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Autore: KikiShadow93    12/06/2020    4 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
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Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 14 💛

 

𝟚𝟛. 𝐿𝑒𝑔𝒶𝓂𝑒 𝒹𝒾 𝓈𝒶𝓃𝑔𝓊𝑒

 


Everett amava la sua Leila.
La amava alla follia, più di qualsiasi altra cosa, più di sé stesso.
In realtà, Everett ama la sua Leila.
Sherry già lo sapeva, lo aveva visto e provato attraverso i suoi ricordi, ma sentirlo parlare di lei… è stato diverso.
Sentire quella nota lontana ma viva di nostalgia e tristezza nel raccontarle di sua madre, il dolore ancora divampante nel suo cuore infranto nel rimembrare la sua morte… è stato qualcosa di strano, sovrannaturale.
Era forte, sua madre. Everett non ha usato mezzi termini per descriverla, era semplicemente forte, un uragano, una creatura che mai si sarebbe fatta spezzare nello spirito.
Aveva una visione particolare del mondo. Non ha specificato se la condividesse o meno, semplicemente era un qualcosa di particolare. E aveva un piano, la sua forte e folle mamma. Aveva un piano che avrebbe implicato la sua disfatta, il suo totale annientamento. E le andava bene.
Disse che il suo era un prezzo sin troppo piccolo da pagare per aiutare la nostra razza e che era felice di poter contribuire. Tanto forte quanto pazza, probabilmente pure egoista… ma l’amavo anche per questo, alla fine.
Ha poi voluto sapere di più, Sherry. Ha voluto sapere come e perché Mezcal l’abbia stritolata nella sua spira di odio e distruzione, ed Everett si è irrigidito al solo pensiero.
È in quel momento che, spinta da chissà quale forza ancestrale particolarmente compassionevole, ha allungato una mano ed ha stretto una delle sue. L’ha tenuta saldamente, non ha accennato a mollare la presa neanche quando il maggiore l’ha guardata con aria perplessa. Ha guardato poi le loro mani senza capire, ma non si è sottratto a quel contatto tanto nuovo e inconsapevolmente desiderato.
Lei è sua, in qualche modo. Lo è sempre stata. Non una semplice sorellastra, sicuramente non la sua compagna: era la figlia che avrebbe dovuto - che avrebbe voluto - avere con la sua Leila e che mai, non una sola volta, ha potuto sfiorare. Mezcal si sarebbe risentito dopo il suo precedente e devastante affronto, e Dio solo sa cosa avrebbe potuto farle per spregio.
Dei Segugi diedero l’allarme, quel giorno.
Ha cominciato così, continuando a fissare le loro mani unite mentre dentro il dolore si faceva più forte. Ricorda ancora tutto, pure gli odori che fiutò fuori dalla Tana.
Mezcal mandò me e Darko a controllare e, eventualmente, sterminare la minaccia. Ero il futuro Re, dovevo occuparmi di queste cose… anche perché lui non ne aveva voglia. Usciva se poteva uccidere a colpo sicuro, non certo per una semplice ronda.
Ero abituato, mi mandava spesso… e con Darko sono sempre stato bene. Lui avrebbe semplicemente dovuto badare alla mia formazione, invece con me si comportava come un padre apprensivo e quel giorno, appurato che non ci fossero problemi, gli chiesi scioccamente di mostrarmi l’umana che stava frequentando. Diceva che fosse bellissima, la donna più bella che avesse mai calpestato il suolo di questo pianeta, ed io ero curioso di sapere se era vero… fu un errore madornale.

Si è zittito per qualche secondo, un altro minuscolo brandello di cuore andava in cenere. Se solo fosse tornato subito indietro, se non avesse perso tempo a bighellonare per vedere se riusciva a farsi piacere il mondo che tanto affascinava sua moglie…
Era bravissima a nascondere le emozioni, a non badare al dolore… ma ad un certo punto per lei diventò troppo e mi accorsi che stava succedendo qualcosa. Ricordo che scattai via, corsi senza riuscire a respirare… ma fu troppo tardi.
La verità è che Mezcal voleva Leila come sua amante. Una Purosangue Alpha, una creatura che da quasi cinquant’anni non si vedeva al Nord… gli avrebbe dato dei figli incredibili e molto più prestigiosi di noi. Il divario d’età troppo grande ha impedito che la prendesse come moglie al posto di Aisha, ma di certo non lo avrebbe fermato una volta cresciuta. Lei lo rifiutò più volte e lui sembrava prendere e perdere interesse a più riprese… ma quel giorno gli venne in mente che la voleva e che se la sarebbe presa, con le buone o le cattive. Aveva sentito di nuovo i suoi discorsi tanto inconcepibili e li usò come scusa, così che nessuno avesse niente da ridire. L’attaccò brutalmente, non le diede il tempo di capire neanche da dove arrivassero i colpi, e quando arrivai lei era già a terra, più morta che viva, e lui…

Sherry gli ha stretto più forte la mano, gli ha impedito di finire la frase. Non ce l’avrebbe fatta, lo ha capito subito. In un certo senso neanche voleva che proseguisse, le bastava così, era decisamente troppo, ma Everett voleva metterla al corrente degli eventi. Per quanto orribili e dolorosi, pure lei meritava di sapere.
Provai ad attaccarlo, volevo che smettesse… ma la sua guardia mi fu subito addosso. Mi tennero a terra, il muso indirizzato verso di loro perché guardassi…
La cicatrice sul collo, quella profonda che l’ha sempre incuriosita. Quando mai uno come lui, un combattente tanto tenace e brutale, aveva mai permesso a qualcuno di morderlo in un punto tanto delicato e mortale? Supponeva se la fosse procurata in giovane età, unico periodo in cui qualcuno poteva pensare di buttarlo a terra e sopravvivere per raccontarlo, ma non aveva mai preso in considerazione che se la fosse procurata in questo modo.
Sentiva le lacrime pungerle gli occhi mentre ascoltava le sue parole amare. Ha provato ad immaginare cosa volesse dire vedere una cosa del genere, cosa si potesse provare nel vedere la propria metà dell’anima venire fatta a brandelli sia fuori che dentro, essere distrutta e condannata, ed essere costretti a rimanere a terra, impotenti, senza poter distogliere lo sguardo.
Si è poi alzato, Everett.
Si è alzato, scivolando fuori dalla sua presa, e si è messo a camminare verso il mare. Sherry lo ha seguito subito a ruota, tenendosi al suo fianco. Pendeva dalle sue labbra, condivideva parte del suo dolore. Una parte, esatto: per quanto quelle parole potessero farle un male atroce, niente e nessuno potrà mai provare il suo, di dolore, quello di un uomo alla quale è stato strappato tutto quanto quando era solo un ragazzino e che è sorprendentemente sopravvissuto a tutto quel dolore.
Un dolore eterno che solo la morte può cancellare.
Morte che però pare rifiutarlo.
Lei mi guardò… e mi sorrise. Solo a quel punto mi accorsi che stava sì soffrendo, ma non dentro. Era calma, il suo dolore era puramente fisico. Lei era in pace, sapeva cosa stava facendo… e le andava bene.
Il Grande Spettro le parlava spesso, sai? Le sussurrava cose che nessun altro conosceva, neanche io… e le sussurrò ciò che sarebbe successo e che sarebbe morta per dare alla luce una creatura. Una creatura nata dal sangue, la cui madre aveva gli occhi di fuoco.
Sapeva che gli altri figli che avrebbe portato in grembo sarebbero morti perché solo uno doveva vivere. Papà Spettro lo definì come “portatore del caos”, inteso come il principio di tutte le cose o come l'origine di cose che prima non erano.

Predetta.
La sua nascita era stata predetta.
Non era stata un incidente, non per sua madre almeno.
Lei era stata scelta tra i quattro figli di quell’orrenda e forzata unione perché portasse il caos.
Ma quale caos? Diventare l’ossessione di uno psicopatico che poi ha sterminato la sua stessa famiglia e sta mettendo in ginocchio tutti gli Spettri usando violenza e terrore è portare il caos? O forse lo è scappare dalle proprie terre, prendere il controllo dei reietti suoi pari e andare a letto con un alieno? O forse è amare questo alieno?
Non ha fatto domande. Everett non le è sembrato certo del migliore degli umori, così ha lasciato i propri dubbi per sé ed ha continuato ad ascoltare le sue parole mentre camminavano sulla sabbia fredda ed umida a piedi nudi, curiosamente rincuorata dal suo timbro di voce basso, caldo ed un poco roco. Una bella voce a tratti rassicurante che, a conti fatti, avrebbe davvero tanto voluto sentire in quegli undici anni di terrore e supplizi. Pur non potendolo affermare con sicurezza, è abbastanza convinta che in qualche modo l’avrebbe fatta sentire meglio.
Darko sapeva di noi due. Era l’unico a sapere perché il principe ereditario del Nord certo non poteva unirsi ad una ragazza di basso lignaggio e con idee tanto incredibili come lei, e tenne sempre tutto nascosto perché consapevole che sennò saremmo stati entrambi in pericolo.
Riuscì a farmela incontrare di nascosto, quando fu rinchiusa per far sì che portasse a termine la gravidanza e non provasse a scappare o uccidersi. Io non stavo messo tanto bene, anche se certo la mia situazione non era paragonabile alla sua: la mia famiglia, se così la vogliamo definire, mi aveva allontanato come un lebbroso per aver contraddetto Mezcal di fronte a tutti, mi rimaneva solo Darko al mondo. L’unico che si lasciò sfuggire delle lacrime e che fu costretto a guardare fu Baileys, l’unico che non odiavo del tutto lì in mezzo e che tentava in qualche modo di avvicinarmi. Non potevo perdonare neanche lui però, proprio perché non aveva neanche provato a fare qualcosa.
Comunque alla fine la incontrai e non riuscivo neanche a sostenerne lo sguardo. Era stata colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia, perché avevo perso tempo, non ero tornato subito a vegliare su di lei… ovviamente disse di no ed alla fine mi spiegò tutto. Se già prima desideravo la morte, puoi immaginare come mi sentii nell’apprendere che mia moglie, l’unica creatura che avevo amato e che
mai avrei amato per il resto dei miei giorni, era consapevole di essere destinata ad una simile fine e le andasse bene. Come ciliegina sulla torta, poi, mi fece promettere due cose: che non avrei commesso alcuna impudenza, mai, compreso anche qualsiasi piano di evasione per lei, e che avrei protetto il nascituro così come avrei protetto un figlio mio.
Non potevo certo negarle una cosa tanto piccola, non trovi?

Sherry non credeva che ci fosse un sorriso al mondo oltre a quello di Radish capace di farla sentire tanto bene, capace di rincuorarla malgrado l’orrenda realtà appena appresa. Eppure è stato così: quando Everett le ha sorriso con un’aria curiosamente serena, quasi infantile, si è sentita meglio, ha ricominciato a respirare regolarmente e si è ritrovata dopo poco ad abbassare timidamente lo sguardo con le guance un poco arrossate.
Everett le aveva sorriso, era stato stranamente dolce. Ma, alla fine, poteva davvero dire che fosse stato un atteggiamento strano? Lei non sapeva niente di lui. In realtà, nessuno ha mai saputo proprio niente di lui, solo ciò che voleva mostrare. Neanche Mezcal sapeva qualcosa sul figlio, non aveva idea di niente che lo riguardasse e, al contrario di Sherry, non aveva neanche mai avuto interesse a scoprirlo.
Da quando sei nata, il mio unico obiettivo è stato quello di proteggerti a distanza, perché se ti avessi avvicinata Mezcal avrebbe mangiato la foglia e per te non ci sarebbe stato scampo.
Quando tu e la Mezzosangue siete scappate, Jäger fu il primo a partire alla carica per bloccarvi. Andai anche io e nessuno sospettò niente non solo perché eravamo promessi, ma anche perché Mezcal diede l’ordine generale circa dieci secondi dopo che quello psicopatico partì all’inseguimento. Non hai idea della fatica che ho fatto per raggiungerlo prima degli altri, davvero. Quel bastardo è incredibilmente veloce.
Non so se lo ricordi, ma quando ti era alle costole, ormai ad un soffio dal morderti la coda per tirarti indietro, andò a terra. Beh, la versione ufficiale vuole che io sia inciampato e, guarda un po’ il caso, gli finii addosso e mi aggrappai alla sua zampa nella foga per provare a rimanere in equilibrio, mentre in realtà mi buttai a cazzo di cane per terra e tentai di strappargliela. Ma oltre che veloce è pure schifosamente resistente, quindi niente, gli ho lasciato solo una bella cicatrice.”

Le è venuto davvero da ridere e si è trattenuta a stento perché la nota di allegria, soddisfazione e strafottenza nella sua voce si è fatta quasi palpabile. Ridacchiava nel raccontarle di quell’accidentale caduta e nei suoi occhi risplendeva un malato piacere nel ricordare il sangue del caro fratellino sulla lingua.
Poi però ha schioccato la lingua contro il palato con fare stizzito nel ricordare anche la sua resistenza ed anche la sua sorprendente ripresa. Se Sherry e Bree non fossero state tanto veloci e, in egual maniera, fortunate, le avrebbe riprese sicuramente.
In genere è il primogenito ad essere il più forte nella figliata, poiché si prende da subito i geni migliori in grembo materno, lasciandone di più deboli ai futuri fratellini e sorelline. Jäger, invece, pare essere riuscito a scovare una scorta nascosta e se l’è fagocitata tutta quanta, accaparrandosi pure i geni più folli di entrambi i genitori. Se non si fosse poi dimostrato un violento ed inarrestabile sociopatico, sarebbe sicuramente diventato il più potente e brillante di tutti i Re. Ma le cose sono andate come sono andate, nessuno sarà mai capace di aggiustare la sua mente deviata, Everett l’ha capito perfettamente quando lo vide sorridere felice nell’assistere allo stupro di Leila. È stato in quel preciso istante, quando i suoi occhi pieni di disperazione supplicavano ad uno ad uno i suoi fratelli e le sue sorelle di fare qualcosa, che ha capito che quel moccioso di quasi sei anni era il più malato di tutti. Con lui, ovviamente, Apophis, completamente indifferente alla scena alla quale stava assistendo.
Che dici, superstar, facciamo una corsa? Dopo magari ti racconto anche come mai sono ancora vivo.” E detto questo è schizzato in avanti, sbriciolando i vestiti nel mutare.
Sherry lo ha fissato per qualche istante, osservando quella creatura mastodontica che affondava le grosse zampe nella sabbia con grazia per poi voltare il muso per guardarla. Un muto richiamo a seguirlo, a correre al suo fianco, e lei si è lasciata andare senza remore. Si è sfilata il vestito senza neanche pensarci un istante di più, lasciandolo abbandonato ai propri piedi prima di mutare forma e saltare al suo fianco.
Le sue iridi di sangue le sono sembrate addirittura timide quando si sono ritrovati muso a muso.
Le zampe intuivano da sole la via da seguire, toccavano appena il suolo e vi si posavano il tempo necessario a spingersi oltre, nessun pensiero sembrava essere capace di sfiorarli sotto la volta stellata che pareva inglobarli. Nessuno, neanche l’ombra di una preoccupazione, quando in realtà Sherry avrebbe dovuto prendere in considerazione, fosse stato anche solo per due secondi, il fatto che la sua assenza avrebbe preoccupato non poco il compagno ancora addormentato.
Infatti adesso, col Sole che lentamente comincia a scaldare il circondario, Radish non può far altro che domandarsi cosa le sia successo.
Si è svegliato relativamente tranquillo, prima di riuscire a mettere a fuoco ciò che lo circondava si è stiracchiato come un gatto e, come ormai è d’abitudine per lui, ha allungato un braccio al proprio fianco per cercarla. Era sicuro che l’avrebbe trovata lì, addormentata e protetta dalla sua vicinanza, invece non è stato così.
Lei non c’era, si era dileguata nel niente senza lasciargli alcunché per fargli sapere se stava bene o dove andava, e della sua aura neanche una traccia.
È scattato fuori dalla tenda, i capelli scompigliati e lo sguardo ancora stravolto dalla profonda dormita, e subito l’ha cercata con lo sguardo. L’ha pure chiamata a gran voce, non ricevendo alcuna risposta, fatto che l’ha a dir poco allarmato ancora di più: se col suo formidabile udito non è riuscita a sentirlo, la faccenda non poteva far altro che preoccuparlo sempre di più.
È stato velocemente raggiunto da Micah che, malgrado il fiuto a dir poco eccezionale, gli ha dovuto dire a malincuore di averne perso le tracce a diversi chilometri di distanza. Gli ha detto che deve essere entrata in acqua almeno due ore prima e che da lì non è più riuscito a fiutare una pista, indice che probabilmente è rimasta dentro.
Se non fosse per il fortuito arrivo di Becca e dei suoi piccoli, Radish farebbe sicuramente terra bruciata tutt’attorno pur di farla saltare fuori.
«Capitano!» Urla infatti la donna, tirando i figli dietro le proprie forti gambe per proteggerli da un suo eventuale scoppio d’ira. Non la sorprenderebbe assolutamente e non gliene farebbe alcuna colpa, non dal momento che Maddox avrebbe già sradicato mezza foresta se a sparire fosse stata lei.
«Roman vuole parlarti. Dice che è urgente.» Non sa di cosa si tratti, non è stata a fare tante domande dal momento che gli è sembrato mortalmente serio come mai l’aveva visto e, non in dose minore, Darko se ne stava bellamente seduto nel suo salotto. Il solo vederlo lì vivo e vegeto a sorseggiare del tè le ha fatto venire i brividi.
Il Saiyan sente che potrebbe impazzire adesso, perché ogni sensazione che di solito percepisce da lei gli arriva ovattata e confusa, tanto da non riuscire a classificarla. È anche per questo motivo che si appresta a correre verso quella strana casa dalle pareti azzurrine ricoperte di rampicanti e, con grazia e delicatezza, spalanca la porta con un calcio, scardinandola in parte e scheggiandola.
Stanno tutti lì a fissarlo come se fosse pazzo mentre irrompe in una casa non sua dove tutti loro sono stati gentilmente ospitati, e Vegeta per un attimo pensa di saltargli alla gola e dargliene di santa ragione non solo per averlo disturbato, ma anche per aver fatto frignare suo figlio con i suoi modi da cavernicolo, solo per poi accorgersi del panico nei suoi occhi. Non ricorda neanche l’ultima volta in cui l’ha visto in quello stato, quando l’ha visto realmente preoccupato, e i suoi occhi d’onice scattano subito sull’imponente ed un poco enigmatica figura di Roman, calmo come sempre.
«Caffè?»
Adesso Vegeta non può far altro che domandarsi cosa passi nella mente di quello strano individuo, perché solo un pazzo o un veggente sicuro di non correre rischi si azzarderebbe a fare lo spiritoso con un Saiyan, anche se suddetto Saiyan è un terza classe come Radish.
«Lei dov’è?» Ringhia a denti stretti, prossimo a menar le mani. Non sopporta il suo sguardo bonario, non sopporta quel sorriso paterno che in genere si rivolge ad un bambino piccolo, non sopporta il fatto che non lo tema.
«È davvero di questo che vuoi parlare?» Rimane impassibile, Roman, anche quando sente un lieve ringhio gutturale risalirgli su per la gola, anche mentre lo vede stringere dolorosamente i pugni nello sforzo sovrumano di non attaccarlo. Potrebbe farlo, Roman certo non è a conoscenza delle sue mosse future e non ha nemmeno intenzione di sottrarsi in caso di attacco. Non risponderebbe neanche, in realtà, poiché prima vuole assolutamente togliersi questo fastidioso peso dallo stomaco.
Non lo avrebbe fatto prima, non gli importava assolutamente poiché avrebbe svolto il suo compito impiantando il tanto atteso seme del caos e poi sarebbe scomparso come secondo i piani. Invece ad essere stato impiantato è stato qualcosa di inatteso: un sentimento puro ed incondizionato. Come minimo, sentendosi in parte colpevole per aver sconvolto così radicalmente le loro vite, adesso sente di dovergli qualche spiegazione.
«Sarò brutalmente onesto con te, Radish: non volevo riportarti in vita. Davvero. E neanche Angelina. Se abbiamo corso un rischio tanto alto mettendo in pericolo le nostre stesse vite è stato solo perché, a quanto pare, era necessario che tu vivessi perché le cose tra la mia gente potessero cambiare.»
«Davvero? Vi serviva proprio Radish?» Afferma con un velo di strafottenza ed incredulità Vegeta, che proprio non può concepire che il compagno sia necessario per una qualsiasi cosa. Sì, insomma, si parla sempre di Radish! In quegli anni sarà migliorato quanto vuole, saranno diventati più o meno amici, sarà pur rimasto al passo suo e di Kakarot, ma per lui rimarrà sempre il debole e codardo terza classe con il quale è cresciuto. Come può servire a qualcosa di importante?
«Che intendi con cambiare?» Radish non vi ha badato però, sia perché abituato alle sue frecciatine pungenti sia perché vuole finalmente sapere la verità. In quegli anni nessuno ha mai saputo dire assolutamente chi l’avesse riportato in vita, come o perché, e per lui è stato sempre come un fastidiosissimo tarlo nel cervello.
«Se tu non te ne fossi accorto, Sherry si nutre della tua forza e della tua determinazione. Se non ti avesse incontrato, non avrebbe preso il controllo sulle Terre di Nessuno… e nel giro di un anno al massimo sarebbe stata ridotta in schiavitù, per usare un eufemismo.» Lo guarda dritto negli occhi, gli lascia assimilare le sue parole e annuisce appena quando vede un lampo di dolore attraversargli gli occhi. Se loro non si fossero incontrati, Jäger avrebbe chiuso e vinto il suo sadico e perverso giochino, l’avrebbe stritolata nella sua spira e l’avrebbe condannata ad un qualcosa di molto peggiore della morte.
Per quanto a Radish sembri strano, il disprezzo che nutre nei confronti di Roman adesso sta scemando, lasciando posto ad una lievissima riconoscenza.
«Posso farle una domanda, signore?» Chiede timidamente Gohan, il piatto prima ricolmo di leccornie adesso vuoto e lucido davanti al viso. Sobbalza appena quando vede la figura piccola e svolazzante di Angelina fluttuargli attorno per riempirglielo di nuovo, ed un lieve sorriso gli increspa le labbra prima di tornare a guardare l’antico Spettro.
«Dammi tranquillamente del tu. Mi fa sentire più a mio agio.»
Gohan annuisce appena e si schiarisce la voce, non sapendo bene come affrontare la questione. Ha sì capito che l’uomo che ha di fronte ha delle vastissime conoscenze e chissà fin dove si sono spinti i suoi studi nella sua lunghissima vita, ma comunque non può dire se è a conoscenza di cose particolari come quelle che riguardano i viaggi nel tempo.
«Non so bene come spiegarlo ma… ecco, noi sappiamo di alcuni eventi di una linea temporale alternativa.»
«Okay, non mi sorprende particolarmente. La domanda qual è?»
“Non mi sorprende particolarmente”. Cosa ti può sorprendere allora?!, questo è un po’ il pensiero generale mentre continuano a fissare con aria un poco incredula l’uomo, che a sua volta tiene lo sguardo puntato sul giovane mezzo Saiyan.
«Abbiamo avuto modo si sapere con certezza che Radish non c’è in quel tempo. Perché?»
Si rabbuia di colpo ed abbassa gli occhi. Aggrotta un poco le sopracciglia mentre si lascia andare ad un lungo sospiro affranto, tutti gesti che attirano immediatamente l’attenzione di Darko, che ancora se ne stava stravaccato sul divano. A tutti era sembrato totalmente estraniato dalla conversazione, perso in qualche pensiero lontano, ma in realtà il lupo non si è perso una sola sillaba e adesso guarda con occhi attenti Roman in attesa di una risposta alla domanda che ha sinceramente stuzzicato la sua curiosità.
«Perché il suo intervento non era più richiesto.»
Scatta in piedi come una molla, Darko, gli occhi accesi dalla rabbia. Se Everett venisse a sapere di una cosa del genere ne soffrirebbe incredibilmente e lui proprio non può sopportarlo. L’ha visto a terra troppe volte, l’ha visto aggrapparsi al ricordo di Leila con le unghie e con i denti per ritirarsi su e troppe volte continua a vederlo crollare, lasciarsi andare a pianti disperati mentre ulula con tutto il suo dolore verso la Luna come se questo servisse a ridargli il suo amore perduto.
Gli si spezza il cuore ogni singola volta e si ritrova sempre a maledire l’egoismo di Leila. Perché per lui altro non era che un’egoista che ha voltato le spalle ad Everett per un qualcosa che tutt’ora rimane profondamente incerto. L’ha fatto per loro, così diceva, ma a lui non è mai importato: ha buttato una valanga di merda sul suo ragazzo, l’ha condannato ad un’esistenza piena di dolore senza batter ciglio. Se anche i suoi piani andassero in porto, lui non riuscirà mai a provare riconoscenza.
«Vuoi dire che da qualche parte il suo dolore e i nostri sforzi non sono serviti ad un cazzo di niente?!» Bercia inviperito, ringhiando come una bestia rabbiosa quando l’altro annuisce con dolore.
Da qualche parte hanno perso.
Da qualche parte Jäger l’ha presa, l’ha resa la sua schiava, è riuscito nell’impresa.
Da qualche parte i loro sacrifici sono stati totalmente e ridicolmente vani.
«Il linguaggio, Darko.» Lo riprende prontamente Angelina, il visetto pallido aggrottato in un’espressione infastidita che risulta solo comica.
«Succhiamelo.» Non è il massimo interagire con lui quando è nervoso, tende a rigirarsi contro chiunque con facilità disarmante. Se Mezcal non avesse provato un sincero attaccamento nei suoi confronti, non avrebbe raggiunto i vent’anni. «E tu vedi di tenere chiusa quella vecchia ciabatta con Everett. Non voglio che qualcosa gli rovini l’umore.»
«Ma allora sai fare il padre!»
Nessuno aveva fatto particolarmente caso all’arrivo di Bree. Darko sicuramente non se ne era proprio accorto, non dal momento che per lui nessuno di quei cuccioli è una reale minaccia. Se solo lo volesse, infatti, sarebbe capacissimo di farli fuori. Ad esclusione di Sherry, che però sa di non dover temere, giusto River e Mordecai riuscirebbero a farlo divertire un po’.
«Gelosa?» Ghigna divertito, non smuovendosi di un millimetro neanche quando la figlia gli si avvicina pericolosamente al volto. Rivede tanto di sua madre in lei, ma l’arroganza e l’aggressività le ha ereditate da lui. Anche la scaltrezza, ma questo l’ha potuto appurare solo negli ultimi mesi.
«Furiosa.»
«Ti passerà.»
«Forse. Adesso dimmi dov’è.» Sa bene che dovrebbe temerlo, che non ha mai sopportato questo genere di atteggiamento nei suoi confronti e che più volte ha spaccato la faccia agli avversari solo perché gli mancarono così di rispetto o invasero di prepotenza il suo spazio personale, però non ci riesce. Qualcosa dentro di lei le urla a gran voce che è pur sempre suo padre e che le avrebbe già fatto del male se solo ne avesse avuto la minima intenzione.
«In giro, da qualche parte. Questo posto è davvero molto grande, sai? Li ho visti agitarsi la coda e arruffarsi il pelo in modo davvero adorabile stanotte, così me ne sono tenuto alla larga.» Eccolo che gli arriva alle narici, dolce e pungente, un odore che non può proprio essere confuso e che lui non ha mai emanato. Come avrebbe potuto, d’altra parte? Non si è mai davvero attaccato a nessuna donna. Neanche Beatrix, la donna con la quale ha diviso il letto per anni giù alla Tana e che gli ha dato tutti i suoi figli - quei piccoli stronzetti voltafaccia! - era riuscita a farlo innamorare, figurarsi riuscire a fargli provare questo genere di emozione.
«Ecco, lui è geloso!» Afferma infatti con divertimento, puntando lo sguardo sulla figura giusto un poco alterata di Radish. Quasi ci spera che lo attacchi, magari che lo ammazzi, così il suo ragazzone si risentirebbe al punto da togliergli Sherry dalle mani. Sarebbe un grandissimo dispetto nei confronti del Saiyan e sarebbe anche uno smacco allucinante sia per Jäger che per Leila. Un vero colpaccio!
«I vostri battibecchi sono decisamente fuori luogo. Abbiate la decenza di uscire se proprio non riuscite a fare a meno di comportarvi come bambini.» Li riprende con voce greve Roman, gli occhi improvvisamente rossi che sembrano essere sul punto di incenerirli.
«Tu saresti capace di togliere la gioia anche dall’omicidio di Jäger…» Brontola a mezza bocca l’ex Beta, roteando gli occhi al cielo mentre si dirige con passo calmo ed un poco svogliato verso la porta, rigirandosi poi verso Bree e facendole un vago cenno col capo, affermando: «Andiamo, forza, così facciamo quattro chiacchiere.»
Una volta che i due si sono tolti di mezzo, Radish torna a concentrarsi su Roman, appoggiato contro il ripiano della cucina a braccia conserte.
«Come avete fatto a riportarmi in vita?»
Bulma, al contrario dei compagni, non bada alla conversazione. Si chiede piuttosto come mai Bree le abbia dato l’impressione di essersi in qualche modo spaventata all’idea di dover parlare col padre. I suoi occhi si sono fatti grandi e impauriti all’idea, lo ha visto chiaramente, così come ha visto i muscoli del corpo irrigidirsi per qualche misero istante prima di annuire e muoversi in avanti.
Per quel poco che la conosce, può dire con assoluta certezza che quel comportamento non fosse decisamente da lei e per questo si è in un certo senso insospettita. Avete tantissimi segreti… e sono certa che non siano sciocchezze.
«Abbiamo usato il mio sangue e la sua magia.» Risponde pacatamente Roman dopo essere rimasto in silenzio per qualche secondo. Non pensava che sarebbe andata così, suo padre lo ha messo in una posizione davvero scomoda senza neanche prendersi il disturbo di avvertirlo ed ora deve ragionare molto velocemente per non aggravare la situazione. Inoltre Sherry ed Everett ci hanno messo il loro carico sparendo insieme nel cuore della notte, rifugiandosi chissà dove, ed ora lui deve sforzarsi come non faceva da tempo per mantenere il quieto vivere.
«Il mio sangue ti avrebbe rigenerato i tessuti mentre Angelina portava indietro la tua anima e la restituiva al corpo. È rischioso per le Fate, non applicano mai questa magia con mammiferi tanto grandi… ma lei ha voluto rischiare. È stata per molto tempo ad accumulare energia per riuscirci, dovresti davvero ringraziarla.»
Radish non ha intenzione di ringraziare proprio nessuno, non finché non saprà tutta la verità. Perché non è stupido, sa benissimo che c’è dell’altro, ed anche che probabilmente non gli piacerà.
«Il danno però era davvero troppo grave ed esteso, il mio sangue non era sufficiente da solo e la tua anima era rimasta per troppo tempo bloccata in un mondo sospeso molto simile ad un limbo, per Angelina sembrava ormai impossibile riportarti indietro. Senza contare che questo genere di magia riesce unicamente con le anime pure, mentre la tua… beh… in ogni caso è intervenuto mio padre.»
Il Sole stava tramontando quando arrivarono a diseppellire il suo cadavere. Avevano scavato una fossa poco profonda e ce lo avevano buttato dentro giusto per non alzare un polverone mediatico, e per questo loro due hanno tirato un sospiro di sollievo: se lo avessero portato via come temevano, sarebbe stato tutto più ostico.
Ricorda che le energie defluivano velocemente dai loro corpi, che in tempi brevissimi Angelina cominciò a tossire sangue, che non riusciva più neanche a muovere le ali, e lui era convinto che ormai avessero perso, che avessero impiegato troppo tempo e ormai fosse tutto inutile, quando eccola lì, una nuova forza che gli invadeva le membra e dava loro la forza di continuare, di portare a termine il loro arduo compito.
Sparirono subito dopo, si smaterializzarono nel loro Regno e lì persero i sensi. Le altre Fate li curarono per giorni e giorni, timorosi che non si svegliassero più, ma alla fine tutto è andato per il verso giusto. Beh, più o meno nel verso giusto se si considerano sia gli innumerevoli rischi che il Saiyan ha corso in quegli anni ed anche i recenti sviluppi, ma possono comunque dirsi soddisfatti.
«Al tempo credevo che avesse semplicemente dato più forza a noi due per riuscirci, ma i recenti avvenimenti mi hanno aperto gli occhi: non ha solo fortificato momentaneamente noi, ma ha anche modificato qualcosa di te.»
Un brivido gelido percorre improvvisamente la spina dorsale di Radish, folgorandolo. Che diavolo vuol dire che ha modificato qualcosa in lui? Chi gli ha dato il permesso di fare una cosa del genere? Certo, prima era un essere spregevole e adesso se ne rende pienamente conto, anzi ripudia ciò che faceva e la persona orrenda che era, ma non per questo può accettare tanto a cuor leggero che qualcosa abbia cambiato il suo essere solo perché doveva dare dare sostegno morale e psicologico a Sherry.
«Che vuoi dire?» Si limita a dire questo però, le sopracciglia aggrottate e un leggero senso di panico che trapela dagli occhi.
«Eri più forte quando ti sei svegliato, vero?»
«È normale per un Saiyan.» Afferma con ovvietà, strappando un sorriso divertito ma comunque amaro all’uomo.
«Di certo però non cambiate a livello caratteriale.» Sospira un’altra volta e con un colpo di reni si discosta dal ripiano, avvicinandolo cautamente «Tu eri una persona orribile, probabilmente la peggiore in cui mi sia mai imbattuto, ed io ho conosciuto di persona Mezcal, Jäger e molti altri sovrani sia del Nord che del Sud che si somigliavano per crudeltà e follia. Pure mio fratello Regan non ci scherzava… e anche Roscka, ora che ci penso.»
«Vieni al dunque.» Sputa sempre più velenoso Radish, ormai al limite. È solo per il vociare che sente improvvisamente provenire da fuori se evita di attaccarlo, perché davvero non capisce cosa possa agitarli. In fondo il problema vero è lì dentro tra loro due, no? Cosa potrebbe esserci di più interessante o sconvolgente?
«Il suo intervento ha fatto in modo che il mio sangue si legasse fortemente al tuo e… mutasse qualcosa a livello genetico. Certo, non puoi essere definito uno Spettro, neanche un Freak, ma immagino che, almeno all’inizio, tu guarissi più velocemente del normale e provassi una certa propensione per la carne molto al sangue. Sbaglio?» Non gli dà il tempo di risponde. Non ce n’è alcun bisogno: i suoi occhi parlano per lui, rivelandogli quanto tutto ciò lo stia sconvolgendo.
«Oltre a questo però, che immagino sia andato scemando nel tempo, hai acquisito anche dei tratti comportamentali che appartengono alla nostra razza, o forse semplicemente potenziato tratti della tua reale personalità, quali aggressività, territorialità, possessività, passionalità, l’istinto predatorio… e le poche cellule dentro di te che sono permanentemente mutate unendosi alle mie sono emerse violentemente quando hai incontrato Sherry, se non sbaglio. E sappi anche che è stato questo nostro vincolo di sangue, se così vogliamo definirlo, a permettere a voi due di legarvi così profondamente.»
«È per questo che sento ciò che prova?» Domanda solo questo con un filo di voce, sentendosi totalmente e mortalmente stordito.
Non sa bene cosa pensare, se essere felice di quanto scoperto, se esplodere per la rabbia e distruggere tutto quanto.
Lo hanno cambiato senza che lo volesse, gli sono entrati dentro e lo hanno scombussolato totalmente. Non felici, lo hanno anche condannato a legarsi a Sherry con la loro sottospecie di zing. Quando ne parlarono quella notte non gli era sembrato così terribile, anzi, anche perché già sapeva cosa vuole per loro due ed è tuttora ben deciso ad ottenerlo prima o dopo, ma in questo momento gli sembra solo una follia.
«Prima o poi se ne accorgerà anche lei, non temere. Anzi, se non la allontanerai da Everett, penso che sarà proprio lui a farglielo capire più a fondo.» Prosegue Roman, sentendo distintamente la sua confusione. E come potrebbe essere altrimenti?
Anche a distanza di più di un millennio, lui ancora ricorda bene il senso di smarrimento ed anche di solitudine dopo essere mutato la prima volta. Non lo diede a vedere con i fratelli, non dal momento che mai avrebbero capito i suoi sentimenti e la loro ferocia li avrebbe spinti verso il peggio se lui non avesse mantenuto la mente lucida, ma si sentì completamente perso. Non era più umano, non era più ciò che era sempre stato, doveva adattarsi in fretta e furia ad un qualcosa di nuovo, adattarsi ad una nuova vita abbandonando tutto ciò che conosceva e amava.
Per Radish non è un qualcosa di troppo diverso, secondo Roman: da un secondo all’altro ha appreso che dentro di lui non ci sono più solamente le cellule dalla sua formidabile razza guerriera ma anche quelle canine degli Spettri. Il suo prezioso sangue alieno è stato macchiato, in qualche modo compromesso. Se adesso gli dicesse pure che è solo grazie al suo sangue pregno di nobili ideali se è riuscito a trasformarsi in Super Saiyan… o lo ucciderebbe sul colpo o ridurrebbe la sua mente ad uno stato così pietoso da essere irrecuperabile.
Ma Radish adesso non sta pensando a tutto quello. Avrà modo e tempo per farlo, ma nella sua mente adesso c’è un solo orribile pensiero partorito nell’esatto istante in cui ha sentito il nome dell’altro, suonandogli così mortalmente fastidioso da urtarlo a livello fisico come un pugno nello stomaco.
«Dovrei permettergli di scoparsela per farle capire una roba del genere?!»
Sta per controbattere che no, Everett non ci penserà mai a portarsela a letto, neanche nei suoi sogni più spinti e vivaci potrebbe vivere una cosa del genere, ma la voce tonante e curiosamente allegra di Darko arriva con forza alle orecchie di tutti, impedendogli di continuare.
«Ehi, scimmione! Questo non puoi perdertelo!»
Esce di casa senza dire una parola, e con lui gli amici.
Escono veloci per vedere cosa possa attirare tanto l’attenzione generale, cosa possa aver ammutolito Mordecai, cosa possa apparire come una sottospecie di miraggio pure per Bree.
Non fanno neanche in tempo a voltarsi per vederlo, un reboante ringhiare lontano gli arriva subito alle orecchie.
Quando gli occhi scuri di Radish finalmente intercettano la fonte di tanto rumore, il suo cuore per un istante si congela: Everett sta su di lei, la sovrasta totalmente. Tra i suoi lupi non ce n’è uno solo così grosso e per un istante Radish si domanda fino a che punto possano crescere. Ma poi si ricorda che non gli interessa assolutamente e che l’unica cosa importante è Sherry, che adesso sta stesa sulla schiena con le fauci di Everett serrate attorno alla gola. Lo spinge all’indietro piantandogli le zampe nell’addome e sul petto, ma il maggiore pare non rendersene neanche conto.
Fa per scattare in avanti, deciso a scuoiarlo a mani nude lì dove si trova, quando Bree gli afferra con decisione un polso. Si volta per urlarle in faccia di farsi gli affari suoi, di starne fuori, ma quando nota la sua espressione stupefatta nessun suono esce dalle sue labbra. Non è preoccupata, per niente, solo profondamente meravigliata.
Volta di nuovo lo sguardo quando vede gli angoli della bocca dell’eccentrica bionda piegarsi un poco verso l’alto, ed ecco che nota la coda di Sherry muoversi freneticamente sulla sabbia mentre Everett si abbassa sulle zampe anteriori e poi abbandona mollemente il corpo di lato, atterrando con un tonfo sordo sulla sabbia tiepida. Lì rimane, si stende sul ventre e lascia che Sherry gli monti sopra, che lo azzanni al collo e alle orecchie e lo tiri giocosamente.
«Non lo vedevo giocare così da… beh, da quasi ventisei anni!» Afferma allegro Darko, continuando a fissare i due che giocano come cuccioli. Si azzanno, si spingono, rotolano nella sabbia che finisce inevitabilmente con l’appiccicarsi al collare di pelo pieno di saliva.
È questo quello che ha sempre sperato di vedergli fare in quegli anni: comportarsi come una persona normale, avere qualcuno con cui giocare alla lotta senza dover necessariamente lottare sul serio, qualcuno alla quale attaccarsi di nuovo.
Al Sud non potevano certo andare, sarebbero insorti troppi problemi. Le persone del mondo esterno sono decisamente fuori dai suoi interessi per spingerlo anche solo ad interagire, figurarsi a lasciarsi andare. La scelta non poteva che ricadere su di lei, suo unico interesse da quasi tutta la vita.
Spero solo che questa scimmia non porti rogne…
Radish è immobile, totalmente paralizzato.
La sua donna sta giocando col suo fratellastro, l’uomo che sarebbe dovuto diventare suo marito. Sta giocando con lui ed è felice, di colpo lo sente distintamente, una felicità non troppo differente da quella che prova con lui o con gli amici più stretti. È così felice da non essersi neanche accorta che è lì a fissarla, addirittura al punto da non accorgersi di nessuno di loro.
Continuano a rotolarsi nella sabbia, abboccandosi bonariamente e arruffandosi il pelo, le code che si agitano veloci alzano un gran polverone tutt’attorno ai loro mastodontici corpi.
Non sa né come né perché ma di colpo la sua Sherry alza il muso affusolato in alto e li guarda. Punta gli occhi nei suoi, lo guarda con attenzione come se faticasse a mettere insieme i pensieri e Radish per un brevissimo istante si sente meglio. Lo ha visto, andrà da lui, muterà e lo abbraccerà, spiegandogli anche il perché di quella strana felicità, ma ciò non avviene proprio per niente.
Everett dietro di lei emette un gorgoglio strozzato e l’orecchio di Sherry scatta per un secondo all’indietro, attirato dal suono, e dopo aver annuito brevemente al Saiyan scatta via, correndo a rotta di collo dietro il maggiore, che già l’ha staccata di parecchio.
Solo a quel punto Radish volta di scatto lo sguardo verso Roman, fermo alle sue spalle a godersi l’insolito spettacolo. Beh, insolito per loro, ma per Roman no di certo: quei due sono più simili di quanto credano, vittime dello stesso Destino nefasto e destinati a stare fianco a fianco per spalleggiarsi e sostenersi. Pensava che ci avrebbero messo più di dieci minuti prima di rotolarsi come cuccioli, ma gli sta più che bene lo stesso.
A causa della fastidiosa sensazione di essere come trapassato da qualcosa, si accorge dello sguardo oltremodo rabbioso del Saiyan e subito alza le mani in segno di resa.
«Non guardarmi così, ragazzo. Io non c’entro assolutamente niente con la sua resurrezione.»
«Era morto davvero? Anche tu?» Domanda di slancio River, continuando a fissare il punto lontano sulla spiaggia in cui i due sono spariti.
Aveva tanto sentito parlare di lui dai suoi fratelli e le sue sorelle… uno addirittura lo definiva il suo migliore amico in assoluto, suo fratello di zanna!, e nella mente del giovane bastardo è ancora chiaro il ricordo della sua famiglia avvolta dal dolore per la sua perdita. Se ancora non sanno che sta bene un motivo deve esserci… dovrò tenere la bocca chiusa, temo. Perdonami, padre, ma prima devo capire che succede.
«Io ci sono andato vicinissimo, ma ero ancora vivo quando questi due sono apparsi con altre fatine luccicanti e ci hanno portati via. In quel gruppo di idioti nessuno ha fatto caso se i nostri corpi fossero o meno in mezzo agli altri quando gli hanno dato fuoco. Erano così ubriachi di sangue e violenza da non badarci assolutamente, dando poi per scontato che qualcuno lo avesse fatto e fine della storia.» Spiega quasi soprappensiero Darko, grattandosi distrattamente il mento mentre pensa velocemente a come sbarazzarsi di tutti quei cuccioli curiosi per poter portare a termine l’ordine che gli è stato precedentemente dato. «Un errore da pivelli, senza alcun dubbio, ma è anche vero che ciò che è successo ad Everett è una cosa più che rara. Credo ci siano stati solo altri tre o quattro eventi simili.»
«E cosa gli sarebbe successo?» A prendere la parola stavolta è Bree, ferma al fianco del padre ad osservarlo con sguardo attento.
Mimì, lontana dai due e ben piazzata tra Bulma e Lunch, non può davvero fare a meno di notare la strabiliante somiglianza tra i due. Stessi occhi vivaci ed intelligenti, stesse espressioni, stesso caratterino sulle prime difficile da apprezzare. In cuor suo non può far altro che sperare che seppelliscano il passato e si avvicinino una volta per tutte, soprattutto dopo aver sentito più volte la compagna invocare con dolore il suo nome mentre dorme.
«È stato rimandato indietro. Devi sapere che fece una promessa ad una persona tanti anni fa, e il fatto che lui sia qui significa che suddetta persona ha un rapporto così stretto col Grande Spettro da averlo indotto a restituire la sua anima al corpo. Non vi dico neanche quanto era incazzato quando ha riaperto gli occhi, non penso che si possa proprio spiegare a parole.» Risponde con una sfolgorante ovvietà, anche se in realtà pure lui vorrebbe capire come funziona la faccenda.
Everett era morto, Apophis gli aveva lacerato il cuore con un artiglio mentre dormiva.
Nessuno si aspettava un simile colpo da parte di Jäger, tanto meno si aspettavano che in segreto avesse addestrato tanto bene i suoi fedeli. Ma come potevano prevederlo? Quel pazzo era strano già appena nato, glielo si leggeva nei suoi freddissimi ed intelligentissimi occhi, e crescendo ha dato sempre e solo prova di essere capace dell’inimmaginabile. Era un vanto per Mezcal, ma al tempo stesso una minaccia. Programmava di sbarazzarsene, così da poter far regnare Baileys… o meglio, mettere Baileys sul trono e poi muoverlo come un burattino per il puro piacere di farlo.
Darko ricorda ancora bene che il ragazzo che lo attaccò nel sonno fu così frettoloso da non accertarsi neanche che fosse ferito mortalmente prima di abbandonarlo lì e proseguire col suo massacro, dandogli modo di potersi trascinare da Everett. Quando lo trovò era già morto, immobile sul pavimento, un lieve sorriso ad increspargli le labbra.
Sorrideva il bastardo, perché finalmente si sarebbe ricongiunto a Leila, la sua lunga agonia sarebbe finalmente cessata, e così Darko si lasciò andare al suo fianco in attesa che li trovassero e che tutto finisse. Di colpo però gli arrivò uno strano odore alle narici e quando riaprì gli occhi era circondato dalle Fate, Roman dietro di loro. Vide un bagliore accecante, richiuse gli occhi e quando li riaprì era in uno strano luogo semi-buio, dove sbrilluccicavano un numero imbarazzante di Fate e pietre preziose ancora incastonate nelle pareti, che a loro volta erano piene di venature d’oro e d’argento. Capì subito che li avevano condotti nella loro vera terra, luogo mai visto da nessuno all’infuori di Roman.
Qualche secondo dopo aver aperto gli occhi, un ruggito assordante ha squarciato l’aria e, girando debolmente la testa, vide che il suo ragazzo si stava agitando in cerca di ossigeno, per poi perdere i sensi ed accasciarsi tra le braccia forti e protettive di Roman.
Mio padre mi ha avvertito che dovevamo venire. Non ne sapevo niente fino a due minuti esatti prima di materializzarmi da voi.” Ecco come Roman spiegò il suo arrivo, lasciandolo comunque abbastanza soddisfatto.
Ci vollero poi quattro giorni prima che Everett riaprisse gli occhi, debole come un gattino ed inferocito che neanche l’intero popolo Saiyan resuscitato di fronte ad un inerme Freezer.
Ma sono tempi andati quelli, è tutto così lontano. La situazione adesso è molto più delicata di allora, Jäger ha quasi esaurito la sua pazienza e presto si muoverà per prendersi quella che considera a tutti gli effetti la sua compagna, quindi non ha tempo neanche per perdersi nei ricordi: deve soddisfare la curiosità di quei ragazzini e poi andarsene senza che possano pensare di seguirlo, così da portare a termine il suo compito e poi tornare a spiare i due enormi cuccioli.
«Vado a lavarmi!» Mezza verità, nessuno potrebbe certo sospettare che stia andando a spargersi su tutto il corpo una particolare miscela capace di nascondere il loro odore anche al più sensibile degli olfatti. Poveri cucciolotti… sono così indietro che fanno davvero tenerezza!
Come un animale che si rifugia nella propria tana, così Radish si è chiuso in sé stesso per leccarsi le ferite.
Non sa se riuscirà ad abituarsi. Sicuramente non lo accetterà mai veramente.
Se ne sta seduto sui gradini di legno della villetta, i gomiti sulle ginocchia e le mani a coprirsi gli occhi. Vorrebbe sparire, adesso. Vorrebbe teletrasportarsi su qualche pianeta lontano per sfogare tutta la sua frustrazione e la sua rabbia.
Gli hanno fatto un qualcosa che ha modificato il suo essere solo perché desse la forza a Sherry di alzare la testa per prendere il comando. Lui serviva a questo: doveva avvicinarla, scoparla, farla divertire un po’, raccontare un po’ delle sue battaglie e poi dileguarsi. Niente più di questo.
Invece c’è rimasto fregato. E c’è rimasta fregata anche lei.
Se da una parte odia davvero questa situazione, dall’altra lo preoccupa pure. Se le dicesse che ciò che c’è tra loro è stato in qualche modo architettato? Col carattere che si ritrova potrebbe tranquillamente chiudersi a riccio ed allontanarlo, giusto per dimostrare che non si lascerà controllare dal Destino.
Una risata strozzata gli muore in gola all’idea che un tempo, prima che quella maledetta cosa argentea gli entrasse dentro e gli fottesse il DNA, avrebbe reagito alla stessa maniera. Ma adesso non ci pensa neanche ad allontanarla, perché quello che è diventato in così poco tempo con lei non può essere messo da parte per una cosa del genere. Neanche ciò che prova per lei può essere eclissato da una notizia del genere, perché malgrado tutto, malgrado ogni incomprensione e ogni suo strano atteggiamento maledettamente animalesco, lui ne è davvero innamorato. È la sua compagna e non ha intenzione di rinunciarvi.
Ad aggravare tutta la delicata situazione, però, c’è anche il non trascurabile fatto che lei è corsa dietro ad Everett.
Gli è bastato un debole richiamo per farla scattare, per allontanarla da lui senza battere ciglio. Come può, Radish, non domandarsi cos’altro sarebbe capace di spingerla a fare? Per quanto ne sa, potrebbe allontanarla da lui, potrebbe portargliela via e prenderla come compagna come voleva il folle che li ha concepiti.
«Radish.» Lo richiama a gran voce Roman, guardandolo poi con sguardo dolce e paterno «Lascia che passino un po’ di tempo insieme. Per quanto possa sembrarti assurdo, Everett non è così male. Va solo preso per il suo verso… un po’ come lei. Ed anche come te, se non ti ho inquadrato male.»
Bree si inginocchia davanti a lui e gli sorride. Un sorriso dolce di chi cerca silenziosamente di dirti che va tutto bene, che le cose non cambieranno e che non c’è proprio niente di cui preoccuparsi.
Radish però non sa se può fidarsi. Chiunque lì in mezzo potrebbe preferire il lupo a lui, che tra la loro gente è il secondo classificato con i geni che più si sposano con quelli di Sherry.
Un principe dal sangue purissimo, la linea più pura che esista, la diretta discendenza di Roman e Roscka, una linea mai contaminata in più di mille anni. Neanche i principi del Sud possono vantare un simile pedigree, solo Everett e Jäger.
Ecco con chi si ritrova a competere adesso, almeno nella sua testa.
Essendo Roman di natura uno che si tiene le cose per sé e che non rivela mai niente di nessuno se non ha il permesso del diretto interessato, non ci pensa proprio a dirgli di Leila. Per quanto ne sa, Everett potrebbe aver detto a Sherry di non dire niente a nessuno o anche di dirlo lei al compagno. Lui, di certo, non ha intenzione di metterci mano, non in una situazione strana e delicata come la loro.
Quasi quasi chiedo ad Angelina di dare una sbirciatina al futuro per stare tranquillo… bisogna vedere solo se è dell’umore adatto o se quello sbruffone di Darko l’ha indispettita troppo.
«Dai zio! Andiamo all’Alibi e spacchiamoci di tequila e donuts!» Trilla allegro Mordecai, buttandosi in scivolata sui lunghi ed ampi scalini fino a finirgli addosso.
Ecco, di lui Radish può fidarsi. È fuori di testa e su questo non ci sono dubbi, ma è anche il più schifosamente e brutalmente sincero lì in mezzo e gli vuole bene. Gli vuole davvero bene, in più di un’occasione l’ha visto rigirarsi come una vipera per azzannare qualcuno perché magari aveva sollevato gli occhi al cielo dopo un suo ordine. Se lui, così privo di tatto ed autocontrollo, si mostra tanto tranquillo se Sherry va a zonzo con Everett, vuol dire che pure lui può stare tranquillo.
Ed è vero, del parere di Mordecai ci si può fidare sul serio, non gliene verrebbe niente in tasca a mentire su una questione del genere. Pur non avendo idea di cosa possa legare quei due oltre al sangue, lui forse più di tutti può capire la felicità dell’amica nell’aver ritrovato l’unico fratello che non le ha mai fatto del male. Pure lui, malgrado abbia ricordi lontanissimi e ormai estremamente sbiaditi, vorrebbe rivedere suo fratello Malacai, anche solo per cinque minuti.
Capisce anche la preoccupazione di Radish, però: se la donna che ama con tutto sé stesso agitasse tanto la coda per l’uomo che avrebbe dovuto sposarla, che lui non conosce e che è significativamente avvantaggiato sotto ogni punto di vista tra la loro gente… beh, gli girerebbero giusto un po’ le palle, ecco.
È per questo che adesso gli tiene un braccio attorno alle spalle mentre si dirigono con passo svelto verso i pick-up, deciso a distrarlo in qualche modo.
Per un attimo gli pare poi di vedere una specie di bagliore dorato in mezzo alla vegetazione, ma alla fin fine si convince di averlo solo immaginato: non c’è niente là in mezzo e non c’è nessun odore strano, quindi non può essere passato proprio un bel niente.
«Vi raggiungo anche io appena mollo loro due a casa!» Afferma allegramente Micah, accennando col capo verso Chichi e Gohan. Il ragazzo era sicuramente più entusiasta all’idea di poter passare di nuovo qualche ora in compagnia dell’eccentrico Cacciatore, ma può tranquillamente accontentarsi anche del Segugio. Piccolo, al contrario suo, ne è decisamente entusiasta dal momento che questi pare ancora sedato dalla stanchezza e dal violentissimo dopo sbornia.
«Non dovevi vederti con quella ritardata tutta tette?» Urla dietro di loro Major, il cui braccio è ben avvolto attorno alle spalle magre di Domino. Ha conquistato moltissimo terreno la sera precedente rifiutando apertamente una brunetta mozzafiato che gli si stava strusciando addosso per potersi accoccolare sulle gambe di Dom e continuare a biascicare frasi incomprensibili alla sua pancia. I punti ovviamente valevano doppio dal momento che era totalmente sbronzo e la tipa quasi nuda.
«Infatti, viene lì.» Asserisce con noncuranza il biondo, consapevole di quanto l’umana in questione con la quale di tanto in tanto passa qualche oretta di fuoco sia una totale imbecille.
«Adesso sono un uomo davvero tanto felice!» Ride forte Mordecai, strattonando poi con energia il Saiyan al proprio fianco «Forza Capitano, andiamo a sfottere l’amichetta scema di Micah!»
Radish abbozza un sorriso al più giovane e si porta velocemente verso il pick-up, sollevato dall’idea che non dovrà guidare. Non ne sarebbe capace adesso, non dal momento che non riesce a far altro che domandarsi cosa stia succedendo tra la compagna ed Everett.
Ho bisogno che tu torni a casa, Sher… torna a casa da me, ti prego.


Una volta usciti dai domini delle Fate, si sono incamminati lungo il corso di un torrente, diretti al Nord. Rossi aghi di pino mulinavano nell’acqua fredda e cristallina, si arenavano contro radici affioranti e poi venivano trascinati via. Miriadi di insetti rasentavano la superficie o camminavano sul pelo dell’acqua con zampette sottilissime, più lunghe dei loro corpi.
Non lontano dal torrente c’era un sentiero per il trasporto della legna abbandonato. In realtà era più una stradicciola tortuosa ricoperta di aghi di pino dove gli alberi non crescevano a distanza troppo ravvicinata. Bisognava tenere gli occhi ben aperti per distinguerla, ma per loro due era chiara come il Sole, un po’ come una specie di autostrada.
All’inizio l’andatura era veloce, quasi frenetica per via dell’eccitazione generale che hanno fiutato, adesso proseguono calmi l’uno di fianco all’altra.
Se già Sherry appare come un esemplare imponente con i sue due metri e dodici al garrese, Everett appare proprio monumentale con i suoi tre metri e venti. È uno degli esemplari più grossi che si siano mai visti, decisamente fuori taglia pure per un maschio Alpha Purosangue. In realtà lo erano molti dei suoi fratelli, Baileys batteva tutti quanti ed era seguito a ruota da Jäger.
Dopo la tragedia, Everett si è finalmente piazzato al terzo posto sul  podio poiché Blackwood, principe ereditario del Sud, lo ha sempre scalzato ed escluso con i suoi due centimetri in più.
Sherry, che alterna velocemente momenti di profondo imbarazzo dovuti alla sua vicinanza a momenti di vivace euforia, trotta al suo fianco e talvolta allunga il muso in alto per mordergli giocosamente l’orecchio, non scatenando in lui particolari reazioni.
Per quanto di tanto in tanto ci abbia provato anche in passato, non è mai stato particolarmente giocherellone. Solo con una persona dava il meglio - o peggio? - di sé.
«Non hai ancora avuto nessuna reazione emotiva.» Latra mentre schiva abilmente l’ennesimo assalto da parte sua, trattenendo una risata di fronte al suo sguardo attento ma comunque vivace. Gli sembra quello di un cucciolo che per la prima volta va a caccia anziché quello di una fiera Regina. Ma come potrebbe vederla altrimenti? Per lui sarà sempre un cucciolo.
«Mh?»
«La storia di tua madre, il fatto che io ti abbia protetta in questi anni… niente. Non hai battuto ciglio. Vuoi forse farmi credere che t’immaginavi tutta la storia?»
«Certo che no, solo…» La coda ondeggia lentamente alle sue spalle, le orecchie di colpo di appiattiscono contro il cranio. Si osserva la punta delle zampe mentre continua a camminare, improvvisamente incapace di sostenere lo sguardo curioso ed un poco invadente del maggiore.
«Non lo so, okay? Non mi sembra così assurdo come invece è. In qualche strano modo, poi, mi fa sentire… meno sola, ecco. Credevo di essere meno di niente, una caccola attaccata sotto al divano, invece a quanto pare c’è sempre stato qualcuno che teneva a me.»
Everett, a queste parole, si pietrifica, la testa ben alta, le lunghe zampe saldamente piantate a terra. A tenere le orecchie basse stavolta è lui, che proprio non riesce a trattenere un commento stranito.
«Una caccola attaccata sotto al divano? Ma che razza di paragone è?» Un labbro gli si arriccia di scatto, mostrando il lungo e candido canino che pare risplendere a contrasto col vello nerissimo. Assottiglia pure gli occhi, tentando di capire come diavolo ragioni la sorellina, non riuscendo proprio a raggiungere alcuna spiegazione plausibile. Per quel che riesce a ricordare, alla Tana non si esprimeva così.
Sherry gli trotta attorno, gli occhi accesi da una vivacissima strafottenza mista ad allegria. Per quanto le sembri decisamente assurdo, non le dispiace proprio per niente la sua compagnia.
«Passa un po’ di tempo in mezzo al Quartetto, vedrai come ti esprimi dopo, principino!»
Ricomincia a correre ad un galoppo leggero, immergendosi ancor di più in quel paesaggio gelido e surreale. Tutto è innevato, immacolato, non ci sono esseri umani da quelle parti, solo alberi spogli, i cui rami scheletrici si tendono al cielo freddo in un silenzioso grido, incoronati da fiocchi di neve e merletti di ghiaccio.
Sherry si scuote un poco il manto scuro, creando una piccola e breve pioggiarellina che pare risplendere sotto ai raggi del Sole.
Volta poi il muso verso l’Alpha, trovandolo ben più indietro rispetto a lei. Lo guarda per qualche secondo mentre avanza con calma in mezzo a quel candore, trovandolo incredibilmente elegante e schifosamente aristocratico.
Ripiega la testa di lato, le orecchie rigidamente puntate in alto ed una nuova piccola frecciatina le rotola prepotentemente sulla lingua.
«Ma tu devi sempre essere così rigido?! Guardati, sembra che ti abbiano impagliato!»
«È semplicemente la mia postura.»
«Beh, alleggerisci bello!» E detto questo si butta nella neve, si rotola agitando le lunghe e forti zampe al vento, sollevando un numero spropositato di fiocchi di neve tutt’attorno.
Everett la guarda con un sopracciglio inarcato - per quanto la sua attuale forma glielo consenta - e poi prosegue, allontanandosi verso ovest. Sa bene dove sta andando, non è certo la prima volta che prende le gambe - o le zampe - e va a farsi una girata in solitaria, solo che in genere lo fa nel cuore della notte per poter agire col favore delle tenebre.
Ha nascosto degli zaini avvolti nella plastica da quelle parti e, dopo aver scavato un po’ sotto lo sguardo attentissimo della minore, li estrae e ne incastra uno con maestria nel canino inferiore, suggerendole silenziosamente di fare lo stesso.
«Muoviti superstar, ci siamo quasi.»
«Come siamo passati da “topolino” a “superstar"?»
«Preferisci topolino?»
«Ah no, è mortificante.»
Se qualcuno la vedesse comportarsi in modo tanto infantile proprio con lui, probabilmente non riuscirebbe a crederci. A stento ci crede lei, che ha sempre provato una forte e strana sensazione riconducibile al panico non appena incrociava il suo sguardo severo.
Ma Everett non è sempre così. Ci sono volte in cui anche lui si lascia un poco andare, dove tira fuori un carattere più affabile e allegro, e ciò avviene solo con persone delle quali sente di potersi davvero fidare. In vita sua è successo solo ed esclusivamente con quattro persone, escludendo la vivacissima lupa che continua a trottare da tutte le parti senza sosta.
Pure lui credeva che avrebbe tenuto un profilo molto più basso, che l’avrebbe vista tenere la coda ben ripiegata in mezzo alle zampe, invece da un secondo all’altro gli è parso di capire che non lo tema proprio più. Per essere precisi, quel momento è stato quando gli ha preso la mano. Sei fuori di testa come tua madre, topolino.
«Si può sapere dove stiamo andando? E poi scusa, ma non è pericoloso per te gironzolare qui? Ti fiuteranno e addio a tutti gli anni di isolamento per nascondere la tua esistenza.» Nel parlargli gli si è avvicinata fino a portare il naso a pochi centimetri dal suo, gli occhi puntati fermamente nei suoi.
Per quanto in queste sembianze la somiglianza con Mezcal sia innegabile agli occhi di Everett, non può fare a meno di ripensare a Leila nel vederla così spigliata al limite dello sconsiderato. Chi altri, in quasi quarant’anni di vita, ha mai messo il muso tanto vicino al suo oltre alla sua pazza moglie? Beh, in effetti qualcuno c'è stato, ma era un cucciolo quando ciò avveniva e il suo aspetto era decisamente meno terrificante di adesso.
«Sono dell’idea che lo scopriranno lo stesso, tanto vale fare un giro a muso scoperto.» Si scosta da lei indietreggiando di un paio di passi, alzando pure il muso in alto così da non ritrovarsi di nuovo costretto ad una tale vicinanza, e la supera ricominciando a trottare nella neve.
Presto tutto questo bianco sparirà, l’impronta dell’uomo si farà di nuovo sentire, per quanto minima. Ma non è per questo che i suoi sensi si sono fatti di colpo molto più attenti: il luogo in cui sono diretti dista solo un’ora e mezzo dall’ingresso dei Territori del Nord.
Ma non gli interessa particolarmente, conosce abbastanza sia Jäger che i lupi che lo seguono da poter dire con assoluta certezza che il massimo che oserebbero fare oggi sarebbe bestemmiare sonoramente e tirargli addosso una pigna.
«E comunque stiamo andando in un posto che, forse, potrebbe interessarti.»

È pomeriggio inoltrato quando raggiungono finalmente la meta che Everett si era prefissato.
La neve tra gli alberi cattura quel poco di Sole che filtra dai rami e riflette un azzurro ultraterreno. Gelide ciocche di bruma si insinuano ai piedi dei cespugli.
Sentono le martore e i toporagni scavare cunicoli sottoterra, il rumore prodotto da un orso che si gratta contro un tronco sull’altro versante della valle. Riescono a percepire gli odori di tutte le piante e di tutti gli animali che popolano quel paesaggio e sono in grado di stabilire a quale distanza si trovano basandosi solo sulla loro scia odorosa.
Ma c’è molto di più, strati di odore sovrapposti. Quegli aghi di pino sono invasi da una colonia di formiche. Quegli altri sono intrisi di urina di coniglio; cosa assai più eccitante, fra l’altro.
Una traccia olfattiva in particolare ha il sopravvento. È come un assolo eseguito sullo sfondo di una sinfonia maestosa, e pretende la loro attenzione. È l’odore degli esseri umani.
«È ora di tornare su due zampe, superstar.» E detto questo lascia cadere lo zaino a terra e si concentra per riprendere sembianze umane, sospirando per la frustrazione. È strano tornare a questa forma, ci si sente per un attimo spaesati e tutto appare quasi insapore per un brevissimo tempo che a loro pare infinito. Niente a che vedere con la trasformazione inversa, dove il mondo diventa improvvisamente bellissimo e pieno di attrattive.
Sherry segue il suo esempio e, dopo averlo visto rivestirsi in fretta e furia - potrebbe dire pure con una punta di imbarazzo, ma non ci metterebbe la mano sul fuoco -, indossa i lunghi e larghi vestiti che le ha dato, risultando assai comica. Come poteva pensare che le potessero andare? È alto quanto Radish, forse lui addirittura raggiunge a pieno i due metri, il suo corpo è possente e ha delle spalle larghe e forti che sono decisamente più del doppio delle sue. Ci naviga nei suoi vestiti, proprio come in quelli del compagno!
Senza contare poi le scarpe: entrambi i suoi piedi potrebbero tranquillamente stare in una sola scarpa e, forse, troverebbe pure spazio per infilarci della carta.
«Dove dovrei andare così? E come?»
Everett la guarda per qualche secondo, ben fasciato e tenuto al caldo da vestiti decisamente della sua misura. La guarda ed infine ride, non riuscendo a fare a meno di paragonarla di nuovo ad una bambina piccola.
Poi, senza dire una parola, l’avvicina a grandi falcate e le avvolge le spalle con un braccio mentre l’altro lo passa dietro alle sue ginocchia. In un attimo, Sherry si trova sospesa in aria, stretta al suo petto. L’imbarazzo è così tanto che di colpo non sente neanche più freddo.
Cammina per un quarto d’ora buono, i piedi affondando nella neve soffice e riemergono senza alcuna fatica. Il freddo gli pizzica il volto, ma non vi bada. È stato molto più nudo a temperature ben inferiori e l’ha trovato semplicemente fastidioso, ma per Sherry la faccenda è un poco diversa: se i primi undici anni li ha passati nei freddi Territori del Nord, gli altri quattordici li ha passati in climi molto più miti, arrivando ad abituarsi pericolosamente. Per un folle attimo si chiede se potrebbe di nuovo vivere in quella che, a conti fatti, è la sua vera casa, ma poi un lieve vociare le giunge alle orecchie.
Sono arrivati alla costa senza che se ne rendesse neanche conto e ora costeggiano con passo svelto un piccolo villaggio di pescatori. Si domanda come facciano a vivere lì, ma poi si accorge dei profondi segni di pneumatici a terra e capisce che, più che viverci, la maggior parte di loro vanno e vengono giusto per lavorare e le case presenti sono usate più come alloggi provvisori.
Everett prosegue lungo quello che, una volta liberato dalla neve, dovrebbe essere un vialetto stretto e sinuoso finché non si ferma davanti ad una piccola casetta fatta di pietra e legno.
Una volta dentro finalmente la rimette a terra, lasciandole così modo di adattarsi a quell’angusto ed intimo ambiente composto da un’ampia stanza collegata a un solaio da una semplice scala a pioli. C’è odore di fumo stantio e muffa. La luce che filtra dalle tendine ingiallite dona all’ambiente un colore ambrato, un’atmosfera intima ma non antiquata. Nostalgica, forse.
L’arredamento, fatto di pochi elementi, è di legno grezzo intagliato. Le sedute delle sedie e il ripiano del tavolo sono stati levigati e lucidati; ci sono ancora pezzi di vecchia corteccia intorno alla gamba di una sedia e sul lato inferiore di una mensola. Niente lì dentro suggerisce la presenza di corrente elettrica.
La pavimentazione è fatta con un parquet di caldo legno di  ciliegio. Da un lato c’è un divano bordeaux che un tempo doveva avere un’aria morbida e vaporosa che invitava proprio a buttarcisi sopra, mentre adesso è rovinato dall’incedere del tempo, dall’umidità, dalla trascuratezza e dalla polvere. In realtà, tutto lì dentro è coperto da almeno un dito di polvere.
Per mera curiosità apre la dispensa e dentro vi trova un paio di lattine di mais e piselli che dubita fortemente possano essere ancora buone. Le etichette sbiadite sembrano provenire da un’altra epoca. L’armadietto dei liquori, invece, promette un po’ di più. Vede qualche bottiglia di scotch mezza vuota e per un attimo pensa che le piacerebbe buttarsi con Everett su quel divano e bere qualcosa.
«Questa era casa nostra.» Lo aveva capito, ricordava quel posto che lui stesso le ha mostrato tempo addietro tramite i suoi ricordi, ma le fa un certo effetto sentirglielo dire. Le fa poi ancor più effetto vederlo guardare quella stanza con sguardo vuoto, lontano, e la consapevolezza che stia ricordando altre cose adesso tanto dolorose le fa male.
Abbassa il capo annuendo debolmente. Si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e, dopo essersi schiarita la voce, riprende a camminare ed osservare. Sulla destra si sono delle mensole piene di vecchi libri e CD. Ormai inutilizzabile, sul pavimento giace un vecchio stereo a batterie, i cui tasti sono stati consumati a furia di essere premuti.
Prende la custodia di un CD abbandonato di fianco allo stereo e legge i nomi dei brani che vi sono dentro. Le labbra si arricciano immediatamente di lato in una smorfia disgustata.
«Dio… chi di voi due aveva gusti del genere?» Brontola a mezza bocca, sussultando come un gattino quando sente il torace dell’uomo poggiarsi contro la sua schiena e il suo viso fare capolino a pochi centimetri dal suo.
«Lei. Pessimo orecchio, davvero.» Afferra l’oggetto incriminato con la punta delle dita e strabuzza un poco gli occhi, per poi buttarlo alla rinfusa dov’era stato precedentemente raccolto. Dio, aveva dei gusti così pessimi in fatto di musica da potersi definire senza ombra di dubbio imbarazzante, ma lui ascoltava tutto quello che gli propinava. Certo, poi anche lui sparava a tutto volume la musica che gli piaceva e lei la ballava con energie, ma il più delle volte tra quelle mura risuonavano le sue orride canzoni.
Sherry sguscia velocemente fuori dalla sua portata, un poco a disagio e comincia poi a salire la scala a pioli ed esplora l’angusto secondo piano.
C’è giusto un letto, le lenzuola sono rimaste rimboccate con cura durante gli anni, con ancora la piega a triangolo come nei letti d’ospedale. Accanto al cuscino, una lampada a cherosene e una pila di libri, tascabili vecchi di decenni con le orecchie alle pagine.
Di colpo, come un fulmine a ciel sereno, nella sua mente prende forma la consapevolezza che tutto questo sia stato costruito dalle mani di un bambino di neanche undici anni per la ragazza che amava. Un bambino che si ritagliava quanto più tempo possibile tra una battuta di caccia ed un severo allenamento per potergliela costruire con le sue mani solo per vederla felice.
Un bambino che di colpo si è ritrovato con il cuore infranto ed il mondo che gli si sgretolava sotto ai piedi.
Si accascia sul vecchio materasso cigolante e si porta le mani sul viso, sforzandosi sia di regolarizzare il respiro sia di non piangere. Non vuole che la veda piangere, non si merita anche questo.
«Purtroppo per oggi non possiamo restare più di così ma, prima di andarcene, prendi questo.» Le mette in mano un piccolo album di fotografie sorprendentemente scampato alle intemperie e Sherry lo accetta con mano un poco incerta.
Si domanda come faccia a restare così calmo in un luogo che non fa altro che ricordargli Leila, un luogo costruito solo per lei. Si domanda dove trovi la forza di respirare con tanta calma e di sorridere, quando per lei solo l’idea di perdere in qualche modo Radish è assolutamente intollerabile e straziante.
Sfoglia le pagine lentamente, guarda i loro scatti ingialliti e rovinati, guarda i loro sorrisi. Si abbracciano in ogni foto in cui sono insieme, lei spesso è ritratta con delle smorfie buffe mentre lui la guarda con sguardo divertito. Ce ne sono alcune in cui sono presi singolarmente; talvolta c’è lei immersa nelle sue faccende, mentre sfoglia un libro o giocherella con lo stereo, in altre c’è lui che torna da una battuta di caccia, un grosso orso poggiato sulle spalle e un sorriso sghembo in volto, talvolta invece è immortalato mentre gioca alla lotta a torso nudo nella neve con un altro ragazzo che però non conosce. In una foto ci sono loro due, innamoratissimi che si tengono stretti, al loro fianco un’altra coppia che lei non ha mai visto. Sorridono tutti e quattro, le teste vicine e gli occhi ricolmi di una speranza mai vista prima.
In ultimo c’è un primo piano di Leila che sorride felice alla fotocamera mentre si sistema un giglio tra i capelli. Era così giovane, bella, spensierata, felice.
«Le somigli tantissimo. Il taglio degli occhi però penso sia più simile a quello di Cesira, la compagna di Maekhong, ma per il resto sei molto simile a lei.»
Beh, essere paragonate a sua nonna Cesira non è certo un insulto, anzi! Non le dispiacerebbe sentirsi dire che anche a livello caratteriale si somigliavano, poiché era una donna davvero cazzuta. Pure Maekhong, per quanto fuori di testa come una piccionaia e violento come pochi, non alzava mai la cresta con la terribile Cacciatrice. Si dice che le bastava mostrargli solo un canino per farlo tornare a cuccia. Morì in combattimento per proteggere i suoi figli, circa due anni prima che Mezcal salisse sul trono, e che fu proprio a causa della sua morte che il marito diede fuori di testa completamente e combatté senza alcuna strategia contro Blacklake, padre di Greywind. Beh, tutto sommato riesco a mettere a cuccia un Saiyan, forse non sono poi tanto da meno!
«Nell’altra forma invece sei più come Mezcal. Hai pure le stesse zampe bianche!»
«Trovo molto offensivo essere paragonata a lui, sai?» Lo guarda in cagnesco per qualche secondo, tornando poi a concentrarsi sull’album.
Everett ridacchia appena, consapevole di quanto possa essere fastidioso. Ha perso il conto, in gioventù, delle volte in cui i suoi occhi e le sue espressioni venivano paragonate a quelle del padre che tanto disprezzava.
«L’importante è che non avvengano simili paragoni a livello caratteriale, per il resto ci si può anche stare.» Afferma pigramente mentre si alza dal letto, spinto dalla fame. In fondo la sera prima non ha toccato niente per il nervoso, ora potrebbe mangiarsi pure una sedia se gli riempisse davvero lo stomaco.
«Vuoi andare a caccia?» Domanda con un sorriso allegro, facendola vacillare. Si è accorto di quanto questi suoi piccoli gesti riescano in qualche modo a confonderla, ma capisce che non deve essere semplice accettare che pure lui, che negli anni in cui hanno vissuto insieme avrà detto sì e no un centinaio di parole in sua presenza, sia capace pure di scherzare e sorridere. Anche di ridere, in realtà, ma non è semplice divertirlo sul serio.
«Ma non possiamo…»
Assottiglia gli occhi e si piega in avanti, portando il viso a pochi centimetri dal suo come lei aveva precedentemente fatto con lui. La fissa dritto negli occhi, sfidandola a liberarsi delle catene imposte dall’antica entità e seguire il proprio istinto insieme a lui.
«Forse non hai capito come stanno le cose: Papà Spettro mi ha fatto un torto inclassificabile, quindi io posso fare il gran cazzo che mi pare e lui non deve dire niente. Se ora voglio cacciare, lo faccio. Tu vuoi venire o no?»
Rimane ammutolita, incapace di pensare di poter fare una cosa del genere. In fondo le cose per lei non sono proprio facili in questo momento, non vuole portarsi altra sfortuna mancando di rispetto al Grande Spettro.
Everett, sogghignando appena, semplicemente prende e scende velocemente le scale, pronto a liberarsi di quei fastidiosi vestiti bagnati e riprendersi la sua calda pelliccia nera. Ha sempre preferito stare su quattro zampe, gli risulta più semplice e naturale, ma la presenza degli esseri umani lo rende impossibile. Con le Fate è diverso, può vivere in forma di lupo quanto vuole e loro non si scompongono mai, ma non è del tutto certo di voler continuare a vivere lì ora che sta legando con Sherry.
L’Alpha, dopo aver messo l’album nello zaino ed essere scesa a propria volta, lo guarda dalla finestra della casa, incerta su cosa fare o pensare. Lui sa delle cose, cose che lei deve imparare per poter gestire al meglio il branco. Perché lui è stato addestrato sin dalla nascita al comando, era destinato a governare su tutti i Territori del Nord, quindi non c'è nessuno più indicato di lui per imparare.
Eppure, malgrado tutto, non sopporta l’idea di chiedergli aiuto. Questa, senza dubbio, è l’impronta di Mezcal, che mai si sarebbe piegato a chiedere un qualsiasi tipo di aiuto a qualcuno.
Il punto però - o problema - è che in realtà si ritrova a dover ammettere che gli piace la sua compagnia. È un uomo, non un ragazzino troppo cresciuto come i suoi amici. È un uomo adulto con la testa di un uomo adulto, parlare con lui è sorprendentemente stimolate e, al tempo stesso, semplice, naturale. Possono stare anche in silenzio e comunque va bene, la sua sola presenza la fa sentire tranquilla, protetta.
Quando lo vede dirigersi verso la foresta, l’istinto le dice di seguirlo. Esce e si incammina in direzione degli alberi sforzandosi di apparire disinvolta, anche se dentro si sente assai irrequieta in vista di ciò che sta per fare.
«Io però non ho intenzione di spargere del sangue! Ho già troppi casini senza che vada a pestargli la coda!»
«Come preferisci, topolino!»
Scatta in avanti di corsa, abbandona il giaccone pesante durante la strada poiché sa che ormai è inutile continuare a nascondersi.
Sherry gli è subito dietro, i piedi congelati rendono i movimenti dolorosi, motivo per cui, non appena vede l’altro flettersi in avanti, pure lei salta, le braccia protese, e lascia che il lupo esca di nuovo. In un batter d’occhio sono di nuovo su quattro zampe.
È sempre una sensazione piacevolissima, una sorta di orgasmo incredibilmente intenso che dura una frazione di secondo che li lascia frementi, in estasi.
Ogni volta è come togliersi dei vestiti molto scomodi alla fine di una giornata lunga ed estenuante. O stare sotto una cascata d’acqua e lasciarsi lavare via il sudore dal corpo.
È magico.
Non si sentono mai come esseri umani che si trasformano in lupi. Si sentono lupi che si risvegliano da un sogno lungo e noioso in cui sono stati costretti a vivere in un corpo di umano.
Sherry sente il suo odore nel vento, lo vede tuffarsi nella foresta, le foglie e i rami agitati al suo passaggio. Lo deve seguire: glielo dicono il suo odore e la sua coda corvina che si muove invitandola a raggiungerlo.
La potenza delle loro zampe può lasciare senza fiato. Possono correre, correre, correre per ore a velocità strabilianti senza mai stancarsi, senza quasi accorgersene. Sembra che il mondo sia fatto di gomma e loro rimbalzino come una palla.
Corrono, il corpo ondeggia al ritmo del respiro ansimante. Un balzo dopo l’altro le zampe affondano delicate ma decise nella terra, assorbendo le vibrazioni a ogni contatto con il suolo per poi tendersi per un nuovo balzo in avanti. Avanzano al ritmo del proprio sangue, e il cuore batte il tempo mentre il mondo scorre rapidissimo attorno a loro.
Sherry apre la bocca per far entrare e uscire l’aria dai polmoni, assaporandone i mille profumi. Senza alcuna vergogna lascia penzolare la lingua da un lato, nello spazio vuoto tra due enormi zanne, come una bandiera al vento.
Salta nello stretto passaggio tra due gruppi di alberi cresciuti con pendenze opposte. Everett, più veloce di lei, l’aspetta con pazienza, immobile. La sella di pelliccia fra le scapole è ritta sul dorso e lei capisce il segnale: deve restare lì il silenzio. Affonda gli artigli nel terreno cosparso di licheni e si focalizza completamente sul fratello.
Senza far rumore, con un’impercettibile vibrazione delle narici, respirano l’aria intorno, elaborando con la mente una mappa, una visione generale. Intere aree del loro cervello sono dedicate a quell’unica attività. Percorrono l’ampio inventario delle cose fiutate, cercando quella che gli interessa. Basta qualche millisecondo.
Sono come esperti di musica classica che hanno appena ascoltato una sinfonia e devono individuare un singolo strumento. È fin troppo facile, perché il loro cervello ha già catalogato quel particolare odore, lo ha già localizzato, memorizzato, contrassegnato.
Può essere soltanto una la preziosa traccia individuata: un animale, un mammifero, qualcosa di piccolo ed inerme.
Una preda.
Il vento gelido le increspa il manto. Ha due strati di pelliccia, una peluria folta e lanosa ed uno strato esterno più rado che le si rizza facendola sembrare più grossa e voluminosa di quanto in realtà non sia. Quello strato esterno è rigido, resistente. Avverte ogni singolo pelo fremere come se volesse staccarsi, mentre la pelle formicola nel percepire ogni minimo movimento intorno a sé. È consapevole di tutto ciò che succede, del tremito di ogni più piccola foglia, di ogni insetto che striscia sotto terra.
Il suolo vibra al ritmo del suo cuore e lei riesce a sentire i punti in cui non è solido, bensì cavo. È lì che la preda si è rifugiata in cerca di protezione.
Di colpo quella spasmodica attesa ha finalmente fine: Everett apre la bocca in un lungo e silenzioso sbadiglio, poi richiude le fauci con uno scatto sonoro.
Probabilmente la preda si è accorta della loro presenza. Ha avvertito il loro odore penetrante e si è rintanata ancora più in fondo al suo buco. Il rumore di quei denti giganteschi che si aprivano e si chiudevano devono averla terrorizzata, forse l’hanno addirittura fatta impazzire.
Una lepre si leva dal terreno e saetta in mezzo ai due, il mantello grigio sporco di fango. Gli occhi neri roteano furiosamente quando fa un balzo.
Everett si lancia all’inseguimento e Sherry lo segue a ruota, portandosi al fianco della preda, sapendo d’istinto come stringerla di lato.
Le due terrificanti creature si movono come scariche elettriche sul terreno, schivano i tronchi, attraversano boschetti di arbusti, agitandoli e spezzando rami, senza rallentare mai.
Lui tiene le fauci aperte guardando la lepre ormai spacciata. Poi mostra tutti i denti alla sorella e le lancia un messaggio chiaro, ovvero che, se vuole, può catturarla lei.
Fremente per l'eccitazione e la fame per poco non cede, ma con un guaito acuto gli fa capire che può procedere lui stesso alla cattura.
Senza alcuna incertezza, senza nemmeno l’ombra di un pensiero, aumenta la pressione delle zampe sul terreno, si dà una spinta maggiore e chiude la mascella intorno alla nuca della lepre e la solleva da terra. Con i potenti muscoli del collo strattona l’animale che si contorce nel sangue. Si apparta in un angolo del tappeto di foglie bagnate, la preda sempre chiusa tra le fauci. Gli occhi terrorizzati della bestiola incontrano quelli del suo carnefice mentre si dimena negli ultimi spasmi, ma il lupo rimane immune a qualsiasi forma di pietà o compassione.
Sherry gli è subito accanto e annusa la preda, eccitata da ciò che gli ha appena visto fare, ansimando selvaggiamente. Tuttavia non la addenta subito. Attende che gli comunichi la disponibilità a condividere il cibo. Poi, insieme, sbranano l’animale mangiandone avidamente la carne. Lui frantuma il cranio con le zanne possenti e si fa scivolare in gola la polpa burrosa del cervello. Lei mastica le zampe e con la lingua scava nel midollo fuori dalle ossa lunghe.
Finito il pasto, cadono l’uno addosso all’altra con lo stomaco finalmente placato, quasi incapaci di muoversi tanto sono rilassati. Sonnecchia un po’ Sherry, cullata dal respiro calmo e regolare del maggiore che la protegge con la sua mole, e si sveglia quando questi le preme il muso contro lo stomaco e drizza le orecchie, pronto a tornare alla spiaggia.
Hanno ancora tanto da dirsi prima di separarsi di nuovo, meglio farlo in un luogo tranquillo e lontano da orecchie indiscrete.


Lei non c’è, non è tornata a casa.
Potrebbe essere ovunque, là fuori. Potrebbe essere nel Regno delle Fate, luogo per lui inaccessibile, o chissà dove altro sotto spoglie di lupo.
Potrebbe star facendo qualsiasi cosa.
Non la sente da nessuna parte, non saprebbe neanche dove andarla a cercare. Come se questo non fosse abbastanza, poi, aveva lasciato il telefono lì sul comodino perché si erano giustamente detti “Siamo tutti insieme, cosa lo portiamo a fare?”.
Non può rintracciarla in alcun modo. Non può raggiungerla anche solo per controllare che vada tutto bene, che non sia successo niente di irreparabile.
Ha già deciso che le impianterà un microchip sotto pelle una volta tornata a casa, che lo voglia o no, e che monitorerà sempre i suoi spostamenti.
Sempre se tornerà a casa.
Radish non riesce a fare a meno di pensarlo da ore, ormai.
Perché lei a quest’ora è già a casa. Rientra sempre prima delle undici, lo faceva anche prima che vivessero ufficialmente insieme.
Lei tornava e si accoccolava contro di lui, gli raccontava della sua giornata, talvolta con entusiasmo e talvolta con scazzo e rabbia, e poi andavano a letto e certo non per dormire, non subito almeno.
Ma adesso lei non è tornata. È là fuori, da qualche parte, con lui.
È quest’ultimo punto a fargli ancora più male. Anzi, glielo faceva fino a trentasette minuti fa. Ormai la mezzanotte è passata, la legge di non spargere sangue è scaduta e Jäger è a piede libero. Il suo non è più semplice dolore, c’è della paura nel mezzo.
Per quanto ne sa, potrebbe essere successo di tutto.
Potrebbe essere finita a fare a botte con Everett ed aver perso - perché quello è ben più forte e furbo di lei, Radish lo ha capito.
Potrebbe essere stata costretta - o magari neanche costretta - a fare qualcosa con lui.
Potrebbe essere scappata con lui, un uomo forte e della sua specie capace di darle tutto ciò di cui ha bisogno, più che ben voluto tra la loro gente per il sangue purissimo; non ci sarebbero più sciocche incomprensioni, niente litigi per delle scemenze.
Potrebbe aver deciso di rimanere in quel mondo sospeso con lui, lontana da ogni pericolo; un luogo dove poter vivere secondo la sua natura, dove poter correre libera.
Potrebbe essere finita tra le grinfie dell’altro pazzo perché il primo impiastro con le pulci non è stato capace a difenderla e lei non è stata abbastanza veloce. O forse è stata così stupida da provare a lottare per difenderlo.
Se prima la questione dell’incesto non lo aveva mai neanche toccato, rilegandosi ad essere solo un pensiero estraneo affrontato solo in qualche film o nelle serie TV guardate distrattamente nei momenti di noia, adesso è un qualcosa di dannatamente fastidioso che potrebbe riguardarlo in pieno.
In fondo tutta la razza degli Spettri è venuta fuori dall’incesto tra Roman, Roscka e Regan. È iniziata con loro tre ed è proseguita poi tra i loro figli. In qualche modo e molto alla lontana, è probabilissimo che pure Sherry sia imparentata con i suoi ex compagni, ora che ci pensa. Solo quelli col sangue sporco da generazioni possono dirsi in parte esclusi dalla cerchia.
Oltretutto, giusto per rincarare la dose di brutti pensieri, non sente neanche le sue emozioni. Non sa se ciò avvenga per la probabile lunga distanza che li separa o se, magari, ha scelto un nuovo compagno, schermandosi così a lui.
Ha passato buona parte della giornata con Mordecai, Micah e una delle sue tante amiche, ma mai un secondo è riuscito a staccare veramente la testa, neanche quando il folle Cacciatore, con in corpo più cocaina che sangue, è schizzato fuori dall’Alibi, ha bloccato una macchina in mezzo alla strada, ha spalancato lo sportello urlando “È per la sicurezza nazionale!”, ha spinto il proprietario sbigottito di sotto e poi è scappato. Per circa cinquanta metri. Si è poi schiantato più o meno volontariamente contro un palo, è sceso ridendo come un pazzo, si è tolto i vestiti fino a rimanere in mutande ed è corso via.
In un altro frangente Radish avrebbe riso davvero tanto. Poi gli sarebbe corso dietro per picchiarlo perché non deve comportarsi così, soprattutto in pubblico, dicendogli inoltre che deve imparare a regolarsi, ma avrebbe comunque riso.
Oggi non c’è riuscito. L’ha guardato con disinteresse mentre Micah rimorchiava altre due ragazze e poi, senza tante cerimonie, se n’è andato con tutte e tre.
Rimasto solo è tornato a casa per riordinare le idee, magari calmarsi, ma non è servito a molto. La sua mente riusciva a concentrarsi solo su due singoli pensieri dolorosi in egual maniera: lei aveva preferito correre assieme ad Everett anziché tornare indietro con lui, e quei tre esseri maledetti gli hanno in qualche modo impiantato dentro qualcosa.
Li odia per questo. Li odia davvero.
Se avesse avuto scelta non avrebbe mai accettato, non si sarebbe mai fatto sporcare da un’onta del genere. Ma lui non ha avuto scelta, nessuno gli ha chiesto niente: è stato come resettato, modificato e riportato in vita così che potesse tornar loro utile.
Quando si sofferma su quest’ultimo punto, però, pensa anche che se non ci fossero riusciti, se una qualsiasi piccola cosa fosse andata in modo diverso, sarebbe morto e lei vorrebbe solo esserlo. O forse sarebbe sopravvissuto allo scontro col fratello e Piccolo, l’avrebbe incontrata ed avrebbe reso reale uno dei suoi orribili incubi.
Pensando a questi eventuali scenari, si sente un po’ meglio. Lui ha avuto modo di frapporsi tra lei e Jäger, può tenerla al sicuro ed impedire a quel folle di raggiungere i propri obiettivi.
Però poi pensa che lei non lo avrebbe mai amato se non fosse stato per quelle strane cellule che si sono attaccate alle sue, non si sarebbe mai fatta avvicinare così. Forse si sarebbero divertiti, ma non gli avrebbe dato niente di più.
Fa male pensarlo. Fa davvero male. Perché prima poteva dire a cuor leggero che lo volesse semplicemente per quello che è, che fosse una scelta unicamente sua, ma adesso non ne è più tanto sicuro.
È anche per questo che vorrebbe averla vicina, che avrebbe voluto tornare indietro con lei. Avrebbero parlato, si sarebbero confrontati. Le avrebbe vomitato tutto addosso, si sarebbe lasciato andare e avrebbe dato voce a tutti i suoi nuovi dubbi, e lei lo avrebbe ascoltato, lo avrebbe capito e magari abbracciato. Avrebbero trovato un modo per spuntarla insieme.
Insieme, esatto, perché lui non può concepire in ogni caso che possa andarsene, che possa abbandonarlo. Non tollera neanche il solo pensiero che ciò possa accadere, è come una pugnalata dritta al cuore.
Malgrado tutto però non riesce ad avercela veramente con lei. Non del tutto almeno.
L’animale che è in lei ha seguito l’istinto, muovendosi secondo una logica per lui difficile da seguire. Mimì glielo disse tanto tempo addietro che loro sono così, che è difficile adattarsi a questi atteggiamenti e che, se si vuole stare con loro, bisogna sforzarsi di capirli e accettarli.
Sa bene che Sherry è cambiata tanto per lui, per renderlo felice. Lo sa che lo ha fatto, ha visto la sua fatica e l’ha apprezzata con tutto il cuore. Gli basti pensare al fatto che non uccida più esseri umani per gioco, al fatto che anche quando ogni cellula del suo corpo la prega disperatamente di correre in mezzo ai boschi per dormire in qualche tana, lei rimane lì nel suo letto perché lui lo preferisce. Evita pure di mangiare carne grondante di sangue e con ancora la pelliccia attaccata perché per lui è disgustoso. Gli ha raccontato del suo passato!!!
Sta cambiando sé stessa, il suo reale modo di essere, e solo per lui, per facilitargli le cose, per vederlo sempre allegro. Lo fa involontariamente, Radish sa pure questo, ma lo fa perché è innamorata. Mimì gli disse anche di questo loro modo di fare, lo mise in guardia sul fatto che lo fanno senza che gli venga chiesto e che ne soffrono.
Non ci aveva dato peso però, quasi lo dava per scontato.
Dava per scontate così tante cose che ora, steso supino in un letto insopportabilmente vuoto, non può far altro che darsi dello stupido per averlo fatto.
In un certo senso si dà dello stupido anche perché dubita di lei. Sotto sotto sa bene che adesso sta cercando di mettere insieme i pezzi di un passato disastroso, che sta cercando disperatamente di dare vita ad un qualcosa che non ha mai del tutto avuto ma che ha sempre desiderato ardentemente.
Ma, al tempo stesso, come può rimanere tranquillo? Quello l’avrebbe sposata, sarebbe divenuto il suo compagno, l’avrebbe messa incinta e avrebbe costruito una famiglia con lei. Famiglia che, in fin dei conti, sotto, sotto, sotto, sotto, lei ha sempre desiderato. E come potrebbe essere altrimenti, in realtà? Non ne ha mai avuta una vera, non col suo stesso sangue per lo meno.
Chi gli dà la certezza che non possa succedere adesso e con Everett? Lui in fondo non è sicuro di poterle dare dei figli, un domani. Non li desidera neanche, gli fanno quasi paura perché così mortalmente fragili, e non è neanche certo che le loro razze possano creare la vita.
Sarebbe tutto più facile per lei, Radish lo sa bene.
Sa che Everett ha tutte le carte in regola per guidare il branco al suo fianco, che è nato per stare al comando e governare, che gli altri chinerebbero subito il capo per lui, si inginocchierebbero davanti alla sua figura autoritaria e severa, avrebbero un Re fiero che può capirli senza fare domande… ma con lui non ha fatto “zing”.
Non ci aveva pensato. Mai una sola volta in tutta la giornata aveva preso in considerazione questo enorme dettaglio.
Lo zing, come lo ha definito lei per semplificare, altro non è che l’unione delle due anime poiché la metà di una si attacca alla metà dell’altra, diventando impossibili da separare.
È per questo che sente le sue emozioni quando sono vicini ed è anche per questo che gli risulta impossibile anche solo pensare di allontanarla o perderla, è per questo che non riesce mai a resisterle ed anche perché lei, tanto forte, fiera e spesso stronza cede ai suoi capricci nel giro di pochi secondi: si sono uniti senza volerlo, si sono legati su un piano superiore a quello fisico e sentimentale.
Il Destino voleva che loro semplicemente si incontrassero e si andassero a genio, così che Sherry potesse prendere il coraggio a due mani ed elevarsi a capo indiscusso dei randagi come lei, ma loro lo hanno fregato facendo di più. Hanno fregato tutti quanti.
Con questa nuova consapevolezza impressa a fuoco nel cuore e nella mente Radish riesce finalmente ad appisolarsi, i muscoli leggermente più distesi.
Tornerà da lui, adesso lo sa con certezza perché neanche lei può pensare di allontanarlo, malgrado non sia ancora troppo capace di capire le proprie emozioni.
L’unico dubbio che però non gli permette di rilassarsi davvero ora è solo uno: cosa può essere successo tra quei due durante la loro separazione?


 


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Eccoci di nuovo qui! 😄
Beh, che dire? Famiglia modello la loro! Piena d’amore soprattutto 💞
Ora che siete a conoscenza del passato di Everett, potete forse giudicarlo? Ha stretto i denti ed è sopravvissuto ad un qualcosa alla quale nessuno è mai sopravvissuto prima, e l’ha fatto perché lei, con tutto il suo egoismo, ha fatto un qualcosa che lo avrebbe condannato ad un dolore senza fine. L’ha fatto senza battere ciglio ed è arrivato a questo punto dove finalmente può avvicinarsi all’unica cosa che può ricordargli Leila.
Lei, per quanto io la consideri davvero forte per quello che ha fatto, è comunque un’egoista per un certo verso: il suo gesto avrebbe portato sì un cambiamento estremo e positivo per la sua gente, ma il prezzo non lo avrebbe pagato solo lei. Insomma, è un po’ difficile per me sia amarla che odiarla.

Ed ora lui, il nostro amatissimo Radish alla quale è stato stravolto tutto dal momento esatto in cui è arrivato sul pianeta Terra. Erroraccio, in qualsiasi modo la si guardi!
Ebbene sì comunque, ancora non si fida del tutto di lei. Ma come potrebbe, povero chicco? Per quanto adesso sia sicuro di certe cose, lei capisce le emozioni come io capisco l’algebra, ed Everett è quello che è nel mondo degli Spettri. Anche io me la farei sotto!

La mia compagna di ciurmazza Celeste in una recensione aveva scritto “non mi spiego quello scatto di Radish che, come ha notato lui, si è sentito montare dentro una rabbia che praticamente non riconosceva”… ecco il perché! Dentro di sé non ha solo i geni Saiyan che, insomma, già di per sé ti rendono abbastanza irascibile per natura, ma ha pure qualcosa degli Spettri, che mal sopportano una valanga di cose e reagiscono in maniera spropositata praticamente sempre. Un soggetto del genere come potrebbe mai reagire all’idea che gli venga portata via la compagna? Come se questo non bastasse, lui di suo è pure influenzato dalle sensazioni di lei, quindi… PORACCIO!
In ultimo, e questo non va dimenticato, lui un tempo non era così, la sua personalità era tutt’altra e di certo non è del tutto morta. È solo da qualche parte senza che lui neanche lo sappia. Se unisci tutta questa roba in una sola persona… 🤯
Povero, povero, povero Radish. Mi odio per tutto quello che gli sto facendo!

Beh, direi anche basta perché la lunghezza dei capitoli è imbarazzante ed è meglio chiuderla.

A presto
Un bacione
Kiki🤙🏻


PS: Ebbene sì, i genitori di Mord erano brutte persone con poca fantasia!

  
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