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Seduta
al banco della cucina, stava facendo colazione come suo solito: caffè biscotti
e un frutto. La casa era silenziosa e Lana non era con lei, quando si era
svegliata quella mattina aveva trovato un bigliettino con su scritto che
sarebbe andata a casa sua per recuperare ancora qualcosa. Era ormai convinta di
lasciare quell’appartamentino indipendente e magari più in là decidere di
prendere una casa tutta loro. Jennifer non voleva correre, non voleva che la
mora si sentisse obbligata a fare qualcosa, che non fosse ancora pronta a fare.
Stavano insieme da qualche mese, ma la quotidianità sembra aver sempre fatto
parte di loro, e per la rossa era davvero bello, la faceva sentire serena. Sapeva
quanto avesse un animo gentile la mora, adesso lo sapeva per certo, amava il
loro stare insieme, il modo in cui facevano qualsiasi cosa. Persa nei suoi
pensieri non si accorse che Lana era appena rientrata con uno scatolone in mano
e la chiamava.
“Terra
chiama Morrison” – si allargò in un sorriso vedendo l’altra guardarla, la rossa
si tolse le cuffiette – “Buongiorno”
“Ehi,
buongiorno” – le fece un sorriso timido – “Scusami stavo ascoltando, non ti ho
sentita entrare” – spense la riproduzione.
“Tranquilla,
hai dormito bene?” – si porse a darle un bacio sulle labbra dopo aver poggiato
lo scatolone. L’altra ricambiò lentamente e poi si soffermò a guardarla – “Che
c’è?” – chiese guardandosi – “Oh si sono uscita in fretta e ho dimenticato di
indossarlo” – si sistemò le bretelline del vestito suoi toni scuri e andò verso
il frigorifero per recuperare una bottiglia d’acqua. Jen osservò la linea del
suo sedere, avvolta in quella pantatuta, uhm a prima mattina così, poteva
essere solo la sua morte, distolse lo sguardo quando l’altra si voltò – “Le
mutandine le indosso” – la guardò sorniona.
“Meglio”
– stava arrossendo.
“Uhm
vitamina C” – sorrise guardandola mentre mangiava la sua arancia.
“Ne
vuoi?” – la rossa prese uno spicchio e lo porse verso di lei, di tutta risposta
Lana le si avvicinò e avvolse le labbra intorno al frutto e sfiorò anche le
dita che gliela porgevano. Jen boccheggiò e poi chiuse la bocca mangiandone a
sua volta.
“Ti
sto provocando?” – sorrise l’altra mentre avvolgeva le labbra intorno alla
bocca della bottiglia – “Che ragazza sarei se non lo facessi?” – sollevò un
sopracciglio, schiudendo le labbra.
“Non”
– prese un lungo respiro – “Non mi provochi affatto” – bugia più grande di così
non l’aveva mai detta. Quando si era chinata poco prima, si era immaginata ad
appiattirla sullo sportello del frigo, a baciarla e toglierle quel vestitino,
per toccare il suo seno privo di intimo.
“Peccato”
– si sedette sulla sedia accanto e accavallò le gambe – “Io mi sono alzata con
una voglia stamattina” – si sistemò i capelli su un lato della spalla – “Sono
dovuta scappare per quello” – ridacchiò guardando la sua espressione cambiare,
e percepì la sua eccitazione, aveva portato una mano tra le cosce, a stringerle
assieme – “Vorrei fosse la mia mano” – la provocò all’ennesima potenza. Jen si
alzò di scatto, allargò le cosce di Lana e ci si piazzò dentro e iniziò a
baciarle il collo – “Amore mio” – sorrise allargando le braccia per poi portare
le mani tra i suoi capelli.
“E
da quando mi sono svegliata che ti cerco” – risalì baciandola dolcemente sulle
labbra – “Non te ne andare più senza svegliarmi” – intensificò presto il bacio
e andò di lingua.
“È
stato un supplizio credimi” – inclinò la testa di lato e accolse il bacio di
Jen abbracciandola dalle spalle.
“Dovremmo
fare la pratica dei massaggi” – disse tra un bacio e l’altro.
“Oh
sì proprio dei bei massaggi voglio, Jen” – lo sussultò sulle sue labbra e si
mise in piedi. La tirò con sé verso il salotto, dio si sentiva così libera
quando era con lei, non aveva provato mai niente del genere. Quando furono sul
tappeto, si inginocchiarono una davanti all’altra e fu Jen a lasciarla
stendersi sulla schiena.
“Da
dove vuoi che cominci?” – sorrise accarezzandole il corpo, man mano che calate
le spalline del vestitino, iniziò a sfilarlo.
“Hai
carta bianca” – si morse le labbra nel sentire le dita dell’altra scorrere sul
suo corpo, inarcò la schiena.
“Uhm
buono a sapersi” – sorrise sul suo collo, scendendo a baciarla tra i seni sodi
– “Posso morire con te, ogni giorno” – strinse sensualmente i fianchi, mentre
prendeva a sfilare l’ultima parte del vestitino – “Sei una meraviglia”
“Mi
fai arrossire” – sollevò il sedere per aiutarla a farsi sfilare il tanga – “Mi
fai impazzire, amore”. Nonostante gli occhi chiusi sentì le mani di Jen
toccarla ovunque, tastarla come se cercasse qualcosa, e si beò delle sue dita
che le sfiorarono i seni, rendendo i suoi capezzoli rigidi. Sentì i palmi
poggiarsi dolcemente sulle sue costole, accarezzarle e percepì un bacio nel
punto in cui aveva la pelle segnata dal tatuaggio. Le mani, durante la loro
discesa, si fermarono sui lati esterni delle sue cosce e l’attirarono a sé,
quando si era spogliata? Lana si sollevò a guardarla, doveva essere nuda sotto
la vestaglia, indossava solo lo slip – “Dio Jen stringimi, voglio sentirti” –
sorrise apprendo le braccia e la rossa le si appiattì addosso.
“Sono
qui, ti sento bene” – alluse al calore tra le sue cosce.
“Tutta
colpa tua” – sorrise scostandole i capelli dagli occhi e perdendosi in quegli
occhi verdi, meravigliosi.
“Colpevole”
– si poggiò lentamente su di lei, sentendo il suo addome contrarsi sotto il
proprio peso, le mordicchiò il labbro inferiore, guardandola negli occhi
nocciola profondissimi.
“Ti
amo tanto lo sai?” – accarezzò le sue braccia muscolose – “Questi benedetti bicipiti”
– ridacchiò – “Mi fanno girare la testa” -ammise.
“So
che mi ami, e tu sai quanto io amo te?” – sorrise sfiorandole il naso con il
proprio – “Vuoi davvero ti faccia girare la testa?” – chiese.
“Oh
ti prego” – la sentì sollevarsi appena su un braccio mentre le dita della mano
libera, percorsero il suo addome, la guardò intensamente e gemette sulle sue
labbra quando quelle stesse le scostarono le pieghe bollenti e la stuzzicarono
sul clitoride.
“Dimmi
cosa desideri La-na” – sarebbe potuta venire al solo suono del suo nome, pronunciato
in maniera così sensuale dalla rossa, ma non era il momento. Il pollice di Jen
iniziò a fare un movimento circolare sulla sua gemma e la mora si ritrovò a
sussultare incontrollata. Così la donna sopra, proseguì, si sollevò ancora per
poter prendere a coppa un suo seno e tormentare l’altro con la bocca, la lingua
e i denti ovunque; beandosi degli ansiti della donna sotto di sé. Sollevava il
viso per vedere come ad occhi chiusi, schiudesse le labbra per gemere il suo
nome, era uno spettacolo, la stuzzicò ancora e poi si portò con la bocca tra le
sue cosce. Ne baciò ogni centimetro, posizionò un cuscino, arruffato dalla
poltrona, sotto i suoi fianchi e li accarezzò, lentamente in tutta la loro
lunghezza. Lana non aveva risposto alla domanda, ma chi tace acconsente, anche
se lei ormai non faceva che gemere. La rossa, accovacciata sulla sua apertura,
porse verso l’alto le mani e strinse dolcemente quel capolavoro di seno che la latina,
sfoggiava in maniera esemplare per farla letteralmente impazzire, l’aveva
sempre fatto. La lingua iniziò a percorrere tutte le sue labbra, infrangendosi
ad intervalli, nella parte più interna, la schiena di Lana si inarcava ad ogni
colpo assestato di lingua, la rossa la sentiva tremare. Le mani ancora sul seno,
dove finirono anche le sue, strinse i suoi polsi sussultando qualcosa di
incomprensibile e la rossa continuò con la lingua, muovendola in qualsiasi
maniera. La mora era ormai al limite, un solo tocco ancora e sarebbe venuta,
così Jen chiuse gli occhi, colpì in profondità e fu invasa dal piacere di Lana.
“O
dia” – la mora abbandonò le mani della rossa e ansimò accaldata. L’altra risalì
il suo corpo e le si piazzò di fianco – “Uhm bel buongiorno direi” – sorrise baciandola
sulla fronte – “Direi che devo proprio ricambiare” – le accarezzò il viso e i
capelli.
“Non
puoi” – mugugnò – “Sai” – sapeva avrebbe capito.
“Oh
tesoro” – le prese il viso tra le mani e la guardò dolcemente – “Però non è
detto” – le fu addosso e infranse una sua coscia tra le sue strofinandola sul
suo slip.
“Uhm”
– Jen chiuse gli occhi e si morse un labbro.
“Hai capito cosa intendo, mi occupo io di te adesso” – ridacchiò.