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Autore: RLandH    24/06/2020    0 recensioni
Gwilym ap Creyr è un giovane uomo di diciassette anni quando un arcangelo appare nei suoi sogni, per comandarli una missione piuttosto misteriosa.
Eleanor, invece, è una shadowhunters, da tutta la vita, e non ha mai conosciuto altro che quella vita.
Una caccia è destinata a cambiare tutte le cose.
[…]“E poi, da solo, ti perderesti in un bicchier d’acqua, Gwily” aveva stabilito con voce secca, mentre posava il secchio sulla muratura del pozzo, dove finalmente erano giunti.
Lui era ancora sconvolto da tutta quella schiettezza, “Inoltre: forse tu frequenterai le lezioni del parroco, ma io conosco molti più demoni di te” aveva stabilito piccata, mentre osservava Gwily assicurare la corda per calare il secchio.
“Qui non ci sono demoni” aveva risposto lui, ovvio, “E cosa pensi un angelo voglia da te?” aveva risposto retorica lei, “Se non che tu ti unisca ai suoi
guerrieri?” aveva chiesto Morgenna[…]
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Nascosti, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Allora questa ff dovrebbe rientrare in una ‘saga’ molto più lunga e decisamente più complessa che probabilmente non scriverò mai, però questa avevo voglia di provarla comunque, specie perché dovrebbe essere – tra virgolette – breve, almeno provandoci.
Tecnicamente questa storia dovrebbe essere ambientata ‘quasi’ agli inizi della società Shadowhunters, prima dello statuto di segretezza e degli accordi, non so perché ma questa ambientazione mi aveva stuzzicato (mi piacerebbe se la Clare scrivesse di Shadowhunters medievale, o addirittura i primi) quindi già che c’ero mi sono messa a scrivere la ff.
Alcune cose nel corso della storia potrebbero non coincidere con quello detto dalla Clare (tipo il periodo dell’evocazione a Raziel, che ho posticipato di ‘qualche tempo’).
Spero che qualcuno legga questa follia e la possa apprezzare;
Un bacio
RLandH

Ps.Thy Kingdom Come è “Venga il tuo regno” in Inglese Antico, mentre Y Breuddwyn vuol dire “Il Sogno” in gallese, probabilmente odierno, ma ringraziamo Google Translate per questo.

 


Thy kingdom come

Y Breuddwyn

1236

Rhiannon stave correndo. Gwily poteva vedere solo la sua schiena, una lunga cascata di riccioli biondi che s’alzava, mossa dal vento e dalla velocità.
‘Non mi prendi! Non mi prendi!’ cantava sua sorella, era bimba, con il viso roseo e grandi occhi. Le gote rosse di fiamma ed il sorriso svelto. Con le gambe tozze, correva svelta tra i prati verdi.
Oltre lei, oltre i suoi capelli, Gwily poteva vedere il cielo tingersi di un arancio intenso, con lembi di fuoco, dove il sole stava tramontando.
“Rhiannon!” aveva gridato, “Aspettami!” aveva esclamato, ma mentre inseguiva sua sorella, il mondo s’era capovolto, non era più a Crey, era a Shrewsbury, nella terra, nel fango, sporco di sangue, dalla testa ai capelli.
Marared, con quei suoi occhi neri-luccicanti, lo teneva in piedi, con un braccio; “Devi essere concentrato, bambino!” gli aveva gridato contro Marared, mentre lo sorreggeva, “Non … mi … sento … bene” aveva sussurrato Gwily, perché la cotta e l’armatura le pesavano sulle spalle, lo cuocevano come una fornace.
Sentiva il sangue bollire nelle sue vene e sul suo viso, un occhio era completamente offuscato, il respiro lo sentiva strozzato in gola, così come le gambe erano di budello.
Avrebbe voluto accovacciarsi, nonostante le proteste di Marared, per spingerlo a proseguire, bisognava proteggere la città.
Shrewsbury[1]. No, l’Inferno. Non doveva cadere.
L’Assedio.
Sentiva l’odore del fuoco, bruciare anche la pietra. E l’olio.
Il fragore delle spade, dell’armature, della guerra.
Ancora una volta il mondo si rovesciò ancora, questa volta, non era più a Shrewsbury durante l’assedio, ne era più nelle vallate di Crey[2] nel Brycheiniog, non aveva idea, però, di dove fosse, era un luogo nuovo ed ameno, troppo bello perché lo avesse mai visto ed anche lo avesse mai potuto immaginare.
Giardini verdi ed un lago da acque cristalline e luccicanti, come se diamanti scintillanti ne coprissero la superficie, il cielo azzurrissimo, come nelle più calde giornate d’estate.
“Rhiannon!” aveva urlato, “Marared!” aveva chiamato, non ottenendo rispetto.
“Gwilyam!” si era sentito chiamare, con una voce ruggente, ferma come mai una voce gli era parsa, Gwily aveva ascoltato i discorsi del suo principe e non credeva che avrebbe mai potuto trovare, dopo allora, qualcuno che potesse poi irradiare nel suo cuore tanta sicurezza.
“Gwilyam figlio di Hywel e di Joan” era stato chiamato ancora, davanti i suoi occhi, era apparsa una figura.
Inesprimibile.
Lunghi capelli rossi come sangue, occhi d’oro liquidi, intensi, sclera, iride e pupilla, senza differenza. Il tono della pelle era ambra pura, quasi come la gemma stessa ed enormi ali dal piumaggio bronzeo, come quelle d’un aquila. Non riusciva a distinguere se la figura fosse d’un uomo o una donna, ma non sembrava importante in quel momento stabilirlo; era solo incantato da quella figura.
“Un angelo” aveva sussurrato esterrefatto ed incantato Gwily.
La figura, avvolta in un vestito di fuoco s’era avvicinata a lui, teneva tra le mani un libro broccato di gemme preziose, “Si. Gwilyam figlio di Hywel”, “Io sono Uriele, Luce di Dio” aveva risposto l’angelo.
Gwily era crollato sulle ginocchia, sull’erba fresca di brina.
“Ascoltami Gwilyam, colui che desidera proteggere[3], solleva i tuoi occhi verso di me” aveva ordinato Uriele, “Oggi, io ho un comandamento per te” aveva annunciato.
Lui aveva ubbidito senza indugio, era nervoso sì, ma neanche un briciolo di paura animava il suo cuore, era pronto, “Alla prima luna da isto momento, sui tre faraglioni, non prima che in cielo non sorga la stella del vespro” aveva impartito.
Gwily aveva annuito, “Si!” aveva poi sostenuto, sarebbe andato, avrebbe eseguito, “Ma cosa dovrò fare?” aveva chiesto poi, con una punta di timore, “Adempiere al tuo destino, Gwilyam, figlio di Hywel, dimostrare che sei degno del nome che porti” aveva comandato Uriele.
Poi il mondo si era fatto di fuoco e luce accecante.

Nessun luogo ameno, ai suoi occhi si era presentata l’oscurità, aveva impiegato qualche momento per abituarsi, ma poi aveva riconosciuto i contorni ordinari della sua camera. Si era tirato su dal giaciglio con fatica, sentiva una spossatezza divorare il corpo, come se avesse dormito per cento anni. Aveva respirato a fatica, poi aveva indossato la coperta che teneva arricciata ai piedi del letto come una mantella, per ripararsi dal freddo, riparato solo dalla vestaglia notturna. Si era alzato dal suo letto e con passo felpato aveva abbandonato la sua camera.
L’Intero fortilizio del Crygh, era avvolto in un buio pesto, ma Gwily conosceva ogni passò della sua casa, da non aver bisogno di luce per orientarsi con sicurezza, camminava comunque piano, felpato, per non svegliare gli altri.
Si era arrestato di fronte la porta di Rhiannon, sua sorella maggiore ed aveva bussato tre volte, come era loro codice quando erano infanti.
Non avendo udito risposta lo aveva fatto altre tre volte.
Nel pieno delle tenebre, aveva udito il clangore della porta rincalcinante, poi nel buio una fiammella, il viso pallido nella penombra di Rhiannon era apparso. Nei suoi sogni era una bambina, invece, in quel momento appariva davanti a lui, donna, fatta e finita. “Gwily la luna è alta e il sole lontano” aveva sussurrato piano, senza acredine nella voce, ma con un tono teso, come la corta d’un arpa. Gli occhi azzurri erano tersi ed i capelli biondi sfatti incorniciavano un viso bianco come la polvere, illuminata solo dalla candela, Rhiannon sembrava una dama bianca.
“L’Arcangelo Uriele, spada infuocata di dio, mi è venuto incontro” aveva raccontato, avido di fervore lui. “Cosa stai dicendo?” aveva domandato Rhiannon, perplessa, aggrottando le sopracciglia bionde, “In sogno. Sorella. L’arcangelo Uriele!” aveva spiegato lui agitato, allungando una mano, per stringerle un bacio.
Rhiannon aveva disteso la fronte, “Allora torna a dormire” era stata la pacata risposta, pronta a chiudere di nuovo la porta davanti a lui. Ma Gwily l’aveva fermata, mettendo una mano sullo stipite dell’uscio, certo che sua sorella non lo avrebbe ferito. “Non capisci, Rhiannon, l’Arcangelo Uriele mi ha detto di essere alle tre faraglioni nella prima notte di Luna” aveva detto tutto concitato. Rhiannon aveva allungato la mano libera per posarla sulla sua guancia, le sue dita erano fredde, “Ne possiamo parlare domani, dolce fratello” aveva sussurrato, “Magari con il parroco” aveva proposto, forzando poi un sorriso calmo, prima di far cigolare nuovamente la porta per chiuderla. Improvvisamente Gwilyam era di nuovo avvolto nel buio; si sentiva frustrato che Rhiannon, che era stata per lui sempre la sua ancora, non avesse compreso la potenza di ciò che era avvenuto. Senza perdersi d’animo, Gwilyam aveva continuato la sua camminata, per il buio corridoio, battendo contro un’altra porta; solo che questa si era aperta, scricchiolante, al suo tocco.
“Cerridwyn!” aveva bisbigliato nel buio.
Non aveva avuto risposta per un momento, così aveva chiamato ancora quel nome.
“Gwily! Sei tu Gwily?” aveva sentito una voce piccola, spaventata, e rumori nel buio. Gwilyam aveva allungato i suoi piedi, percorrendo la piccola stanzetta di Cerridwyn facendo attenzione a non far scricchiolare le assi del legno.
“Non ho un cerino!” aveva detto sua sorella, preoccupata. “Non ti preoccupare: non ci serve” aveva detto Gwilyn raggiungendo il talamo dove dormiva sua sorella, era un lettuccio piccolo, adatto alle sue gambette corte. S’era seduto sul bordo, in pizzo, “L’arcangelo Uriele è venuto per me” aveva raccontato.
Cerridwyn aveva risucchiato l’aria, rimanendo in silenzio, anche se erano nell’oscurità Gwilyn era certo che stesse spalancando i grandi occhi scuri. Cerridwyn non era veramente umana, secondo la loro madre, secondo tutti nella Valle, in vero, era una bambina delle fate.
“No, fratello, no” aveva piagnucolato Cerridwyn, sentendola poi singhiozzare, “Perché piangi, sciocchina, è una cosa bella!” aveva risposto Gwilyn con più vigore, confuso dal quell’improvvisa tristezza, “No, che non lo è. Quando un messaggero del Signore giunge, raramente porta con sé deliziose novelle, ma sempre ingrati compiti” aveva sussurrato sua sorella, la sua voce tremava.
“Come la Vergine Maria fu investita del ruolo d’esser Madre di Nostro Signore Gesù e come Abramo portò Isacco sul monte” aveva aggiunto.
Gwilyn aveva allungato una mano, raggiungendo con la mano il capo di sua sorella, con tentennamenti, per accarezzare la sua nuca, come fosse stata quella di un felino. Il crine di Cerridwyn era dello stesso colore di quello di Gwilyam, un giallo opaco, come il fieno secco, così come i capelli sottili e lisci come paglie, diverso dal colore pieno e splendente di Rhiannon.
“Sei una fata, senza alcun dubbio, colombella” aveva stabilito poi, “L’Arcangelo Uriele mi ha fatto una richiesta” aveva ammesso.
I singhiozzi di sua sorella si erano fatti sempre più forti.
La porta era cingolata nuovamente, una luce traballante, aveva introdotto la mano bianca di Rhiannon, e poi il resto di se.
“Lo sapevo, che non mi avresti dato retta” aveva detto sua sorella maggiore, atona, mentre li raggiungeva, alla sottoveste bianca, come lui, aveva avvolto una pesante, drappeggiata sulle spalle come una mantella scura, “Andate a dormire, se nostra madre dovesse scoprirvi, si infurierebbe” nonostante quello di Rhiannon fosse un rimprovero, la sua voce era stata calma come un mare piatto.
La loro sorella più piccola, aveva singhiozzato nuovamente, “Rhia, un destino malevolo attende nostro fratello, come tutti i tormentati eroi” aveva detto lacrimosa. Rhiannon si era anche accomodata sul letto, tenendo ancora tra le mani una lucerna, con la candela, illuminando tenuemente i loro visi. “Colombella” aveva detto con un tono di miele la maggiore, “Gwily ha solo avuto un sogno vivace, il sermone di domenica scorsa è stato sentito” aveva stabilito Rhiannon, senza perdere la sua pacatezza, ma senza perdere la sua animosità Gwily aveva raccontato il suo sogno, sottolineando l’importanza della sua missione.
Rhiannon aveva sbuffato, “Domani, parlerai con il prete” aveva stabilito, con un tono rugginoso, “Poi dopo le sue illuminanti parole, valuteremo se valga la pena, per Gwily viaggiare per raggiungere queste leggendarie tre scogliere” aveva ripreso, “Ma ora: dormite” aveva stabilito, alzandosi, gli occhi azzurri erano puntati su di lui, Gwily aveva annuito, imitandola poi, poi Rhiannon si era chinata per dare un bacio sulla fronte di Cerridwyn con dolcezza, facendo attenzione a non far rovesciare la cera dalla candela. “Non permettere che i brutti pensieri abbiano la meglio” aveva sussurrato, materna, spostando i capelli della bambina, dietro l’orecchio.

Quando si erano chiusi la porta alle spalle, sua sorella maggiore le aveva rivolto uno sguardo ferreo, non c’era ne sprezzo né rabbia, Rhiannon era sempre posata, in quasi tutto ciò che faceva ed in quasi ogni circostanza, sempre obbligata ad apparire in quella maniera, da bambina non era così, era vivace, piena di vita e senza peli, onesta e schietta, come lo era stato loro padre. La riservatezza era un’eredità di Magdalene, la loro madre. “Cosa?” aveva chiesto colpevole Gwilyam davanti lo sguardo di sua sorella, quasi glaciale, “Cerridwyn è una creatura sensibile, dovresti avere più riguardo di ciò che le dici” lo aveva rimproverato, sempre morigerata.
“Proprio perché è così sensibile, lo ho detto a lei” aveva ammesso onesto lui, “Certo volevi essere vezzeggiato ed ammirato” aveva ripetuto Rhiannon, calma, “Ma non puoi spaventare nostra sorella in questa maniera, ne andartene ad Abertawe da un giorno all’altro, perché un angelo te lo ha detto!” la voce era stata appena un sussurro e non c’era fuoco ne accusa nella sua voce, Gwilyam poteva sentire le parole di sua sorella, affilate come lame. “Sei l’uomo di casa, hai delle responsabilità” aveva detto densa, “Con la mamma, con Cerridwyn e con Morgenna?” aveva chiesto.
Gwilyam aveva sentito quelle ultime parole, piovere su di lui, come fuoco.
“Scusami, Rhiannon” aveva ammesso poi alla fine, con un tono sommesso, stringendosi meglio la coperta che indossava come una manta. Era stato stupido ed impulsivo. “Aspetta, hai detto Abertawe?” aveva domandato lui, confuso dal nome della città che sua sorella aveva detto.
“Ecco, perché sicuramente non puoi andare” aveva stabilito Rhiannon con tono calmo, “Non avevi neanche capito a quali faraglioni dovevi recarti” aveva detto.
“Le tre Scogliere di Abertawe, certo!” aveva esclamato Gwily con entusiasmo, spingendo sua sorella a pigiare una mano sul suo viso per zittirlo.

 

“Così vuoi andartene? Comprensibile” aveva detto Morgenna il mattino dopo, mentre camminavano verso il pozzo; era sua sorella minore, sebbene a separarli fossero pochi anni, era la più diversa tra loro fratelli, inglese come la loro madre, con i capelli castani e gli occhi chiari come le acque. “Hai ascoltato la conversazione?” aveva domandato lui, confuso, da quella sua inaspettata confessione. Sarebbe stato ingiusto dire che non amava Morgenna, ovviamente, l’amava, anche se non aveva con lei lo stesso stretto legame che aveva con le sue altre sorelle. Lei era come la loro madre, per natura, fredda come l’inverno.
Morgenna aveva continuato a camminare, spostando fili di capelli scuri dietro l’orecchio, aveva passato il quattordicesimo anniversario da qualche mese e Gwily aveva già sentito sua madre cominciare a parlare di un possibile matrimonio per lei. “Non hai mai posseduto la voce di un allodola, fratello, quanto mai di un airone” aveva detto con una punta di cattiveria Morgenna, “Omen nomen” aveva replicato lui.
“Le lezioni del parroco, sono utili, vedo, stai imparando qualcosa” aveva dichiarato Morgenna, “Parlo anche inglese meglio di un inglese[4]” aveva replicato lui, senza scomporsi.
Poi si era voltata verso sua sorella, Morgenna aveva ereditato l’altezza da loro padre, per questo a poco più di quattordici anni, era alta come lui a diciasette. “Che ne pensi?” aveva domandato Gwily, “Ora vuoi il mio parere, adorato fratello?” aveva chiesto lei con una punta di sarcasmo, Gwily aveva inghiottito la bile ed aveva annuito, “Ovviamente: vai” aveva risposto sua sorella, “Non si può fuggire agli ordini di nostro signore.”
Gwily aveva ridacchiato, “Dal mondo tutto m’aspettavo, tranne che sapere che tu, concordavi con me” aveva esclamato. Morgenna aveva sollevato lo sguardo, sorridendo in maniera un po’ sinistra e sghemba, “Ovviamente, sarò felice di aiutarti” aveva ammesso sua sorella, “Se, mi permetterai di venire con te” aveva stabilito quella.
Lui aveva aggrottato le sopracciglia, confuso, da quell’inaspettata richiesta, sua sorella aveva ripreso a parlare, senza dargli il tempo di formulare domande. “Mamma vuole sistemarmi con un bell’inglese tutto ripulito, Rhiannon vuole darmi in moglie a suo cognato, perché non può sposarlo lei e lo zio vorrebbe farmi sposare quella capra di nostro cugino” aveva spiegato, spiccia.
“E poi, da solo, ti perderesti in un bicchier d’acqua, Gwily” aveva stabilito con voce secca, mentre posava il secchio sulla muratura del pozzo, dove finalmente erano giunti.
Lui era ancora sconvolto da tutta quella schiettezza, “Inoltre: forse tu frequenterai le lezioni del parroco, ma io conosco molti più demoni di te” aveva stabilito piccata, mentre osservava Gwily assicurare la corda per calare il secchio.
“Qui non ci sono demoni” aveva risposto lui, ovvio, “E cosa pensi un angelo voglia da te?” aveva risposto retorica lei, “Se non che tu ti unisca ai suoi guerrieri?” aveva chiesto Morgenna.
“Io? Uno shadowhunters?”



[1] In realtà da non esperta di storia inglese, Shrewsbury è stata tra gallesi ed inglesi una specie di pallina da pinpong, in questo caso, si fa riferimento all’assedio del 1232.

[2] Mentre effettivamente il Brycheiniog esiste, la Vallata del Crey è una mia invenzione.

[3] Gwilyam è  la versione gallese del nome William (dal germanico: Willihelm, traducibile in desiderio/volontà e elmo/protezione) che può essere tradotto in diversi modi: ho scelto Colui che desidera proteggere, perché mi sembrava adatto.

[4] Nozione assolutamente inutile: tecnicamente non stanno parlando inglese, ma gallese.

   
 
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