2)) RITORNO A CASA.
E
svegliarsi la mattina tarata tata…
Francesca
Girardi quella mattina si svegliò con una vecchia
canzone degli Zero Assoluto in testa, e questo era quantomeno strano visto che
non aveva mai sopportato quel gruppo, soprattutto da quando aveva letto in un
articolo che erano stati paragonati per atmosfere e testi a Federico Moccia.
Pensare
a lui bastò a farle aprire gli occhi di scatto, detestava i suoi libri, solo
allora si accorse di avere un peso sulla pancia che dormiva beato.
Fu
quello a strapparle il primo sorriso della giornata,Tom che dormiva.
Gli
accarezzò una treccina, lui sbuffò nel sonno, lei trattene una risatina.
Era
davvero bello averlo lì, era quasi come un sogno, il suo sogno che dopo anni si
era realizzato.
-Frena Francesca Girardi, frena…-
Ricordare
perché lui fosse li cancellò quella felicità istantanea, Bill era nei guai,
grossi guai.
Bill
non era come Jo, semplicemente su una brutta china, Bill era ormai un
tossicodipendente.
A
quella parola rabbrividì e controllò di non aver svegliato il ragazzo.
Avrebbe
dovuto avere coraggio per affrontare quella situazione perché le sarebbe
servito a non farsi intenerire da Bill e
a farsi odiare da Tom.
Avrebbe
dovuto essere dura e sapeva che a volte Tom l’avrebbe contestata per eccessivo
amore del fratello, pur sapendo che non faceva altro che aggravare la
situazione.
Si
prospettava un bel futuro, ma non importava, se quello era il prezzo per stare
con lui l’avrebbe pagato.
-Sei cotta bambina,
vero?-
Dovette
convenire con la sua coscienza che era così, era cotta e felice di esserlo.
Si
spostò delicatamente il ragazzo di dosso , voleva alzarsi e preparare la
colazione per tutti e due senza svegliarlo.
Credette di essere riuscita nell’impresa così sospirò
di sollievo, poggiò i piedi per terra, sul pavimento freddo che la fece
rabbrividire.
Era
in cerca delle ciabatte, quando una mano
la afferrò per il polso e la trascinò di nuovo a letto.
Si
ritrovò il volto di un Tom mezzo addormentato che la guardava furioso con gli
occhi gonfi di sonno, a torreggiare su di lei.
Le
venne da ridere intuendo cosa stesse pensando,
tuttavia era anche lusingata e preoccupata allo stesso tempo per
quell’ansia che trapelava da lui.
“Dove
volevi andare?”
“A
preparare la colazione…
Credevi
sarei scappata lasciandoti nel mio appartamento?”
Inarcò
un sopracciglio eloquente, lui arrossì facendola sorridere,
“Sono
un cretino…”
Lei
lo attirò di nuovo a sé, lo sentì sorridere.
“Come
siamo dolci…”
“Taci
stordito e ricominciamo questa mattinata decentemente!”
Lui
si alzò sui gomiti, la guardò divertito e la baciò.
Lei
ricambiò sorridendo, questo era decisamente un bel buongiorno per i suoi
standard.
“Buongiorno
Fay!”
“Buongiorno
a te, Medusa.”
Lo
baciò di nuovo, lui iniziò ad accarezzarle un fianco, lei gemette e si staccò.
“Cattiva.”
“Lo
so.”
Si
alzò mentre lui la guardava divertito, notò che era troppo pallido e le sembrò
un fatto strano,da approfondire.
Lo
osservò per un attimo, poi appoggiò le sue labbra sulla fronte di lui ,scottava.
“Hai
la febbre….”
Mormorò
Fay.
“No,
sto bene…”
Scostò
le coperte e si alzò, ma un improvviso capogiro lo fece tornare immediatamente
seduto.
La
ragazza salì di nuovo sul letto e gattonò fino alle sue spalle, per poi
abbracciarlo e appoggiare la testa sulla sua spalla.
“Hai
la febbre zucca dura.
Non
c’è niente di male, sei stato fuori al freddo e al gelo per un po’ ieri!”
Lui
sbuffò, sebbene poi avesse accettato di buon grado che lei lo facesse stendere
sotto le coperte e lo coprisse come se fosse una mammina.
“Vado
a prendere il termometro.”
Gli
diede l’ennesimo bacetto e poi sparì nel bagno.
Quando
tornò lui guardava il soffitto.
“Grazie
Fay…”
“Di
niente, ora vado a preparare una colazione decente, tu da bravo bambino adesso
ti provi la febbre”
Non
era abituato a questo lato dolce di se stessa, però ci stava prendendo gusto,
sperando di non soffocarlo.
Preparò
due caffè forti, recuperò due brioches da scaldare
nel microonde e si accese una sigaretta.
Senza
accorgersene iniziò a canticchiare “Boys don’t cry” dei Cure, la canzone preferita di suo padre, ricordava
abbastanza chiaramente le luminose domeniche d’estate in cui la mattina si
svegliava e lo trovava a canticchiarla in cucina.
Era uno di quei rari
attimi in cui tutto sembrava andare bene…
[I can't go on
You said my head's too heavy
I need that song(*)]
Scostò
la tendina della finestra, una spessa coltre di neve copriva le strade in
quella domenica veneziana, il sole e il caldo erano ben lontani, così come la
sensazione che tutto andasse bene.
-…Perché Francè, la verità una sola è….tu e Tom siete come quegli sfigati del Titanic che
ballavano mentre la nave andava a fondo….Volete
ignorare il fatto che Bill ha già scelto e non tornerà indietro!-
“Zitta!” ringhiò accendendosi una sigaretta.
Non
poteva accettare l’idea che il suo amico sarebbe colato a picco, era fuori dalla sua visione delle cose.
Francesca
Girardi non si affezionava facilmente alle persone,
ma se qualcuno riusciva ad entrare nella sua vita e nel suo mondo trovava in
lei una persona su cui contare, una che non avrebbe mai mollato un amico nei
guai.
Lei
aveva imparato presto a lottare e se valeva la pena farlo per una persona era
disposta a mettersi in gioco fino in fondo, fino a finire lei stessa nei guai.
Era
il suo carattere leale ed idealista, non poteva farci nulla.
Il
caffè era pronto, spense la moka, stava per versarlo in una tazza per diluirlo
con del latte quando un rumore attirò la sua attenzione.
Un
tonfo per la precisione.
Sudore
freddo iniziò a colarle lungo la schiena e corse in corridoio, conscia di
quello che avrebbe trovato.
Tom
era caduto per terra, ovviamente non l’aveva ascoltata, era rimasto a letto per
un po’ per poi provare a raggiungerla.
“Ehi
Medusa testarda, ti sei provato la febbre?”
Scosse
la testa.
“Ok,
non fa niente.
Adesso
ti aiuto ad alzarti ed andiamo a letto.”
Lo
prese per le spalle, lui la trascinò a terra con lui.
“Mi
sento così inutile Fay.
Così
fottutamente inutile.”
Mormorava
in continuazione quelle parole contro il suo collo mentre la stritolava in un
abbraccio che sapeva di frustrazione.
[those
trusty chords could pull me through
and early on (*)]
“Ti capisco…”gli accarezzava i capelli”Ma per aiutarlo devi
prima guarire tu.
Tom
sei febbricitante, lasciati curare.
Ti
prego!”
Lui
si lasciò trasportare a letto, mettere di nuovo sotto le coperte e ficcare un
termometro sotto l’ascella destra, senza mollarle mai la mano.
“Non
scappo.
Non
scapperò mai più, ok?”
Lui
sembrava non sentirla, immerso nei suoi deliri.
Il
termometro segnava la temperatura corporea di trentanove gradi.
“Hai
un bel febbrone…”mormoro contrita.
Si
alzò a prendere una medicina e dell’acqua.
Lui
intanto parlava da solo, chiamava qualcuno o qualcosa,Fay
non fece fatica ad immaginarsi chi e
perché.
Quando
tornò, dopo aver deposto sul comodino un bicchiere in cui aveva sciolto
un’aspirina, lo calmò abbracciandolo.
“Non
lasciarmi.”
“Non
lo farò.”
Si
staccò da lui sorridendo e gli porse la medicina.
“Prendi
questo, ti farà bene.”
Lui
inghiottì senza opporre resistenza, poi ricadde pesantemente sul materasso,
stremato.
“Lui
sta male…
E
io….L’ho lasciato solo…Io
sono una persona indegna.”
“Non
lo sei…
Credimi
non lo sei.”
Le
faceva male vederlo così, avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter cancellare
quel dolore,ma non poteva.
Non
poteva tornare indietro e cancellare il passato.
Non
poteva impedire a Bill di fare quello che stava facendo.
Non
poteva fare nulla, al momento.
L’unica
cosa che potesse fare era sostenere lui, trattenendo le proprie lacrime.
Lui
stava facendo la cosa giusta, forse solo per istinto.
Aveva
letto da qualche parte che i tossicodipendenti accettavano di essere aiutati
solo dopo aver raggiunto il fondo, dopo aver capito che continuando così non
avrebbero raggiunto nulla.
Per
Bill stare senza il fratello era il fondo e per Tom anche.
[they saw the warning signs and symptoms all
day long(*) ]
-E io mi sento
colpevole e so che è stupido.
M il senso di colpa…
Non è razionale…-
Tom
l’aveva capito questo?
Non
lo sapeva,però non era una cosa che potesse dirgli lei, l’aveva intuito.
Solo
Tom poteva dirsi e accettare quella verità, se lei gliel’avesse detto avrebbe
rischiato di allontanarlo e di sbagliare, perché alle orecchie del rasta
sarebbe suonata quanto di più vicino ci fosse a una bestemmia.
“Non
mi lasciare, almeno tu…ti prego.”
Il
caffè poteva andarsene al diavolo, idem la colazione, davanti a quella
supplica.
“Io
sono qui.”
Le
fece segno di sdraiarsi accanto a lui, lei annuì e si infilò sotto le coperte,
lui la strinse immediatamente a sé.
“Perché
?
Perché
Fay?
Perché
mi ha escluso?”
“Non
lo so, Tom.
Solo
lui può saperlo credo, ma non è tutto perduto.
Ce
la faremo, non sei solo, ricordatelo!”
Lui
annuì, poi si picchiò lentamente una mano sulla fronte.
“Devo
chiamare Gustav.”
“Stai
calmo, lo faccio io.”
“Grazie…”
Mormorò
lui accoccolandosi meglio contro di lei, era troppo fragile in quel momento, se
ne rese conto con un brivido di paura, mentre afferrava il cellulare.
Digitò
rapida il numero del biodo, lui rispose al secondo squillo.
“Ehi
Fra!”
“Ehi.
Qualche novità?”
“No,
nessuna…
Sembra
sparito nel nulla, credo abbia lasciato Amburgo.
Tu
come stai?”
“Insomma….”
“Quando
partite?”
“Credo
tra un paio di giorni.”
“Complicazioni
per il tuo bagno nel canale?”
L’ironia
di Gustav le strappò un sorriso.
“Più
o meno, devo fare una visita per vedere se il mio trauma cranico è andato a
posto e poi…
Tom
si è preso un febbrone da cavallo.
Appena
starà meglio saremo da voi.”
“D’accordo,
qui noi continuiamo….
È
grave la situazione di Bill?”
“Abbastanza,
ma ve la racconterà Tom.”
Lui
rimase un attimo in silenzio.
“E
tra voi?”
“Va
bene Gustav, siamo quasi una coppia, per noi puoi metterti il cuore in pace.
Ti
prego, non smettete di cercarlo…
È
importante.”
“Lo
so Fra, so che Tom non l’avrebbe mai abbandonato se non per una cosa molto
grave.
Ti
avviso se dovessimo scoprire qualcosa.”
“Grazie,
davvero.
Ora
ti saluto, sono preoccupata per Tom.”
“Curalo
da brava crocerossina”
Fece
una breve risata.
“Giuraci,
ciao bello!”
“Ciao.
A presto!”
Chiuse
la chiamata.
“Niente
buone notizie vero?”
“Purtroppo
è così.”
Lui
si incupì, lei lo strinse a sé.
Il
tempo passava, lui era caduto in un sonno pesante, lamentandosi e aumentando la
presa ogni qualvolta che le allucinazioni prodotte dalla febbre si facevano più
violente.
Era
così frustrante essere lì e non potere fare nulla.
Troppo
dannatamente frustrante.
[we sit and dream of better days
where we'd hit the ground running on empty
stories we've been told(*) ]
Era
sdraiato a letto, accoccolato contro una preoccupata Fay,
che lo accarezzava dolcemente cercando di calmarlo.
Si
sentiva la testa pesante e nello stesso tempo si sentiva andare a fuoco.
Dannata
febbre.
Era
così frustrante, essere lì in un inutile letto quando sentiva che il suo
gemello non stava bene.
Una
parte di lui sapeva che comunque partire adesso senza Fay,
non avrebbe risolto nulla, ma quella più impulsiva ed irrazionale gli diceva
che non avrebbe mai dovuto lasciare Bill da solo.
Il
senso di colpa lo tormentava anche per quella felicità che aveva provato ieri
sera e che gli sembrava lontana ed in qualche modo sporca.
-Hai abbandonato tuo
fratello per lei….
Vergognati!-
C’era
una voce che urlava di continuo queste cose nella sua testa, forse aveva
ragione, se fosse tornato subito…
-non sarebbe cambiato
nulla e adesso vi stareste ancora rovinando la vita a vicenda, così invece hai
creato una rottura.
Qualcosa da cui ripartire….-
“Vi
prego lasciatemi dormire….sono stanco…”
Fay sobbalzò a quelle parole e lo strinse più
forte, questo bastò a fare tacere i due litiganti che c’erano nella sua testa.
Forse
era stato tutto un errore venire da lei, ma averlo fatto era stato il migliore
errore della sua vita.
Era
felice di averla di nuovo tra i piedi, era un dato di fatto.
[and all those nights we spent together never
felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time(*)]
Con
questa consapevolezza cadde in un sonno profondo e in qualche modo denso e
pesante causato dalla febbre.
All’improvviso
era di nuovo a casa sua, a Loitsche, ed era di nuovo
bambino.
Guardava
con un misto di meraviglia e terrore le sue mani di nuovo piccole, infantili.
-Dio
se solo fosse possibile, quante cose potrei cambiare….-
Non
era mai stato un tipo nostalgico, ma quel giorno si sentiva diverso, vedeva
errori ed eventi da cambiare nella sua vita.
Si
riscosse e si guardò intorno, era nel giardino di casa sua, che però sembrava
deserta, come se nessuno vi mettesse più piede da anni.
All’improvviso
sentì un pianto provenire dall’angolo più lontano del prato, la curiosità lo portò
a vedere chi fosse, ma man mano che si avvicinava sentiva un’ansia crescergli
dentro.
Lui
sapeva a chi apparteneva quel pianto.
Bill…
Lo
trovo rannicchiato vicino ad un cespuglio, i corti capelli biondo scuro che gli
ricadevano sul viso bagnato di lacrime.
“Bill.”
Alzò
la testa.
“Vattene,
non ti voglio!
Tu
sei cattivo!
Tu
mi hai tradito!”
Si
avvicinò a lui, guardandolo spaventato, gli occhi gli si stavano riempiendo di
lacrime.
“vattene
ti ho detto!”
Si
accucciò accanto a lui titubante, perché Bill aveva detto quelle cose?
“Perché?”
“Perché
io stavo male e tu te ne sei andato!
Mi
hai abbandonato!”
Lui
deglutì, le lacrime iniziarono a scendere copiose.
“Io
non ti ho abbandonato, tu mi hai cacciato via.
Io
volevo rimanere!”
“E
perché non sei tornato?”
Lo
abbracciò senza sapere cosa dire, voleva solo che capisse che lui non l’aveva
tradito, ne abbandonato.
“Vattene!”urlava
contro il suo collo.
“Ti
odio!
Ti
odio!”
Poi
scoppiò a piangere, Tom si sentì meglio, era come aver ritrovato il fratello.
Come
avere ottenuto il suo perdono.
All’improvviso
la stretta del bambino divenne troppo
forte, l’aria iniziava a mancargli.
“Bill,
non respiro!”
Tentò
di staccarsi e si accorse con orrore che il gemello era diventato un mostro
pieno di tentacoli che gli sorrideva maligno.
“Credi
davvero che ti lascerò andare così facilmente Tomi?”
“Chi
sei tu? Dov’è mio fratello?”
“IO
sono Bill, Tomi!”
“Nooooooo!”
“Si
e tu sarai sempre con me!
Ce
ne andremo insieme nella notte!”
“Lasciami!
Tu non sei Bill, tu sei quello che me lo ha rubato!
Ridammi mio fratello!”
“No
Tomi, io sono tuo fratello!”
La
cosa ghignò e lo strinse sempre di più a se, non riusciva a liberarsi!
Non
poteva essere inglobato da quel mostro!
“Noooooooo!”
[i cant go on these limbs have grown to heavy
i need that song a night on earth could pull me
through
and early on(*)]
Si
svegliò urlando, Francesca non era più accanto a lui, si alzò freneticamente
per andarla a cercarla, ma non riusciva a coordinare bene i movimenti.
Fu
vagamente consapevole di una porta che si apriva e di qualcuno che entrava e
che diceva qualcosa in tono concitato in italiano.
Non
era Francesca, cosa era successo?
“Dov’è
Francesca?”
Alzò
gli occhi, una donna sulla cinquantina lo fece stendere di nuovo a letto contro
la sua volontà, poi prese una sedia e la spostò accanto al letto.
Prima
di sedercisi sopra, lo ammonì con un’occhiata che
bastò a farlo smettere di agitarsi, l’unica che fosse riuscita in quel miracolo
oltre a Girardi era stata la sua professoressa di
tedesco del liceo.
“Sei
tedesco?”
Chiese
in un tedesco mitigato dall’accento italiano.
“Si,
lei chi è?”
“Mi
chiamo Miranda Falcon, sono stata un’insegnante di
tedesco fino a l’anno scorso e sono una vicina di casa di Francesca.”
“Dov’è?”
La
donna sospirò.
“L’ha
chiamata il suo datore di lavoro per chiarire alcune questioni urgenti e mi ha
chiesto di darti un’occhiata visto che stavi poco bene.
Torna
immediatamente.”
Tom
s’incupì, poi la vocina razionale gli fece presente che forse doveva
giustificare almeno la malattia per il trauma cranico e poi il licenziamento,
ma non poté fare a meno di sentirsi quasi tradito.
“Sei
il ragazzo di Francesca?”
La
domanda della donna lo strappò alle sue farneticazioni.
“Bho, cioè sono solo un amico.”
“Si,
sei il suo ragazzo, dopo anni di esperienza so riconoscere un innamorato
reticente !”rise lei.
Il
silenzio calò tra di loro.
“Signora
cosa farebbe lei se una persona a cui tiene molto la allontanasse per
proteggerla dai suoi problemi?
E
così facendo le avesse fatto ritrovare una persona importante?”
“Credo
la ringrazierei e mi impegnerei a fondo per aiutarla, perché ha cercato di fare
qualcosa per me, anche se forse voleva solo mettermi alla prova.”
“mettermi
alla prova?”
“si.
Vedere se la amavo abbastanza da tornare.”
Si
incupì.
“Tornare
è un errore a volte, qual è il problema di questa persona?”
“Mio
fratello si droga.”
La
donna tacque.
“Hai
fatto bene a venire da lei, allora.
Spesso
parlare o essere aiutati da qualcuno che
non è così coinvolto emotivamente come un fratello, può aiutare chi fa uso di
droghe.”
“Lo
spero.”
La
donna appoggio le mani sulle sue.
“Francesca
è una brava ragazza, ma è anche una tosta.
Avrei
odiato averla come alunna, ma l’avrei rispettata perché non molla.
Ti
aiuterà, abbi fiducia in lei ….e in te stesso.
Non
sentirti colpevole se tuo fratello si droga, la scelta è stata sua e
consapevole, tu non avesti potuto fermarlo .”
“Come
fa a esserne sicura?”
“nella
maggioranza dei casi è così, cercavo solo di farti capire di non ascoltare
troppo il tuo senso di colpa, se dovrai prendere delle decisioni drastiche o
difficili.”
“D’accordo.”
[they saw the
warning signs and symptoms all day long
wonder how far from here we'll fall
before we hit the ground running on empty
stories we've been told (*)]
La porta
di casa si aprì poco dopo, una trafelata Francesca li raggiunse in camera e si
illuminò vedendolo sveglio.
Si
buttò sul letto, lui le prese il viso tra le mani e la attirò a sé.
Lei
sorrise imbarazzata, mentre la baciava con foga, gli era mancata.
Quando
si staccò aveva ancora le mani sulle sue guance.
“Bensvegliato?”.
“
Ho avuto un incubo.”
“Vi
lascio soli, ciao Francesca.”
“Arrivederci
professoressa e …grazie.”
“Prego!”
La
donna uscì dalla stanza e poi dall’appartamento, Fay
tornò a guardarlo interrogativa.
“vieni
qui sotto, si sta bene e …mi sei mancata.”
La
ragazza si svesti velocemente fino a rimanere in intimo, lo guardava curiosa,
incredula.
“Si
Nana, se non ci sei mi manchi.
Non
farmelo ripetere!”
“Aaaah Medusa, tu e la gentilezza non sarete mai amici…”
Si
infilò sotto le coperte, lui la strinse a se, ora stava decisamente meglio.
“Ho
paura di aver tradito Bill, Fay.
Ma
adesso sono certo che quello fosse l’unico modo per salvarlo e per dargli una
scossa.
Spero
di non sbagliarmi.”
Lei
lo baciò dolcemente, mettendosi sopra di lui.
“Non
ti stai sbagliando, non sei solo a combattere questa battaglia, te l’ho già
detto.”
Lui
la baciò di nuovo, poi scese a baciarle dolcemente il collo.
“Hai
la febbre.”
“Non
mi importa.”
Passò
a baciarle la clavicola.
“Ok
hai vinto.”
Ghignò
soddisfatto riprendendo a baciarla e mordicchiarla, lei ormai che ormai si era
arresa inizio a gemere ed ad
accarezzarlo e poi a ricambiare.
Non
era del tutto convinto delle sue azioni, ma parte delle incertezze di prima
erano sparite.
Aveva
lei, lei che lo aveva accettato di nuovo dopo anni, quando avrebbe potuto
mandarlo al diavolo senza sforzo e che aveva accettato di aiutarlo.
Lei
che lo aveva coccolato, curato, consolato senza giudicarlo.
Lei
che lo amava.
Lei
che adesso lo stava facendo gemere con le sue carezze e i suoi baci, come
nessun altra era riuscita a fare prima.
Lei
che voleva disperatamente trattare bene in tutti sensi, senza farla sentire
usata o come se fosse lo sfogo di un
momento.
Non
volere che l’altro soffra per te, non volere vederlo triste era un sintomo
dell’amore?
-Se
la risposta è si, ti amo Nana…
Un
giorno te lo dirò…spero-
[and all those nights we spent together never
felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time (*)]
[There she goes with the pieces from my heart(**)]
Amore.
Farid Schmit si
chiese se sapesse cosa fosse l’amore e se l’avesse mai provato, l’unica
risposta che ottenne fu un lungo silenzio di quella coscienza che dopo anni di
tentativi falliti ancora si ostinava a rimproverarlo.
Amore.
Credeva
di averlo provato per una ragazza dai lunghi capelli neri che si chiamava
Francesca e che lo aveva rifiutato senza concedergli una seconda possibilità ne
per pietà ne per paura.
Credeva
che una volta scoperto cosa fosse capace di fare per prendersi ciò che considerava
suo ed eliminare chi lo intralciasse nei suoi piani come Josh
lei sarebbe caduta ai suoi piedi, almeno per paura di incorrere nella sua ira.
Non
era successo, la ragazza oltre alla gelida indifferenza aveva aggiunto un odio
feroce.
Era
stato il suo primo errore di valutazione, probabilmente.
Il
secondo era connesso con lei e non era del tutto un errore, una parte di lui la
giudicava così un ‘altra soffriva ancora a distanza di due anni per quel che era successo.
Aveva
perso sua sorella e la sua ragazza per colpa sua, per quella brama di potere
che aveva.
Si
rimproverò per aver usato il verbo perdere, sapeva di scelta definitiva ed
irrevocabile, sapeva di morte, ma Leila e Shirin
erano ancora vive.
Eppure…
Sapeva
benissimo che era come se non lo fossero, quello che aveva fatto l’aveva reso
un essere disgustoso ai loro occhi, l’aveva ucciso in certo senso.
Non
sapeva cosa gli stesse succedendo quella sera, di solito non permetteva al
passato di emergere in modo così minaccioso da trascinarlo quasi via con se.
Forse
era la pioggia sottile che cadeva fuori dalla vetrina di quel bar moderno e
scintillante di acciaio e vetro in cui si trovava che gli evocò i fantasmi di
mille altre serate come quella , trascorse in compagnia di Leila.
Pensare
a lei fu doloroso, doloroso era il ricordo dei suoi occhi l’ultima volta che
l’aveva vista.
I
suoi occhi così uguali ai suoi, che tante volte l’avevano guardato con affetto
ed adorazione, erano stati duri, come se per la prima volta vedessero chi fosse
suo fratello, chi fosse lui.
Rabbrividì
ed ingoiò un sorso di birra.
Aveva
sempre considerato sua sorella la persona più importante della sua vita, quella
che gli sarebbe stata sempre accanto, invece era riuscito ad allontanare
persino lei.
Che
torto poteva darle?
Nessuno.
[There she goes and now my teardrops start(**)]
Lui
avrebbe dovuto ascoltare quella vocina che gli diceva di continuare ad ignorare
Shirin nonostante fosse ogni giorno più bella e
palesemente cotta di lui.
Shirin era al sorella del suo migliore amico
e la miglior amica di Leila e aveva sempre saputo che era innamorata di lui,
per via di quell’aura da eroe ribelle che si portava addosso.
Farid era sempre stato furbo ed ambizioso
allo stesso tempo, non gli bastava essere lo spacciatore ricco del quartiere,
voleva anche che la gente lo rispettasse dimenticandosi della droga,
trattandolo come un eroe.
Ci
era riuscito, l’unica a non cascarci era stata l’italiana.
Più
Francesca lo rifiutava, più si avvicinava a Shirin
Ricordava
i loro appuntamenti, i loro baci e lei che si lasciava mettere le mani sotto la
maglietta senza protestare, senza pretendere.
Arrivò
Leila a scuoterlo, dicendogli di fare una scelta e lui le aveva obbedito.
Scelse
Shirin senza esserne del tutto convinto, le voleva
bene, ma non l’amava quanto lei amasse lui.
Durò
un po’, furono due anni belli, in cui gli sembrava di stare finalmente bene, almeno
fino a che il destino non si era messo in mezzo.
-Cmodo dare la colpa al destino, la verità è che il colpevole
sei tu.
Tu e il tuo scarso
coraggio.
Tu e la tua brama di
potere.
Tu e il tuo cazzo di
Egoismo.-
Il
destino si era palesato in una gravidanza indesiderata di Shirin,
ricordava ancore le lacrime della ragazza mentre glielo annunciava durante una
passeggiata al parco.
“Farid io sono incinta!”
Cosa
aveva sentito dopo quelle quattro semplici parole?
Una
scintilla di gioia sommersa dalla paura.
“devo
pensarci, Shirin…”
Questa
era stata la sua risposta seguita da una fuga precipitosa dal parco verso il
bar, dove si era sbronzato.
Non
seppe mai di preciso cosa si lasciò sfuggire durante quel discorso incoerente
da ubriaco, quel che accadde in ogni caso fu di essere convocato a casa
dell’uomo che gestiva il traffico della droga a un livello più alto del suo.
Lui
lo chiamava il Boss nelle sue fantasie.
Aveva
persino paura a pronunciare il suo nome perché sapeva che quell’uomo era un
demonio senza pietà che non andava mai contraddetto se si voleva continuare a
vivere .
Aveva
dovuto ubbidire anche se farlo gli costò fatica e dolore.
Aveva
Dovuto farlo per lui e per Shirin stessa.
-Per te più che
altro.-
Gli
ordini dell’uomo erano stati chiari, non voleva neo padri tra i suoi, quindi la
sua donna doveva abortire.
Fu
allora che si rese conto che dopo tutto il figlio di Shirin
lo voleva, quando ormai fu troppo tardi.
Comunicarlo
a lei non fu facile.
Ci
furono pianti, ci furono liti, ci fu persino un Dave
furioso che faceva a botte con lui.
Si
portò una mano sulla guancia, quei colpi e quelle parole facevano male ancora
adesso, David non aveva voluto capirlo ne ascoltarlo.
Alla
fine Shirin abortì, ma l’amore che lei provava per
lui era morto con quel figlio.
Quando
l’aveva riaccompagnata a casa aveva ricevuto solo una porta sbattuta in faccia,
nemmeno un addio.
Sapeva
di meritarselo.
Sapeva
di averla ferita e di aver deluso Leila.
La
sorella non aveva più voluto parlargli, si era occupata solo di Shirin, di farla rimanere viva.
[And `ere I go once again
Tru deese loonely `eartaches and pain
That`s all remain all remain(**)]
-E dovresti
ringraziarla per questo, perché eri tu quello che ha fracassato il mobilio del
bar quando hai saputo che ha tentato di suicidarsi e Leila l’ha acchiappata per
le penne.
La verità è una sola,
tu sei innamorato i lei, della ragazzina
che un tempo ti adorava e che ora ti odia.
Sei patetico Farid.
Leila è la vera
vincente.
Lei è fuori da questo
schifo e può aspirare a una vita fuori da questo cesso di quartiere che non sia
in un carcere, tu no.
Se ti beccano sei fottuto,
amico.-
“Farid?”
Mark
gli battè sulla spalla, Farid
lo incenerì con un’occhiata, quel biondo mirava a fargli le scarpe e prendere
il suo posto, seminando discordia tra i suoi ragazzi.
Mark
voleva che lui agisse per mettere a tacere Leila che ultimamente cercava di
proteggere la gente su cui loro si
comportavano da bulli, lui non voleva.
Non
avrebbe mai attaccato la sorella a meno che il Boss lo ordinasse.
“Cosa
c’è Mark?”
“è
ora di andare al lavoro…
Stasera
c’è una celebrità al solito posto.
Bill
Kaulitz.
E
sembra interessato a ciò che abbiamo da offrirgli.”
Farid sorrise.
[Who`s gonna put
back the pieces to my broken heart
Once again once again now I know this could be the end
And she gone with the pieces of my heart
There she goes and now my teardrops start(**)]
Francesca
sorrise, dopo due giorni Tom sembrava stare meglio e lei aveva sistemato il
lavoro e la sua visita per il trauma cranico che risultava perfettamente
riassorbito.
Potevano
finalmente partire per la Germania,lui era contento, quasi euforico, di sicuro
iperattivo.
Non
riusciva a stare fermo, si muoveva da una stanza all’altra come una trottola,
fino a farle venire mal di testa, quella scena le sembrava di averla già vissuta.
In
un attimo il flash back la colpì.
Era
stato quando si era trasferita dalla Sicilia alla Germania, Andrea si era comportato allo stesso modo, ecco spiegato il
tutto.
“Ehi
Fay! Che hai?”
Sorrise.
“Nulla,
tra poco preparo le valigie.”
Lui
la guardò negli occhi, concluse che qualsiasi pensiero non gli avesse detto non
era importante e la baciò e per l’ennesima volta si ritrovò a pensare che era
bello tutto questo.
Troppo
bello, da averne quasi paura perché era più di quello che avesse mai sognato.
“Allora,
che hai?”
“Niente,
mi hai ricordato Andrea, tutto qui.
Adesso
fammi preparare le valige,sennò non partiremo mai dopo pranzo!”
Lui
annuì , lasciandola lavorare in pace, fare le valige non era mai un lavoro del
tutto indolore, altri ricordi le tornavano sempre alla mente.
-è buffo come tre anni
della mia vita entrino senza sforzo in poche valige.
Buffo.-
Entro
l’una aveva finito tutto, quando un ancora un po’ pallido Tom venne ad
avvisarla che aveva arrangiato un pranzo.
“Wow!
Che bravo ragazzo!”
“Lo
so lo so….modestamente so fare tutto e sono
perfetto!”
“Perfetto
da prendere in giro quando fai queste sparate….”
“Non
cambi mai Fay, eh?”
“Nemmeno
tu!”
Mangiarono
ridendo e scherzando, per tenere a bada la tensione che stava crescendo
lentamente tra di loro, non era un normale pranzo tra due normali ragazzi.
-è come l’ultima cena, Fra….
Da domani sarà tutto
diverso, cambierai nazione, situazioni, tutto e lo sapete entrambi.
Sei pronta?-
Si
lo era o si credeva tale, non importava.
Una
volta lavati i piatti e messe via le ultime cose, realizzò davvero che
quell’appartamento non sarebbe più stato suo.
Non
era più il suo rifugio, il posto che l’avrebbe accolta.
Ora
doveva affrontare le cose di nuovo, doveva tornare a lottare.
“Andiamo
Fay?”
Annuì,
chiuse la porta a chiave, con un groppo in gola.
“Tutto
bene?”
Lui
le arrivò alle spalle e la abbracciò.
“Si,
solo mi mancherà questa casa.
Tutto
qui.
Ma
adesso….Andiamo, ok?”
Si
staccò e gli sorrise.
“E
guido io!”
“Ma
sei scema? Non ti cedo la mia macchina!”
“Perché?
Non sei ancora dl tutto guarito!
Ti
stancheresti!”
Tom
affondò le mani nelle tasche e strinse in un morsa di ferro le chiavi.
“NO.”
“Ma.
“no
no no e ancora….no!”
Continuarono
a litigare fino all’imbarco del vaporetto e poi sopra l’imbarcazione.
La
gente continuava a ridere divertita dalla faccia mortalmente seria di lui e da
quella sempre più arrabbiata di lei, sembravano due sposini in luna di miele.
A
questo pensiero arrossì e tacque, passando istantaneamente dalla posa mani sui
fianchi a quella delle braccia mollemente lasciate andare lungo i fianchi
tipica della resa.
“Ah!
Ho vinto io Nana!
Le
mie argomentazioni si sono rivelate vincenti!”
Non
le aveva nemmeno ascoltate.
“No,
hai vinto perché io ti ho lasciato vincere, Medusa!”
Lui
rise, si avvicinò a le avvolse le braccia intorno al collo sorridendo.
“Sicura?”
Fece
strofinare i loro nasi.
“Si.”
Le
diede un innocente bacio a stampo.
“permalosa.”
“Io
non sono permalosa, hai capito?”
Lui
alzò un sopracciglio eloquente.
“Ok,
lo sono!
Ma
tu hai scelto di che morte morire!”Concluse in italiano.
Lui
fece una smorfia buffa.
“Non
so perché, ma quello che mi hai appena detto anche se suona dolce non lo è.”
Fu
il suo turno di fare una smorfia buffa.
“Impara
l’ italiano!
Io
il Tedesco l’ho imparato!””
Scoppiò
a ridere.
Sbarcarono
dal vaporetto sorridendo, litigarono un altro po’ davanti alla macchina, alla
fine dovette cedere, Tom non le avrebbe mai consentito di guidare la sua
preziosa macchina.
Partirono
sotto un cielo ancora un po’ nuvoloso, la conversazione finì per smorzarsi e
poi troncarsi presto, entrambi erano presi dai loro pensierii.
Il
ragazzo sicuramente pensava al fratello, lei anche ad altre cose, provava
un’acuta sensazione di déjà-vu.
Ricordava
un altro viaggio fatto lungo quelle strade, quello dalla Sicilia alla Germania
di sei anni prima, ricordava cosa aveva pensato allora.
[-Posto di merda…
È freddo…Voglio
il sole!
Voglio la Sicilia!
…..Voglio mio padre….-
Guardava fuori dal finestrino con Andrea
addormentato sulla sua spalla , mentre Luca a sua volta osservava il paesaggio
dall’altro finestrino in silenzio.
Avrebbe voluto dire
quello che provava al fratello,ma era rimasta zitta, non voleva mostrarsi
debole, non voleva analizzare i suoi sentimenti.]
Quante
occasioni come quella aveva sprecato?
Anche
con Bill era stato lo stesso?
Sospirò.
Tom
le rivolse un’occhiata, poi rinunciò a chiedere a chi avesse pensato, era al
stessa persona che occupava i suoi pensieri.
Solo
una volta aveva pensato a Bill quando aveva percorso quella strada in senso
inverso per andare a Venezia tre anni
prima.
Era
stato quando era il cd era arrivato al ritornello di “Pet
sematary” dei Ramones.
Ricordò
che quando Bill aveva sentito quella canzone per la prima volta, a casa sua
a Loitsche
aveva scosso la testa per aver trovato una canzone del genere tra i suoi file
musicali, forse secondo lui poco adatta
a una ragazza, dicendole che però quella canzone gli piaceva.
Era
stato dolce comunque, lei no.
“I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.
I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.”(***)
“Che
canzone è?” Questo era Tom
“Pet Sematary, dei Ramones.
Mi
ricorda tuo fratello.”
“Capisco.”
Mormorò
senza tuttavia capire davvero, non condividendo con loro quel ricordo,dopo
tornò il silenzio.
Quando
arrivarono finalmente all’appartamento di Tom erano entrambi stanchi,
nonostante la pausa per la cena e il fatto che alla fine Fay
fosse riuscita a spuntarla e a guidare per l’ultimo pezzo di strada.
Varcarono
la soglia dell’ abitazione dove fino a qualche giorno prima c’era anche Bill
con una sorta di timore, Tom evitò di guardare in salotto per fiondarsi subito sotto la doccia.
Lei
si buttò a letto, a disagio , sentendosi un’estranea.
Probabilmente
si addormentò, perché si ritrovò a fronteggiare un Tom con solo un asciugamano
intorno alla vita che la scuoteva divertito poco dopo.
“Il
bagno è libero Fay.”
“grazie!”
Arrossì
dandosi della cretina, poi anche lei si
fece un’agognata doccia.
Una
volta uscita dal bagno si accorse che lui già dormiva,rannicchiato su se stesso
come un bambino.
Si
sedette sul letto a guardarlo, intenerita, lui aprì gli occhi di scatto poco dopo.
“Odio
che mi si guardi dormire, anche se sono davvero bello…”
Lei
alzò gli occhi al cielo.
“Vieni
qui dai!”batté la mano accanto a lui.
Lei
ubbidì sospirando.
“Sono
un bel peluche?”
“Un
bellissimo peluche!”ghignò lui”soprattutto quando mi asseconda!”
Ridacchiò
mentre lui l’abbracciava, poco dopo crollò addormentato.
Domani
sarebbe stata una lunga giornata.
[E mi resta un sogno che
Raccontava anche di te
Rivedevo i giorni miei
Tempi in cui eravamo dei(****)]
ANGOLO DI LAYLA
Eccoci
con il secondo capitolo, non so bene cosa dire…
Solo spero
vi piaccia e non sia troppo dolce o deconcentrante rispetto alla faccenda di
Bill.
Vi dico
le canzoni.
(*)”Warbrain” Alkaline Trio
(**)”There she goes”Bob Marley
(***)”Pet Sematary”Ramones
(****)”Alba
Fragile (Ultima Notte Sulla Terra)”Timoria
Ho
sonno, quindi ringrazio per le recensioni
Big Angel Dark
_Pulse_
Hana turner
Black Down Th
Per le recensioni
all’ultimo capitolo di“Francesca“ ringrazio in ritardo
Hana Turner
Tushi Und Dark