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Autore: H_A_Stratford    18/06/2020    12 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo cinque
 
Quando pensi di avere tutte le risposte,
la vita ti cambia tutte le domande.
- Charlie Brown
 
Mancavano esattamente tre giorni al matrimonio e la tensione nell’aria la si poteva tagliare con un coltello. Kate passava tutti i giorni a controllare i progressi in giardino e per poco non si metteva a misurare l’altezza dell’erba dall’ansia; la madre ancora cercava di persuaderla a cambiare i centro tavola nonostante le due opzioni fossero praticamente identiche; avevano fatto provare ad Athena il vestito da damigella almeno due volte al giorno tutti i giorni, come se magicamente potesse cambiare da un momento all’altro e Justin era in uno stato continuo di estasi. La ragazza sospettava l’uso di qualche medicinale.
«Hai deciso chi portare come tuo più uno?» chiese Kate mentre osservava insieme alla bionda il giardino perfettamente decorato per il matrimonio. «Oh, ti prego» mormorò Athena in risposta poggiando la testa alla spalla di lei. «Lo sai che ti voglio bene come se fossi una sorella ma se provi a nominare anche solo lontanamente Spencer potrei non rispondere delle mie azioni» aggiunse prendendo un respiro profondo. Ovviamente lei sapeva tutto, sin dal primo momento. L’aveva beccata il giorno del suo compleanno sovrappensiero e da lì non era più riuscita a scappare dalla sua stretta. Kate aveva sempre avuto un sesto senso per quel tipo di cose e non c’era volta dove si fosse sbagliata.
«Sto solo dicendo che sarebbe carino conoscere il tuo amico» si difese Kate girando il viso per osservarla. «È il giorno del mio matrimonio, sarei felicissima».
Athena fece una piccola smorfia, non avrebbe mai potuto chiamare Spencer, sapeva che non era il suo ambiente. Lo conosceva bene e tra il suo imbarazzo e disagio, sarebbe stata una tortura infinita. Con tanto di smoking. 
 
Un po’ più giù nella costa qualcun altro stava ricevendo quasi la sua stessa domanda: «Ma perché non vai al matrimonio?» chiese Garcia non appena Spencer ebbe messo piede nella sua tana. Lo aveva fatto arrivare con una delle scuse più banali e lui c’era cascato in pieno, come sempre dopotutto. Sapeva tutto del matrimonio, ma soprattutto era arrivata a conosceva anche del fantomatico ‘più uno’ nell’invito di Athena. In tutta risposta il genio strabuzzò gli occhi e sospirò. «Si sposa il fratello, non un amico in comune» borbottò mentre faceva retromarcia per tornare al suo lavoro. Non si sentiva pronto a parlare apertamente ai suoi amici della ragazza, ancora era difficile con JJ, con gli altri ancora di più. Non aveva ancora messo in chiaro le sue idee, per non parlare dei suoi sentimenti. Aveva bisogno di più tempo e spazio. Soprattutto di spazio.
«E non hai mai pensato che a lei potesse far piacere la tua presenza a prescindere?» chiese Penelope, ma il suo discorso venne interrotto da JJ che non appena entrò li avvertì di un nuovo caso. Così, come ogni volta, il suo piano malefico crollò miseramente. Ma non mollava, sapeva che prima o poi ci sarebbe riuscita.
Spencer quasi si ritrovò a ringraziare il cielo per l’arrivo dell’amica. Andare ad un matrimonio, Penelope doveva essere proprio impazzita, pensò. Per quanto gli mancasse la ragazza non si trovava per niente a suo agio a pensare di andare al matrimonio del fratello di lei. Inoltre Athena non aveva mai accennato a nulla, giusto? Aveva una memoria eidetica, se lo sarebbe decisamente ricordato se glielo avesse detto. Non aveva nessuna ragione di andare a quell’evento, ne era quasi sicuro.
 
Athena aveva fatto di tutto per tenersi impegnata sia mentalmente e fisicamente ma ormai aveva esaurito tutte le idee. Aveva passato ore nella stalla con i suoi cavalli di famiglia; cavalcato Byron per un tempo indefinito, dopotutto era il suo preferito; parlato al telefono con Beth per ore e ore, ascoltando i suoi sfoghi da ‘il mio nuovo lavoro è terribile, torna qui a farmi sostegno morale’; aveva incontrato le amiche di infanzia e qualche parente; aveva dato una mano alla madre per recuperare le ultime cose per il matrimonio; aveva persino tenuto una conversazione lunga una eternità con Garcia per rassicurarla che non era scappata via, era semplicemente tornata a casa per la settimana.
«Facciamo che io scappo nuovamente in Virginia e ci mandiamo qualcun altro al posto mio?» borbottò la ragazza non appena rispose alla chiamata, impedendo a Spencer di parlare. Non voleva essere irrispettosa, ma era da troppo che si tratteneva, aveva bisogno della sua valvola di sfogo.
«Ciao anche a te» disse il ragazzo ridacchiando dopo essersi seduto sul letto. Era veramente tardi ma aveva bisogno di sentire la voce di Athena, quel caso non stava andando nella direzione giusta quasi per nulla.
«Ciao, scusa. Mi stanno facendo impazzire» rispose lei passandosi una mano sul viso. Ancora due giorni e tutto sarebbe finito. «A te come sta andando?» aggiunse poi sistemandosi su un angolo del letto. Le era mancato sentire Spencer, ma non avrebbe mai voluto interromperlo mentre lavorava. Si sarebbe sentita sciocca chiamarlo solamente perché voleva sentire la sua voce. Solo il pensiero la fece sentire patetica. Era una donna adulta, non una ragazzina, doveva comportarsi come tale.
«Mh, non bene» ammise lui sospirando. Non aveva voglia di parlare del caso in quel momento, voleva concentrarsi su altro. Avrebbe forse dovuto lavorare ancora un po’ sul suo profilo geografico, ma prima doveva ricaricarsi. «Dimmi cosa hai fatto oggi» aggiunse in un sussurro. Una parte di lui voleva tornare a casa da lei in quell’istante e dimenticare tutto il resto.
Così Athena si mise a raccontare di come il padre volesse far accoppiare il suo cavallo con Leia, la cavalla di Mike, ma di come Byron non ne volesse sapere mezza; di come Justin ormai fosse in un universo tutto suo dal gran che era agitato; di come si era letteralmente rinchiusa in camera sua per scappare dalla famiglia. Tutto nella norma, insomma. Mike si era rinchiuso in ufficio a sua volta, ben lontano dalle follie della famiglia, preferendo lavorare ore straordinarie a sistemare per l’ennesima volta i tavoli per il rifresco.
Più Spencer la sentiva parlare, più si calmava e rilassava. Tutta la tensione accumulata durante la giornata era svanita, come per magia. La vita di lei sembrava distante anni luce dalla sua, ma era proprio quello che gli piaceva, avevano esperienze diverse e riuscivano comunque a trovare un punto di incontro.
«Beth mi ha abbandonato, poi» borbottò Athena mettendo il broncio, anche se sapeva benissimo che lui non poteva notarlo. Nonostante ciò bastò il suo tono a far immaginare a Spencer il viso da cucciolo ferito della ragazza e sorrise appena. «Una sua collega è malata, quindi non può venire. Mi lascia sola nella tana del lupo, capisci?» continuò con fare tragico. Reid cercò con tutte le sue forze di non ridere fallendo miseramente.
«Dai, non è così tragica la situazione. Non hai detto che sono state chiamate anche un paio di tue amiche dell’infanzia?» ribatté il ragazzo massaggiandosi le tempie. Sapeva di aver bisogno di riposare ma non voleva ancora chiudere la chiamata.
«Spencer Reid, se provi a ridere ancora di me ti faccio mettere da Garcia sul primo volo disponibile e ti faccio affrontare tutti i miei parenti.»
 
Susanne bussò alla porta della figlia piano, tenendo il equilibrio due tazze fumanti di tè. In tutta risposta Athena borbottò qualcosa guardando la porta, non aveva decisamente voglia di alzarsi dal letto.
«Entra» disse infine dopo essersi messa seduta.
La madre entrò sorridendole «ho fatto il tè» dichiarò porgendole una tazza prima di mettersi di fianco alla figlia. «Dopo cena sei scappata, avevo voglia di parlarti» ammise subito dopo. La ragazza prese un respiro profondo, preparandosi al peggio. Si era preparata ore e ore allo specchio per quel momento, poteva farcela.
«Mamma io…» iniziò a dire ma la madre la fermò con un cenno della mano. «No tesoro, vorrei dire qualcosa prima» disse sorridendole dolcemente. «Non posso negare di non aver preso bene la notizia della tua scelta di studiare criminologia, ma questo non vuol dire che io non sia fiera di te» iniziò a parlare dopo aver preso un sorso della tazza di tè. «Mi spaventa cosa potresti andare a fare dopo? Certamente, sei la mia piccola. La mia unica figlia, nata nella giornata della mia festività preferita, come potrei mai non preoccuparmi» ammise ridacchiando appena. Athena sorrise a sua volta, stringendo la presa sulla tazza. Lei, invece, odiava San Valentino, ma non lo avrebbe mai detto a voce alta, soprattutto a sua madre. «Ti sosterrò in ogni scelta, sempre e comunque» disse Susanne accarezzando la guancia della figlia. «Voglio che tu sia felice, magari con qualcuno che possa dividere con te tutti i successi della vita e anche le cadute. Anche dei nipoti sarebbero graditi, ma per quelli possiamo arrivare a compromessi. Una vita di felicità e successi, ecco cosa voglio per te.»
   
 
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