allungandosi verso Regina, che indietreggiò istintivamente. Assomigliava all’oscurità da cui Emma l’aveva salvata diventando la Signora Oscura al suo posto, ma era più densa, più scura. Più potente. Il tentacolo di contorse e si modificò come fosse liquido. Da una forma indefinita cambiò gradualmente, e in breve divenne una rosa completamente nera, priva di spine. Emma la fissava, un piccolo sorriso sulle labbra. Regina esitò. Forse aveva sbagliato qualcosa nell’incantesimo. Forse quella non era affatto Emma, ma solo l’Oscurità che aveva preso il suo posto. Eppure era assolutamente sicura di non aver sbagliato. Si era preparata per mesi. Aveva passato intere giornate e nottate a studiare per questo. No, quella era Emma. Glielo leggeva negli occhi, nel modo in cui si muoveva, in cui la guardava.

Prese la rosa, dalla consistenza strana come se fosse di vetro. Luccicava appena nel buio. Era bellissima.

«Resterai?» trovò il coraggio di chiederle. In fondo al cuore, sapeva che non avrebbe sopportato un “no” come risposta. Il sorriso di Emma si allargò mentre annuiva. Il sollievo che provò fu così intenso da farla vacillare. Poi un pensiero la colpì come un fulmine.

«Hook se ne è andato, e i tuoi genitori vogliono tornare nella Foresta Incantata, per iniziare una nuova vita.»

L’espressione di Emma non cambiò. Giusto: lei sapeva già tutto. La consapevolezza di essere stata osservata per tutto quel tempo portò un rossore bruciante sulle sue gote. L’aveva vista piangere per lei, urlare, odiarla per essersene andata, per averla lasciata sola.

«Okay, allora… immagino che andremo tutti lì» proseguì. Emma di sicuro voleva proteggere i suoi genitori, soprattutto in un posto pieno di pericoli di ogni genere come la Foresta Incantata, e lei non aveva alcuna intenzione di separarsi di nuovo da lei. Ma la Salvatrice scosse la testa sorridendo.

«Posso stare in molti posti contemporaneamente, ora che mi hai liberata. So che non vuoi tornare lì.»

Regina sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Di nuovo dovette resistere all’impatto del sollievo che provò. La Foresta Incantata era solo un mucchio di ricordi orribili mentre Storybrooke era casa sua, la casa che si era costruita sacrificando tutto ciò che aveva, all’epoca. Non voleva andarsene. A meno che…

«Non so cosa voglia fare Henry» mormorò, guardandola negli occhi. Lei sembrò intristirsi. «Sta male, da quando… ma ora che sei qui potresti incontrarlo. Credo che gli farebbe bene.» Era un eufemismo. Regina era assolutamente certa che Henry si sarebbe ripreso del tutto sapendo che sua madre era viva… o qualunque cosa fosse, l’importante era che fosse lì, con lui. Con loro. Dèi, non riusciva ancora a crederci.

«Non ho più motivo di nascondermi. Non vedo l’ora di vederlo, mi è mancato da impazzire. Tutti, mi siete mancati.» Lo sguardo che le rivolse era talmente intenso da farla arrossire. Non l’aveva mai guardata così.

Ma doveva chiederglielo ancora. Doveva averne la conferma, perché altrimenti sarebbe impazzita.

«Quindi sei tornata?»

Emma annuì.

«Sì, e non vi lascerò mai più soli.»

Fu come strappare via una diga. Regina sentì tutte le emozioni che era riuscita a tenere a bada fino a quel momento esplodere in un caleidoscopio di lacrime, e poi sentì le braccia di Emma attorno al corpo, lei premuta contro, i capelli che le sfioravano il viso. Alzò lo sguardo e la vide offuscata dal pianto, ma così vicina. Vide che piangeva anche lei. Sfiorò la sua corona, gelida come vetro al tatto, come la rosa che ancora stringeva tra le dita. Le sue dita si abbassarono a toccare i capelli biondi, che credeva non avrebbe mai toccato, e poi il suo viso, la pelle fresca e liscia, morbida. Quelle labbra troppo pallide, ma che non minavano la sua bellezza. Sembrava una dea, ed era sempre la sua goffa, impertinente, irritante Emma Swan. E, ora che era lì, non se la sarebbe più lasciata scappare. Qualcosa nel suo sguardo la spinse a dare corpo ai suoi desideri, quelli che aveva nascosto per anni e che poi aveva pianto nella solitudine della sua assenza.

Chiuse gli occhi e, finalmente, la baciò.

   
 
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