Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: BeaterNightFury    15/06/2020    0 recensioni
«Tra un po' di tempo in stazione passerà il mio amico Sora...»
«Lo scemo?» Shiro rispose quasi di scatto.
Riku dovette trattenersi per non darsi una manata in testa.
«In effetti è un po' scemo.» Si costrinse a sorridere, poi si tolse un borsellino dal mantello. «Dagli questi soldi, e prendi assieme a lui e ai suoi compagni il treno che parte dal binario zero.»

Sora apre gli occhi dopo un anno di sonno, e si accorge immediatamente che qualcosa è cambiato.
Riku abbraccia il suo nuovo scopo e la sua missione, guardando ad essi per non vedere sé stesso.
Un Nessuno guarda negli occhi la sua vittima, e trova le risposte ad una tragedia di una vita prima.
Una studentessa di una città che non dorme mai incontra un ragazzo dai confini delle tenebre, e la scintilla tra i loro cuori prelude ad echi di una vita mai vissuta.
Viaggi cominciano, continuano, e si concludono, o forse non sono che piccole tappe di un'unica, grande avventura.
Ricominciare a viaggiare non è poi così difficile...
(Sequel di "Legacy" - ancora non sono riuscita a metterle come serie...)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Kairi, Nuovo personaggio, Riku, Sora
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts, Kingdom Hearts II, Più contesti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Journey – Capitolo 10
Alla Fine dei Sogni
 
Lea emerse dal Corridoio Oscuro e lanciò immediatamente una fiammata davanti a sé per dissipare l’ondata oscura.
Ce l’aveva fatta?
Ce l’aveva fatta.
Sentì la voce di Xigbar che apostrofava Axel e attese che il fumo si diradasse prima di ribattere nella maniera più irritante possibile.
«Axel? Fatemi il piacere.» Si guardò alle spalle. Bene. Kairi aveva preso Shiro in braccio. «Il nome è Lea. Lo avete memorizzato?»
«Non dovreste essere qui!» Xigbar continuò ad urlargli contro, ma non si mosse dal suo trono.
«Comprati un’altra palla di cristallo, Zibibbo!» Kairi spostò Shiro sul suo lato sinistro, poi evocò il Keyblade con la mano destra.
«Brutto momento?» Lea aggiunse. Gli faceva quasi male fare la parte dell’eroe assieme a quella ragazza, ma era di Shiro che si trattava.
Guardò rapidamente in basso. Xemnas aveva fermato Re Topolino e il suo Heartless aveva bloccato Riku, e Sora era stato inchiodato al pavimento da un ragazzo che sembrava la sua immagine in uno specchio affumicato.
«Vedo che hai un gran bel copione.» Lea puntò lo sguardo su quello che sembrava il capo, un vecchio curvo con la zucca pelata e la barba da capra. «Ma mi sembra che ti sia dimenticato di scrivere il seguito!»
Alcuni degli incappucciati stavano già iniziando a sparire, ma uno invece scattò in piedi e menò contro Lea e Kairi un fendente della sua arma. E Lea conosceva quell’arma. Non ci fu neanche bisogno che il cappuccio di Saïx finisse all’indietro perché lui riconoscesse il suo amico.
Non aveva inseguito Xigbar… era stato rapito.
«Dobbiamo andarcene di qui!» Kairi gli diede man forte, aiutandolo a respingere il suo aggressore. Fu la prima a scendere ed affidò immediatamente Shiro a Riku. «Nei guai come al solito, eh, ragazzi?»
«Cosa ci fa Axel qui?» Sora commentò inclinando la testa di lato. Lea colse una nota di sollievo sotto alla perplessità.
«Come, non hai sentito come ho detto di chiamarmi?» Lea alzò gli occhi al cielo. «Va bene, come vuoi. Ora però vediamo di filarcela!»
«Dobbiamo solo resistere per il tempo necessario, non possono restare qui ancora per molto.» Il Re spiegò rapidamente. «Serrate i ranghi!»
Prima che il Re finisse di parlare, dalle spalle di una delle Oscurità – quella che sembrava l’Apprendista Xehanort, l’uomo che aveva alzato l’arma su Lea dieci anni prima – emerse un mostro d’ombra gigantesco che fece per avventarsi sul Re e su Riku.
Lo sguardo di Sora si fece vacuo per un momento. Il ragazzo rigirò il Keyblade nella mano, in una posa che a Lea fu immediatamente familiare, ringhiò: «Non provarci!», saltò in aria e respinse il mostro, colpendolo con l’arma ed evocando un piccolo ciclone attorno alla loro formazione.
Fu quando i suoi piedi toccarono di nuovo il pavimento che Sora lasciò andare il Keyblade e si portò una mano al braccio con una smorfia di dolore, mentre le sue ginocchia prendevano a tremare. Kairi gli si parò immediatamente davanti, visibilmente preoccupata, ma le Oscurità stavano lentamente svanendo.
«Non abbiamo più tempo,» Xehanort passò lo sguardo sui suoi uomini. «Né l’unione di luce né quella di oscurità sono state realizzate, e dobbiamo tutti tornare da dove siamo venuti. Ma l’adunanza dei sette e dei tredici è vicina. Chiuderemo la questione nel luogo predestinato, quando le vostre luci e le mie oscurità saranno riunite!»
Il vecchio fu l’ultimo a svanire, mentre ancora parlava.
Lea avrebbe voluto piangere.
«Ci è mancato poco…» Sora, appoggiato a Kairi, tirò un sospiro di sollievo. Era ancora un po’ pallido in volto, ma qualsiasi cosa fosse, si stava riprendendo.
«Dove hai imparato quel trucco? Non ti ho mai visto così veloce.» Kairi gli chiese.
«Domanda di riserva?» Il ragazzo fece un sorriso imbarazzato.
«Meglio se andiamo via.» Riku si sistemò Shiro nelle braccia in modo che lei gli poggiasse la testa sulla spalla e fece strada verso l’uscita.
«Bene, la navetta è qui fuori. Dove vogliamo andare…?» Il Re fece una corsa e si piazzò davanti al ragazzo.
«Casa di Merlino.» Kairi intervenne. «Aerith stava morendo di paura.»
 
Si era riunita un po’ di gente nella casa del mago, e tutti sembravano incredibilmente preoccupati.
Aerith era seduta ad una delle sedie, Cloud e Tifa vicino a lei, Stitch era seduto in un angolo, e Sora riconobbe persino il giudice “Vostro Odore” con Finn che gli dormiva tra le braccia.
«Isa è vivo.» Lea andò subito dal giudice, ma tenne lo sguardo basso, quasi come segno di sconfitta. «Ma lo hanno preso.»
Puntò uno sgabello in un angolo e ci si buttò su, poi prese a fissarsi i piedi.
«Shiro!» Aerith andò subito a prendere la bambina dalle braccia di Riku. «Sta bene?»
«Non si sveglia,» Topolino commentò mestamente. «Ho già visto accadere cose del genere… se il suo cuore è stato danneggiato a quel punto…»
Sora strinse i denti e i pugni. E avrebbe potuto finirci lui in quella trappola.
Sora, vedi?” Sentì la voce di Roxas nella sua testa. “Per questo tutti contano su di te. Per questo avevi bisogno di svegliarti e io di dormire. Smettila di incolpare te stesso… o prenditela con Xehanort.”
«Roxas…?» Sora non si curò delle altre persone nella stanza. Tanto valeva che sapessero. «Cosa è successo al Castello? Sei stato tu? A respingere il guardiano…?»
Veramente…” Un’altra voce, simile a quella di Roxas ma meno roca e profonda, intervenne in un falso tono imbarazzato.
«Va bene. Ora mi spiegate perché accidenti il mio cuore è diventato una specie di albergo?»
Nella stanza cadde il silenzio.
L’unico che non sembrava sorpreso – a parte forse Kairi? – era Cloud, ma pareva aver capito qualcosa.
«Hai delle voci nella testa?» gli chiese.
«Sì…» Sora ammise.
«E sono persone che conosci? Che hai già incontrato e ricordi?»
«Tecnicamente…»
Cloud quasi vacillò all’indietro, gli occhi sgranati e una mano alla sua testa. Aveva quasi una luce diversa negli occhi. Come se gli avessero appena detto che non stava impazzendo.
«Anche Shiro… parla da sola.» Lea alzò un momento lo sguardo e fece le virgolette con le dita, poi sembrò capire qualcosa e guardò Sora. «Aspetta, Roxas, vorresti dirmi che sei lì dentro? Davvero? Di’ qualcosa che soltanto Roxas potrebbe dire!»
Sora rimase fermo e zitto, ma Roxas prese per un momento il controllo e gli fece dire: «Ricordi quella volta che ti sei trovato disegnato sulla faccia i baffoni… tanto che sei arrivato in ritardo per la ricognizione perché non riuscivi a togliere il colore? Ecco...non è stata Shiro a averlo fatto.»
Lea sgranò gli occhi, ma scosse la testa e sorrise. «Pensi ancora di non mancarmi?»
Sora si trovò a restituire il sorriso senza volerlo, e si affrettò ad asciugarsi una lacrima.
«Sora…» Riku lo raggiunse da dietro e gli mise una mano su una spalla. «Ho un’idea.»
«Uh?» Il ragazzo si girò.
«Yen Sid parlava di Potere del Risveglio. Risveglio. E Shiro è in preda all’incubo, quindi al sonno. E se potessimo accedere al suo cuore, come abbiamo fatto con i Mondi Dormienti?»
«Potrebbe funzionare.» Sora si avvicinò a Shiro, che dormiva ancora nelle braccia di Aerith. «Se non vedeste tornarci…»
«… ci pensiamo io e Kairi a riprendervi per la collottola!» Lea scosse la testa e alzò loro il pollice. Subito dopo aver parlato, rimase in un silenzio lievemente imbarazzato, come se gli fosse appena sfuggito qualcosa che non doveva. Aerith, Cloud e il giudice lo fissarono, ma Sora non riusciva a interpretare le loro espressioni.
«Va bene, Sora, al mio tre.» Riku evocò il suo Keyblade, tornato ad essere Via per L’Alba, e Sora fece lo stesso con Catena Regale. «Uno, due…»
 


Erano su quella che sembrava la cima di una montagna.
Il terreno sotto i loro piedi era un tappeto ben curato di erba, dalle cime aguzze attorno a loro partivano anelli e cavi, e il cielo sopra le loro teste era uno di quei blu che avrebbero visto soltanto in un dipinto.
«Che posto è questo?» Sora mugugnò.
Riku guardò in un’altra direzione, e indicò con la mano un castello in lontananza.
«Credo fosse casa sua,» dedusse.
C’era silenzio. A parte il suono dei loro passi, l’unico rumore era quello del vento e dei tintinnii dei… no, non erano cavi, erano catene.
«Ciao.»
I due ragazzi sobbalzarono e si girarono. Dietro di loro, in piedi su un diroccato muretto di mattoni e con le braccia conserte, c’era un ragazzo.
Sora gli avrebbe dato l’età di Rhyme, ma proprio come lei il bambino aveva uno sguardo saggio, quasi da vecchio. Aveva i capelli ricci, dell’esatto stesso colore di Shiro, e come lei vestiva quasi in bianco e nero, con come unica nota di colore un fazzoletto rosso che portava avvolto al collo.
«Tu…!» Riku quasi scattò verso di lui, ma Sora lo trattenne per un braccio. Non potevano sapere chi fosse, e non serviva un approccio del genere.
«Piacere di conoscervi. Mi chiamo Ephemer.» Il ragazzo abbassò le braccia e si strinse nelle spalle. «Quanto alla domanda sul “che ci faccio qui”, diciamo che ho subito uno sfratto tempo fa e Shiro aveva bisogno di me. Ci abbiamo guadagnato entrambi. Io sono ancora vivo, lei è ancora sé stessa.»
«La coscienza. Eri tu.» Riku disse immediatamente ad alta voce quello che Sora stava pensando. «Hai mentito a una bambina
«Le ho salvato la vita.» Ephemer prese a camminare su e giù sul muretto, mettendo un piede davanti all’altro. «Sapete, sotto Radiant Garden c’è un’armatura abbandonata. Con un Keyblade. Sono appartenuti ad una Maestra. Xemnas ha messo il Keyblade in mano a Shiro quando lei non aveva che sette anni, cercando di fare in modo che lei manifestasse il proprio. Indovinate un po’ chi lo ha trattenuto perché non le mettessero un Sigillo del Dissidente addosso?»
«Un cosa?» Stavolta fu Sora a chiedere.
«Sigillo del Dissidente.» Ephemer tracciò una croce nell’aria. «Quello che hanno messo su di te, tonto!»
Nonostante la sua parvenza tranquilla e il suo sorriso, il suo comportamento tradiva una lieve impazienza.
«Giuro, Sora, mi ricordi un mio vecchio amico.»
«Sì, ma come fai a sapere che avevo una X addosso?» Sora si grattò la testa.
«Xigbar ha detto che il loro primo obiettivo eri tu, ed è così che Xehanort marchia i suoi bersagli.» Ephemer appoggiò le mani sui fianchi. «Pensaci un momento. Axel. Roxas. La cicatrice in faccia a Saïx… un tempo era un semplice segno che si faceva portare agli apprendisti, per la loro sicurezza, ed era più che altro una specie di rito. Ma è una storia lunga e triste, e non ho il tempo per raccontarvela.»
Il suo sorriso si fece amaro, poi trovò un altro muretto e si mise a sedere, fissando il cielo.
«Shiro è fuori pericolo, ma dovrete sbloccare voi il suo cuore. E ho un paio di parole per voi.»
Si fece serio.
«Non pensate di aver vinto solo perché stavolta ne siamo usciti illesi. Xehanort ha tanti piani quanti peli tra le chiappe. Avrà i suoi sette contro tredici, in un modo o nell’altro.» Rimase fermo. «E anche quando penserete di essere pronti, cercherà di attirarvi in una trappola. C’è qualcosa che lo ha portato a diventare quello che è… o qualcuno. Non prendete decisioni avventate, non fidatevi di quello che vedete, e per favore, non pensate che sia la spada il vostro punto di forza. Se volete fare la differenza, pensate a cosa è successo oggi. Sora, tu e Riku ne siete venuti fuori per quello che vi lega. Avete tutti salvato Shiro perché le volete bene. E… non posso dire di aver assistito a quello che è accaduto in quel Castello che Non Esiste… ma… Ventus, eri lì, no?»
«Tu conosci Ventus?» Sora sgranò gli occhi.
Senza che lui se lo aspettasse, una sfera di luce bianca uscì dal suo petto, e la sagoma di un ragazzo si materializzò davanti a lui.
Lo avrebbe preso per Roxas, ma il ragazzo aveva i capelli più chiari, i pantaloni più corti, la giacca di due colori diversi, e parte del braccio sinistro coperto da armatura. Sembrava abbastanza disorientato.
«Io… ti conosco?» Ventus chiese con un filo di voce, camminando verso Ephemer.
Ephemer lo fissò, sollevando un angolo della bocca in una smorfia. Sora e Riku rimasero ad osservare, fermi e in silenzio.
«Ciao, Ven.» Si mise in piedi, la sua sciarpa che svolazzava presa dalle correnti d’aria. «Ti sei scordato di me?»
Ventus rimase fermo, fissando l’altro ragazzo. Sembrava più alto di lui, ma Ephemer si comportava come se fosse lui il maggiore.
«Ti sei fatto crescere i capelli.» Ephemer commentò, come se fossero due vecchi compagni di scuola che si riunivano dopo anni. «Anzi, sei proprio cresciuto tu. Mi ricordo quanto eri piccolo quanto ci conoscevamo. Basso con due piedoni enormi. E non stavi così dritto con la schiena.»
«Ci conosciamo?» Ventus chiese di nuovo. «Prima di Xehanort, giusto?»
«Non mi parlare nemmeno di quel pazzo da legare, Ven, non sei la sua unica vittima qui.» Gli tese una mano, invitandolo ad avvicinarsi. Ventus gliela prese, ed Ephemer lo tirò su.
«Carino, questo posto.» Commentò. «Non è dove siamo nati, ma… mi sembra un bel posto da chiamare casa.»
«Lo è.» Ventus gli rispose. I due diedero le spalle a Sora e Riku, iniziando a fissare l’orizzonte.
«Quando ho rivisto la tua faccia, beh, avevo sentito di te.» Ephemer disse a Ventus. «Stentavo a credere che si stesse parlando ancora di te. Quando eravamo amici… eri il più piccolo tra noi. C’era un caso di omicidio e tu cercavi di fare pupazzi di neve. Sei stato capace di addormentarti in un cimitero. E… non voglio neanche menzionare cosa era successo con Lauriam.»
«Questo nome un po’ lo ricordo.» Ventus ammise. «Forse.»
Ephemer sbuffò. «Vorrei poterti spiegare tutto, faccia a faccia, e non ho tempo per trattenere Sora qui. Xehanort attaccherà di nuovo. Non è un se, è un quando. E se avrete le Sette Luci prima che lui abbia le sue Tredici Oscurità, avrete più tempo per giocare d’anticipo e colpirlo. Potrebbero cercare di attaccare di nuovo Shiro… o qualcun altro.» Gli mise una mano sul braccio. «Io non posso combattere, non senza fare del male a Shiro. Ma tu, con Sora, puoi. O puoi più di quanto io non possa fare. E il tuo corpo è ancora intatto da qualche parte, quindi a mia differenza, hai anche un’uscita. Guarda ogni cosa che Sora fa, intervieni tutte le volte che puoi, sii il suo guardiano. O uno dei Sette quando sarai di nuovo te stesso.»
Si strinse nelle spalle e fissò il sole che calava dietro i monti, poi si girò di nuovo verso Ventus. La sua voce era quasi amareggiata, e una delle sue mani andò a segnarlo a dito.
«Dimostrami che non sei più il bambino che conoscevo.»
Ventus abbassò la testa e si strinse nelle spalle.
«Non so nemmeno chi ero.»
«La domanda è… chi sei ora?» Ephemer gli camminò davanti e gli diede un colpetto sul braccio, spingendo Ventus a raddrizzarsi. Si allontanò ancora per un altro po’, poi si girò verso Sora e Riku.
«Ventus si trova al Castello dell’Oblio, in una stanza che nessuno può trovare. Shiro è riuscita a entrarci, ma Axel non riusciva nemmeno a vederne la porta, né tantomeno toccarla. Credo c’entri qualcosa con sua madre, ma non posso dire di avere la risposta a questo mistero.»
«Ho capito! Dobbiamo trovare Aqua!» Ventus si diede un pugno su una mano, e per la prima volta sorrise. Scese dal muro, con un ritmo diverso nei passi, e si avvicinò a Sora e Riku.
«Direi che abbiamo una rotta.» Si sfregò il dietro del collo, come Sora aveva fatto un sacco di volte. «Ti spiace se ti sto azzeccato ancora per un po’, Sora?»
Sora si strinse nelle spalle e sorrise. La figura di Ventus svanì, e una sfera di luce fluttuò verso Sora e sparì nel suo petto.
«Va bene…» Sora si appoggiò una mano sul torace, poi si guardò intorno ed evocò il Keyblade. «Svegliamo il funghetto e torniamo fuori.»
 


Erano ancora quasi tutti nella stanza, ma alcuni avevano cambiato di posizione. Cloud stava discutendo di qualcosa con Aerith, Lea era seduto su una delle sedie e teneva Shiro in braccio, il giudice discuteva con Merlino e Topolino, e Kairi guardava dalla finestra, battendo nervosamente il piede.
«È fatta.» Riku annunciò. «Dovrebbe svegliarsi a momenti.» C’erano ancora parecchie cose che non capiva. A quanto pareva Ventus era rimasto addosso a Sora… per quanto tempo? La coscienza di Shiro esisteva e si chiamava Ephemer! Ed era un vecchio amico che Ventus non ricordava!
Riku era sicuro che se non si fossero seduti a un tavolo a discutere tutto quanto il prima possibile, tutto quello che aveva scoperto quel giorno lo avrebbe fatto diventare più pazzo dell’uccello aracuan.
Intanto, Lea diede un paio di colpetti alla spalla di Shiro, chiamando il suo nome con voce dolce.
«Su, Funghetto, sono tutti preoccupati… Shiro… Funghetto?»
«Gngnèclpamia…» mugugnò la bambina. «Ha cercato di…»
Shiro schiuse gli occhi, guardando Lea sopra di lei.
«… Axel?»
«Buongiorno funghet…» Lea cercò di dire, ma Shiro lo zittì con un pugno alla faccia.
«Brutto scemo!» Lo fissò con gli occhi pieni di lacrime, poi prese a colpirlo di nuovo al petto e alle spalle. «Scemo, scemo, SCEMO!»
«Se l’è cercata.» Cloud commentò guardando Aerith.
«Credevo fossi morto. Sei cattivo!»
Lea non provò nemmeno a rispondere, limitandosi a lasciare che Shiro lo picchiasse per un po’, poi non appena lei si fu alzata le disse, in tono di resa.
«Shiro… io sono Lea, non Axel. Axel era morto.»
«Comunque credevo di averti perso!» Shiro gli tenne il broncio, poi andò ad occupare una sedia vuota.
«Bisognerà informare Yen Sid che stanno tutti bene,» Topolino fece per incamminarsi verso la porta. «Sora, Riku, con me.»
«Oh, solo un momento, tu.» Merlino puntò la bacchetta contro al Re. Ci fu uno sbuffo di fumo, e la stanza attorno a tutti quanti svanì.
Tutti gli occupanti del salone di Merlino si ritrovarono improvvisamente nella Torre dello Stregone, nell’esatta posizione in cui il fumo li aveva raggiunti. Lea, Shiro e Kairi, che erano stati seduti quando la magia li aveva presi, si ritrovarono nella stessa posizione ad un tavolo dove qualcuno – Paperino e Pippo, forse? – avevano allestito una festa da tè.
Nel vedere che la stanza si era fatta rapidamente affollata, Paperino prese a battere una zampa palmata al pavimento e agitare i pugni.
«Perché non ci avete detto che saremmo stati così tanti
«Ti sembra il momento di festeggiare, papero?» Merlino gli lanciò un’occhiataccia. «Yen Sid! Spero ti renderai conto che avresti almeno dovuto assegnare un accompagnatore a questi poveri ragazzi!» Gli agitò contro il pugno.
Parecchie paia di occhi vennero puntate verso lo stregone. Non che Merlino, Riku pensò, avesse tutti i torti… se la prova era stata manomessa fin dall’inizio, un maggiore controllo avrebbe potuto evitare che la situazione precipitasse… e se non fosse stato per Shiro…
«Hai avuto quel che volevi. Hanno il Potere del Risveglio, anche se si sarebbero risparmiati il modo in cui lo hanno mostrato.» Merlino parlò di nuovo. «Ma nessuno dei due può essere un Maestro. Non dopo questa prova. Una prova manomessa non è valida, e l’ultima volta che qualcuno l’ha considerata tale, per l’Ordine è stato un totale disastro
Yen Sid rimase in silenzio, ma Riku vide Topolino abbassare la testa e le orecchie. Il ragazzo non poté fare a meno di chiedersi cosa fosse successo l’ultima volta che qualcuno avesse considerato valida una prova manomessa.
«Cosa suggerisci di fare, allora?» Yen Sid chiese a Merlino.
«Da’ loro una vera prova. Una come si è sempre svolta. Un Maestro a vedere, niente competizione o battaglia per la supremazia. Potere eguale e dimostrazione di verità!»
«Uhm… va bene. Alle pareti, amici!» Fu Topolino a parlare. «Sora, Riku. Al centro.»
Lo studio a Riku sembrava persino troppo piccolo, ma Merlino agitò di nuovo la bacchetta e si trovarono tutti in una delle sale vuote dei piani di sotto. Sia Riku che Sora erano stati convenientemente posizionati su dei segni nel pavimento, gli altri invece erano tutti contro al muro (Shiro era riuscita a prendere un biscotto prima del teletrasporto).
Yen Sid, Topolino e Merlino erano all’altezza di metà stanza, in posizione di arbitri. Yen Sid sembrava abbastanza rassegnato, ma parlò lo stesso.
«Sora, Riku, in posizione. Vi affronterete l’un l’altro in un duello. Non verranno presi punti e non verrà decretato un vincitore. Quando poteri uguali si confrontano, emerge la loro natura… ed è quello che vogliamo vedere da voi.»
Si portò una mano a premersi il naso. Riku evocò Via per l’Alba, e Sora fece lo stesso con Catena Regale. Se volevano un duello, beh, Riku e Sora non facevano altro da quando Sora aveva cominciato l’asilo. Sora arrivò a sorridere mentre si metteva in guardia, poi alzò la mano verso Riku.
«Posso avere questo ballo?»
Dietro di lui, Kairi si diede una manata in fronte e scoppiò a ridere.
Sora voleva ballare? Bene. Potevano farlo.
«Pronti?» Merlino alzò la bacchetta. «A voi!»
Riku tirò un respiro, poi scattò in avanti. Niente punti, niente vincitore. Da quanto tempo lui e Sora non avevano combattuto così? Per loro era stato quasi sempre una competizione, eppure adesso era stato loro detto niente punti e niente vincitore.
Era come se qualcosa fosse stato sollevato, come se un vetro fosse stato rotto. Riku attaccava e parava e balzava avanti, e indietro, e Sora era sempre lì a difendersi, a rispondere, a saltare o a chinarsi. Avrebbero potuto fare quel gioco a occhi chiusi, per quanto bene si conoscevano.
Il Keyblade che vibrava nella sua mano, le pietre del pavimento sotto ai suoi piedi, la risata di Sora, il silenzio degli astanti… era tutto così nitido che sembrava quasi che il tempo si fosse fermato.
Riku sapeva che né lui né Sora avrebbero resistito a lungo, non dopo aver combattuto contro Xehanort, e i movimenti di entrambi si facevano più lenti, fino a quando dopo aver incrociato le lame un’ultima volta, Sora e Riku si guardarono negli occhi ed entrambi si fermarono.
«Che c’è, Sora, sei stanco?» Riku fece un passo indietro.
«Tsk… ma per piacere! Ti sei visto allo specchio?» Sora ridacchiò, ma fece un passo indietro a sua volta.
Yen Sid alzò entrambe le braccia verso l’esterno. «Basta così!» annunciò.
Abbassò le braccia e camminò verso Sora e Riku, che istintivamente si appoggiarono l’uno all’altro. Soltanto in quel momento Riku si rendeva conto di quanto davvero fosse stanco.
«Non guasterebbero un biscotto o due, adesso…» Sora disse ad alta voce quello che Riku aveva appena iniziato a pensare riguardo ai dolci al piano di sopra.
«Tu mangi già troppo zucchero.» Riku gli diede una spallata gentile.
Yen Sid si schiarì la gola.
«Vi abbiamo osservati entrambi e siamo venuti ad una decisione. Per quanto entrambi foste sfiancati dallo scontro con le Oscurità avete combattuto al meglio delle vostre possibilità,» lo stregone disse. «Entrambi meritate il titolo di Maestro.»
Rimase in silenzio un momento.
«E non credo ci sarebbe voluto un altro duello per dimostrarlo.»
Riku rimase in silenzio. Immaginava che Sora avrebbe passato, ma lui? Temeva che l’oscurità avrebbe potuto sabotare la sua prova… portava un Keyblade da molto meno tempo di Sora, la sua esperienza vera e propria si contava in settimane
«… che?» Sora disse con un fil di voce. Guardò Yen Sid, poi Riku, poi di nuovo Yen Sid. Il suo volto passò rapidamente dallo stupore al sorriso. Riku ebbe appena il tempo di vederlo muoversi prima che il suo migliore amico gli stritolasse la gabbia toracica con un abbraccio come suo solito. Kairi arrivò immediatamente dopo, non per mancanza di entusiasmo ma per distanza.
«E bravi i nostri due tonti!» Fece un passo indietro, poi alzò le braccia e arruffò con una mano i capelli di Sora e con l’altra i capelli di Riku.
«Kairi, non offenderci!» Riku cercò giocosamente di allontanarle la mano. «Si dice Maestri tonti!»
Mentre i tre lottavano, la stanza cambiò di nuovo e si ritrovarono nuovamente nello studio, con la tavola imbandita che sembrava essere stata aumentata di dimensioni. Sora si divincolò letteralmente dalla presa di Kairi e corse a riempirsi la bocca di biscotti.
«Li chiamavano Maestri del Keyblade.» Lea ridacchiò. «Io non farò così quando sarà la mia volta.»
«Ti prendo in parola, eh!» Kairi lasciò in pace Riku per puntare su Lea un dito accusatore.
«Cosha? Axel?» Sora commentò con la bocca piena. «Tu un Custode del Keyblade?»
«Già. Ma ancora non mi viene sempre alla mano.» Lea si strinse nelle spalle imbarazzato. «Volevo usarlo nel salvataggio, ma…» Tese il polso, e…
… inizialmente Riku avrebbe detto di aver visto uno dei suoi chakram, ma da una delle punte partiva una lama fiammeggiante che formava un’ansa alla fine.
«Va bene, ora se posso avere la vostra attenzione,» Merlino puntò la bacchetta ad una lavagna. «Prima che crolliate, dobbiamo fare il punto della situazione. Domattina si riprende, e dobbiamo sapere chi andrà dove, quando, e perché.»
La lavagna si girò, mostrando una superficie completamente vuota. Merlino mise un gesso nelle mani di Riku.
«Sora, Riku, raccontate quel che avete visto. A turno, parleremo tutti.»
«Allora,» Riku andò verso la lavagna e la divise con una linea, poi attese che Sora lo raggiungesse, spezzò il gesso a metà e gliene diede una parte. «Sette… contro tredici. Così Xehanort ha detto. Quindi, se mettiamo lui da una parte…» Scrisse su una delle parti della lavagna il nome del loro nemico. «… e noi dall’altra…» Dall’altro lato della lavagna scrisse “Riku – Sora – Kairi – Topolino – Lea”. «Ci mancano ancora due.»
«Due che dovremo essere celeri a trovare,» Yen Sid intervenne. «Se Xehanort troverà il suo numero tredici prima che noi i nostri sei e sette, penserà lui a trovare delle luci in sostituzione… e non saranno persone in grado di combattere.»
«Parlate delle Principesse?» Kairi chiese, mentre Sora, imperturbato da quel che lo stregone aveva appena detto, scriveva “Aqua” e “Ventus” sotto Lea con il suo pezzo di gesso.
«Sì, e non le stesse ragazze che hai conosciuto tu, Kairi.» Yen Sid guardò la ragazza. «Per quanto tu abbia mantenuto il tuo potere, le altre sei pure luci sono passate di testimone, ad altre sei ragazze. Oltre che ritrovare i Guardiani perduti, dobbiamo trovare e identificare queste ragazze prima che siano gli uomini di Xehanort a farlo.»
Mentre Yen Sid parlava, Sora divise la parte della lavagna relativa alle luci in senso orizzontale e scrisse “Sei Principesse sconosciute” nella parte bassa. Poi, con la lingua che gli spuntava da un angolo della bocca, si spostò nella parte delle oscurità e scrisse “Vanitas – Ansem – Xemnas – Xehanort passato - Saïx – Xigbar – GLIENE MANCA UNO”.
Stette fermo per un momento, fissando il gesso nella sua mano con un broncio difficile da interpretare. Guardò Riku.
«Xehanort ha detto che ha un altro dei nostri,» disse in tono triste, poi scrisse lentamente “Terra” a cavallo della linea tra luci e oscurità.
Mentre tutti rimanevano in silenzio, Shiro si prese la briga di intervenire.
«E io allora?» protestò. «Non siete cinque, siamo sei!»
«Tu hai già fatto abbastanza, Shiro.» Lea la prese per un polso e la fece sedere. «Compreso il farci morire tutti quanti di paura.»
«Almeno io il Keyblade lo so evocare!» Shiro sbuffò e gonfiò le guance con aria seccata.
«Oggi abbiamo rischiato di perderti, Shiro.» Aerith andò da lei e si chinò al suo livello. «Abbiamo già perso troppe persone…»
 
Shiro rimase in silenzio. Sora si aspettava che avrebbe ribattuto – Roxas glielo stava suggerendo – ma a lei tremava semplicemente il labbro e si stringeva le mani in grembo.
«Ho visto… cose.» Confessò. «Axel che… un corridoio oscuro… e Zack… Xigbar… i cecchini…» Abbassò lo sguardo. «E un’ora fa. L’Apprendista Xehanort, su una spiaggia nera, ha attaccato la mia mamma!»
«L’incubo. Le visioni.» Riku disse ad alta voce quello che Sora stava pensando.
«Hey. Funghetto…» Lea abbracciò Shiro. «Io sono qui, e non me ne andrò da nessuna parte. Sappiamo com’è Xigbar… potrebbe averti mentito… potrebbe non averti fatto vedere tutto quello che è accaduto.»
«La coscienza mi ha detto che stavi difendendo Roxas…» Shiro commentò.
Lea si strinse nelle spalle.
«In passato ti avrei detto di sì.» Sorrise. «Ma… credi che anche Sora, non valesse la pena difenderlo?»
Sora si schiarì la gola.
«Shiro, la coscienza ha un nome.» Intervenne. «Si chiama Ephemer. Ha detto di essere un vecchio amico di Ventus… e una vittima di Xehanort. Credo si sia rifugiato nel tuo cuore come Roxas e Ventus hanno fatto con me.»
Shiro fissò Sora con aria stupita, poi si rivolse direttamente alla sua “coscienza”.
«Mi vorresti dire che mi hai presa per scema tutto questo tempo?... Lo so che è stato Saïx a dirmi che eri la mia coscienza, ma… guarda se ti vedo in faccia un giorno…»
Scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.
«Dobbiamo muoverci in fretta.» Yen Sid riportò tutti quanti all’attenzione. «Flora, Fauna e Serenella hanno messo a punto nuovi abiti per voi, che proteggeranno dall’oscurità come e meglio dei mantelli neri. Kairi e Lea, siete stati provvidenziali nel Mondo che Non Esiste, ma avete entrambi bisogno di ulteriore addestramento prima che possiate entrare di nuovo in azione. Non possiamo permetterci che scendiate in campo impreparati. Shiro seguirà l’addestramento con voi. Riku, Topolino, conoscete già il Reame Oscuro. Vostro compito sarà la localizzazione dei Guardiani perduti, a cominciare da Aqua. Sora, identificare le Principesse e fare in modo che siano al sicuro sarà compito tuo, almeno fino a quando non potrai essere adiuvato da altri Guardiani.» Guardò Kairi e Lea.
«E come facciamo ad impedire che Xehanort scovi un altro numero 13?» Lea intervenne. «Ho come la sensazione che potrebbe già avere un piano B.»
«No, credo Yen Sid abbia ragione.» Riku scosse la testa, asserendo in tono amaro. «Ephemer ha detto che dobbiamo aspettarci un quando, non un se. La mia sola obiezione è che a un certo punto avrò bisogno che Sora mi raggiunga, magari quando Kairi e Lea saranno pronti per subentrare, quindi abbiamo bisogno di un modo più rapido per segnalare i nostri spostamenti.»
«Credo che abbiamo già risolto quel problema.» Topolino gli sorrise. «Cip e Ciop al Castello stavano lavorando a qualcosa.»
«Sì, e Cid ha concesso anche loro di utilizzare Otto e Nove per il mantenimento del server.» Aerith intervenne, strappando a Shiro un accenno di sorriso.
Riku si guardò attorno.
«Allora… lo stiamo facendo, suppongo.» Tirò un sospiro.
«Bene.» Merlino si rimboccò le maniche. «Direi sia il momento di riposare per voi tutti. Venite ai Giardini?»
Sora cercò lo sguardo di Riku e Kairi, ed entrambi fecero sì con la testa. Merlino tirò fuori la bacchetta.
«Molto bene. Reggetevi forte allora, perché stiamo per saltare! E uno, e due, e…!»

 
 
«Ma tornerai a trovarci, vero?»
«Quando sarai un vero eroe!»
«Quando io e lui saremo entrambi eroi!»
«Come, vuoi che non torni più?»
 
Era in piedi davanti ad un castello che non aveva mai visto, e aveva un Keyblade in ogni mano.
 
«Se il destino vorrai cambiare, dentro dovrai guardare, e lo strappo dall’orgoglio causato riparare.» Una voce sconosciuta echeggiava nel buio, e Sora si ritrovò su un pavimento di vetro piombato, sul suo pavimento di vetro piombato, e Vanitas comparve sul bordo, fissandolo e dicendo nuovamente: «Il loro dolore sarà alleviato quando tornerete a mettervi fine.»
 
Un mondo di luce, ma senza sole. Cielo e mare a perdita d’occhio.
Sentiva la voce di qualcuno piangere.
 
«La domanda è… chi sei ora?»
 
Per un momento Sora si spaventò quando non riconobbe la sua stanza. Poi sentì il russare di Riku accanto a lui, e un calcio di Kairi lo prese dritto sulle caviglie, e vide la solita lucina notturna attaccata ad una delle prese, e ricordò tutto. L’esame, la trappola degli Xehanort, il salvataggio di Shiro.
Era un Maestro! Lui!
Giusto. Erano in casa del giardiniere – aveva una camera vuota con un letto a due piazze che era appartenuto al suo figlio adolescente prima che sparisse – e la mattina dopo lui sarebbe ripartito in cerca dei Nuovi Sette Cuori.
Gli faceva un po’ strano dormire in una stanza di perfetti sconosciuti, anche se gli anziani che gli avevano messo la stanza a disposizione avevano detto una parola o due riguardo al fatto che una bambina di nome Kairi una volta aveva abitato la casa deserta vicino alla loro, ed erano convinti si trattasse della stessa persona.
“Suo fratello era nella stessa classe di Zack”, avevano detto. Sembravano molto afflitti dalla scomparsa del loro figlio. Sora avrebbe voluto aiutarli, ma se era vero quel che Shiro gli aveva detto, non c’era più speranza per quel ragazzo.
Scese silenziosamente dal fondo del letto e si mise in piedi. Una delle porte della stanza dava direttamente sul cortile del retro, e Sora aveva davvero bisogno di un po’ d’aria.
Aprì e si appoggiò al muro, rimanendo per qualche minuto a fissare le stelle. La casa accanto a quella del giardiniere sembrava davvero abbandonata da una vita, ma c’era un’altalena nel cortile, una di quelle fatte con una ruota di scorta legata al ramo di un albero. Qualcuno aveva scribacchiato il nome “Eadmund” sulla ruota – che fosse quello il nome del fratello della bambina? Che davvero fosse lei?
Sora attraversò il giardino e si sedette sull’altalena, che cigolò leggermente sotto al suo peso.
«Ciao, Sora.»
Il ragazzo sobbalzò. C’era Cloud, poco lontano, la schiena contro un albero. Stava fissando la finestra della stanza di Zack, dalla quale si poteva ancora intravedere la lucina che Kairi usava sempre per dormire.
«Anche tu non hai sonno?» Sora lasciò l’altalena e si avvicinò a lui.
Cloud incrociò le braccia e prese a guardare il cielo.
«Ricordi l’Olimpo?» Gli chiese. «Conoscevo quel mondo perché Zack me ne aveva parlato. Mi disse di aver conosciuto lì un ragazzo di nome Ventus… che si erano promessi di rivedersi là… quando Zack ed Ercole sarebbero diventati veri eroi.»
«Beh, Erc ci è arrivato…» Sora si strinse nelle spalle.
«E Zack… Zack non voleva combattere Xemnas. Lo ha fatto… per difendere me.» Cloud abbassò lo sguardo. «Tu pensi… che sia diventato un vero eroe?» Aggrottò le sopracciglia. «Vorrei avere una risposta. Com’è possibile che un vero eroe muoia? Per come ne parlavano all’Olimpo…»
Sora si sentì invadere il cuore di una tristezza che non era la sua, e una delle sue mani andò alla sua faccia ad asciugare una lacrima. Ventus non stava dicendo nulla, ma Sora sentiva il suo dolore.
Quello era un cerchio che andava chiuso.
«Andiamo da Erc domani.» Sora concluse. «Insieme.»
Per qualche ora, le Principesse avrebbero potuto aspettare. Sora non avrebbe potuto raddrizzare tutti i torti, lasciare un saluto a tutte le vittime dimenticate di quella guerra inutile, ma per quanto piccolo un atto di gentilezza di quel genere avrebbe potuto essere, gli sembrava il miglior primo passo per il suo cammino di Maestro.
Ed era il momento che Ventus tornasse a salutare i suoi amici.
 


Lo stregone si appoggiò contro una delle pareti della grotta.
Fuori dalla caverna, la piccola spiaggia era invasa dalla luce del sole.
Un ragazzino si fermò a fissarlo. Non doveva avere che otto, forse nove anni. Aveva la pelle scura e portava i capelli ricci rasati sulle tempie, e aveva lo sguardo inquisitorio tipico dei bambini di quell’età. Stava quasi per entrare nella caverna quando…
«Finn, andiamo!» Un altro bambino, più piccolo, forse sui sette anni, lo prese per un polso. Era infagottato in una salopette e una maglietta a righe orizzontali, e i suoi capelli erano lunghi fino alle orecchie e di uno strano colore blu scuro. «Tuo fratello ti ffta cercando!» La mancanza di due denti davanti gli causava una distinta zeppola.
«River, credo ci sia un fantasma nella caverna.» Finn fece gesto al suo amico di farsi di lato.
«Chi ffe ne importa dei fantaffmi!» ribatté River, facendo una faccia schifata. «Papà può farne polpette, heh. O anche mamma, o Ffhiro, o Roc-ffas e Ffh-ion.»
«Perché chiami sempre i grandi?» Finn alzò gli occhi al cielo.
«Ma mica ffono io, vengono ffempre loro!» River protestò. Stava per dire altro quando un uomo con un lungo cappotto, una bandana grigia attorno al collo, occhi di uno strano colore ambrato, e capelli neri in disordine che gli spuntavano da un cappello prese Finn per la collottola e River per le bretelle.
«Va bene, sgorbietti, cosa pensavate di combinare stavolta?»
Se i bambini potevano essere non creduti, Strange decise di sparire davanti all’adulto. Sarebbe stato difficile spiegare chi era e perché fosse lì, anni e anni dopo il suo tempo, intento a spiare il futuro per capire se la sua decisione fosse stata presa bene.
Ma lo stregone aveva le risposte che stava cercando, si disse mentre tornava nel suo studio, nel suo tempo.
Anche in quella linea temporale, la Luce non sarebbe stata sconfitta dalle tenebre.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: BeaterNightFury