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Autore: Layla    06/08/2009    6 recensioni
-Non puoi scappare da ciò che non ha corpo!-
“Si che posso, è quello ch sto facendo!”
Urlò chiudendo istericamente il trolley con un gesto secco che risuonò come una fucilata nella stanza vuota.
Mentre percorreva il suo appartamento, ed afferrava le chiavi della macchina,diretto verso un posto ignoto, sentiva di stare dando addio a moltecose.
Ma il futuro? Il tanto decantato, il fottuto futuro, come sarebbe stato?
Ingranò la retro, uscì di nuovo dal lussuoso parcheggio sotterraneo, con un cd dei Green Day di sottofondo.
La strada ora era davanti a lui che si accese una sigaretta, ora era certo di una cosa.Era certo di non avere risposte, di essere solo una foglia in balia del vento della vita.
Solo.-

[SEQUEL DI "FRANCESCA"!! ]
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel, nè offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'


1))CADERE DA SOLI.

 

A volte separarsi è l’unica soluzione.

Non aveva mai pensato sul serio a quella frase, se fosse sbagliata o meno, se potesse valere o no per lui, semplicemente per Bill non era mai esistita.

Erano parole vuote, aria che non poteva ferirlo.

Lui aveva avuto, aveva e avrebbe sempre avuto il suo gemello.

Lui e Tom potevano litigare, potevano raffreddare i loro rapporti, ma l’avrebbe avuto comunque, in ogni caso.

Tranne che in questo.

Si guardò allo specchio.

Era diventato più magro e più pallido, senza trucco era ancora  più evidente, tanto che per un attimo la sua faccia divenne un teschio.

Rabbrividì , uscì dal bagno e tornò in camera, da quella di suo fratello si espandeva il suono della sua chitarra, riconobbe quella melodia come quella “In die nacht.”.

La loro canzone.

Si sentì stringere il cuore, perché proprio quella?

Perché proprio pensava che doveva lasciarlo da solo, se voleva evitare di rovinargli la vita?

Perché?

Destino crudele.

La camera era immersa nel solito caos, la donna delle pulizie tentava vanamente di tenerla in ordine senza riuscirci, quel disordine sembrava la proiezione di quello che sentiva dentro di se.

Si sedette sul letto con in mano un vecchio album di fotografie, da cui estrasse quella di lui e Francesca abbracciati, lui sorrideva già allora cotto di lei, lei anche, ma per lei era solo amicizia.

Non poteva fargliene una colpa, l’affetto che lei provava verso di lui era grande ed autentico, ma non era amore e non poteva farci nulla.

All’inizio gli era bruciata da morire, aveva quasi odiato Tom perché aveva capito che lei pensava a lui, senza capirne mai la ragione precisa.

Suo fratello l’aveva spesso trattata a pesci in faccia,  l’aveva lasciata sola nel momento più duro della sua vita eppure…

Eppure quello che era successo su quella terrazza di sei anni prima, sebbene fosse stato breve e limitato solo ad un giorno doveva averla segnata in profondità.

Avrebbe pagato oro per sapere cosa avesse detto o fatto Tom allora e durante la notte in cui avevano dormito insieme, ma non avrebbe mai potuto saperlo e forse non era nemmeno importante.

Francesca si era innamorata o presa per suo fratello e basta e questo non faceva più nemmeno male.

Guardò sorridendo quella foto, la accarezzò come a dare addio al passato.

Il suo futuro era racchiuso nel suo beauty, un futuro che lo disgustava ma di cui si era accorto di non riuscire a fare a meno, un futuro fatto di polvere bianca.

Non sapeva perché avesse iniziato, aveva solo vaghi ricordi confusi di un tizio che lo aveva avvicinato durante una festa e gli aveva detto che aveva qualcosa per lui che lo avrebbe fatto stare meglio.

Era brillo Bill Kaulitz, non del tutto in sé, così si era limitato a sorridere ed intascare, senza controbattere ne ascoltare la sua coscienza.

L’uomo aveva sorriso a sua volta e l’aveva accompagnato in bagno, dandogli pacche amichevoli sulle spalle.

-Era contento il bastardo, contento di aver trovato un pollo da spennare!-

Arrivati nella stanza aveva disposto una striscia, aveva arrotolato una banconota e aveva tirato, poi ne aveva disposta un’altra invitandolo a fare lo stesso e lui aveva acconsentito.

La prima cosa che aveva notato era stato un forte bruciore al naso, poi tutto era diventato più nitido e si era sentito invadere da una grande energia, credeva di poter spaccare il mondo.

L’unica cosa che aveva distrutto era se stesso, allora non se ne era reso conto,ma si era infilato volontariamente in un tunnel che lo stava portando verso mete sconosciute e spiacevoli.

Pensava ingenuamente di poter smettere quando voleva, che la cocaina non era una droga, solo qualcosa che lo aiutasse a sopravvivere in quella vita stressante e frenetica che aveva.

Fesso.

Ci erano volute le urla di Tom che l’aveva beccato chino su una striscia per farlo tornare quasi in sé.

“CHE  CAZZO STAI FACENDO?”

Quel grido metà disperato e metà furioso, ferito l’aveva scosso profondamente, facendolo voltare, lui era sulla porta le braccia allungate sui fianchi, pallido e spaventato.

Conosceva suo fratello abbastanza per sapere che tendeva a nascondere le sue emozioni dietro la facciata della rabbia, soprattutto se era preoccupato

Si voltò a guardarlo con un espressione vagamente divertita, nel suo delirio di onnipotenza lo compativa, dandogli dell’idiota, perché reagiva così?

Non stava facendo nulla di male, quanta gente famosa faceva uso di cocaina e continuava a tirare avanti?

Lui si  sentiva sollevato da parte dei suoi problemi potendo contare su quell’aiuto artificiale.

Tom era entrato nel locale l’aveva scosso per le spalle fragili, forse per svegliarlo, forse per farsi ascoltare.

Si era fermato alla sua risata, lunga, divertita e derisoria, assolutamente non da lui, era la prima volta che lo sfidava così apertamente.

Le braccia del gemello erano ricadute contro il corpo, sembrava svuotato di qualsiasi energia, sembrava non riconoscerlo nemmeno più, come se all’improvviso in quel bagno si fosse accorto che c’era un estraneo.

C’era una parte di lui che soffriva nel vederlo, un’altra che godeva nel ripagare il male che involontariamente gli aveva fatto con Francesca.

“Perché ti sei fermato, fratellino ?

Ti faccio paura?

TI faccio s c h i f o?”

L’aveva attaccato per provocare una reazione, per bearsi di altra rabbia che per la prima volta vedeva diretta davvero contro di lui, tuttavia era rimasto deluso.

C’era solo dolore in quello sguardo, nulla di più.

Indispettito aveva ripreso ad attaccare, perché non gli aveva dato soddisfazione?

 “Non mi rispondi?

Te ne accorgi solo adesso che sto male?

Dov’eri prima?

Eri troppo preso dalla tua vita per pensare a me, al fatto che non reggessi più e visto che non c’eri ho pensato di aiutarmi da solo.

Questo e quanto, ti ho liberato da una seccatura.

Non sei felice?”

Questa era stata la prima delle volte in cui aveva vomitato parole che non pensava per poi pentirsene amaramente dopo e scusarsi piangendo con lui.

Era stato allora che aveva realizzato quanto la droga avesse preso il controllo su di lui e che si era sentito disgustato da se stesso.

Cos’era diventato?

Era orribile guardarsi allo specchio e non riuscire a riconoscere la propria immagine, una volta , al colmo della frustrazione aveva persino tirato un pugno alla superficie liscia e riflettente.

Si era formato un piccolo cratere, lui quasi non aveva sentito le schegge conficcarsi nelle nocche, perso a guardare come quell’evento violento non avesse fatto altro che creare altre immagini di lui, più piccole e che lo confondevano ancora di più.

Si era medicato, scosso.

Aveva capito che non poteva cambiare se stesso in quel modo, che non poteva farlo da solo.

Poi era iniziato il ping pong.

Lui, quando era lucido chiamava così quel continuo supplicare il fratello di aiutarlo, per poi ricadere puntualmente in tentazione, ferendo il gemello e autodistruggendosi.

Non poteva continuare così, se non sapeva fermarsi in quella caduta non avrebbe trascinato con se la persona a cui teneva di più.

Doveva allontanarlo da sé.

[Do you know what's worth fighting for,
When it's not worth dying for? ]
Doveva fare in modo di ferirlo ancora più in profondità e sperare che questo lo facesse scappare via da lui, dal mostro che era diventato e farlo rifugiare dalla persona a cui aveva sempre tenuto senza ammetterlo e a cui scriveva da un anno.

Francesca Girardi.

Aveva trovato l’abbozzo di una lettera per caso il giorno prima e quel piano delirante aveva iniziato  a prendere forma nella sua testa.

-Fallo Bill, lui avrà qualcuno a cui appoggiarsi e tu sarai libero.

Libero da lui e dal peso che rappresenta.

Libero di cadere.-

Deglutì, era pronto ad assecondare quella voce maligna, purtroppo.

-Tomi, perdonami…-

La melodia si spense come ad indicare  che  era arrivato il momento di fare quello che si era promesso, anche se faceva male, anche se sentiva il cuore sanguinare.

Tom uscì dalla camera, telefonò a una pizzeria e ordinò la cena, lui avanzò verso di lui.

“Che pizza hai ordinato?”berciò sgarbato non appena lui ebbe deposto la cornetta sulla forcella.

“Ai wurstel.”

“Fa schifo, cazzo!”

“Ti è sempre piaciuta…io credevo…

“Credi a troppe cose su di me! Prestami un po’ di attenzione!”

Il gemello abbassò gli occhi.

“Mi sembra di prestartene abbastanza, vuoi litigare Bill?”

Era così palese?

“NO, voglio solo che tu mi ascolti!

Sono solo un peso per te?”

“Ma che cazzo dici?

Non lo sei ne lo sarai mai!”

“Si che lo sono! Tu per colpa del gemello tossico non puoi fare la bella vita che facevi prima!”

“Smettila!”

“Sai una cosa? Sei sfigato.”

Tom marciò verso la camera di Bill, per poi tornare mestamente trionfante con la bustina di coca tra le mani.

“Chi è lo sfigato? Io o te che ti fai per rimanere in piedi?

Come ti sei ridotto?”

Iniziarono  una lite violenta con tanto di insulti ed oggetti che volavano per la casa.

Bello spettacolo, vero?

Era un bravo attore nel simulare qualcosa che non provava?

Non lo sapeva, ma sperava di riuscire a far andare via il gemello, lui doveva andarsene!

Doveva!

Vattene! Mi hai rovinato la vita! Ti odio!”

Con quella frase seppe di aver raggiunto il suo scopo, lo vide pietrificarsi ed allargare gli occhi, sembrava avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco.

 La parola ferisce più della spada…non lo sapevi Bill?

Le lacrime trattenute lo ferirono anche se le vide solo per un attimo, il gemello infatti se ne andò immediatamente dalla stanza.

Lo sentì preparare le valigie di corsa, poi uscì di casa come in trance, spedito reggendo una sacca e la sua vecchia chitarra.

Faceva male, terribilmente male, ma doveva lasciarlo andare.

La porta sbatté, il rumore della macchina che partiva giunse dopo un tempo che a lui sembrò infinito.

La recita era finita, l’attore poteva sparire e lasciare emergere il vero Bill attraverso lacrime copiose.

Aveva ottenuto quello che voleva, parchè non era contento?

Tom si sarebbe salvato, era questo che voleva no?

E allora perché faceva così male?

Perché?

[Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating? ]

Perché la vita non manteneva mai le sue promesse?

SE lo chiedeva sempre più spesso Leila Schimt  durante le lunghe ore che trascorreva dietro al bancone dell’angolo tabacchi del bar di suo padre, dopo scuola il martedì e il giovedì.

Vedeva ragazzi che conosceva che si bruciavano la vita,  ragazzi di cui era stata amica farle il vuoto attorno e si chiedeva il perché di tutto quell’odio.

Lo sapeva il perché ma si chiedeva perché tutto fosse degenerato così e sempre più spesso concludeva che era stato tutto sbagliato sin dall’inizio.

[“Sei in una banda Leila, in una banda.

Non siete un gruppo di amici che fanno casino, siete praticamente al di fuori della legge e tu questo l’hai sempre saputo.”

Luca Giradi prese fiato durante la sua sfuriata e le fissò dritto nei grandi occhi verdi da gatta, che molte ragazze le invidiavano.

“Non dovresti nemmeno parlarmi, cosa ci fai ancora qui?”

“Perché mi piace parlare con te, Girardi anche se Fari odia tua sorella.”

“Ascolta Le quello che dice Farid non è vangelo, per favore dammi retta ed esci da questo gruppo.

Verrà un momento in cui farid farà qualcosa che ti farà capire che è totalmente fuori controllo e tu non saprai come aiutarlo e lui ti farà il vuoto attorno.

Tiratene fuori, piantala di spacciare quella roba e cerca di convincere lui a smettere intanto che siete  ancora un piccolo gruppo!”

Lo guardava in silenzio, a tredici anni quel ragazzino dimostrava un’intelligenza fuori dal comune che lei non avrebbe mai avuto, poteva essere furba e smaliziata quanto voleva, ma Luca era un gradino sopra di lei.

Leila Schimt  non era una persona che desse a chiunque la sua approvazione, il rispetto poi andava solo a pochi , Fari, sua cugina Ania, Shirin, Dave il fratello di Shirin e a Luca e, anche se non l’avrebbe mai ammesso a sua sorella Francesca.

Francesca  Girardi era l’unica ragazza che avesse dato chiaramente e senza paura un due di picche a Fari tre anni prima e che poi lo trattasse freddamente fregandosene delle conseguenze che avrebbero potuto esserci.

Era una donna tosta Francesca Girardi e lei che sentiva di essere fatta della stessa pasta la invidiava.

“So che lui vuole fare il grande salto, bhe, dopo sarà troppo tardi sia per te che per lui.

Quando tu vorrai uscire e so che arriverà quel giorno, Leila, lui non la prenderà bene e se anche lui decidesse di non farti nulla, ci sarebbero i suoi amici.

Stai giocando con il fuoco.”]

Sospirò amaramente, ancora non sapeva quanto fosse vero, ma forse non le importava nemmeno saperlo allora.

Si prese una ciocca tra le dita, erano le dieci di sera e in quel freddo novembre berlinese con il cielo che minacciava neve, le persone in giro erano davvero poche.

Nel locale del bar c’erano solo due vecchi turchi che giocavano a carte fumando un narghilè, erano certi che nessun poliziotto si sarebbe fatto vedere da quelle parti.

I suoi capelli erano tornati del colore naturale, un luminoso arancione che stonava su di lei e sulla carnagione che pur essendo pallida manteneva un  certo colore olivastro di fondo.

Era mezzo sangue lei, come mormoravano con disprezzo da sempre, credendo che non li sentisse

Mezzo sangue.

Significava che lei aveva un padre tedesco e una madre turca emigrata in Germania, che forse non era del tutto turca nemmeno lei visto che aveva una massa di mossi capelli rossi che di orientale avevano ben poco.

Non era del tutto tedesca, non era del tutto turca.

Parlava due lingue da sempre, a cui si aggiungeva l’inglese che aveva imparato a scuola e l’italiano che masticava da quando aveva iniziato a frequentare Luca.

Si accese una sigaretta scura, simile a un mezzo sigaro e ispirò voluttuosamente il fumo, sapeva vagamente di vaniglia.

Si guardò attorno, quell’angolo di locale non era cambiato da quando era piccola e veniva lì a fare i compiti con Farid, c’era il vecchio bancone scheggiato, le sigarette dietro di lei, una pistola nel cassetto, il registratore di cassa e un vecchia foto di loro due da piccoli.

Farid e Leila.

I due inseparabili.

In quella foto giocavano a calcio, lui con i capelli neri al vento , lei con i capelli raccolti in una crocchia in cima alla testa e con uno sguardo di adorazione pura verso di lui.

Amava suo fratello, amava quel suo essere forte, pronto a proteggerla e a infrangere le regole, perché Farid odiava Berlino.

Odiava quel sentirsi perennemente giudicati sia dai tedeschi che notavano le carnagioni scure e i nomi  e dai turchi che vedevano i suoi capelli e sapevano il loro cognome.

Loro erano soli contro il mondo, non sentivano di appartenere a nessuna di queste due comunità.

[Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide? ]
E quello che a lei faceva male, in lui veniva metabolizzato come rabbia feroce contro tutto e tutti, che lo faceva esplodere in collere e zuffe.

Lei lo guardava ammirata come se fosse un eroe, il suo fratellone che come superman accorreva in suo aiuto.

Per anni era stato così, fino all’arrivo di Shirin lei non aveva avuto altro che lui e i due fratelli più piccoli, con cui scorazzava nel quartiere.

Shirin e la sua famiglia erano arrivati in una calda mattina di giugno, lei aveva immediatamente fatto amicizia con quella bambina bella e sorridente, sempre allegra, mentre Farid aveva trovato un compagno in David.

Il ragazzo era diventato la sua controparte saggia,l’unico in grado di calmarlo, almeno per un po’.

Insieme loro quattro erano diventati una banda raccogliendo intorno a sé un numero sempre maggiore di ragazzini, tutti quelli che per un motivo o per un altro erano in guerra contro il mondo.

Ora era tutto diverso, l’eroe era caduto dal piedistallo, portando con sé la sua unica vera amica.

[“Lei devo dirti una cosa….Io sono incinta!

Il bambino è di tuo fratello!”

Lasciò cadere  la bottiglietta di birra per correre ad abbracciare Shirin, non sapeva ancora come sarebbe finita ma era felice.

Troppo felice.]

L’occhio le cadde su una seconda foto, ritraeva due ragazzine, una dagli improbabili capelli fucsia, l’altra dalle treccine nere che sorridevano felici, spavalde.

Quel passato non poteva tornare, quelle due ragazzine erano morte anche se erano ancora vive.

Shirin, la sua migliore amica non era più se stessa da troppo tempo, la previsione di Luca si era avverata in pieno.

[“Cazzo, Shirin cosa è successo?”

Entrò nella stanza buia della sua migliore amica, stando attenta a dove metteva i piedi, il disordine era imperante.

La trovò rannicchiata sotto la finestra.

“Perché mi ha fatto questo eh Leila?

Perché?

Perché non ha voluto nostro figlio?”

Che risposta poteva darle?]

Finì la sigaretta, la vita da qualunque lato la guardasse rimaneva sempre uno schifo.

Uno schifo che l’aveva portata a vivere in un quartiere di merda, che dopo averle dato una migliore amica si era affrettata a riprendersela  e le aveva contemporaneamente tolto suo fratello.

Sentì delle sedie muoversi nel locale accanto, il vociare degli anziani si spostò alla cassa, sentì Katarina la barista salutarli con il suo lieve accento russo.

Ora era sola davvero.

L’unica compagnia che aveva era una luce al neon, un pacchetto di sigarette alla vaniglia e i suoi ricordi.

Meraviglioso.

Sola.

[Did someone break your heart inside?
You're in ruins.]

 

Com’era essere soli?

Bill non l’aveva mai saputo, non aveva mai vagato per le stanze del suo appartamento, instupidito senza sapere dove fosse Tom, sentendolo lontano.

Aveva finalmente creato una barriera alta abbastanza  da costringerlo ad andarsene , ma non ne era felice.

Quando la pizze arrivarono, pagò il fattorino, poi le lanciò via disgustato, non voleva mangiarle, il cibo era l’ultimo dei suoi problemi.

Rimase da solo al buio, mentre sentiva il rumore leggero del traffico attorno a sé, poi si alzò il vento autunnale e il rumore delle foglie scosse da esso degli alberi del  giardino davanti al palazzo dove vivevano si mischiò al rumore delle macchine.

Non seppe dire quanto rimase così, era come se si fosse estraniato, senza pensare a nulla.

Non era più nel suo corpo, non era più li e non era da altre parti.

Non c’era e basta.

Fu il ticchettio fastidioso dell’orologio a riportarlo in quella stanza, scandiva il tempo vuoto di quella serata, sembrava parlargli.

-Ti piace Bill?

Com’ è cadere da soli?-

Rimase un attimo sbalordito, erano delle allucinazioni prodotte dalla droga e basta.

Non erano vere.

Gli orologi stavano zitti, giusto?

-No Bill, noi parliamo.

Guardiamo voi umani e ridiamo mentre sprecate il vostro tempo senza sapere quanto sia prezioso…

È così divertente….

E tu sai quanto tempo hai sprecato?

E quanto ne stai sprecando adesso?-

Si portò le mani sulle orecchie, non voleva sentire altro.

-Non ci provare Scorciato, credi basti solo questo a fuggire?

Come credi si senta Tom?

Male, vero?

Sai di averlo ferito, ma sei sicuro di aver fatto la scelta giusta?

Non è che volevi una prova d’affetto?

Volevi vedere tornare il tuo fratellino distrutto da te, ma è come nella roulette, non si è mai certi di nulla, potresti aver puntato sul numero sbagliato.

E se non tornasse?

E se ti lasciasse….solo?-

Si alzò in piedi , camminò come un sonnambulo verso la parete dove un orologio di vetro con complicati motivi astratti ticchettava placido e taceva .

Forse quelle voci erano solo nella sua testa, ma doveva essere certo che tacessero e se per  far questo doveva sacrificare un costoso manufatto, poco importava.

Lo scaraventò per terra con rabbia, l’oggetto esplose in mille schegge colorate, che si sparpagliarono per il pavimento scintillando alla debole luce della luna.

Ansante, si soffermò a guardarle terrorizzato, per un attimo si aspettò una reazione dai cocci, ma non successe nulla.

Il silenzio solo regnava nell’appartamento.

Sopirò di sollievo.

-Troppo facile …

Credevi davvero che sparissi Bill Kaulitz?

Non l’hai ancora capito?Io sono dentro di te. Io sono te…

Ti ricordi il video di “Don’t jump? Immaginami così….che ruolo vuoi avere?

Il te stesso sul cornicione o quello che ti salva?-

“STAI ZITTOOOOO!”

L’unica risposta che ottenne fu una risata beffarda che lo raggelò.

Quella cosa non se ne sarebbe andata tanto presto, ne era certo.

Quella cosa non era in un orologio o in altri oggetti o nelle pizze che giacevano ancora sul pavimento.

Quella cosa era in lui, scorreva nelle sua vene, contaminava il suo cervello.

Forse quella cosa non era altri che lui.

Lui e i suoi sensi di colpa.

Non poteva stare più di li, iniziava a mancargli l’aria.

Freneticamente raccolse i resti della cena , li gettò in pattumiera, poi corse sotto la doccia.

Si cambiò , si truccò e si guardò allo specchio ansante, stava sudando copiosamente.

Era come in fuga dal demonio, ma sapeva che era inutile  fuggire da quella casa.

Totalmente inutile.

[When you're at the end of the road
And you lost all sense of control
And your thoughts have taken their toll
When your mind breaks the spirit of your soul ]

Prese le chiavi della macchina, dove poteva andare per non pensare?

Scese in garage, accese l’auto ed ingranò la retro, stando attento alle altre macchine e ai pilastri della stanza sotterraneo.

-Dove scappi, ragazzino?

Puoi uscire da qui, ma non da te stesso!-

Sibilò un “Fanculo” alla voce e una volta per strada, si diresse verso un club piuttosto esclusivo, senza avvisare nessuno.

Era in pausa dal tour, i produttori non facevano pressioni per un nuovo album, non erano stati soddisfatti dell’affluenza agli ultimi concerti.

Tutto quello che aveva tra le mani stava svanendo?

Una volta caduta la maschera del cantante bello, popolare e androgino, cosa ne sarebbe stato di lui?

Le fan sembrava lo stessero abbandonando, lui sentiva di stare lasciando andare se stesso in malora.

Erano solo paranoie, solo paranoie.

I produttori avevano solo capito che lui aveva bisogno di una pausa! Non era nient’altro, non era l’inizio della fine!

-Ne sei certo?-

“Vattene! Dannata voce!”

Era davanti al locale, parcheggiò la macchina e scese, i bodyguard sorrisero.

“Buonasera signor Kaulitz!”

“Buonasera!”

Dentro la musica era assordante, fatta apposta per azzerare I pensieri, ragazze seminude si muovevano sensuali su cubi, sotto fasci di luce colorata.

Sospirò soddisfatto, poteva iniziare a divertirsi.

Ordinò da bere, il barista gli lanciò un’occhiata a metà tra l’eloquente e l’indifferente, come se avesse capito che era fatto di coca e non gli importasse.

Provò a leggere la sua espressione e suonava come”Lo so che tiri, bello.

Lo so che pensi di essere superiore, ma ne ho visti tanti come te….si sono tutti ridotti male, anche se credevano di sfangarla.”

Scosse la testa, finì il drink in un colpo solo e si buttò in pista.

Con la coda dell’occhio gli sembrò di vedere il barista scuotere la testa, lui sbuffò.

Ben presto si trovò coinvolto in una marea di gente che si muoveva a tempo con la musica, qualcuno gli si strusciava addosso, lui non ci dava peso.

Di nuovo era come se non fosse lì.

“Ehi!”

Vide una ragazza che ballava sensuale accanto a lui ammiccando divertita , era un invito?

Decise di si, così si avvicinò ed assecondò i suoi movimenti, lei sorrise e si voltò, invitandolo a contemplare una schiena  dalla linea dritta e un di dietro sodo, lui sorrise.

La voce taceva, o forse rideva divertita in un angolo talmente remoto del suo cervello che non poteva più sentirla.

La ragazza prese a strusciare il sedere sul cavallo dei suoi pantaloni, era eccitante e decisamente piacevole, mettendole le mani sui fianchi la costrinse a voltarsi.

“Sei veramente carina sai?”

Ripresero di nuovo a ballare, lui le accarezzava la scena scendendo fino al sedere, lei continuava a muoversi sensualmente su di lui e a sorridere provocante.

Aveva gli scuri e un trucco troppo marcato per i suoi gusti, ma andava bene lo stesso.

“Anche tu sei carino…

Lei passò un mano tra i capelli, lui la prese per la nuca e la attirò a sé, baciandola avidamente.

Le loro lingue lottavano, lei iniziò a gemere, soprattutto quando lui scese a leccarle il collo continuando a toccarla.

“Sei bravo sai…

Gli mise un mano sui pantaloni, constatando che era eccitato.

“Vuoi vederlo?”

Lei sorrise, la trascinò in bagno e la sbatte con poca grazia contro il muro, continuando a baciarla, mentre lei  lo stava masturbando.

Le alzò la gonna, lei aprì la cerniera dei pantaloni, abbassò quelli e i boxer, lui fece lo stesso con i suoi slip.

La penetrò senza aspettare oltre, ma mentre ascoltava i gemiti di quella sconosciuta e i suoi, si sentiva vuoto.

-Ti piace davvero questa vita?-

Non rispose, colpito dall’orgasmo.

Quando tutto fu finito, lui la guardò truccarsi calma, apparentemente per lei era routine.

“Mi sono divertita, questo è il mio numero.”

Gli tese un biglietto su cui aveva scribacchiato un numero di cellulare, lui lo intascò e sorrise.

“Magari ti chiamo!”

Non l’avrebbe chiamata mai più, non sapeva nemmeno il suo nome ne era interessato a conoscerlo, lei uscì ancheggiando dal bagno.

La voce riprese a ridere.

-Sei solo un fallito…-

[Your faith walks on broken glass
And the hangover doesn't pass
Nothing's ever built to last
You're in ruins. ]

Sei solo una fallita.

Quella fase gliel’aveva sussurrata Farid il giorno in cui gli aveva annunciato che non voleva più avere nulla a che fare con lui e il suo gruppo.

Erano parola dure che la ferivano ancora, che considerava veritiere, perché guardando la sua vita non poteva che essere d’accordo con lui.

Dov’era Leila Schimt a diciannove anni?

In quel cesso di quartiere dov’era nata, senza nemmeno il diploma di maturità, perché per aiutare Shirin aveva perso un anno di scuola, senza sconti da parte del corpo docenti.

[“Schimt, lei ha fatto troppe assenze!

Non sappiamo se abbia o meno aiutato Sayeb e la condotta degli anni passati non la mette in buona luce.

Siamo costretti a bocciarla, arrivederci all’anno prossimo.”

Si era sentita tremendamente umiliata, aveva capito cosa  voleva dire Luca quando le consigliava di darsi una calmata, solo troppo tardi.

Aveva dovuto trascinare via sua madre furiosa da quel colloquio per non aggravare ulteriormente la sua già precaria posizione.]

“Leila? “

Alzò gli occhi, Katarina era davanti a lei, le mani sui fianchi, un ciuffo di capelli chiari che le ricadeva sugli occhi.

“Si?”

“Vai a casa, ha detto tuo padre che puoi.””

“Va bene.”

Raccolse il giubbino nero , uscì dal negozio con l’aria un po’ assente che la caratterizzava sempre in quel periodo, il cielo era sempre più scuro.

Iniziò presto a nevicare.

Meglio, si disse mentre arrancava salendo le scale, almeno sarebbe riuscita a dormire.

Così fu, quella notte, dopo aver salutato i genitori, i fratelli e Meg, dormì un sonno profondo e riposante.

Al mattino era convinta di aver sognato qualcosa di bello, erano anni che non la capitava, perciò sorrideva ancora mentre si dirigeva a scuola su un vecchio motorino scassato che apparteneva a Farid.

Teneva maniacalmente a quel mezzo, nonostante fosse vecchio, si occupava personalmente del motore ed aveva persino ridipinto la carrozzeria di viola.

Era l’unico legame che le rimanesse con suo fratello.

La mattina passò tranquillamente, sfangò un’interrogazione di matematica, consegnò un tema di tedesco, le venne consegnata la verifica d’inglese fatta la settimana prima che risultò come il voto più alto della classe.

Era di buon umore.

Solo ogni tanto allungando qualche timida occhiata a Shirin che sedeva accanto a lei, sentiva il vecchio nodo allo stomaco riformarsi.

Shirin Sayeb non portava più da tempo i capelli neri in fitte treccine,ma in trascurati boccoli platinati, risultato di decolorazioni casalinghe che lasciava fare a lei,  e non donava più il suo sorriso contagioso a nessuno, la maggior parte del tempo aveva un’aria persa, timida e sognante.

Era l’ombra di se stessa.

L’argento vivo che di lei amava, era morto insieme a suo figlio due anni prima.

Spesso guardava fuori dalla finestra e quando succedeva Leila sapeva che non era più lì in quella classe fisica, bensì altrove, in quei ricordi con cui non riusciva a fare pace.

Era riuscita a salvarla, tuttavia sempre più spesso si chiedeva per quanto.

[One, 21 guns
Lay down your arms
Give up the fight
One, 21 guns
Throw up your arms into the sky,
You and I ]
Quel pomeriggio incontrò Luca mentre andava al suo secondo lavoro, sembrava preoccupato, reggeva svogliatamente una sigaretta in mano e come sempre rischiava di inciampare in quei jeans a cavallo basso più grandi di lui.

“Ehi Girardi! Cosa ti turba?”

“Ehi Schmith! Cosa ti rallegra?”

“La neve!!”

“A diciannove anni? Non sei troppo grande per fare la bambina?”

“Uhm e tu sei troppo giovane per fare il saggio.

Luca, davvero, cosa è successo?”

Sospirò.

“Stamattina è passato un vecchio amico di Frankie a casa nostra, uno che conosceva prima che venissimo qui.”

“E?”

“Non sapeva che sta a Venezia adesso e io gli ho dato l’indirizzo.

Non so se ho fatto la cosa giusta, lui l’ha fatta soffrire in passato, ma….”

“Ma per caso tua sorella era cotta di lui, che magari  non l’ha mai cagata per anni e anni?”

“Si, bhe in tutta sincerità ha iniziato a farsi vivo un anno fa con delle lettere che mi a madre ha imboscato .

Lo odia.”

“Come odia tutti.”

“Tu come fai a sapere di questa storia di mia sorella?”

“Me l’ha detto Dave, una volta gliel’ha raccontato Jo mentre era fatto.

Bhe all’epoca quelle di Jo erano solo supposizioni, ma tu me le hai confermate.”

“Sei furba Rossa.”

“Forse, ma tu sei intelligente e questo è meglio.”

“Non so se ho fatto la cosa giusta per Frankie.”

Lou se tua sorella è stata o è innamorata di questo tipo, tu hai fatto bene a dargli l’indirizzo, perché così almeno avrà un verdetto.

Incontrandolo potranno succedere due cose, o seppellirà il suo fantasma oppure in base a quello che lui ha da dirle potrà perdonarlo e renderlo partecipe di nuovo della sua vita.

In ogni caso tu le hai dato la possibilità di decidere e credimi questo non è poco.”

Luca sorrise come sollevato.

“Grazie Leila.”

“Prego, ora vado.

Sono in ritardo per il lavoro.”

Agitò la mano, Luca Girardi ricambiò il saluto  alzando la mano con la sigaretta.

Fumava anche lui e questo lo rendeva umano ed adorabile ai suoi occhi, era un miracolo che non si fosse innamorata di lui e di quell’aria da intellettuale ribelle.

Forse non era mai stata innamorata.

Non aveva tempo per quelle riflessioni, doveva correre al lavoro.

Maledetto lavoro.

 

Bill aveva scoperto di detestare il suo lavoro in quei due giorni.

Detestava essere tormentato da idee per canzoni senza che ci fosse qualcuno ad aiutarlo a buttare giù i testi accompagnati da una melodia come faceva Tom.

Aveva provato a coinvolgere Georg e Gustav ma non aveva ottenuto alcun risultato se non quello di far arrabbiare il bassista quando l’aveva buttato giù dal letto a orari antelucani.

Solo Gustav l’aveva calmato.

Che colpa ne aveva se era iperattivo?

-Non sei iperattivo ….sei solo un tossico.

Quanto ancora credi di ingannarli?

Gustav l’ha già capito, lui non parla, ma osserva. Lo sai….-

Non tentò più nemmeno di zittire la voce, la lasciò parlare ormai nulla aveva più importanza.

-Ahahahahha! Bella battuta, sembra quella di un aspirante suicida, peccato ti manchi il coraggio…

Tu vuoi solo liberarti del batterista-balia, non essere così drastico…limitati ad andartene!-

[Did you try to live on your own
When you burned down the house and home?
Did you stand too close to the fire?
Like a liar looking for forgiveness from a stone ]
Andarsene…

Il suono dolce di quella parola lo accompagno fino a farlo cadere in un sonno profondo.

Era su una spiaggia poco dopo l’alba, un uomo  dai capelli raccolti in una lunga coda lo stava indicando a Francesca, come se lui, Bill, fosse il suo fidanzato.

La ragazza vestita di bianco, scalza, con i capelli neri al vento lo guardava perplessa.

Lui scese verso di lei sorridendo, era così bella…e non era sua…

La abbracciò e le diede un bacio in fronte quando avrebbe solo voluto baciare quelle labbra, ma lei non era mai stata sua, ne lo sarebbe mai stata.

“Ciao Piccola!”

“Vi lascio soli. Ciao Fay!”

L’uomo si allontanò e li lascio soli, Francesca lo guardò dritto negli occhi e per un attimo si vergognò delle ragazze che si scopava nei bagni, come quella di due giorni prima.

“Voglio tornare indietro.”

“Non ti piace questa realtà?”

“Non è la mia e poi…

“Poi tu ami Tom non è vero?”

Faceva male, ma sapeva già la riposta.

Io…si….”

“L’hai sempre amato.”

“Forse.”

“No Fay….L’hai sempre amato.

Sei certa di voler tornare indietro?”

“Si. Ti prego aiutami!!”

Le sorrise, quell’ammissione l’aveva sollevato dal dolore dell’incertezza, ora era libero…

 “Sei sicura? Non ti piace qui?”

“Mi sarebbe piaciuto, ma in altra vita.

Non adesso.

Mi dispiace!”

“Ti capisco.”

Le diede un ultimo bacio in fronte, come a dirle”addio” e la guardò sparire nel mare insieme a quel dolore per non averla avuta come sua  ragazza,sorrise felice

Si incantò a guardare il mare che si infrangeva sulla spiaggia con un ritmo sempre uguale, era certo che quel sogno non fosse stato solo suo.

La parte autenticamente sua cominciava adesso.

“Bill!”

Si voltò, Fra era di nuovo davanti a lui, più matura,aveva in braccio un bambino molto piccolo, Tom la abbracciava da dietro.

“Quand’è che mi renderai zio?”

Mormorò divertito suo fratello, Bill prese il neonato che gli porgeva la ragazza, aveva gli occhi scuri e un ciuffo di capelli scuri.

“Non ti basta essere padre?”

“No, se tu non sei felice.”

“Ora che l’hai trovata non lasciartela scappare.”

Chi?

Una ragazza vestita di nero con un velo in testa a coprirle il volto si avvicinò a lui, suo fratello, la sua ragazza e il loro bambino erano spariti.

C’erano solo loro due.

“ciao amore!”mormorò lei accarezzandogli una guancia.

Ciao…

“Chiudi gli occhi.”

Fece come gli era stato ordinato, sentì i fruscii del velo sollevato e poi sentì le sue labbra calde contro le sue.

Fu il bacio più bello della sua vita perché sentiva che c’era amore verso di lui nella ragazza che glielo stava donando, lo sentiva dal fatto che lo attirava a se e lo accarezzava.

Chi era?

Quando la sentì staccarsi, gioì, finalmente l’avrebbe vista…

Tuttavia…

Proprio in quel momento tutto svanì’, era di nuovo nella sua stanza.

Solo.

Un senso di ansia crescente iniziò a divorarlo, doveva andarsene da quella casa.

Doveva!

Raccolse le sue cose in una valigia, frenetico come lo era stato Tom due giorni prima.

-Non puoi scappare da ciò che non ha corpo!-

“Si che posso, è quello che sto facendo!”

Urlò chiudendo istericamente il trolley con un gesto secco che risuonò come una fucilata nella stanza vuoto.

Mentre percorreva il suo appartamento, ed afferrava le chiavi della macchina, diretto verso un posto ignoto, sentiva di stare dando addio a molte cose.

Ma il futuro?

Il tanto decantato, il fottuto futuro, come sarebbe stato?

Ingranò la retro, uscì di nuovo dal lussuoso parcheggiò sotterraneo, con un cd dei Green Day di sottofondo.

La strada ora era davanti a lui che si accese una sigaretta, ora era certo di una cosa.

Era certo di non avere risposte, di essere solo una foglia in balia del vento della vita.

Solo.

[When it's time to live and let die
And you can't get another try
Something inside this heart has died
You're in ruins. ]

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Eccomi con il promesso seguito… non so nemmeno da dove mi sia uscita una descrizione del genere.

A me non piace molto, non stilisticamente, ma nel contenuto.

A essere sinceri non mi ci riconosco per niente….

Spero vi possa piacere^^.

AH! La canzone che accompagna il capitolo è “21 guns” di Green Day

Ringrazio:

 

Big Angel Dark

 

_Pulse_

 

Schwarz Nana

 

Black Down Th

 

Schrei_Kris

 

Lady Cassandra

 

Per le recensioni all’ultimo capitolo di“Francesca“

   
 
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