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Autore: shilyss    14/06/2020    31 recensioni
Fable! AU Barbablù
Dal cap. 5: La notte, quando lui e Thor erano bambini, lei si sedeva tra i loro letti raccontando le storie degli dèi del Nord, condannati da una profezia oscura a morire dopo un inverno fatto di sette lunghi inverni che si erano avvicendati l’uno all’altro, facendo sprofondare il mondo nel caos e nel terrore.
Londra, 1857.
L'oscurità ha una sfumatura color smeraldo. L'inganno ha il sapore di una pozione. La morte è un urlo raccolto dal buio. Loki sa che il suo piano è perfetto, come l'abito che Sigyn non dovrebbe sfoggiare.
Lo pagherò anche io, il prezzo. Avrebbe desiderato dirglielo svelando quanto costasse quell’inganno e ricordarle come l’unica certezza stesse nella formula che gli era servita per tingere la stoffa di un colore vivo e vibrante. Tutto il resto, erano vaghe pratiche apprese nel corso dei viaggi troppo lunghi che aveva passato alle estremità del mondo, mentre suo fratello ereditava la tenuta e il titolo, com’era nell’ordine delle cose che fosse.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heimdall, Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

La sposa rubata

 

Come luce lei brillava

Quando sposa andò

Dove mai l'avrà portata

Il signore che la rubò

Da tre notti non riposo

Resto ad ascoltare:

È la vipera che soffia

Soffia presso l'acqua

(La sposa rubata, Angelo Branduardi)

 

 

Era una domanda che doveva porgli, di nuovo, perché in carrozza Loki le aveva detto qualcosa di vero, quando aveva fatto riferimento agli oscuri legami di cui si era circondato nel corso della sua scapestrata esistenza. Anche lei era uno di quelli? Sentiva il suo corpo vibrante e vivo come non era mai stato e provava già nostalgia per le sensazioni intense vissute solo pochi istanti prima. Aveva conosciuto il desiderio e l’amore e le sue gambe cingevano ancora i fianchi stretti di Lord Odinson.

E lui non le aveva promesso niente – né Sigyn si era messa a chiedere altro se non di essere amata come le sue mani, la sua bocca e i suoi sguardi feroci promettevano. Gli sfiorò con la punta delle dita la mascella diritta e virile risalendo fino allo zigomo affilato, in una carezza stupita, ammirata: quante notti aveva sognato di essere tra le sue braccia e come era diversa ogni cosa, ora che lui la stringeva a sé? Piegò le labbra in un broncio lieve. Avrebbero dato a Loki la colpa e la responsabilità di quella fuga. Ecco l’ennesima storia dell’avventuriero spavaldo e giramondo che seduce la fanciulla e la rapisce: un dramma di cui Sigyn era la protagonista di nome, ma non di fatto, la cui voce non contava nulla. A chi sarebbe importato che lei desiderasse fuggire e che amasse Loki? A nessuno. La sua volontà, che l’aveva spinta nel cuore della notte a scappare in punta di piedi, veniva vista come il capriccio di un animaletto grazioso e raggirabile. Ma Sigyn non si sentiva così innocente. Era diventata l’amante di Lord Odinson perché la sua anima non era del tutto pura; provava ancora fitte di gelosia cocente al pensiero delle donne che lui aveva amato nel corso dei suoi lunghi viaggi; vederlo ridere o scherzare con altre dame la rendeva insofferente e di malumore quanto le attenzioni di Loki euforica. L’estate prima aveva fatto ogni cosa per rimanere sola con lui, finché un pomeriggio si erano ritrovati troppo vicini e Lord Odinson l’aveva guardata nell’identico modo in cui la fissava ora: con curiosità e desiderio e soddisfazione e qualcosa d’indefinibile e oscuro, accentuato dal sorriso laterale e sbieco che le aveva rivolto. Si erano baciati fino ad avere le labbra gonfie, a perdere il senso del tempo. Lui aveva riso dicendole che il suo aspetto delicato era quello di una fata, ma il suo lo spirito appassionato era di una strega – ma non una qualunque, specificò, quella che condannò un famoso conte alla perdizione.

“Colpa sua, che si lasciò incantare,” aveva ribattuto Sigyn, altera e sfacciata e felice.

Loki era rimasto in silenzio, come se fosse in cerca della risposta giusta da darle. Quando aveva parlato, la sua voce le era parsa più bassa e roca del solito. “Oh, avete ragione, mia signora. Voleva perdersi con lei e abbandonarsi al caos.”

 

Sigyn lo sapeva: suo padre, temendo uno scandalo, non sarebbe mai andato a denunciare la sua scomparsa a Scotland Yard[1], ma l’avrebbe fatta cercare e, quando l’avesse trovata, non sarebbe rimasto nemmeno un momento ad ascoltare le sue spiegazioni. L’avrebbe fatta sposare con l’uomo che reputava giusto per lei, condannandola a un’esistenza piatta e perbene: una settimana prima si era messo in testa di presentarle un conte già vedovo e con figli, manierato e cortese, ma capace solo di fare discorsi vecchi e vuoti. L’idea di essere sfiorata da lui la ripugnava nella misura in cui desiderava le mani di Loki su di sé. Sì, il suo amore per il fratello del duca sarebbe stato bollato come una fantasia o, peggio ancora, un capriccio indotto in cui era caduta perché ingenua. Al pensiero si sentì ribollire il sangue nelle vene, perché sentiva di appartenere all’alchimista e a nessun altro, anche se percepiva, era cosciente, di quanto lui fosse spregiudicato.

“Tu sapevi,” insistette, “sapevi abbastanza da avere con te l’antidoto,” sussurrò. Non voleva spezzare l’incanto, eppure era necessario sollevare il velo del dubbio, dopo essere stati corrosi dall’urgenza di aversi.

Loki, sopra di lei, volle assaggiare una volta ancora le sue labbra, appropriarsi della loro morbidezza. Infilò un braccio sotto la sua schiena ghermendole la nuca, come se Sigyn potesse fuggire o lui volesse possederla ancora più intimamente di quanto non aveva fatto.

Lei lasciò che la baciasse, tremando al pensiero della risposta che avrebbe ricevuto, vittima del desiderio che scuoteva ancora entrambi, avvinghiati uniti, vicini. Loki sapeva troppo – l’aveva salvata, ma a che prezzo?

 

Lord Odinson si aspettava quella domanda. L’attendeva da quando aveva scoperto di ricercare l’attenzione della giovane figlia di Lord Vanir non per Laufey, ma per sé. Nelle lunghe sere trascorse nel suo studio, con un bicchiere di whisky ormai vuoto posato sulla scrivania ingombra di carte, appunti e formule proibite, aveva immaginato nel dettaglio cosa sarebbe successo se avesse tentato di salvarla. Ogni piano elaborato, però, era stato scartato; Loki si era convinto che Sigyn sarebbe stata la sua rovina, ma la soddisfazione non era nella sua natura e, lentamente, senza nemmeno rendersene conto, aveva cominciato a cercare per proprio conto l’antidoto che l’avrebbe strappata al suo mentore e alla morte. Doveva portargliela via, rubargliela, farla sua, vederla abbandonare ogni resistenza e invocare il suo nome, tenerla tra le braccia come stava facendo in quel momento. E Laufey era già sulle sue tracce, probabilmente. I suoi servitori a quell’ora erano entrati nella camera di Sigyn e, non trovandola, avevano sicuramente avvertito il loro capo. Laufey lo avrebbe fatto chiamare, sospettando immediatamente di lui? E Lord Vanir come si sarebbe mosso, scoprendo che la figlia era svanita nel nulla? Il vecchio avrebbe coinvolto Thor, senza dubbio. Sì, Loki aveva previsto ogni mossa dei suoi avversari, compresa quella domanda che veniva proprio dalle squisite labbra della sua incantevole e desideratissima amante, ma aveva lasciato spazio anche all’imponderabile, al caos che stravolgeva ogni piano. Avrebbe messo a tacere Vanir, conquistato il favore di Thor, ucciso Laufey prima che la vendetta di quest’ultimo si abbattesse su di lui.

E poi, forse, le avrebbe confessato di aver avvelenato la stoffa usata per il magnifico abito che l’aveva fasciata fino a poche ore prima, che lui aveva accarezzato e toccato incurante dell’arsenico mischiato ad altre rare erbe indiane – ma aveva bevuto anche lui un goccio d’antidoto, mentre attendeva che la festa a casa Vanir finisse.

Così, seguendo l’intricata rete di trappole che aveva messo a punto, rispose a Sigyn negandole una completa verità che sarebbe stata troppo difficile da spiegare o da accettare, ma dandole una risposta che, pure, era abbastanza vicina a essa. Un inganno sottile e necessario, tanto da potersi spezzare in ogni momento, eppure, proprio per questo, più robusto.

“Conosco le sue intenzioni, sì,” ammise. “So cosa ha usato per avvelenarti. Mi ha chiesto aiuto per la pozione,” le rivelò con voce roca, sottilmente compiaciuta. “E io ho creato il veleno e l’antidoto.”

La sentì irrigidirsi sotto di lui, la vide sgranare i begli occhi grigi. Intuiva che c’era dell’altro, aveva colto la pericolosità insita nelle sue parole, si era affacciata oltre il precipizio oscuro che era la sua anima contorta e assetata di conoscenza. Un sapere che non aveva prezzo, per cui era disposto anche a sacrificare la vita sua e degli altri, ma questo Sigyn ancora non poteva saperlo, né conosceva l’imponderabile, la bestia oscura che gli graffiava il petto. Lo avrebbe scoperto, però.

 

“Perché hai atteso stanotte?” gli sibilò flebile e decisa.

L’alchimista piegò le labbra in un ghigno ironico e mesto; con la mano libera, scostò una ciocca bionda dalla sua fronte.

“Avrebbe trovato un altro modo. Dovevo impedirglielo, facendogli credere fino alla fine che il suo piano si sarebbe realizzato stanotte.”

Di nuovo, non si trattava di una menzogna, ma nemmeno della totale verità: era qualcosa nel mezzo – un inganno, volto a celare la parte più bieca della vicenda, quella che Sigyn sospettava e Loki, ancora, nascondeva. L’avrebbe persa, altrimenti, e non era disposto a farlo. Non era sazio di lei, di loro, della sua pelle morbida e dorata, delle sue labbra dolci, del suo corpo snello e teso intrappolato sotto il suo. L’aveva catturata e la desiderava ancora. L’avrebbe persa comunque, forse, ma non quella notte maledetta che già si trasformava in un’alba grigia e fredda[2].

Sigyn legò l’una all’altra le informazioni scoperte. L’intrigo in cui Loki era invischiato le apparve davanti in maniera più nitida; non immaginava ancora che ad avvelenarla era stato il bell’abito che lui le aveva sfilato di dosso, ma era un dettaglio trascurabile rispetto alla portata del gesto in sé.

“Mi hai avvelenata.” Ora che lo aveva detto le sembrò più vero – e spaventoso. Ed era nel suo letto, stretta a lui, senza difese. Aveva l’odore di Loki addosso, il sapore dei suoi baci su ogni curva del suo corpo. Aveva seguito il drago nella sua caverna lasciandosi irretire dalle sue carezze e ora si trovava tra le sue spire meravigliose crudeli[3].

“Ti ho salvata.” Loki la strinse con più forza strappandole un bacio sul collo capace di farla comunque tendere; la sua voce aveva assunto un tono secco e graffiante, che non ammetteva repliche. “Era il modo più sicuro. L’unico sicuro,” puntualizzò torvo.

 

Sigyn doveva – poteva – credere alle sue parole? Aveva offeso la sua famiglia fuggendo con un uomo dall’anima oscura, ma nel suo sguardo lupesco la ragazza riconobbe una scintilla del tormento in cui Loki era rimasto incastrato nei mesi in cui l’aveva baciata, corteggiata e frequentata sapendo che un altro voleva farla sua.

“Stavo per morire, eppure non sono mai stata così viva come stanotte,” gli confessò. “Perché sono qui?”

L’alchimista non le rispose, ma nella penombra le loro labbra si cercarono ancora, insolenti e disperate, nervose come le loro mani e i corpi avvinghiati e corrosi da un desiderio sublime e maledetto. Non era destino che si amassero, ma questo, ancora, Sigyn non poteva immaginarlo, Loki non voleva dirlo.

 

 

Thor era ancora in veste da camera quando Lord Vanir e Theoric bussarono alla sua porta. Li ricevette e ascoltò il racconto della sparizione di Sigyn e l’accusa che vedeva coinvolto il suo introvabile fratello. Gli chiesero dove fosse, lo pregarono di non proteggere ulteriormente Loki, colpevole di aver corrotto una ragazza innocente, invaghita dei suoi modi affascinanti e insolenti. Era stato davvero lui? Aveva osato macchiarsi di un gesto così orrendo, capace di rovinare per sempre la vita di una donna? La voleva fino a quel punto? Pensò alla sera prima e decise che suo fratello era senz’altro degno di un piano tanto crudele.

Si chiese cosa avrebbe detto o fatto il vecchio Odino e fu preso dalla voglia di risolvere la questione personalmente, una volta per tutte, e intervenire a costo di mettersi definitivamente contro Loki, così sfuggente e perfido, incapace di accontentarsi di ciò che la vita gli offriva o di conquistare ciò che desiderava se non con l’inganno. Se avesse dimostrato alla famiglia di Sigyn di voler essere per lei un buon marito, loro avrebbero davvero rifiutato a oltranza la sua proposta?

Ma su suo fratello correvano voci orrende e Thor sapeva che non tutte erano semplici maldicenze; aveva cercato di scoprire qualcosa di più sui suoi esperimenti, sui veleni e i segreti proibiti cui si dedicava seguendo una tradizione che affondava nei secoli, al tempo dei primi alchimisti o di quando veggenti e streghe camminavano su questo mondo. In parte, la fascinazione di Loki per l’oscurità derivava dagli interessi altrettanto oscuri del loro defunto padre. Da lui Loki aveva ereditato l’astuzia e la spregiudicatezza, assieme all’arte di architettare trucchi e trappole. Erano due farabutti con un titolo nobiliare addosso, pirati incapaci di fermarsi di fronte ai divieti morali – e ce l’avevano nel sangue, quell’insaziabile desiderio di conoscere. Sigyn era rimasta intrappolata dalla brama feroce di suo fratello di avere ogni cosa, si era lasciata incantare dal suo sorriso beffardo e dalle sue battute argute e ora lui, Thor, doveva rimediare. Eppure, tradire Loki non era nei piani. Doveva trovarlo prima che altri lo facessero e convincerlo a ragionare.

Lord Vanir era invecchiato di dieci anni in una notte. Le rughe che gli solcavano il volto magro si erano fatte più profonde, gli occhi chiari, liquidi e mobili, si guardavano attorno come se Sigyn potesse comparigli davanti all’improvviso; gli tremavano le mani nodose, su cui spiccavano le vene bluastre. Chiamava la figlia bambina mia e raccontava di come assomigliasse a sua madre. Thor ricordò che, anni prima, l’uomo aveva sofferto per la perdita improvvisa dell’amata moglie, ma pensò anche che Sigyn era una giovane donna innamorata. Gli sembrò fragile e patetico nella sua supplica, quanto Theoric nervoso e incapace di fare altro che chiedere il suo aiuto.

“Loki non è qui,” sospirò. “Vi accompagnerò nella nostra tenuta di campagna, ma vi devo avvisare: dubito che lo troveremo lì o in qualsiasi altra delle nostre proprietà.”

“La sua casa in città è vuota,” disse Theoric. “Dove altro può averla portata? In un ostello? In un altro paese?” azzardò.

Se sono insieme.” disse. Loki la voleva, certo, ma agire in maniera tanto plateale e rischiosa non gli si addiceva non perché mancasse di coraggio: un simile atteggiamento cozzava con la sua natura calcolatrice e infida. Thor lo conosceva bene e il doloroso ricordo delle giornate passate a cacciare insieme gli ferì il petto.

“Vostra Grazia! Così ci offendete!” esplose Vanir.

Se sono insieme, mio lord, varrebbe la pena di considerare l’idea di unirci non solo nella loro ricerca. Se l’ha convinta a fuggire, avete la dimostrazione che mio fratello è davvero interessato a Sigyn,” sottolineò Thor con forza, fissando entrambi i suoi ospiti negli occhi. Lo stava facendo ancora una volta. Stava difendendo Loki come aveva fatto per una vita intera, giurando di combatterlo per poi proteggerlo alla prima occasione utile, nonostante sapesse quanta oscurità si celasse nell’animo dell’altro, ma senza sospettare nulla dell’abito avvelenato.

 

 

La casa di Odino è piena di traditori.

Loki si aspettava che Laufey lo guardasse negli occhi scandendo con lentezza quella frase vera, dal sapore di una condanna. Ogni muscolo e nervo del suo corpo agile e nervoso era pronto a scattare, a pugnalare al cuore o alle spalle il vecchio mentore, ma l’altro si limitò a guardare il giardino che si stendeva sotto la propria finestra con le braccia allacciate dietro la schiena e la bocca piegata in una smorfia dolorosa. Le dita di Lord Odinson sfiorarono il bracciolo in pelle della poltrona su cui si era seduto con l’abituale noncuranza, cercando di mascherare la tensione.

“Indossava l’abito, ieri sera?” gli domandò a un tratto Laufey con voce roca, gracchiante.

“Sì,” rispose Loki. Se l’avesse scoperto, la sua fine sarebbe stata quella di essere sepolto vivo sotto sei piedi di terra, ma fuggire o sparire equivaleva ad ammettere di aver nascosto Sigyn. Doveva lasciare Londra non appena i sospetti su di lui si fossero allentati e, per fare questo, aveva bisogno di dirottare l’attenzione dei suoi molti nemici altrove. Il prezzo per un piano così ardito era rischiare il collo andando a fare visita proprio al proprio maestro, il più pericoloso dei suoi avversari.

“Com’era?” insistette l’uomo stringendo le dita fino a farsi sbiancare le nocche.

L’alchimista ricordò il raso verde che accarezzava le curve di Sigyn, la sfumatura viva di colore che ne esaltava la carnagione dorata, la bocca appena schiusa che lui aveva assaggiato dopo averle dato una fiala con l’antidoto. Non voleva condividere col mostro che aveva davanti l’immagine di lei, eppure. “Incantevole,” decise infine.

“Dove può essere andata? La sua famiglia sospetta di te: stamattina è andata da tuo fratello,” l’informò Laufey voltandosi con lentezza nella sua direzione.

Lord Odinson non si mosse e sostenne lo sguardo del mentore con fermezza. “Se sospettano di me,” ghignò, scandendo ogni parola, “è perché tu mi hai chiesto di avvicinarla. Era nei nostri piani che immaginassero una nostra fuga d’amore, ricordi? E mentre loro avrebbero cercato d’incastrare me, tu avresti fatto con lei ciò che dovevi,” concluse tra i denti.

Il vecchio studioso soppesò il discorso dell’altro. Non c’erano falle né dubbi nelle sue frasi puntuali e acute. Era stato lui a coinvolgerlo in quel piano che, all’improvviso, si era trasformato in un orrendo incubo.

“L’hai mai desiderata?” lo affrontò infine a bruciapelo.

Loki rise buttando il capo all’indietro, ma nei suoi occhi scintillava un bagliore sinistro. “Mi sono esposto, Laufey,” puntualizzò alzandosi. “Ho avvelenato il vestito che indossava. Per te. Perché fosse finalmente tua,” insistette, nascondendo abilmente il brivido che gli correva lungo la schiena al pensiero di lei tra le sue braccia: aveva ancora il suo profumo addosso, il sapore dei suoi baci sulle labbra. Si era macchiato di una colpa infinitamente grande – aveva tradito l’uomo che lo aveva riportato in Inghilterra e lei, lasciandosi corrodere da un fuoco che gli aveva infiammato l’anima fino a bruciarla, ma nonostante fosse consapevole della rete in cui si era invischiato e che lui stesso aveva contribuito a tessere con pazienza, non provava alcun rimorso. Voleva Sigyn a tutti i costi. L’idea che Laufey, con le sue mani sciupate e macchiate dal sole dei Tropici, con le sue spalle già curve e i denti marci[4], potesse sfiorarle la bocca, i fianchi rotondi o il seno sodo, gli era intollerabile e faceva scaturire nel suo petto un rancore sordo e senza nome, una gelosia smisurata che gli serrava lo stomaco e la gola. Avrebbe dovuto ucciderlo in quell’istante; valutò la fattibilità di una simile azione, considerò che nessuno al mondo si sarebbe messo a piangere per la morte di quel grandissimo bastardo.

 

Lo studioso reietto lo aveva ascoltato in silenzio. Era a conoscenza delle voci che circolavano sul suo giovane amico e Sigyn. Era vero, aveva fatto di tutto per alimentarle, invitando l’altro a visitare il più spesso possibile la casa di Lord Vanir e qualsiasi altro ambiente la ragazza frequentasse per soddisfare il suo bisogno di conoscerla tramite la voce dell’altro. Non si era mai concesso di sospettare di Loki perché troppo sicuro di sé, del suo piano e, soprattutto, della bramosia che il figlio di Odino nutriva verso le arti occulte. No, l’uomo di fronte a lui non avrebbe sacrificato la conoscenza del mistero della vita e della morte per amore di una ragazza, eppure Laufey sapeva quanto il desiderio, troppo spesso, infiammasse i lombi offuscando la ragione.

“E allora lei dov’è, amico mio?” insistette.

L’alchimista lo squadrò dall’alto in basso. “Verrei qui, se fosse con me? Sarebbe un gesto stupido e folle,” sentenziò freddamente.

“A meno che tu non voglia imbrogliarmi,” ragionò il vecchio.

“Chiedi che fine ha fatto agli uomini che dovevano portartela. Forse ti fidi troppo di loro,” insinuò Loki crudele, consapevole di aver condannato degli innocenti a una fine tremenda. Un altro sorriso sghembo e astuto gli attraversò le labbra. “Pensaci, Laufey. Lei era incantevole, inerme,” sibilò. “Il suo cuore aveva appena cessato di battere, ma era ancora calda.” Scoprì i denti bianchi e regolari vedendo l’altro impallidire e credergli, almeno per il momento – gli faceva comodo farlo, doveva allontanare dal suo braccio destro i sospetti, ne aveva bisogno per non annaspare nella disperazione.

Loki sentì il sangue fluire nelle sue vene al ritmo sostenuto del suo battito accelerato. L’ennesima trappola era scattata e, con tutta probabilità, aveva guadagnato qualche giorno di respiro. Com’era patetico il suo mentore, che si struggeva per una ragazzina appena entrata in società, com’era pericoloso il suo piano – ucciderla per evocare un’altra – quanto era stato insistente nel chiedergli che profumo avesse la sua pelle, ignaro che quell’aroma lo inebriava e acuiva il suo desiderio! Ora ne pagava il prezzo e il dolore che lo dilaniava era solo una minima parte di quello che lo attendeva in futuro.

Eppure, Laufey non era l’unico pazzo nella stanza. Era quasi sera, e Sigyn era rimasta nella casa in cui l’aveva nascosta, di cui nessuno, nemmeno Thor sapeva niente. Si congedò, allontanandosi con passi lunghi e misurati e facendo attenzione che nessuno lo seguisse, ripetendo mentalmente le prossime mosse da compiere. Avrebbe passato un’altra notte con lei, sarebbe riuscito ad allontanare da sé l’attenzione di Laufey e di Vanir convogliandola su qualcun altro e poi l’avrebbe portata sul continente. Il padre e il fratello di Sigyn erano già andati a bussare alla porta di casa Odinson e credevano certamente che lui fosse fuggito nella tenuta di famiglia, in campagna; al loro ritorno, Loki li avrebbe attesi dimostrando come nella sua casa londinese non ci fosse traccia alcuna della ragazza. A quella dove Sigyn l’aspettava non sarebbero mai riusciti a risalire, perché intestata a un nome fittizio[5]. Non si trattava della soluzione migliore, ma certamente era quella più indolore. Ciò che avrebbe dovuto fare, sarebbe stato pararsi di fronte a Laufey e sparargli in mezzo agli occhi, per poi dare la sua casa alle fiamme, non prima di aver rubato ogni suo appunto utile e distrutto il resto.

 

 

 

Il pomeriggio aveva lasciato il posto a una sera fredda e umida e Sigyn non era ancora riuscita a finire la lettera che si era ripromessa di scrivere a suo padre. La fuga con Loki era stata troppo repentina per comporre anche solo un biglietto, e la ragazza sentiva di dover giustificare le proprie azioni di fronte a una famiglia molto amata che l’avrebbe cercata fino allo sfinimento. Per tre volte si era convinta di aver messo su carta le sue motivazioni in maniera chiara e precisa e altrettante aveva stracciato ogni foglio. Il suo desiderio più grande era che accettassero la sua decisione e si convincessero della forza dei suoi sentimenti verso Loki Odinson: il ricco fratello di un duca che le avrebbe permesso di vivere nell’agio – anche questo aspetto si era premurata di sottolineare, nelle varie versioni della missiva, ma le rendite dell’affascinante e astuto alchimista non l’interessavano come avrebbero dovuto. Era lui, col suo sguardo chiarissimo e aguzzo perennemente tormentato da una sete insaziabile, con la sua ironia pungente e taglientissima, col suo modo di fare misurato e sicuro di sé, a incantarla. Indossava un abito color avorio che lui l’aveva pregata di indossare e il ciondolo danese appartenuto alla strega. Dell’abito di raso verde non c’era più traccia. Tirò su le gambe accoccolandosi meglio sulla poltrona, in attesa che lui tornasse. Al pensiero che avrebbero trascorso di nuovo la notte insieme, strusciò senza accorgersene le ginocchia tra loro, lasciando scorrere una mano sulla gonna chiara che la copriva: lo voleva. Il suo corpo fremeva al pensiero delle labbra di Loki che lo percorrevano accarezzando ognuna delle sue curve tremanti. Allo stesso modo, le sue mani desideravano esplorare ancora il corpo agile e scattante contro cui si era stretta, fatto di muscoli tonici che spiccavano sotto la pelle. Il dolore piacevole e imprevisto che aveva provato facendo l’amore con lui era qualcosa di cui si era accorta di aver bisogno. Eppure, c’era qualcosa, in Loki, che ancora le sfuggiva. Aveva creato il veleno e l’antidoto, mettendo a repentaglio la sua vita per salvarla. Sigyn credeva alle sue parole e non dubitava di essere l’oggetto della vendetta di un uomo che già si era accanito con la sua famiglia, eppure la freddezza con cui Loki aveva organizzato il suo personale piano per salvarla la spaventava, il racconto che le aveva fatto nascondeva ancora delle ombre. In attesa che l’alchimista tornasse e nelle pause necessarie dovute alla mancanza d’ispirazione per la difficile lettera per suo padre, aveva visitato ogni stanza della casa, curiosando in cerca di dettagli o indizi che le rivelassero qualcosa in più dell’uomo che amava. Aveva vagato per corridoi e sale, soffermandosi sui titoli dei volumi contenuti nelle numerose librerie, su qualche spada antica dall’elsa istoriata con pietre preziose che campeggiava appesa nei vari salotti. Si era fermata unicamente di fronte a una porta chiusa a chiave.

 

 

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e Lettori,

 

Mi stavate già dando per dispersa **? È stata una settimana veramente brutta e ha ragione un noto scrittore contemporaneo, si scrive quando si sta bene, pure quando si regalano sfighe ai personaggi. Alcuni di voi hanno azzeccato quale, anzi quali fiabe siano racchiuse in questa “Fable!AU”. Credo di aver detto tutto quanto nelle note. Come sempre, ogni dettaglio inserito, anche caratteriale, è assolutamente coevo con i personaggi del periodo.

Il riferimento incessante al ciondolo della strega ovviamente avrà un senso e prima che lo diciate: no, Loki non poteva fuggire immediatamente da Londra. Nella prima versione di questa storia (mentale) faceva esattamente così, ma c’erano troppe cose che non mi tornavano e nel prossimo capitolo Loki ve le spiegherà.

Spero che le mie storie possano tenervi compagnia in questi giorni difficili ♥, quanta ne fate a me quando leggo della vostra presenza perché vi palesate recensendo o listando. Anche se non rispondo pubblicamente a tutte le recensioni le leggo appena arrivano e mi commuovo ogni volta♥.

Ah, prossima settimana arriva DAVVERO “Solo un accordo”!

Per voi un clic può non essere nulla, ma per un’Autrice significa tantissimo – e io lo so perché (sono) stata lettrice, prima che scrittrice, e vedere che alcuni di voi tengono nel proprio spazio su Efp le mie storie o trovano il tempo di lasciarmi due righe mi rende felice come Loki mentre abbracci il Tesseract, ecco. Ricordo che il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

 

Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/.  Ah, mi trovate pure su Twitter e Instagram ;)

 



[1] Che all’epoca, 1857, già c’era. Considerate che Sigyn è una donna nobile e che il buon nome della famiglia e la sua personale reputazione verrebbero messe a repentaglio se la polizia venisse a conoscenza della sua sparizione.

[2] È una voluta ripetizione.

[3] La metafora del drago e della principessa l’ho usata in Solo un accordo (tipo sempre) in Oltre l’inganno e in qualche altra parte e sappiate che ci tengo abbastanza.

[4] L’immagine è un po’ schifosa, ma considerate che la vita media nel 1850 in Gran Bretagna superava di poco i cinquant’anni e in cinquantenni di metà Ottocento non assomigliano assolutamente ai nostri. Lo stato della medicina era quello che era soprattutto per quanto riguarda i denti: tenete presente che Lev Tolstoj a trentacinque anni era già sdentato, che Washington portava una dentiera in legno, se non vado errata.

[5] Come detto anche nel capitolo precedente.

   
 
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