CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO
SPECCHIO
“Una volta
credevo che essere amato
senza
amare fosse un piacere straordinario.
Ora ho
imparato quanto sia penoso
un amore
che viene offerto
senza che
lo si possa ricambiare.”
Herman Hesse,Aforisma 5
Christine
fissava distrattamente fuori dal finestrino della carrozza che la stava
riportando al piccolo appartamento che divideva con Meg e Madame Giry.
Dopo
quei terribili accadimenti all’Opera, tre anni prima,Madame Giry aveva ritenuto
più prudente stabilirsi al di fuori dell’edificio,anche dopo la sua completa
ristrutturazione. Sapeva bene quanto quel luogo fosse intriso di tristi ricordi
per tutti loro,e in special modo per Christine.
Per
mesi era stata in ansia per la salute cagionevole della ragazza,che si era
accompagnata ad una forte depressione. Con le sue cure,l’affetto fraterno di
Meg e la sollecita presenza del Visconte de Chagny,lentamente la ragazza era
tornata alla vita.
Ma
continuava a conservare sul viso un’ombra di tristezza e preoccupazione che non
aveva mai mostrato in precedenza.
Christine
sospirò.
I
primi mesi dopo il rogo dell’Opera faceva molta fatica ad arrivare alla fine
della giornata senza sentirsi sul punto di svenire. Non trovava alcun conforto
dentro di sé,né vedeva alcuna via d’uscita da quel tunnel di tristezza. Non
riusciva a mettere a fuoco i ricordi piacevoli,né i momenti di allegria e
spensieratezza. Tutto le sembrava così lontano e inafferrabile..
Qualsiasi
contatto le dava i brividi,e ovunque volgesse lo sguardo,vedeva il suo Erik.
Quel giorno aveva dovuto trovare il coraggio
di affrontare il fidanzato,e di annunciargli la sua decisione di rompere il
loro legame. Erano mesi che ci pensava,ma era sempre stata frenata dalla paura
di farlo soffrire.
Era
molto affezionata al suo caro amico d’infanzia,e a lungo aveva pensato di
esserne davvero innamorata. Perfino dopo quanto accaduto quella terribile
notte… ma mentre le settimane e i mesi passavano,le diventava sempre più evidente
la sua inadeguatezza,di fronte all’amore puro e appassionato che lui provava
nei suoi confronti. Prolungare
l’inganno non avrebbe che intensificato il dolore,al momento inevitabile della
separazione.
Pensò
a quanto dolore aveva inflitto alle persone che amava. Non se ne era resa
conto,non c’era stata intenzione da parte sua,ma questo non la sollevava dalla
responsabilità di essere fautrice di tanta sofferenza.
Si
sentiva svuotata,consapevole che non sarebbe mai più riuscita ad amare
nessuno,non come aveva amato...ma che importanza aveva ormai? Il suo
amore,compreso troppo tardi,era morto insieme a lui.
Le uniche persone per cui provava ancora affetto
erano proprio Raoul, Meg e Madame Giry.
Per questo doveva allontanarsi da loro,prima che
il destino la rendesse ancora una volta carnefice.
Sorrise fra sé e sé,la prima volta da mesi.
Era la prima volta nella sua vita che non
provava alcun tipo di paura.
Se
nutriamo odio verso qualcuno,
è perchè
odiamo in lui
qualcosa
che è in noi.
Quel che
non è in noi
non riesce
a darci emozioni.
Herman Hesse,Aforisma 4
Raoul
era sprofondato in una delle poltrone del suo studio. Si sentiva ancora
stordito.
Durante
gli ultimi tre anni,non gli era pesata la vita di sacrifici che aveva
intrapreso per stare accanto alla sua fidanzata,per aiutarla ad uscire dalla
sua sofferenza. Non aveva mai pensato ai disagi che aveva subito,ma a tutti i
problemi che aveva dovuto affrontare lei,anche a causa sua. L’ultimo inverno era stato durissimo per
lui,aveva anche temuto di perderla. Ora quasi non ricordava quell’angoscia,ma
sentiva una forte nostalgia per quel periodo,anche se non era stato dei più
rosei.
Christine
era piombata inaspettatamente lì a casa sua,solo pochi minuti prima.
Lui
aveva sorriso,felice della visita inaspettata,ma immediatamente l’espressione
seria e compunta del viso di lei lo aveva raggelato.
In
fretta,e senza lasciargli tempo di replicare,gli aveva comunicato la sua
decisione di lasciarlo.
Naturalmente
ne era desolata,ma non poteva continuare a fingere.
“Non
ho intenzione di sposarti,Raoul. Mi dispiace causarti tanti problemi…sei stato
anche troppo buono con me,senza che me lo meritassi. Ma mentirei se ti dicessi
di essere pronta al matrimonio. Anzi,penso che non lo sarò mai. Ho scoperto un
lato di me che non pensavo di possedere,e devo imparare a convincerci prima di
potermi legare a qualcuno. Ti voglio bene Raoul,ma non credo che tu saresti
felice con me.” Gli girava intorno,le braccia dietro la schiena,come a
constatare e sottolineare quello che gli stava dicendo. “Credimi,sarà meglio
per entrambi se non ci vedremo più..per un po’,almeno. Sarai sempre uno dei
miei migliori amici,delle poche persone a cui mi sento legata.”Gli aveva
sorriso timidamente,per poi aggrottare le sopracciglia. “Ma per un po’…evitiamo
di vederci,te ne prego. Perdonami!”
…ed
era corsa via,senza neppure voltarsi indietro,lasciandolo impietrito e
scioccato.
Quando era riuscito a scuotersi da quello
stato di torpore,lei era già risalita in carrozza e svanita nella nebbia di
quel pomeriggio invernale.
Lentamente si alzò,e andò all’armadietto dei
liquori per versarsi un cordiale. Ne aveva bisogno. Con mano tremante sollevò
il bicchiere ed ingoiò qualche sorso,appoggiandosi al muro e chiudendo gli
occhi.
La presenza di Christine era ancora nell’aria
intorno a lui.
La sua presenza..non era nell’aria. Era dentro
di lui.
Ma certo,pensò amaramente. Io non sono né potrò mai essere lui! Non potevo competere con quel mostro quando
era in vita,quando lei poteva scorgerne i bestiali difetti…ora che è morto è
diventato una specie di mito,un vero Angelo del Paradiso!
La sua naturale pacatezza scomparve,mentre
scagliava il calice contro la parete opposta,frantumandolo in mille pezzi.
“Christine,come puoi farmi questo?”singhiozzò.
“Come puoi,dopo tutto quello che ho fatto per
te…come puoi ignorare e respingere il mio amore! Come puoi rifiutare di
diventare mia moglie!”
I gemiti esplosero in grida di rabbia disumana.
”
E’tutta colpa di quel mostro…anche da morto
continua a perseguitarci con la sua infame presenza…Ti
maledico Erik,ti maledico ovunque tu sia!”
Aveva
amato,
ed
attraverso l'amore aveva trovato se stesso.
La maggior
parte degli uomini
ama invece
per perdersi.
Herman Hesse,Aforisma 3
Il
Fantasma dell’Opera era morto,in quella notte spaventosa di tre anni prima.
La
banda dei linciatori ne aveva portato le prove,la sua maschera bianca e un
brandello di camicia trovata sulla riva del lago.
L’infame,probabilmente
fuggendo,doveva essere annegato nelle acque sotterranee.
Che sta facendo adesso
adesso,
in questo momento?
È
a casa? Per la strada?
Al
lavoro? In piedi? Sdraiata?
Forse
sta alzando il braccio?
Amor
mio
come
appare in quel movimento
il
polso bianco e rotondo!
Che
sta facendo adesso
adesso,
in questo momento?
Un
gattino sulle ginocchia
lei
lo accarezza.
O
forse sta camminando
ecco
il piede che avanza.
Oh
i tuoi piedi che mi son cari
che
mi camminano sull’anima
che
illuminano i miei giorni bui!
A
che pensa?
A
me? o forse... chi sa
ai
fagioli che non si cuociono.
O
forse si domanda
perché
tanti sono infelici
sulla
terra.
Che
sta facendo adesso
Adesso,
in questo momento?
Nazim Hikmet,
Che sta facendo adesso
Il
Fantasma dell’Opera era morto quella notte. Ma non era morto l’uomo dietro
quella maschera.
Erik
era riuscito a nascondersi ai nemici grazie alla sua completa conoscenza dei
sotterranei dell’Opera. Quando le acque si erano calmate,con l’aiuto di Madame
Giry era riuscito a uscire dalle rovine della costruzione,e a rifugiarsi fuori
città. Lì aveva trovato una specie di casale,abbandonato da anni,e ne aveva
fatto il suo dominio. Usciva raramente,e passava le giornate a contemplare il
cielo e ad ascoltare la sua scatola musicale,la scimmietta che suonava la Masquerade.Non aveva potuto portare con
sé il suo amato organo,e soffriva di quella mancanza di musica.
Ma
più di tutto soffriva al pensiero di Christine e Raoul,sicuramente già
sposati,felici,magari in attesa di un figlio…o forse ne avevano già avuto uno?
Quelle riflessioni lo lasciavano sempre agonizzante e abbattuto.
Le
uniche persone che vedeva,di quando in quando,erano Madame (ma sempre più di rado,per
la verità) e il Persiano,che nonostante i terribili avvenimenti di quella notte
gli era rimasto amico.
Anzi,era
grazie a lui se aveva ancora una qualche valvola di sfogo.
Nadir
lo aveva infatti convinto a riprendere a disegnare progetti,prima solo per
tenersi occupato,e poi era ritornato all’antico mestiere. Era sempre stato un
architetto geniale ed ardito..perchè non esserlo ancora?
Nadir
si occupava delle relazioni con i clienti,e lui passava ore perso fra i suoi
schizzi.
Questo
gli permetteva di tenere la mente occupata,distaccata dal dolore.
Gli
dava la forza di andare avanti.
Ogni
tanto le parlava,nella stanza vuota,come se lei potesse udirlo.
“Sai
Christine?La vita senza di te è incredibilmente difficile. La nostalgia si
trasforma in un dolore fisico che mi tormenta dalle prime ore del mattino fino
all’ultimo minuto della giornata. La mia unica consolazione in questi giorni è
pensare che tu sei al sicuro,che stai bene e che tuo marito veglia su di te al
mio posto.”
Il
suo carattere era mutato.
Un
tempo il rancore lo avrebbe colmato di una rabbia omicida,di una furia cieca ed
incontrollabile.
Ora
invece la rassegnazione era l’unico lascito della profonda disperazione che lo
aveva tormentato.
Solo
di quando in quando la rabbia lo sopraffaceva,quando pensava alla “coppia
felice”…ma immediatamente si dominava. Era stato lui a permettere quell’unione.
Aveva
lasciato libera Christine,e lei aveva scelto il ragazzo. Non poteva biasimarla
per questo. Chi,al suo posto,avrebbe preferito un mostro al principe azzurro?
No,no,lei non ne aveva colpa.
E
neppure il ragazzo,che l’amava a tal punto da aver rischiato la vita pur di
salvarla.
Nessuno
aveva colpa degli eventi di quella notte…nessuno aveva parte nella trama
beffarda del suo destino,che lo perseguitava sin dalla nascita.
Ora
finalmente,grazie all’amore che era nato in lui grazie a quel bellissimo
Angelo,era in grado di accettare il proprio futuro di solitudine senza provare
odio e rancore per chi era più felice di lui.
Lei
gli aveva cambiato la vita,anche se non l’avrebbe mai saputo.