Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Duchessa712    25/06/2020    1 recensioni
-La canzone dell'amore perduto, che parla soprattutto di promesse infrante e sogni spezzati, di un tradimento così grande da portare quasi alla follia-
-No, mia signora, non la conosco-.

Ad Approdo del Re, Sansa è sola, senza famiglia, senza amici, ostaggio dal valore inestimabile, il giocattolo preferito di Re Joffrey.
Ma cosa succede quando trova un'improbabile alleata proprio in Cersei, che nasconde più di un segreto e possiede ancora un cuore e una coscienza?
Cosa succede quando nessuna delle due è più capace di prevedere cosa accadrà, proprio nel momento in cui c'è il rischio di perdere tutto?
Fino a che punto saranno disposte a spingersi la Lupa e la Leonessa per proteggere se stesse e lo strano sentimento (pietà? comprensione? amicizia? amore?) che nasce, prepotente ed esplosivo e pericoloso tra di loro e sembra legarle sempre di più l'una all'altra?
(La storia, eccetto il primo capitolo, inizia dopo la morte di Ned e prima che Myrcella parta per Dorne.
Come penso si sia capito da questa introduzione i personaggi, Cersei in particolare saranno OC).
(Sansa/Cersei)
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Cersei Lannister, Sansa Stark
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I atto

C'era una ragazza in ginocchio ai piedi del Trono del Spade, la futura Regina, la promessa del Re folle e crudele, nato dal peccato e dalla lussuria di due pazzi sconsiderati e spregiudicati senza coscienza.
Aveva i capelli color del rame raccolti in un'elaborata acconciatura ormai sciolta, lingue di fuoco che le carezzavano la schiena e le spalle, che si mescolavano al sangue, che coprivano un poco le ferite che imbruttivano il suo corpo, diamanti e stelle cadenti, pegni d'amore e devozione.
Con mani tremanti stringeva i brandelli del vestito chiaro per coprirsi, per mantenere un poco di decoro, per evitare un'ultima umiliazione. Aveva occhi come zaffiri, come i diamanti che adornavano le sue braccia, da cui piovevano lacrime salate, vetri che le bruciavano i tagli ancora aperti.
Era spaventata, rannicchiata su se stessa per proteggersi come poteva da quei colpi inferti a tradimento, ma teneva la testa alta, sosteneva lo sguardo del Re e ribatteva alle sue accuse. Non chiedeva clemenza, non dopo che lui non l'aveva concessa la prima volta, non dopo aver visto la testa di suo padre su quella picca, banchetto per i vermi e le mosche, trofeo splendente sotto il sole del Sud, inutile, non necessario, capriccio di un Re poco più che bambino.
Stava attenta a cosa dire, nonostante la paura che le ottenebrava i sensi e i singhiozzi che spezzavano le frasi, perché l'umore del Re era mutevole e avrebbe anche potuto decidere di voler sciogliere il fidanzamento, di ucciderla al momento con la balestra che aveva in mano, con un ordine dato con leggerezza e crudeltà alla sua Guardia, a cavalieri dall'armatura scintillante come quelli delle canzoni, ma più violenti, più bugiardi, più mostruosi.
Ser Meryn Trant la colpì con l'elsa della spada, un altro livido al centro della schiena, poi ancora, sulle spalle, sulle braccia, perfino sui capelli. Mai sul viso. Era ancora la futura Regina, l'unica Stark in loro possesso, l'unico vantaggio che avevano sulla sua famiglia, l'unico motivo per cui Jaime Lannister era ancora vivo.
Doveva rimanere bella, la pelle pallida come porcellana senza crepe, il resto sarebbe stato nascosto dai vestiti, dalle gonne e dalle maniche lunghe.
Joffrey incoccó una freccia, il pubblico, quei nobili che erano solo parassiti assetati di potere e privilegi, trattenne il fiato, mentre l'aria si riempiva di eccitazione, le menti si mettevano a speculare. Sarebbe stato quello il giorno in cui il Re avrebbe compiuto il passo fatale?
La porta che si aprì di botto, i passi affrettati e la voce imperiosa, spezzarono l'incantesimo, scacciarono la magia, permisero alla giovane vittima di tornare a respirare, anche se solo per un momento.

Trattenevano il fiato mentre la Regina Madre avanzava verso il Trono, la rabbia e l'indignazione chiaramente visibili sul suo viso.
Solo uno sciocco o un folle non l'avrebbe temuta perché se suo figlio era incontrollabile lei era peggio, era volatile come il fumo, un'esplosione di altofuoco che non avrebbe risparmiato niente e nessuno. Era una Leonessa in tutto e per tutto, ma restava una donna e come tale il suo raggio d'azione era limitato.
Le voci che circolavano su di lei e lo Sterminatore di Re poi la rendevano una peccatrice senza coscienza e senza morale, dotata di una spregiudicatezza rara, una combinazione fin troppo pericolosa.
Per questo nessuno osava parlare, nemmeno il Re che fissava furente la madre aiutare la giovane Lady Stark, la sua futura sposa, il suo giocattolo preferito, a rimettersi in piedi e portarla fuori dalla stanza, via dagli occhi curiosi dei Lord e delle Lady, da quelli assenti della Guardi Reale e da quelli brillanti di Joffrey.
Sansa non osava nemmeno guardarla, tutta la forza sembrava averla abbandonata e le gambe cedevano sotto il peso del busto e dei colpi ricevuti. Sarebbe scivolata a terra se Cersei non l'avesse stretta più forte, trascinandola verso la sua stanza, passando per i corridoi meno trafficati, evitando che nuove chiacchiere si diffondessero troppo in fretta.
La ragazza si lasciava portare, improvvisamente consapevole del dolore che sembrava diffondersi da ogni parte del suo corpo, troppo stanca anche per interrogarsi sullo strano e inusuale comportamento della Regina, che, nel frattempo, l'aveva fatta sdraiare sul letto e aveva iniziato a lavare via il sangue. Lei personalmente, nemmeno una serva, ma Cersei Lannister in persona.
Cercava di rimanere sveglia, di aggrapparsi a brandelli di realtà, ma si trovó costretta a deporre le armi contro la stanchezza fisica e mentale e a sperare, scioccamente, aggiunse una parte di lei, quella che era presa dal panico all'idea di essere sola con la Regina, che non le venisse fatto del male.

Si era addormentata quasi subito, la ragazzina che avevano costretto a crescere troppo in fretta, che i suoi genitori non avevano fatto crescere abbastanza in fretta, e Cersei la stava studiando da parecchi minuti, accanto a lei una bacinella contenente acqua sporca di sangue che cercava di ignorare.
Lasciava scorrere gli occhi sulle braccia di Sansa, leggermente più scure a causa del sole del Sud, costellate di lividi viola e azzurri, segnate da tagli che disegnavano sentieri rossi e rosa chiaro.
Le aveva cambiato abito, gettando in un angolo quello azzurro ridotto ormai a qualche scampolo di stoffa impossibile da ricucire insieme e facendole indossare una camicia da notte bianca.
Bianco, il colore dell'innocenza, si trovó a pensare ironica.
Innocenza come quella che avevano strappato alla bambina davanti a lei, costretta a scontrarsi con il mondo e i suoi orrori, a convivere e sopravvivere ai suoi mostri.
Innocenza che aveva perduto lei stessa troppi anni prima quando si era trovata a dover ingaggiare una lotta già persa in partenza con il ricordo distorto e malato di un fantasma, a guardarsi allo specchio e chiudere gli occhi per ritrovare l'equilibrio, a mandare via le cameriere perché non sopportava che qualcun altro vedesse lo scempio che era il suo corpo, le cicatrici che ancora segnavano la sua pelle.
Il destino di Sansa era già scritto, perché Joffrey era come suo padre e lei non poteva fare nulla per cambiare le cose, non ne aveva il potere, non ne aveva i mezzi, e la volontà da sola non bastava.
Le passò una mano sulla fronte scostandole le ciocche rosse, un nodo che le stringeva la gola e le rendeva difficile parlare.
-Perdonami, Sansa, ma non posso fare più di così-.
Che era comunque più di quanto chiunque avesse mai fatto per lei.
   
 
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