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Sentirono
qualcosa dal baby monitor, si svegliarono di scatto e si guardarono una con l’altra,
esclamando solamente il nome della piccola. Si tolsero le coperte di dosso e
corsero nella camera della piccola, Lana accese la luce, e Jen si porse
velocemente verso Sofia.
“Paperotta
che succede?” – disse sedendosi sul bordo del letto e le accarezzò i capelli.
“Mosto”
– disse guardando le due donne che adesso le erano difronte – “Della stoia” –
continuò, sembrava molto turbata.
“Jen
cosa le hai raccontato?” – la mora guardò accigliata la moglie.
“Tremotino
ti ha fatto paura?” – chiese la rossa guardando dispiaciuta la loro bambina,
che annuì guardandola – “Non devi avere paura, è solo una storia, intesi?” – rivolse
lo sguardo a sua moglie e sorrise – “Mamma torna subito”
Andò
nella loro camera da letto e recuperò qualcosa nell’armadio, poi tornò dalle
due, con qualcosa nascosto dietro le spalle.
“Che
hai lì?” - chiese la mora con un sopracciglio alzato.
“È
per Sofia, non esserne gelosa” – tirò fuori il peluche e lo porse alla piccola –
“Non ho saputo resistere” – sorrise guardando l’espressione divertita di Lana.
Era un peluche bianco, con un becco arancione e due occhioni celesti.
“Swan”
– sorrise la piccola afferrandolo con le sue manine, e lo abbracciò – “Grazie
Mom” – si porse per darle un bacino.
“Penso
che solo per oggi” – guardò sua moglie – “Poi dormire con le mamme” - Jen le
sorrise e prese in braccio la piccola. Lana spese la luce e seguì le due nella
camera da letto.
“In
mezzo” - sorrise la piccola, piazzandosi al centro, le due donne si distesero al
suo fianco, una da un lato una dall’altro.
“Fai
sogni d’oro amore” – la mora la baciò tra i capelli e fece lo stesso la rossa, tirarono
su la coperta e chiusero gli occhi.
Al
mattino, quando Jen aprì gli occhi, poté notare distintamente che le posizioni
erano cambiate. Sofia era praticamente spalmata sul petto di Lana, con la
guancia sul suo seno, mentre a lei toccavano i piedini morbidi della figlia,
rise lievemente e si alzò senza destarle dal sonno. Erano qualcosa di
incantevole, e scattò una foto, che avrebbe impostato come salva schermo. Era domenica
mattina e aveva tutto il tempo di preparare una buona colazione, e magari svegliare
le belle addormentate con un vassoio a letto. Peccato che i piani, furono modificati,
da due braccia che si avvolsero intorno alla sua vita.
“Buongiorno
mom” – la sua voce impastata era una cosa molto bella da sentire a prima mattina.
“Buondì
a te mama” – si sporse per darle un dolce bacio.
“Cosa
hai preparato di buono, c’è un odorino delizioso” – sorrise.
“Waffles
stamattina” – sorrise – “Come va quel livido sulla schiena?” – chiese premurosa.
“Credo
tu debba mettermi ancora della pomata amore” – poggiò il mento sulla sua
spalla.
“Volentieri
amore” – portò una mano ad accarezzare delicatamente il punto – “Ti fa male?”
“Meno,
ma c’è” – la guardò – “Dovevo far fare alla controfigura mi sa”
“Arriva
il tempo tesoro, è carina poi la tua” – di beccò un colpo e il calore della
moglie sparì – “Ahia”
“Ben
ti sta” – la guardò sedendosi allo sgabello.
“Gelosona
mia” – rise staccandosi dai fornelli e andò verso la moglie seduta, le prese il
viso tra le mani e la baciò con trasporto.
“Mom?”
– si staccarono poco dopo e la guardarono, i piedi scalzi, abitudine ereditata
da Lana, sorriso sghembo alla Jennifer e il cigno sotto il braccio.
“Adesso
sai che diventerà la sua copertina di Linus sì?” – la guardò la mora.
“Cosa
fa? Almeno non mi beccherò più i suoi piedoni puzzolenti” – corse a prenderla
in braccio e la spupazzò – “Si mettono i piedi in faccia alla mamma?” – chiese mentre
Sofia rideva di gusto.
“Jen
non vorrai farla vomitare a prima mattina?” – chiese premurosa Lana.
“Dammi
un bacino, big foot” – disse portandosela tra le braccia muscolose.
“Dovresti
coprirle quelle braccia” – boccheggiò la mora.
“Ho
caldo, non mi guardare” – le fece la linguaccia.
“Povera
te, Morrison” – la sfidò.
“La
mamma mi minaccia, Sofia” – la bambina rise, perché la mamma si nascose dietro
di lei e portò il cigno davanti.
“Ci
savva lui mom” – sorrise e scoppiarono a ridere le due donne.
“Hai
ragione amore” – Lana le raggiunse e si scattarono una foto assieme.
Qualche
sera dopo
“Sofia
dove sei?” – la stava cercando da alcuni minuti, era convinta sarebbe rimasta
davanti alla tv, e invece paperotta andava per la cosa zampettando allegramente.
Quando la trovò, trattenne una risata. La piccola era nella cabina armadio della
latina, ed indossava un paio dei suoi tacchi. Jen ricordava bene quel paio di
scarpe dorate, che avevano fatto per poco cadere Lana al Comic Con. Estrasse il
cellulare dalla tasca del pantaloncino e scattò una foto, non l’avrebbe inviata
subito.
“Che
ci fa paperotta nella cabina armadio di mamma Lana?” – chiese Jen incrociando
le braccia.
“Mom”
– ridacchiò – “Belle”
“Oh
si sono belle, ma sei piccola per quelle, passerà tanto tempo finché le
indosserai e passerai sul mio” – no quello non era consono dirglielo.
“Ohi,
sei ancora sveglia?” – disse entrando nella loro stanza da letto. La donna seduta
a letto, si sfilò gli occhiali, massaggiandosi il punto dove i naselli poggiavano
e sorrise.
“Volevo
aspettarti” – ammise.
“Sono
le tre di notte, ti dico di non farlo” – disse con un sorriso premuroso, sedendosi
sul letto per poi sfilarsi il vestito leggero che indossava.
“Oggi
non riuscivo a dormire” -poggiò gli occhiali e il libro che stava leggendo e l’accolse
a letto, tra le sue braccia.
“Come
mai?” – l’altra si porse a recuperare il suo
cellulare e le mostrò la foto – “Monella”
– rise lievemente – “Sapeva camminare meglio di
me?”
“Non
sta crescendo troppo in fretta?” – la guardò e Lana sollevò un sopracciglio.
“Amore
ha solo giocato con delle scarpe, non significa che sta crescendo in fretta” –
la scrutò attentamente – “Aspetta, sei gelosa già di Sofia? O meglio come un
padre” – rise piano.
“È
la mia bambina, per tanto tanto” – lo ripeté per altre otto volte.
“Okay,
sei la “padre”, decisamente” – ridacchiò – “Andiamo bene, se già un solo paio
di scarpe, di fa passare la notte insonne. Che farai quando ci porterà a casa
la prima persona che le piace?”
“Gli
spezzerò i “bracci secchi” – ammise.
“Povera
me” – ridacchiò – “Posso farti rilassare un po’?” sorrise abbracciandola
sensualmente – “Ricordi che vestito indossavo quando ho messo quelle scarpe?” –
chiese.
“Avevi
quel dannato vestito rosso di pelle” – sorrise all’abbraccio.
“Lo
sanno tutti che mi guardavi, quando non lo facevo io, perché avevi paura che ti
scoprissi a sbavare sul mio sedere” – ridacchiò.
“Io
non sbavavo, apprezzavo” – sorrise colpevole.
“Io
apprezzerei un po’ di coccole, uhm che ne dici?” – sorrise.
“Volentieri” – rispose.
Bene un altro capitolo della baby Morrilla è sfornato! Che mi dite? Alla prossima xoxo