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Autore: Elegare    17/06/2020    0 recensioni
Magnus una sera affacciandosi dal balcone nota un affascinante ragazzo dagli occhi color del cielo, e perde prontamente la testa per lui. Ma quel ragazzo ha un problema: non può sentire.
Malec: Mundane AU
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era sera, e Magnus, un ragazzo di 17 anni con una passione sfegatata per i vestiti appariscenti, stava guardando annoiato fuori dal balcone verso l’altra parte della 6th Avenue, quando vide una ragazzo più o meno della sua stessa età sul balcone davanti al suo. Aveva gli occhi azzurri e i capelli neri, e stava guardando proprio nella sua direzione; il ragazzo misterioso gli sorrise, lo indicò e fece il gesto di accarezzarsi la mascella con una mano per poi farla scendere fino a davanti al petto con il dorso rivolto verso di lui e l’indice e il pollice che si toccavano. Magnus però non fece in tempo a fare nulla perché una ragazza molto simile al ragazzo dagli occhi stupendi toccò sulla fronte il suddetto ragazzo, facendolo voltare. Fece anche lei dei gesti, a cui il ragazzo misterioso rispose con altri gesti, per poi entrare in casa.
 
Magnus non capì subito cosa fosse appena successo, e rientrò riflettendoci sopra. Si sedette sul divano con le gambe accavallate, e così lo trovò Catarina quando rientrò dal suo turno d’ospedale. Cercò di riscuoterlo dai suoi pensieri, e venne colta di sorpresa quando l’amico parlò “Catarina – chiese l’asiatico – tu conosci la lingua dei segni?” La ragazza aggrottò la fronte e chiese a sua volta “Sì, perché?” “Perché credo che un ragazzo mi abbia detto qualcosa con la lingua dei segni.” Rispose Magnus “Ok, che gesti ha fatto? Posso tradurtelo.” Propose la ragazza, ma Magnus scosse la testa. “No, non me li ricordo bene, ma mi potresti insegnare qualcosa?” Chiese l’asiatico; la ragazza aggrottò la fronte di nuovo, da quando il suo migliore amico si interessava all’imparare qualcosa di così specifico come la lingua dei segni, a meno che … a meno che quel ragazzo di cui le aveva parlato prima non avesse fatto colpo su di lui. “Di solito le persone sorde da molto usano dei segni che si ricollegano a determinate parole, ma tu per iniziare dovresti imparare l’alfabeto e “scrivere” la parola lettera per lettera. Non sarà facile, soprattutto all’inizio, ma almeno riuscirai a farti capire.” L’asiatico annuì e osservò l’amica disegnare qualcosa su un foglio. Dopo un tempo che al ragazzo sembrò infinito Catarina finì di scarabocchiare sul foglio, che gli porse. Magnus spalancò gli occhi quando vide che comunicare con quel ragazzo non sarebbe assolutamente stato facile come aveva ingenuamente pensato all’inizio, ma qualcosa lo spingeva a pensare che ne valeva la pena.
 
Per tutto il giorno successivo s’impegnò ripentendo i gesti che formavano le parole che voleva comunicare all’affascinante ragazzo che aveva visto la sera prima. Arrivò la sera, e Magnus si affacciò nuovamente dal balcone pregando con tutto se stesso di rivedere il moro.
Non rimase deluso, e il suo cuore fece un salto quando vide lo stesso ragazzo della sera prima sul balcone opposto al suo. Aspettò che rivolgesse lo sguardo verso di lui, e quando lo fece riprodusse i gesti che  aveva ripetuto per tutto il giorno. Vide il ragazzo aggrottare la fronte, e chiedergli di ripeterlo, e lo fece; lo vide sorridere ed arrossire leggermente, per poi muovere le mani, indicando con il pollice verso destra, piegando tutte le dita verso il palmo, chiudendo tutte le dita con il pollice sopra di esse eccetto il mignolo, rivolgendo tutte le dita tranne il mignolo e il pollice vero il basso, chiudendo la mano quasi completamente per formare un piccolo buco, formando una sorta di elle con il pollice e l’indice, indicando con l’indice verso sinistra tenendo il pollice alto in corrispondenza della nocca, tornando a formare un piccolo buco, formando una ci con tutta la mano, incrociando l’indice e il medio, indicando in su con l’indice, indicando verso il basso con l’indice e il medio, e tornando infine a formare un piccolo buco. Magnus si concentrò e confrontò i gesti che vedeva con i disegni sul foglio; “S-E-I, M-O-L-T-O, C-A-R-I-N-O.” Sorrise trionfante, e rispose A-N-C-H-E, T-U, T-A-N-T-O, vedendolo arrossire ancora di più. Il suo sorriso si allargò quando, dopo che il ragazzo molto impacciatamente gli chiese come conosceva l’alfabeto dei segni e che lui gli ebbe risposto che lo aveva fatto per lui, l’altro arrossì diventando di una tonalità di rosso molto simile a quella di un pomodoro maturo. Chiacchierarono ancora un po’ cercando di conoscersi l’un l’altro meglio, e scoprirono di odiare il momento in cui furono costretti a separarsi per andare a dormire, e di non vedere l’ora di potersi rivedere.
 
Passò una settimana, durante la quale continuarono a parlare del più e del meno, designando quel momento della giornata come il loro attimo speciale. Un giorno però Alec non si presentò al loro appuntamento serale, e neanche il giorno dopo, né quello dopo ancora. Magnus era preoccupato per lui, ma era più che altro spaventato del fatto che l’altro avesse deciso di non vederlo più; era il suo tallone d’Achille quando si trattava di relazioni, l’unica ragazza seri che aveva mai avuto, Camille, lo aveva tradito, e quando, dopo averla colta in flagrante, lui le aveva chiesto con le lacrime agli occhi perché gli avesse fatto una cosa così meschina lei gli aveva detto che era perché lui non era più abbastanza interessante. Da allora non si era più concesso di avvicinarsi tanto a qualcuno da rischiare di diventare poco interessante, ma poi era arrivato quel ragazzo che fino ad allora aveva mostrato solo genuino interesse nei suoi confronti, o almeno così era sembrato a Magnus. Passò una settimana, e Magnus si convinse che non poteva essere influenza, chi restava malato così a lungo? L’asiatico decise che doveva chiudere quella faccenda una volta per tutte, non avrebbe lasciato che qualcun altro lo ferisse così tanto come aveva fatto Camille. Aveva bisogno di andare fino in fondo. Così, armatosi di tutto il coraggio che possedeva, un giorno attraversò la strada e suonò il campanello “Lightwood - Trueblood”. Gli rispose una ragazza, che Magnus aveva riconosciuto come Isabelle, che lo fece entrare entusiasta. Lui e la sorella di Alec si erano conosciuti qualche giorno prima, ed erano andati a fare shopping insieme; durante quella uscita Izzy gli aveva rivelato che lui piaceva al fratello, e gli aveva giurato che gli avrebbe fatto molto male se lo avesse ferito, e Magnus in tutta risposta le aveva detto che poteva stare tranquilla, e che non lo avrebbe mai fatto intenzionalmente.
 
Una volta raggiunto la porta dell’appartamento che la famiglia Lightwood condivideva prese un respiro profondo e bussò, ritrovandosi davanti un’Isabelle decisamente su di giri che, senza dargli il tempo di spiccicare mezza parola, lo trascinò in una stanza, dove disteso sul letto che c’era in mezzo ad essa c’era l’oggetto dei pensieri di Magnus dalla prima volta che si erano visti. L’asiatico si avvicinò all’altro ragazzo, toccandogli leggermente la spalla destra; il corvino sussultò visibilmente e si girò velocemente, anche se questo movimento veloce ed improvviso dipinse un’espressione di dolore sul suo viso. Magnus si affrettò a chiedergli con la lingua dei segni, che nel frattempo aveva imparato a memoria, “Stai bene?” domanda a cui l’altro rispose con una smorfia; l’asiatico corrugò la fronte, preoccupato. “Ero preoccupato, per cui sono venuto qui direttamente. Cos’hai?” Fece, ed Alec prima arrossì per la prima metà della frase e poi rispose alla seconda. “Una forte emicrania, succede spesso a chi è nella mia condizione.”  “Hai male adesso? Vuoi che vada via?” Chiese ancora più in ansia l’ospite, ma l’altro gli rispose rassicurandolo che aveva un pochino male, ma che il dolore era più che sopportabile, e che gli avrebbe fatto molto piacere se fosse rimasto. Magnus gli sorrise dolcemente e Alec gli rispose con un sorriso altrettanto smagliante, e come spinti da una forza invisibile si avvicinarono lentamente e si baciarono; non fu niente di più di un semplice sfioramento di labbra, ma fu sufficiente a farli arrossire entrambi e a farli sorridere come degli ebeti. “Mi piaci, tanto. Ti andrebbe di uscire con me?” chiese
l’asiatico e il corvino gli rispose “Anche tu mi piaci molto, e mi piacerebbe tantissimo uscire con te.”
 
Perché in fondo quando erano insieme le difficoltà si annullavano, facendo sì che fossero i loro cuori a comunicare.
 
 
 
 
   
 
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