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Autore: Layla    12/08/2009    4 recensioni
-Non puoi scappare da ciò che non ha corpo!-
“Si che posso, è quello ch sto facendo!”
Urlò chiudendo istericamente il trolley con un gesto secco che risuonò come una fucilata nella stanza vuota.
Mentre percorreva il suo appartamento, ed afferrava le chiavi della macchina,diretto verso un posto ignoto, sentiva di stare dando addio a moltecose.
Ma il futuro? Il tanto decantato, il fottuto futuro, come sarebbe stato?
Ingranò la retro, uscì di nuovo dal lussuoso parcheggio sotterraneo, con un cd dei Green Day di sottofondo.
La strada ora era davanti a lui che si accese una sigaretta, ora era certo di una cosa.Era certo di non avere risposte, di essere solo una foglia in balia del vento della vita.
Solo.-

[SEQUEL DI "FRANCESCA"!! ]
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2)) RITORNO A CASA.

 

 

E svegliarsi la mattina tarata tata…

Francesca Girardi quella mattina si svegliò con una vecchia canzone degli Zero Assoluto in testa, e questo era quantomeno strano visto che non aveva mai sopportato quel gruppo, soprattutto da quando aveva letto in un articolo che erano stati paragonati per atmosfere e testi a Federico Moccia.

Pensare a lui bastò a farle aprire gli occhi di scatto, detestava i suoi libri, solo allora si accorse di avere un peso sulla pancia che dormiva beato.

Fu quello a strapparle il primo sorriso della giornata,Tom che dormiva.

Gli accarezzò una treccina, lui sbuffò nel sonno, lei trattene una risatina.

Era davvero bello averlo lì, era quasi come un sogno, il suo sogno che dopo anni si era realizzato.

-Frena Francesca Girardi, frena…-

Ricordare perché lui fosse li cancellò quella felicità istantanea, Bill era nei guai, grossi guai.

Bill non era come Jo, semplicemente su una brutta china, Bill era ormai un tossicodipendente.

A quella parola rabbrividì e controllò di non aver svegliato il ragazzo.

Avrebbe dovuto avere coraggio per affrontare quella situazione perché le sarebbe servito a non farsi intenerire da Bill  e a farsi odiare da Tom.

Avrebbe dovuto essere dura e sapeva che a volte Tom l’avrebbe contestata per eccessivo amore del fratello, pur sapendo che non faceva altro che aggravare la situazione.

Si prospettava un bel futuro, ma non importava, se quello era il prezzo per stare con lui l’avrebbe pagato.

-Sei cotta bambina, vero?-

Dovette convenire con la sua coscienza che era così, era cotta e felice di esserlo.

Si spostò delicatamente il ragazzo di dosso , voleva alzarsi e preparare la colazione per tutti e due senza svegliarlo.

Credette di essere riuscita nell’impresa così sospirò di sollievo, poggiò i piedi per terra, sul pavimento freddo che la fece rabbrividire.

Era  in cerca delle ciabatte, quando una mano la afferrò per il polso e la trascinò di nuovo a letto.

Si ritrovò il volto di un Tom mezzo addormentato che la guardava furioso con gli occhi gonfi di sonno, a torreggiare su di lei.

Le venne da ridere intuendo cosa stesse pensando,  tuttavia era anche lusingata e preoccupata allo stesso tempo per quell’ansia che trapelava da lui.

“Dove volevi andare?”

“A preparare la colazione…

Credevi sarei scappata lasciandoti nel mio appartamento?”

Inarcò un sopracciglio eloquente, lui arrossì facendola sorridere,

“Sono un cretino…

Lei lo attirò di nuovo a sé, lo sentì sorridere.

“Come siamo dolci…

“Taci stordito e ricominciamo questa mattinata decentemente!”

Lui si alzò sui gomiti, la guardò divertito e la baciò.

Lei ricambiò sorridendo, questo era decisamente un bel buongiorno per i suoi standard.

“Buongiorno Fay!”

“Buongiorno a te, Medusa.”

Lo baciò di nuovo, lui iniziò ad accarezzarle un fianco, lei gemette e si staccò.

“Cattiva.”

“Lo so.”

Si alzò mentre lui la guardava divertito, notò che era troppo pallido e le sembrò un fatto strano,da approfondire.

Lo osservò per un attimo, poi appoggiò le sue labbra sulla fronte di lui ,scottava.

“Hai la febbre….”

Mormorò Fay.

“No, sto bene…

Scostò le coperte e si alzò, ma un improvviso capogiro lo fece tornare immediatamente seduto.

La ragazza salì di nuovo sul letto e gattonò fino alle sue spalle, per poi abbracciarlo e appoggiare la testa sulla sua spalla.

“Hai la febbre zucca dura.

Non c’è niente di male, sei stato fuori al freddo e al gelo per un po’ ieri!”

Lui sbuffò, sebbene poi avesse accettato di buon grado che lei lo facesse stendere sotto le coperte e lo coprisse come se fosse una mammina.

“Vado a prendere il termometro.”

Gli diede l’ennesimo bacetto e poi sparì nel bagno.

Quando tornò lui guardava il soffitto.

“Grazie Fay…

“Di niente, ora vado a preparare una colazione decente, tu da bravo bambino adesso ti provi la febbre”

Non era abituato a questo lato dolce di se stessa, però ci stava prendendo gusto, sperando di non soffocarlo.

Preparò due caffè forti, recuperò due brioches da scaldare nel microonde e si accese una sigaretta.

Senza accorgersene iniziò a canticchiare “Boys don’t cry” dei Cure, la canzone preferita di suo padre, ricordava abbastanza chiaramente le luminose domeniche d’estate in cui la mattina si svegliava e lo trovava a canticchiarla in cucina.

Era uno di quei rari attimi in cui tutto sembrava andare bene…

[I can't go on
You said my head's too heavy
I need that song(*)]

Scostò la tendina della finestra, una spessa coltre di neve copriva le strade in quella domenica veneziana, il sole e il caldo erano ben lontani, così come la sensazione che tutto andasse bene.

-…Perché Francè, la verità una sola è….tu e Tom siete come quegli sfigati del Titanic che ballavano mentre la nave andava a fondo….Volete ignorare il fatto che Bill ha già scelto e non tornerà indietro!-

 “Zitta!” ringhiò accendendosi una sigaretta.

Non poteva accettare l’idea che il suo amico sarebbe colato a picco,  era fuori dalla sua visione delle cose.

Francesca Girardi non si affezionava facilmente alle persone, ma se qualcuno riusciva ad entrare nella sua vita e nel suo mondo trovava in lei una persona su cui contare, una che non avrebbe mai mollato un amico nei guai.

Lei aveva imparato presto a lottare e se valeva la pena farlo per una persona era disposta a mettersi in gioco fino in fondo, fino a finire lei stessa nei guai.

Era il suo carattere leale ed idealista, non poteva farci nulla.

Il caffè era pronto, spense la moka, stava per versarlo in una tazza per diluirlo con del latte quando un rumore attirò la sua attenzione.

Un tonfo per la precisione.

Sudore freddo iniziò a colarle lungo la schiena e corse in corridoio, conscia di quello che avrebbe trovato.

Tom era caduto per terra, ovviamente non l’aveva ascoltata, era rimasto a letto per un po’ per poi provare a raggiungerla.

“Ehi Medusa testarda, ti sei provato la febbre?”

Scosse la testa.

“Ok, non fa niente.

Adesso ti aiuto ad alzarti ed andiamo a  letto.”

Lo prese per le spalle, lui la trascinò a terra con lui.

“Mi sento così inutile Fay.

Così fottutamente inutile.”

Mormorava in continuazione quelle parole contro il suo collo mentre la stritolava in un abbraccio che sapeva di frustrazione.

[those trusty chords could pull me through
and early on (*)]
“Ti capisco…”gli accarezzava i capelli”Ma per aiutarlo devi prima guarire tu.

Tom sei febbricitante, lasciati curare.

Ti prego!”

Lui si lasciò trasportare a letto, mettere di nuovo sotto le coperte e ficcare un termometro sotto l’ascella destra, senza mollarle mai la mano.

“Non scappo.

Non scapperò mai più, ok?”

Lui sembrava non sentirla, immerso nei suoi deliri.

Il termometro segnava la temperatura corporea di trentanove gradi.

“Hai un bel febbrone…”mormoro contrita.

Si alzò a prendere una medicina e dell’acqua.

Lui intanto parlava da solo, chiamava qualcuno o qualcosa,Fay non fece  fatica ad immaginarsi chi e perché.

Quando tornò, dopo aver deposto sul comodino un bicchiere in cui aveva sciolto un’aspirina, lo calmò abbracciandolo.

“Non lasciarmi.”

“Non lo farò.”

Si staccò da lui sorridendo e gli porse la medicina.

“Prendi questo, ti farà bene.”

Lui inghiottì senza opporre resistenza, poi ricadde pesantemente sul materasso, stremato.

“Lui sta male…

E io….L’ho lasciato solo…Io sono una persona indegna.”

“Non lo sei…

Credimi non lo sei.”

Le faceva male vederlo così, avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter cancellare quel dolore,ma non poteva.

Non poteva tornare indietro e cancellare il passato.

Non poteva impedire a Bill di fare quello che stava facendo.

Non poteva fare nulla, al momento.

L’unica cosa che potesse fare era sostenere lui, trattenendo le proprie lacrime.

Lui stava facendo la cosa giusta, forse solo per istinto.

Aveva letto da qualche parte che i tossicodipendenti accettavano di essere aiutati solo dopo aver raggiunto il fondo, dopo aver capito che continuando così non avrebbero raggiunto nulla.

Per Bill stare senza il fratello era il fondo e per Tom anche.

[they saw the warning signs and symptoms all day long(*) ]
-E io mi sento colpevole e so che è stupido.

M il senso di colpa…

Non è razionale…-

Tom l’aveva capito questo?

Non lo sapeva,però non era una cosa che potesse dirgli lei, l’aveva intuito.

Solo Tom poteva dirsi e accettare quella verità, se lei gliel’avesse detto avrebbe rischiato di allontanarlo e di sbagliare, perché alle orecchie del rasta sarebbe suonata quanto di più vicino ci fosse a una bestemmia.

“Non mi lasciare, almeno tu…ti prego.”

Il caffè poteva andarsene al diavolo, idem la colazione, davanti a quella supplica.

“Io sono qui.”

Le fece segno di sdraiarsi accanto a lui, lei annuì e si infilò sotto le coperte, lui la strinse immediatamente a sé.

“Perché ?

Perché Fay?

Perché mi ha escluso?”

“Non lo so, Tom.

Solo lui può saperlo credo, ma non è tutto perduto.

Ce la faremo, non sei solo, ricordatelo!”

Lui annuì, poi si picchiò lentamente una mano sulla fronte.

“Devo chiamare Gustav.”

“Stai calmo, lo faccio io.”

Grazie…

Mormorò lui accoccolandosi meglio contro di lei, era troppo fragile in quel momento, se ne rese conto con un brivido di paura, mentre afferrava il cellulare.

Digitò rapida il numero del biodo, lui rispose al secondo squillo.

“Ehi Fra!”

“Ehi. Qualche novità?”

“No, nessuna…

Sembra sparito nel nulla, credo abbia lasciato Amburgo.

Tu come stai?”

Insomma….”

“Quando partite?”

“Credo tra un paio di giorni.”

“Complicazioni per il tuo bagno nel canale?”

L’ironia di Gustav le strappò un sorriso.

“Più o meno, devo fare una visita per vedere se il mio trauma cranico è andato a posto e poi…

Tom si è preso un febbrone da cavallo.

Appena starà meglio saremo da voi.”

“D’accordo, qui noi continuiamo….

È grave la situazione di Bill?”

“Abbastanza, ma ve la racconterà Tom.”

Lui rimase un attimo in silenzio.

“E tra voi?”

“Va bene Gustav, siamo quasi una coppia, per noi puoi metterti il cuore in pace.

Ti prego, non smettete di cercarlo…

È importante.”

“Lo so Fra, so che Tom non l’avrebbe mai abbandonato se non per una cosa molto grave.

Ti avviso se dovessimo scoprire qualcosa.”

“Grazie, davvero.

Ora ti saluto, sono preoccupata per Tom.”

“Curalo da brava crocerossina”

Fece una breve risata.

“Giuraci, ciao bello!”

“Ciao. A presto!”

Chiuse la chiamata.

“Niente buone notizie vero?”

“Purtroppo è così.”

Lui si incupì, lei lo strinse a sé.

Il tempo passava, lui era caduto in un sonno pesante, lamentandosi e aumentando la presa ogni qualvolta che le allucinazioni prodotte dalla febbre si facevano più violente.

Era così frustrante essere lì e non potere fare nulla.

Troppo dannatamente frustrante.

[we sit and dream of better days
where we'd hit the ground running on empty
stories we've been told(*) ]

Era sdraiato a letto, accoccolato contro una preoccupata Fay, che lo accarezzava dolcemente cercando di calmarlo.

Si sentiva la testa pesante e nello stesso tempo si sentiva andare a fuoco.

Dannata febbre.

Era così frustrante, essere lì in un inutile letto quando sentiva che il suo gemello non stava bene.

Una parte di lui sapeva che comunque partire adesso senza Fay, non avrebbe risolto nulla, ma quella più impulsiva ed irrazionale gli diceva che non avrebbe mai dovuto lasciare Bill da solo.

Il senso di colpa lo tormentava anche per quella felicità che aveva provato ieri sera e che gli sembrava lontana ed in qualche modo sporca.

-Hai abbandonato tuo fratello per lei….

Vergognati!-

C’era una voce che urlava di continuo queste cose nella sua testa, forse aveva ragione, se fosse tornato subito…

-non sarebbe cambiato nulla e adesso vi stareste ancora rovinando la vita a vicenda, così invece hai creato una rottura.

Qualcosa da cui ripartire….-

“Vi prego lasciatemi dormire….sono stanco…

Fay sobbalzò a quelle parole e lo strinse più forte, questo bastò a fare tacere i due litiganti che c’erano nella sua testa.

Forse era stato tutto un errore venire da lei, ma averlo fatto era stato il migliore errore della sua vita.

Era felice di averla di nuovo tra i piedi, era un dato di fatto.

[and all those nights we spent together never felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time(*)]

Con questa consapevolezza cadde in un sonno profondo e in qualche modo denso e pesante causato dalla febbre.

All’improvviso era di nuovo a casa sua, a Loitsche, ed era di nuovo bambino.

Guardava con un misto di meraviglia e terrore le sue mani di nuovo piccole, infantili.

-Dio se solo fosse possibile, quante cose potrei cambiare….-

Non era mai stato un tipo nostalgico, ma quel giorno si sentiva diverso, vedeva errori ed eventi da cambiare nella sua vita.

Si riscosse e si guardò intorno, era nel giardino di casa sua, che però sembrava deserta, come se nessuno vi mettesse più piede da anni.

All’improvviso sentì un pianto provenire dall’angolo più lontano del prato, la curiosità lo portò a vedere chi fosse, ma man mano che si avvicinava sentiva un’ansia crescergli dentro.

Lui sapeva a chi apparteneva quel pianto.

Bill…

Lo trovo rannicchiato vicino ad un cespuglio, i corti capelli biondo scuro che gli ricadevano sul viso bagnato di lacrime.

“Bill.”

Alzò la testa.

“Vattene, non ti voglio!

Tu sei cattivo!

Tu mi hai tradito!”

Si avvicinò a lui, guardandolo spaventato, gli occhi gli si stavano riempiendo di lacrime.

“vattene ti ho detto!”

Si accucciò accanto a lui titubante, perché Bill aveva detto quelle cose?

“Perché?”

“Perché io stavo male e tu te ne sei andato!

Mi hai abbandonato!”

Lui deglutì, le lacrime iniziarono a scendere copiose.

“Io non ti ho abbandonato, tu mi hai cacciato via.

Io volevo rimanere!”

“E perché non sei tornato?”

Lo abbracciò senza sapere cosa dire, voleva solo che capisse che lui non l’aveva tradito, ne abbandonato.

“Vattene!”urlava contro il suo collo.

“Ti odio!

Ti odio!”

Poi scoppiò a piangere, Tom si sentì meglio, era come aver ritrovato il fratello.

Come avere ottenuto il suo perdono.

All’improvviso la stretta del bambino divenne  troppo forte, l’aria iniziava a mancargli.

“Bill, non respiro!”

Tentò di staccarsi e si accorse con orrore che il gemello era diventato un mostro pieno di tentacoli che gli sorrideva maligno.

“Credi davvero che ti lascerò andare così facilmente Tomi?”

“Chi sei tu? Dov’è mio fratello?”

“IO sono Bill, Tomi!”

Nooooooo!”

“Si e tu sarai sempre con me!

Ce ne andremo insieme  nella notte!”

“Lasciami! Tu non sei Bill, tu sei quello che me lo ha rubato!

Ridammi mio fratello!”

“No Tomi, io sono tuo fratello!”

La cosa ghignò e lo strinse sempre di più a se, non riusciva a liberarsi!

Non poteva essere inglobato da quel mostro!

Noooooooo!”

[i cant go on these limbs have grown to heavy
i need that song a night on earth could pull me through
and early on(*)]

Si svegliò urlando, Francesca non era più accanto a lui, si alzò freneticamente per andarla a cercarla, ma non riusciva a coordinare bene i movimenti.

Fu vagamente consapevole di una porta che si apriva e di qualcuno che entrava e che diceva qualcosa in tono concitato in italiano.

Non era Francesca, cosa era successo?

“Dov’è Francesca?”

Alzò gli occhi, una donna sulla cinquantina lo fece stendere di nuovo a letto contro la sua volontà, poi prese una sedia e la spostò accanto al letto.

Prima di sedercisi sopra, lo ammonì con un’occhiata che bastò a farlo smettere di agitarsi, l’unica che fosse riuscita in quel miracolo oltre a Girardi era stata la sua professoressa di tedesco del liceo.

“Sei tedesco?”

Chiese in un tedesco mitigato dall’accento italiano.

“Si, lei chi è?”

“Mi chiamo Miranda Falcon, sono stata un’insegnante di tedesco fino a l’anno scorso e sono una vicina di casa di Francesca.”

“Dov’è?”

La donna sospirò.

“L’ha chiamata il suo datore di lavoro per chiarire alcune questioni urgenti e mi ha chiesto di darti un’occhiata visto che stavi poco bene.

Torna immediatamente.”

Tom s’incupì, poi la vocina razionale gli fece presente che forse doveva giustificare almeno la malattia per il trauma cranico e poi il licenziamento, ma non poté fare a meno di sentirsi quasi tradito.

“Sei il ragazzo di Francesca?”

La domanda della donna lo strappò alle sue farneticazioni.

Bho, cioè sono solo un amico.”

“Si, sei il suo ragazzo, dopo anni di esperienza so riconoscere un innamorato reticente !”rise lei.

Il silenzio calò tra di loro.

“Signora cosa farebbe lei se una persona a cui tiene molto la allontanasse per proteggerla dai suoi problemi?

E così facendo le avesse fatto ritrovare una persona importante?”

“Credo la ringrazierei e mi impegnerei a fondo per aiutarla, perché ha cercato di fare qualcosa per me, anche se forse voleva solo mettermi alla prova.”

“mettermi alla prova?”

“si. Vedere se la amavo abbastanza da tornare.”

Si incupì.

“Tornare è un errore a volte, qual è il problema di questa persona?”

“Mio fratello si droga.”

La donna tacque.

“Hai fatto bene a venire da lei, allora.

Spesso parlare  o essere aiutati da qualcuno che non è così coinvolto emotivamente come un fratello, può aiutare chi fa uso di droghe.”

“Lo spero.”

La donna appoggio le mani sulle sue.

“Francesca è una brava ragazza, ma è anche una tosta.

Avrei odiato averla come alunna, ma l’avrei rispettata perché non molla.

Ti aiuterà, abbi fiducia in lei ….e in te stesso.

Non sentirti colpevole se tuo fratello si droga, la scelta è stata sua e consapevole, tu non avesti potuto fermarlo .”

“Come fa a esserne sicura?”

“nella maggioranza dei casi è così, cercavo solo di farti capire di non ascoltare troppo il tuo senso di colpa, se dovrai prendere delle decisioni drastiche o difficili.”

“D’accordo.”

[they saw the warning signs and symptoms all day long
wonder how far from here we'll fall

before we hit the ground running on empty
stories we've been told
(*)]
La porta di casa si aprì poco dopo, una trafelata Francesca li raggiunse in camera e si illuminò vedendolo sveglio.

Si buttò sul letto, lui le prese il viso tra le mani e la attirò a sé.

Lei sorrise imbarazzata, mentre la baciava con foga, gli era mancata.

Quando si staccò aveva ancora le mani sulle sue guance.

Bensvegliato?”.

“ Ho avuto un incubo.”

“Vi lascio soli, ciao Francesca.”

“Arrivederci professoressa e …grazie.”

“Prego!”

La donna uscì dalla stanza e poi dall’appartamento, Fay tornò a guardarlo interrogativa.

“vieni qui sotto, si sta bene e …mi sei mancata.”

La ragazza si svesti velocemente fino a rimanere in intimo, lo guardava curiosa, incredula.

“Si Nana, se non ci sei mi manchi.

Non farmelo ripetere!”

Aaaah Medusa, tu e la gentilezza non sarete mai amici…

Si infilò sotto le coperte, lui la strinse a se, ora stava decisamente meglio.

“Ho paura di aver tradito Bill, Fay.

Ma adesso sono certo che quello fosse l’unico modo per salvarlo e per dargli una scossa.

Spero di non sbagliarmi.”

Lei lo baciò dolcemente, mettendosi sopra di lui.

“Non ti stai sbagliando, non sei solo a combattere questa battaglia, te l’ho già detto.”

Lui la baciò di nuovo, poi scese a baciarle dolcemente il collo.

“Hai la febbre.”

“Non mi importa.”

Passò a baciarle la clavicola.

“Ok hai vinto.”

Ghignò soddisfatto riprendendo a baciarla e mordicchiarla, lei ormai che ormai si era arresa  inizio a gemere ed ad accarezzarlo e poi a ricambiare.

Non era del tutto convinto delle sue azioni, ma parte delle incertezze di prima erano sparite.

Aveva lei, lei che lo aveva accettato di nuovo dopo anni, quando avrebbe potuto mandarlo al diavolo senza sforzo e che aveva accettato di aiutarlo.

Lei che lo aveva coccolato, curato, consolato senza giudicarlo.

Lei che lo amava.

Lei che adesso lo stava facendo gemere con le sue carezze e i suoi baci, come nessun altra era riuscita a fare prima.

Lei che voleva disperatamente trattare bene in tutti sensi, senza farla sentire usata o come se fosse  lo sfogo di un momento.

Non volere che l’altro soffra per te, non volere vederlo triste era un sintomo dell’amore?

-Se la risposta è si, ti amo Nana…

Un giorno te lo dirò…spero-

[and all those nights we spent together never felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time (*)]

[There she goes with the pieces from my heart(**)]

Amore.

Farid Schmit si chiese se sapesse cosa fosse l’amore e se l’avesse mai provato, l’unica risposta che ottenne fu un lungo silenzio di quella coscienza che dopo anni di tentativi falliti ancora si ostinava a rimproverarlo.

Amore.

Credeva di averlo provato per una ragazza dai lunghi capelli neri che si chiamava Francesca e che lo aveva rifiutato senza concedergli una seconda possibilità ne per pietà ne per paura.

Credeva che una volta scoperto cosa fosse capace di fare per prendersi ciò che considerava suo ed eliminare chi lo intralciasse nei suoi piani come Josh lei sarebbe caduta ai suoi piedi, almeno per paura di incorrere nella sua ira.

Non era successo, la ragazza oltre alla gelida indifferenza aveva aggiunto un odio feroce.

Era stato il suo primo errore di valutazione, probabilmente.

Il secondo era connesso con lei e non era del tutto un errore, una parte di lui la giudicava così un ‘altra soffriva ancora a distanza di due  anni per quel che era successo.

Aveva perso sua sorella e la sua ragazza per colpa sua, per quella brama di potere che aveva.

Si rimproverò per aver usato il verbo perdere, sapeva di scelta definitiva ed irrevocabile, sapeva di morte, ma Leila e Shirin erano ancora vive.

Eppure…

Sapeva benissimo che era come se non lo fossero, quello che aveva fatto l’aveva reso un essere disgustoso ai loro occhi, l’aveva ucciso in certo senso.

Non sapeva cosa gli stesse succedendo quella sera, di solito non permetteva al passato di emergere in modo così minaccioso da trascinarlo quasi via con se.

Forse era la pioggia sottile che cadeva fuori dalla vetrina di quel bar moderno e scintillante di acciaio e vetro in cui si trovava che gli evocò i fantasmi di mille altre serate come quella , trascorse in compagnia di Leila.

Pensare a lei fu doloroso, doloroso era il ricordo dei suoi occhi l’ultima volta che l’aveva vista.

I suoi occhi così uguali ai suoi, che tante volte l’avevano guardato con affetto ed adorazione, erano stati duri, come se per la prima volta vedessero chi fosse suo fratello, chi fosse lui.

Rabbrividì ed ingoiò un sorso di birra.

Aveva sempre considerato sua sorella la persona più importante della sua vita, quella che gli sarebbe stata sempre accanto, invece era riuscito ad allontanare persino lei.

Che torto poteva darle?

Nessuno.

[There she goes and now my teardrops start(**)]

Lui avrebbe dovuto ascoltare quella vocina che gli diceva di continuare ad ignorare Shirin nonostante fosse ogni giorno più bella e palesemente cotta di lui.

Shirin era al sorella del suo migliore amico e la miglior amica di Leila e aveva sempre saputo che era innamorata di lui, per via di quell’aura da eroe ribelle che si portava addosso.

Farid era sempre stato furbo ed ambizioso allo stesso tempo, non gli bastava essere lo spacciatore ricco del quartiere, voleva anche che la gente lo rispettasse dimenticandosi della droga, trattandolo come un eroe.

Ci era riuscito, l’unica a non cascarci era stata l’italiana.

Più Francesca lo rifiutava, più si avvicinava a Shirin

Ricordava i loro appuntamenti, i loro baci e lei che si lasciava mettere le mani sotto la maglietta senza protestare, senza pretendere.

Arrivò Leila a scuoterlo, dicendogli di fare una scelta e lui le aveva obbedito.

Scelse Shirin senza esserne del tutto convinto, le voleva bene, ma non l’amava quanto lei amasse lui.

Durò un po’, furono due anni belli, in cui gli sembrava di stare finalmente bene, almeno fino a che il destino non si era messo in mezzo.

-Cmodo dare la colpa al destino, la verità è che il colpevole sei tu.

Tu e il tuo scarso coraggio.

Tu e la tua brama di potere.

Tu e il tuo cazzo di Egoismo.-

Il destino si era palesato in una gravidanza indesiderata di Shirin, ricordava ancore le lacrime della ragazza mentre glielo annunciava durante una passeggiata al parco.

Farid io sono incinta!”

Cosa aveva sentito dopo quelle quattro semplici parole?

Una scintilla di gioia sommersa dalla paura.

“devo pensarci, Shirin…

Questa era stata la sua risposta seguita da una fuga precipitosa dal parco verso il bar, dove si era sbronzato.

Non seppe mai di preciso cosa si lasciò sfuggire durante quel discorso incoerente da ubriaco, quel che accadde in ogni caso fu di essere convocato a casa dell’uomo che gestiva il traffico della droga a un livello più alto del suo.

Lui lo chiamava il Boss nelle sue fantasie.

Aveva persino paura a pronunciare il suo nome perché sapeva che quell’uomo era un demonio senza pietà che non andava mai contraddetto se si voleva continuare a vivere .

Aveva dovuto ubbidire anche se farlo gli costò fatica e dolore.

Aveva Dovuto farlo per lui e per Shirin stessa.

-Per te più che altro.-

Gli ordini dell’uomo erano stati chiari, non voleva neo padri tra i suoi, quindi la sua donna doveva abortire.

Fu allora che si rese conto che dopo tutto il figlio di Shirin lo voleva, quando ormai fu troppo tardi.

Comunicarlo a lei non fu facile.

Ci furono pianti, ci furono liti, ci fu persino un Dave furioso che faceva a botte con lui.

Si portò una mano sulla guancia, quei colpi e quelle parole facevano male ancora adesso, David non aveva voluto capirlo ne ascoltarlo.

Alla fine Shirin abortì, ma l’amore che lei provava per lui era morto con quel figlio.

Quando l’aveva riaccompagnata a casa aveva ricevuto solo una porta sbattuta in faccia, nemmeno un addio.

Sapeva di meritarselo.

Sapeva di averla ferita e di aver deluso Leila.

La sorella non aveva più voluto parlargli, si era occupata solo di Shirin, di farla rimanere viva.

[And `ere I go once again
Tru deese loonely `eartaches and pain
That`s all remain all remain(**)]

-E dovresti ringraziarla per questo, perché eri tu quello che ha fracassato il mobilio del bar quando hai saputo che ha tentato di suicidarsi e Leila l’ha acchiappata per le penne.

La verità è una sola, tu sei innamorato  i lei, della ragazzina che un tempo ti adorava e che ora ti odia.

Sei patetico Farid.

Leila è la vera vincente.

Lei è fuori da questo schifo e può aspirare a una vita fuori da questo cesso di quartiere che non sia in un carcere, tu no.

Se ti beccano sei fottuto, amico.-

Farid?”

Mark gli battè sulla spalla, Farid lo incenerì con un’occhiata, quel biondo mirava a fargli le scarpe e prendere il suo posto, seminando discordia tra i suoi ragazzi.

Mark voleva che lui agisse per mettere a tacere Leila che ultimamente cercava di proteggere  la gente su cui loro si comportavano da bulli, lui non voleva.

Non avrebbe mai attaccato la sorella a meno che il Boss lo ordinasse.

“Cosa c’è Mark?”

“è ora di andare al lavoro…

Stasera c’è una celebrità al solito posto.

Bill Kaulitz.

E sembra interessato a ciò che abbiamo da offrirgli.”

Farid sorrise.

[Who`s gonna put back the pieces to my broken heart
Once again once again now I know this could be the end
And she gone with the pieces of my heart
There she goes and now my teardrops start(**)]

 

Francesca sorrise, dopo due giorni Tom sembrava stare meglio e lei aveva sistemato il lavoro e la sua visita per il trauma cranico che risultava perfettamente riassorbito.

Potevano finalmente partire per la Germania,lui era contento, quasi euforico, di sicuro iperattivo.

Non riusciva a stare fermo, si muoveva da una stanza all’altra come una trottola, fino a farle venire mal di testa, quella scena le sembrava di averla già vissuta.

In un attimo il flash back la colpì.

Era stato quando si era trasferita dalla Sicilia alla Germania, Andrea si era  comportato allo stesso modo, ecco spiegato il tutto.

“Ehi Fay! Che hai?”

Sorrise.

“Nulla, tra poco preparo le valigie.”

Lui la guardò negli occhi, concluse che qualsiasi pensiero non gli avesse detto non era importante e la baciò e per l’ennesima volta si ritrovò a pensare che era bello  tutto questo.

Troppo bello, da averne quasi paura perché era più di quello che avesse mai sognato.

“Allora, che hai?”

“Niente, mi hai ricordato Andrea, tutto qui.

Adesso fammi preparare le valige,sennò non partiremo mai dopo pranzo!”

Lui annuì , lasciandola lavorare in pace, fare le valige non era mai un lavoro del tutto indolore, altri ricordi le tornavano sempre alla mente.

-è buffo come tre anni della mia vita entrino senza sforzo in poche valige.

Buffo.-

Entro l’una aveva finito tutto, quando un ancora un po’ pallido Tom venne ad avvisarla che aveva arrangiato un pranzo.

“Wow! Che bravo ragazzo!”

“Lo so lo so….modestamente so fare tutto e sono perfetto!”

“Perfetto da prendere in giro quando fai queste sparate….”

“Non cambi mai Fay, eh?”

“Nemmeno tu!”

Mangiarono ridendo e scherzando, per tenere a bada la tensione che stava crescendo lentamente tra di loro, non era un normale pranzo tra due normali ragazzi.

-è come l’ultima cena, Fra….

Da domani sarà tutto diverso, cambierai nazione, situazioni, tutto e lo sapete entrambi.

Sei pronta?-

Si lo era o si credeva tale, non importava.

Una volta lavati i piatti e messe via le ultime cose, realizzò davvero che quell’appartamento non sarebbe più stato suo.

Non era più il suo rifugio, il posto che l’avrebbe accolta.

Ora doveva affrontare le cose di nuovo, doveva tornare a lottare.

“Andiamo Fay?”

Annuì, chiuse la porta a chiave, con un groppo in gola.

“Tutto bene?”

Lui le arrivò alle spalle e la abbracciò.

“Si, solo mi mancherà questa casa.

Tutto qui.

Ma adesso….Andiamo, ok?”

Si staccò e gli sorrise.

“E guido io!”

“Ma sei scema? Non ti cedo la mia macchina!”

“Perché? Non sei ancora dl tutto guarito!

Ti stancheresti!”

Tom affondò le mani nelle tasche e strinse in un morsa di ferro le chiavi.

“NO.”

“Ma.

“no no no e ancora….no!”

Continuarono a litigare fino all’imbarco del vaporetto e poi sopra l’imbarcazione.

La gente continuava a ridere divertita dalla faccia mortalmente seria di lui e da quella sempre più arrabbiata di lei, sembravano due sposini in luna di miele.

A questo pensiero arrossì e tacque, passando istantaneamente dalla posa mani sui fianchi a quella delle braccia mollemente lasciate andare lungo i fianchi tipica della resa.

“Ah! Ho vinto io Nana!

Le mie argomentazioni si sono rivelate vincenti!”

Non le aveva nemmeno ascoltate.

“No, hai vinto perché io ti ho lasciato vincere, Medusa!”

Lui rise, si avvicinò a le avvolse le braccia intorno al collo sorridendo.

“Sicura?”

Fece strofinare i loro nasi.

“Si.”

Le diede un innocente bacio a stampo.

“permalosa.”

“Io non sono permalosa, hai capito?”

Lui alzò un sopracciglio eloquente.

“Ok, lo sono!

Ma tu hai scelto di che morte morire!”Concluse in italiano.

Lui fece una smorfia buffa.

“Non so perché, ma quello che mi hai appena detto anche se suona dolce non lo è.”

Fu il suo turno di fare una smorfia buffa.

“Impara l’ italiano!

Io il Tedesco l’ho imparato!””

Scoppiò a ridere.

Sbarcarono dal vaporetto sorridendo, litigarono un altro po’ davanti alla macchina, alla fine dovette cedere, Tom non le avrebbe mai consentito di guidare la sua preziosa macchina.

Partirono sotto un cielo ancora un po’ nuvoloso, la conversazione finì per smorzarsi e poi troncarsi presto, entrambi erano presi dai loro pensierii.

Il ragazzo sicuramente pensava al fratello, lei anche ad altre cose, provava un’acuta sensazione di déjà-vu.

Ricordava un altro viaggio fatto lungo quelle strade, quello dalla Sicilia alla Germania di sei anni prima, ricordava cosa aveva pensato allora.

[-Posto di merda…

È freddo…Voglio il sole!

Voglio la Sicilia!

…..Voglio mio padre….-

 Guardava fuori dal finestrino con Andrea addormentato sulla sua spalla , mentre Luca a sua volta osservava il paesaggio dall’altro finestrino in silenzio.

Avrebbe voluto dire quello che provava al fratello,ma era rimasta zitta, non voleva mostrarsi debole, non voleva analizzare i suoi sentimenti.]

Quante occasioni come quella aveva sprecato?

Anche con Bill era stato lo stesso?

Sospirò.

Tom le rivolse un’occhiata, poi rinunciò a chiedere a chi avesse pensato, era al stessa persona che occupava i suoi pensieri.

Solo una volta aveva pensato a Bill quando aveva percorso quella strada in senso inverso per andare a Venezia tre  anni prima.

Era stato quando era il cd era arrivato al ritornello di “Pet sematary” dei Ramones.

Ricordò che quando Bill aveva sentito quella canzone per la prima volta, a casa sua a  Loitsche aveva scosso la testa per aver trovato una canzone del genere tra i suoi file musicali, forse secondo lui  poco adatta a una ragazza, dicendole che però quella canzone gli piaceva.

Era stato dolce comunque, lei no.

“I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.
I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.”(***)

“Che canzone è?” Questo era Tom

Pet  Sematary, dei Ramones.

Mi ricorda tuo fratello.”

“Capisco.”

Mormorò senza tuttavia capire davvero, non condividendo con loro quel ricordo,dopo tornò il silenzio.

Quando arrivarono finalmente all’appartamento di Tom erano entrambi stanchi, nonostante la pausa per la cena e il fatto che alla fine Fay fosse riuscita a spuntarla e a guidare per l’ultimo pezzo di strada.

Varcarono la soglia dell’ abitazione dove fino a qualche giorno prima c’era anche Bill con una sorta di timore, Tom evitò di guardare in salotto per  fiondarsi subito sotto la doccia.

Lei si buttò a letto, a disagio , sentendosi un’estranea.

Probabilmente si addormentò, perché si ritrovò a fronteggiare un Tom con solo un asciugamano intorno alla vita che la scuoteva divertito poco dopo.

“Il bagno è libero Fay.”

“grazie!”

Arrossì dandosi della cretina, poi anche lei  si fece un’agognata doccia.

Una volta uscita dal bagno si accorse che lui già dormiva,rannicchiato su se stesso come un bambino.

Si sedette sul letto a guardarlo, intenerita, lui aprì gli occhi di scatto poco dopo.

“Odio che mi si guardi dormire, anche se sono davvero bello…

Lei alzò gli occhi al cielo.

“Vieni qui dai!”batté la mano accanto a lui.

Lei ubbidì sospirando.

“Sono un bel peluche?”

“Un bellissimo peluche!”ghignò lui”soprattutto quando mi asseconda!”

Ridacchiò mentre lui l’abbracciava, poco dopo crollò addormentato.

Domani sarebbe stata una lunga giornata.

[E mi resta un sogno che
Raccontava anche di te
Rivedevo i giorni miei
Tempi in cui eravamo dei(****)]

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Eccoci con il secondo capitolo, non so bene cosa dire…

Solo spero vi piaccia e non sia troppo dolce o deconcentrante rispetto alla faccenda di Bill.

Vi dico le canzoni.

(*)”Warbrain” Alkaline Trio

(**)”There she goes”Bob Marley

(***)”Pet SemataryRamones

(****)”Alba Fragile (Ultima Notte Sulla Terra)”Timoria

Ho sonno, quindi ringrazio per le recensioni

 

Big Angel Dark

 

_Pulse_

 

Hana turner

 

Black Down Th

 

Per le recensioni all’ultimo capitolo di“Francesca“ ringrazio in ritardo

 

Hana Turner

 

Tushi Und Dark

   
 
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