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Autore: Heliconia    26/06/2020    2 recensioni
"Era solo un piccolo uomo che stringeva tra le mani un pugno di mosche, nella speranza che un giorno si trasformassero in farfalle."{Archer}
Storia partecipante al contest "Some are born heroes and some are born villains. Or maybe not?" indetto da AleDic sul forum di EFP. [FUORI CONCORSO]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Archer
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Note♫♪ dell’autrice
Eccoci arrivati al terzo ed ultimo capitolo. Uno di quelli che ti fanno sbroccare pesantemente e, anche quando li pubblichi, non sei mai sicuro che vadano bene al cento per cento. Quindi, per non modificarli all'infinito, li lasci andare ♥ onde evitare che finiscano direttamente nel cestino. Anche stavolta, piccolo riferimento ad un'opera molto interessante: "La canzone di Achille" di Madeline Miller.
Beh, caro lettore: spero di regalarti un buon finale!
Enjoy!

Parole: 1420
Citazione: “Quello che la gente ama più dell’eroe è vederlo cadere.” ~ dal film Spiderman.


3





«È stato un onore conoscerti, Sminteo.»
Ettore raccolse le ultime forze che gli erano rimaste. Infilò l’elmo, prese la lancia…
«Perché lo affronti? Sai già di non avere speranze!»
E si immobilizzò.
Non avevo mai osato fronteggiare il suo sguardo con tanta impudenza, né avevo mai alzato la voce con lui. Ne fu intimorito.
«È sconvolto, ti farà a pezzi!»
«Lo so.»
La sua voce tremava. Guardava me, ma puntava a qualcos’altro, oltre il mio corpo. Cercava un appiglio, un’ancora di salvezza. Qualunque cosa potesse tirarlo fuori da quella dannata situazione.
«Se mi tirassi indietro, allo scherno degli achei si aggiungerebbe il disappunto dei troiani. E sai già…»
«So già quanto questa storia mi abbia stancato, Ettore…! Disappunto, disonore, al diavolo! Tuo figlio? Non se ne fa nulla del buon nome di suo padre, stai dando fin troppa importanza alla cosa!! Lascia che chiunque la veda come vuole, se decidi di salvarti la vita! Non farti uccidere per difendere Astianatte dalle malelingue del tuo popolo!»
La collera annebbiò di colpo il suo sguardo…
Non avrebbe permesso a nessuno, neanche a me, di definire insulso ciò che aveva difeso con tutto sé stesso.
«Troppa importanza…? Oh, Apollo imperatore: gloria a te e a tutti gli olimpici, fino alla fine dei tempi! Che grande invidia per voi, o eterni ignoranti delle logiche di noi uomini, condannati a calpestare questa terra riarsa dalla vanità e dal sangue! Se mi sottraessi a questa sfida, sarebbe per me come morire ugualmente…»
La lancia vibrava nella sua mano.
Si avvicinò.
Indietreggiai…
Cosa stava facendo…?
«Non è forse meglio perire nel corpo, che estendere ad un innocente la fine del proprio nome? E per cosa, poi? Vivere nella reciproca miseria? È come l’invisibile Patroclo, riabilitato dal buon cuore di Re Peleo, che vuoi vedere il mio Astianatte? Un ultimo fra gli ultimi?»
Mi fermai. Dietro di me c’era il muro.
Lui mi sovrastò con la sua ombra.
La lama scintillò accanto alla mia gola.
«Se per te e per quelli come te questo non significa nulla, allora gloria a te, che vivi un’esistenza tanto leggera…!! Ho vissuto e morirò come protettore delle genti, difensore della giustizia e – costi quel che costi – lo farò finché potrò ancora respirare!! Persino di fronte alla morte, non smetterò mai di onorare il mio credo! Pur ammettendo la mia inettitudine, le limitazioni del mio essere niente più che umano, il meschino compromesso… Continuerò a porre la mia vita al servizio degli altri. Del mio popolo, di Astianatte, di chiunque griderà a gran voce il mio nome! E che il fato mi punisca pure per questo: giacché come falena che corteggia una torcia, mi sono ostinatamente lanciato in questa fulgida luce, noncurante delle mie ali fragili! Sono pronto: anche oggi, sia compiuto il mio destino!»
Al diavolo la lama che mi lambiva la pelle…
Dovevo farlo ragionare.
«A tuo figlio non importa un accidenti del tuo ideale… Prendilo con te, prendi tua moglie, e fuggite lontano da qui. Potrai vivere felice accanto a loro, anziché fare la parte dell’eroe che muore.» Scosse il capo e si ritrasse.
Nel rilassare i muscoli, emisi un gemito che lo fece sogghignare.
«Oibò, Sminteo… Vivere da esuli, come Giasone e l’atroce Medea con i loro pargoli? Come ti ho già detto, non comprendi le logiche di noi uomini. È così che deve andare.»
«Credimi, le comprendo fin troppo bene… Per questo ti dico che sono sbagliate.»
Sorrise ancora e si allontanò da me. Poi, però, indugiò un attimo sulla soglia.
«Patroclo era il suo therapon. Lo sapevo, ma l'ho ucciso comunque. Speravo di… Non lo so. Non più. Achille ora vuole solo la mia testa e non lo biasimo per questo. Or dunque, è per mano mia che muoio oggi. Non sua.»
Non riuscii a trattenermi…
«Idiota…!»
Lasciai scorrere le lacrime.
Mi rivolse un ultimo sguardo, carico di amarezza…
E mi disse addio.

Un guardiano della deterrenza accorre laddove un disastro mette a rischio l’equilibrio del mondo. Una guerra, per esempio. Egli è la mera incarnazione di un ideale: salvare l’umanità ad ogni costo, anche quando rischia di sparire per mano di sé stessa.
Quello straccio di personalità che si ritrova gli permette di interagire con le persone; maschera il suo essere nient’altro che un automa, dando loro l’impressione che possa capirle, provare empatia o addirittura sentimenti. Il modo in cui si comporta è un riflesso della sua vita passata: dell’individuo designato da Alaya come eroe per le proprie gesta e per quel nobile ideale tanto, che sopravvive alla morte del corpo e foggia il guerriero eterno.
Un guardiano della deterrenza è nulla: un signor nessuno a metà tra uno spettro e un elementale.
Sconosciuto alla morte, non noto alla vita.
Eccolo, il tuo capolavoro.
Vi hai apposto la tua firma quel giorno stesso. Il giorno in cui hai stretto il patto col mondo e sei stato consacrato come eroe. Non avresti mai potuto proteggere qualcuno con il tuo scarso talento nella magia; certo, avresti potuto tenere al sicuro le persone intorno a te, sarebbe stato già abbastanza… Ma no. Tu hai sempre voluto di più. Hai creduto che essere un guardiano della deterrenza avrebbe messo a tacere quella voce, insinuatasi nel tuo cervello come un parassita…
Salvali dall’incendio del mondo, anche a costo di morire…
Indovina? Non è stato così.
Quella voce mi tiene ancora sveglio la notte.
Perché io non salvo. Io uccido.
Sono lo spazzino dell’umanità.
Un nulla eterno che vaga nel tempo e nello spazio, sballottolato a destra e a manca tutte le volte che quest’umanità schifosa rischia la pelle…
Un nulla assoluto, perché legato al niente…
Mi hai condannato a combattere in eterno, per qualcosa in cui non hai mai creduto fino in fondo. Per una soluzione infantile ad un trauma irrisolto...!
Non è stata la crudeltà del mondo a farti soffrire. Hai sempre avuto in te – solo in te – la radice del male che ti ha torturato per tutta la vita! Ma anziché estirparlo, hai deciso di farlo proliferare… Ti sei sottomesso come un cucciolo indifeso a quella bestia, che hai allevato per anni con devozione: quel surrogato di un pensiero autonomo: il desiderio cretino dell’uomo che ti ha salvato.
Diventare un paladino di giustizia. Un difensore dell’umanità.
Ti sei sentito smarrito al punto da ammettere questo veleno nella tua vita, pur di non rimanere solo con te stesso.
Mi hai costretto a diventare il simulacro della tua pazzia.

Quel giorno, quando percorsi le scale…
Nel momento in cui fui in cima alla rampa e sollevai lo sguardo, un dolore che non avevo preventivato mi uccise, prima ancora che potessero essere i soldati a farlo.
So che lo hai sentito. Hai fatto di tutto per ignorarlo.
In quella folla di cani inferociti, che si agitava all’interno del cappio, riconobbi i volti a me cari. Le persone che avevo aiutato sul serio. Le stesse che avevo udito lodarmi, piene di ammirazione, con la parola “eroe”.
Ma si sa, pensai. Alla fine, quello che la gente ama di più dell’eroe è vederlo cadere.
Una rabbia inedita s’impossessò di me. Avevo dato tutto, avevo dato la mia stessa vita… In cambio, avevo ricevuto solo sospetti, odio, tradimento. Quei volti disgustosi a cui avevo sorriso, senza mai preservarmi, con tutta la sincerità di cui ero capace…
Erano riusciti a scamparla. Almeno loro.
Era la mia missione, no? Salvare le vite altrui.
Ne ero felice.
O forse no...
Ovvio… Come avrei potuto? Che assurdità!
È questo che significa essere un eroe, secondo la tua prospettiva! Essere pugnalato alle spalle dal prossimo, combattendo contro sé stessi per non reagire…!
Io… Sono stato io…!
Io ho messo il coltello nelle loro mani e gli ho indicato dove colpire…
Io ho tradito me stesso, con il mio ideale contraddittorio…
Io ho lasciato andare in malora tutta la mia vita…
È colpa mia se non ho più una vita…!


Al diavolo.
Al diavolo te e tutta la popolazione mondiale!
Puoi anche dare in pasto ai cani, quel tuo eroismo da quattro soldi...!
Non rimarrò in questo inferno un secondo di più.
Non assisterò ancora alla rovina degli uomini, pervaso da questa insulsa impotenza…
È per proteggerli che un guardiano della deterrenza viaggia in ogni luogo. In ogni epoca.
Là, dove una calamità mette a rischio l’equilibrio del mondo.
Là, dove infuriano… Guerre come quella.
Non posso svincolarmi dalle tue manie, Shirou…
Ma posso sempre estirparle alla radice.



Note♫♪ finali
Come ci segnala la Miller nel suo libro, il therapon è il compagno d'armi del principe, legato a lui da un giuramento di amore e sangue. Più di un semplice consigliere o alleato: un'anima affine, il più intimo tra gli amici, se non addirittura un amante – come nel caso di Achille e Patroclo. Ettore non ignora la gravità delle sue azioni, è anzi consapevole di aver virato bruscamente verso la rovina di tutto l'esercito; giacché Achille reagisce immediatamente alla morte dell'amato, sterminando molti troiani.
Nell'opera originale, sono Priamo ed Ecuba a pregare il figlio di non combattere: non solo per permettergli di riabbracciare la sua famiglia, ma per non lasciare il popolo in balia degli achei dopo la sua morte. Ettore ovviamente rifiuta, per preservare quell'onore che proprio il suo popolo potrebbe infangare: c'è chi potrebbe tacciarlo di codardia.
Beh, caro lettore: spero di aver dato una buona reinterpretazione dei fatti e di aver creato un buon parallelismo tra Archer ed Ettore (vale, ovviamente, la nota del primo capitolo).
L'Iliade è quel genere di opera che andrebbe riletta dopo gli anni delle superiori, dove il 70% delle volte te la fanno odiare almeno quanto la combo di zanzare e afa del mese di Luglio. Il mio consiglio è: dalle un'occhiata e fa' lo stesso con i libri e i saggi di altri autori. Ti assicuro, ne varrà la pena. Inoltre, spendi qualche secondo in più su Aiace e Teucro, che sono proprio dei bei personaggi.
Stessa cosa vale per UBW: difficile rimanere indifferenti di fronte ad un personaggio ben costruito come Archer: così fermo nelle sue idee da far sembrare, talvolta, gli altri Servant delle scialbe caricature di sé stessi. Se non hai ancora visto l'anime, ti consiglio vivamente di farlo. E se sentirai l'irrefrenabile voglia di passare al lato oscuro, rilassati: è tutto nella norma.
Alla prossima!

   
 
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