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Autore: Stephanie86    10/07/2020    1 recensioni
AU | SwanQueen | Storia a 4 mani
Emma, figlia di re David e della regina Mary Margaret, è l'erede del regno del sud, Anatlon. Quando il regno cade, la bambina è costretta a nascondersi presso Camelot, protetta da Artù e dai suoi Cavalieri. Crescerà sapendo di dover vendicare la morte dei genitori e del suo popolo. Sapendo che un giorno dovrà affrontare colei che le ha portato via tutto.
Regina, la sovrana di Mehlinus, sale al trono molto giovane, affiancata e istruita dal consigliere Tremotino. Anche lei vuole vendetta e non è disposta a rinunciarvi per niente al mondo.
Le strade di queste due donne apparentemente così diverse si incroceranno presto. Ci sono molte cose che non sanno. Il loro viaggio sarà molto lungo e le persone che tramano alle loro spalle sono pericolose e assetate di potere.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
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THE LIGHT AND THE STORM

 

 

 

 

 

Poco prima della caduta di Snowing Castle.

 

Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

 

 

- Cos’è questa, madre? - domandò Regina a Cora, quando lei le porse il fodero in pelle nera.

- È la spada di tuo padre, Regina. – Sua madre sedette vicino a lei, sorridendole.

- Perché la stai dando a me?

- Perché da adesso in avanti sarà tua. Tuo padre avrebbe voluto così.

Henry. Suo padre. Il Re del Nord.

Regina era una ragazzina che poco sapeva di spade e di battaglie, sebbene nella sua camera da letto vi fosse un enorme arazzo che rappresentava la fondatrice della capitale di Mehlinus, la principessa guerriera Nymeria, impegnata in una battaglia contro il popolo barbaro che, un tempo, aveva occupato il Nord, saccheggiando e seminando il terrore. Cose successe un migliaio di anni prima. A Regina quell’arazzo piaceva. Una parte di lei avrebbe voluto essere come quella straordinaria regina che aveva salvato la sua terra. La straordinaria regina con i lunghissimi capelli neri come carbone e gli occhi di ghiaccio che falciava i nemici con la sua spada. Qualcuno diceva che quell’arma era magica, che risucchiava le anime delle sue vittime non appena la lama le trafiggeva.

Però Regina non aveva mai posseduto una spada prima d’ora. Le cose che le piacevano di più erano cavalcare, passeggiare nel verde che circondava la capitale del regno, in mezzo agli alberi di mele rosse. Cavalcare, soprattutto.  Quando era in sella a un cavallo e galoppava, con i capelli al vento, si sentiva felice e libera.  

- Non so, madre. Non so se...

- Cosa non sai, Regina?

Regina alzò lo sguardo, rendendosi conto che il sorriso era scomparso dal volto di Cora. Ora la madre la guardava severamente. La sua bocca aveva preso una piega dura.

- Madre, io non la so usare...

- Imparerai.

Accarezzò brevemente il fodero. Sembrava nuovo. - Non sapevo che... che mio padre avesse una spada simile.

- Non la portava sempre. È una spada molto antica. È la spada che Henry ha usato... nel duello contro il Re del Sud.

- L’uomo che l’ha ucciso... – Regina sapeva poco anche degli altri regni, perché non era mai uscita dal suo. Sapeva poco delle Terre dell’Ovest in mano ai lord. Sapeva poco del regno di Elohim, a est del mondo conosciuto. Sapeva ben poco di Anatlon, il regno del sud, dove viveva l’uomo che, secondo Cora, aveva assassinato Henry.

- David, sì. Un giorno, quando saprai combattere, potrai vendicare la morte di tuo padre uccidendo il Re del Sud con questa spada. - Cora le porse la spada nera e Regina la prese, estraendola dal fodero per osservarla.

Era bellissima, brillava colpita dalla luce dei lumi accesi nella sua stanza.

- È meravigliosa, madre.

- È tua. Conservala gelosamente. Non permettere mai a nessuno di impugnarla al posto tuo. Sei tu l’unica persona che può tenere al proprio fianco quest’arma.

- Sì, va bene, madre.

Stringendo l’impugnatura, Regina si sentì improvvisamente più sicura che mai di ciò che Cora le aveva detto: David, il duello, suo padre ucciso a tradimento dal Re del Sud solo perché quest’ultimo non era riuscito ad accettare di aver perso. Era tutto più chiaro. In lei si fece largo, per la prima volta, un sentimento intenso, bruciante, che era la rabbia ed era il desiderio di vendetta. Un sentimento che, sulle prime, la spaventò molto. Perché era un sentimento terribile. La costrinse a chiudere gli occhi a lungo, ad impugnare più saldamente l’elsa della spada.

David...

Era tutta colpa sua.

- Tuo padre era un cavaliere molto valoroso, Regina. – La voce di Cora era calma, ma aveva una nota di severità che agghiacciava Regina. - Ed era leale. Al contrario di quel... Re del Sud.

- Sì, mio padre non avrebbe mai colpito un uomo alle spalle.

- No, tesoro. Mai.

 

 

- Hai chiamato la spada Stormbringer? – domandò il consigliere Tremotino alla giovane Regina, che accarezzava il fodero della sua arma, sorridendo. Un sorriso puro. Un sorriso candido. Portava i lunghi capelli scuri e ondulati raccolti in una morbida treccia, la giacchetta azzurra, il foulard bianco intorno al collo e i pantaloni da cavallerizza.

- Sì. Perché significa Tempestosa. È un nome forte, non trovate anche Voi?

- Oh, sì.

La Tempestosa. La Portatrice della Tempesta, pensò il consigliere, divertito.

- Ed io sono nata in una notte di burrasca, non è vero?

- Ma certo che sì. È un buon nome. Un nome davvero forte. Perché diventerai molto forte, cara. Potresti diventare... molto potente. – Tremotino avvicinò il viso al suo, scrutandola attentamente. - Ora è necessario imparare, Regina.

- Sì. Voglio essere valorosa come mio padre.

- Forse conosco l’uomo che può fare al caso tuo.

- Chi è?

- Si chiama Daniel. È bravo con le armi. Vedrai, può essere anche un buon insegnante. Gli parlerò oggi stesso. – Il consigliere di sua madre appoggiò la punta dell’indice contro il mento. Il suo sorriso era vagamente inquietante e non solo per via dei denti marci.

Tremotino era il consigliere di Cora da quando era salita al trono, così come sarebbe stato il suo, di consigliere, una volta diventata regina. Ed era anche uno degli esseri più sconcertanti che il regno di Mehlinus avesse mai visto. Gli stavano tutti alla larga, eccetto la sovrana. Anche Regina avrebbe voluto stargli alla larga, ma in fin dei conti Tremotino non le aveva mai mancato di rispetto. La trattava con cordialità. Solo, lei si domandava da quale oscuro angolo di Mehlinus fosse sbucato. Si domandava perché la sua pelle assomigliasse a quella di un rettile, perché avesse quell’aspetto così poco umano. La pelle era squamosa e verdognola, i lineamenti erano affilati, gli occhi spiritati avevano pupille minuscole quanto la capocchia di uno spillo. Non aveva armi con sé. Poche volte lo aveva visto impugnare un’arma, eppure emanava un potere oscuro e affascinante.

- Perché questo... Daniel dovrebbe aiutarmi? – chiese Regina.

- Perché siete l’erede al trono, che domande!

- Ah, certo...

- E perché mi deve un favore. Anni fa ho aiutato la sua famiglia. Sai, erano in un periodo difficile, molti debiti. Ho dato loro una mano a liberarsi dei creditori.

Regina non voleva sapere che cosa intendesse Tremotino per ‘dare una mano’. – Quando potrò conoscerlo?

- Domani. Presentati a mezzogiorno nel cortiletto davanti ai magazzini delle armi. Ti aspetterà là, mia cara.

 

 

Il castello della sovrana del Nord era nero come la notte e sovrastava la città di Nymeria in tutta la sua imponenza. Anche di giorno sembrava che i pallidi raggi del sole, che ogni tanto facevano capolino tra le nuvole grigie, non fossero molto propensi a toccare le mura scure e altissime e ciò faceva apparire il castello come un luogo tetro e avvolto dalle ombre.

Regina fece come le aveva detto Tremotino. Si presentò nel cortiletto interno del castello, uno spazio circolare sul quale si affacciavano il granaio e il magazzino riservato alle armi.

Sua madre non le chiese niente ma, del resto, Cora le chiedeva raramente che cosa facesse o come stesse. Era troppo impegnata con le questioni inerenti a Mehlinus. Da quando era morto Henry, poi, aveva ancora più da fare del solito.

- Buongiorno, principessa. Vi aspettavo prima. – disse un uomo, in piedi al centro del cortile, di spalle.

- Prima? No, Tremotino mi ha detto... a mezzogiorno.

- Gli avevo chiesto di farvi venire qui prima di mezzogiorno. Ma d’accordo. Non importa.

- Siete il maestro d’armi, vero?

- Potete anche evitare la forma di cortesia. Chiamatemi pure Daniel.

- Allora tu chiamami Regina.

Daniel si voltò. Era un giovane di bell’aspetto, o almeno Regina pensava fosse bello. Alto, con gli occhi azzurri e i capelli corti e scuri. Nelle mani teneva due spade di legno. Indossava una giacca marrone sbottonata sopra la camicia di lino bianco, un vecchio mantello blu agganciato alla base del collo con una spilla a forma di melo, il simbolo della famiglia reale, i pantaloni in pelle nera e gli stivali di cuoio. – Voi siete la principessa.

- Ma...

- Come dicevo... il mio nome è Daniel, maestro d’armi, principessa. Lieto di conoscervi.

Regina deglutì. Daniel alzò gli occhi, sorrise e, senza alcun preavviso, le lanciò una delle spade di legno. Regina cercò di afferrarla, ma si mosse troppo tardi e la spada cadde a terra, rimbalzando.

- Domani, forse, ci riuscirete. Ora raccoglietela, vi prego.

- Vorrei usare la mia spada. – L’aveva portata con sé e gliela mostrò.

- Una bella spada. Ma non potete usarla, oggi. Non siete nemmeno capace di prendere al volo una spada di legno.

Regina si sentì punta nel vivo. - Ma è la spada di mio padre...

- Lo so. E ho molto rispetto per Vostro padre. – Lo sguardo di Daniel le sfuggì per qualche istante. Poi scosse il capo. – Ma dovete prima imparare ad impugnare l’arma e... anche a prenderla quando ve la lanciano.

Regina non replicò. Si tolse la cintura con la spada e posò Stombringer su una panca di pietra, contro il muro. Il maestro d’armi si levò il mantello.

- Raccoglietela – tornò a dire Daniel, gentilmente, indicandole la spada di legno.

Regina la prese. Era molto pesante, quindi la sostenne con due mani.

- No, principessa. Non è così che si impugna. Non servono tutte e due le mani.

- É pesante.

- Certo, è fatta apposta perché possiate diventare più forte. Anche Stormbringer è pesante. – Daniel fece ruotare la sua spada, prima vicino al corpo e poi sopra la testa. Dopodiché la lanciò e la riprese al volo. Tutto con una sola mano. – Una mano è sufficiente.

Regina la impugnò con una sola mano.

- La Vostra postura è errata. Ruotate il corpo verso destra.

- C’è qualcosa che va bene, in me? – domandò, stizzita.

- Sono sicuro di sì. Ma ruotate il corpo verso destra.

Regina ruotò. Daniel le toccò il mento con la lama di legno perché sollevasse un po’ la testa.

Il maestro d’armi sorrise di nuovo. – Sì, non male. Siete piccola, ma questo va bene. Restringe il bersaglio. Sollevate la spada, per favore.

Forse è anche troppo piccola, stava pensando Daniel. Troppo giovane ed innocente per impugnare una spada come Stormbringer. Troppo piccola per un destino così grande.

Regina eseguì.

- La presa sull’elsa deve essere delicata, principessa.

- Ma potrebbe cadermi...

- Non cadrà. Vedete la spada come il prolungamento del braccio. Certo non permettereste al Vostro braccio di cadere.

- No, direi di no.

- Bene. Allora adesso impugnate bene la Vostra spada. Direi che possiamo cominciare. Vi sentite pronta?

Regina decise che quel giovane le piaceva. Le infondeva sicurezza; era gentile. Le piaceva il suo sorriso. – Sì, lo sono.

- Cercate di colpirmi.

Non si aspettava una richiesta del genere. Pensava che le avrebbe mostrato alcune mosse. Che le avrebbe detto come fare.

- Cosa aspettate? – Daniel piegò leggermente le ginocchia, puntandole contro la lama della spada.

Regina si mosse il più rapidamente possibile. Menò un paio di colpi obliqui verso Daniel, che li parò facilmente, per poi scartare di lato, quando Regina tentò un affondo.

Daniel le sorrise di nuovo. Puntò la lama contro di lei. Quando si muoveva sembrava davvero che stesse danzando. Erano movimenti agili, fluidi e armonici.

Regina lo attaccò ancora. Le lame legnose cozzarono. Daniel non ebbe difficoltà a parare ogni suo tentativo.

- Siete già stanca? – domandò, quando la vide appoggiare le mani alle ginocchia.

- No. – Regina tentò un fendente.

Daniel lo parò e poi la colpì al ventre con la punta della lama. – Siete morta.

Regina aggrottò la fronte. Provò un nuovo affondo. Il maestro d’armi lo parò e le restituì il colpo. La lama la raggiunse al petto.

- Mi dispiace. Vi ho uccisa di nuovo. – ripeté il maestro d’armi.

Sembrava che nessun colpo lo spaventasse o lo preoccupasse. Mentre si batteva, continuava a sorridere. Qualche volta, addirittura, ridacchiava, molto divertito. Non era mai stanco. Sul suo viso non c’era traccia di sudore, mentre su quello di Regina cominciarono ad intravedersi presto i segni della stanchezza.

Daniel la colpì ancora alle gambe e al ventre. – Oh, sì. Temo che siate decisamente morta.

- Vi prendete gioco di me?

- Niente affatto. Non potrei mai. Vi sto solo insegnando a combattere.

Tremotino, venuto a vedere come andava la prima lezione, si appoggiò ad una colonna e osservò. Anche lui era divertito. Regina aveva una gran voglia di imparare. Quella ragazzina testarda e un po’ ingenua sarebbe potuta diventare un’ottima combattente. Una regina che la gente avrebbe temuto.

E quando conoscerà la magia, sarà ancora più potente, oh sì. Sto facendo un bel lavoro. Bisogna solo avere pazienza.

 

***

 

 

Poco dopo la caduta di Snowing Castle.

 

Foresta di Rhun. Regno di Elohim. Est.

 

 

- Ora ti mostrerò come si impugna una spada, Emma. Sei pronta? - domandò Gawain, estraendo la sua spada lunga dal fodero appeso alla cintura. Aveva la lama più larga rispetto a quella della spada di suo padre.

Erano passate solo poche settimane dalla caduta di Snowing Castle. Le persone che erano riuscite a fuggire stavano ancora cercando un rifugio nelle terre di Artù oppure a ovest. Non tutti erano disposti ad accogliere i profughi. Il re era stato molto generoso da quel punto di vista, ma sfortunatamente certi lord dell’ovest non erano come lui.  

Il signore di Camelot aveva deciso di nascondere Emma nella foresta e di farla proteggere ogni giorno da uno dei suoi uomini. Vedere i cavalieri entrare e uscire da Camelot era una cosa normale, poiché Artù aveva spesso bisogno di mandare messaggeri negli altri regni, soprattutto nelle Terre dell’Ovest, a Deep Valley, dove viveva sua zia Morgause, signora del Lothian, ma non solo. Aveva amici e alleati con i quali si teneva sempre in contatto. Doveva risolvere scaramucce nei villaggi vicini, difendere gli ospiti diretti a Camelot dai banditi.

Emma aveva insistito a lungo perché gli allenamenti cominciassero al più presto. Aveva già visto suo padre combattere, alcune volte, durante le giostre soprattutto, quindi alcune cose le conosceva già. Ma era ansiosa di diventare brava con la spada. Di diventare più forte. Un vero cavaliere. E aveva anche bisogno di distogliere la mente da ciò che era accaduto alla sua città e ai suoi genitori. Aveva bisogno di non pensare all’odore del fumo, al calore del fuoco che aveva divorato il castello, allo sguardo pieno di dolore di David, a sua madre, alle urla della sua gente, al soldato in armatura nera con il melo impresso sul petto che la minacciava con l’ascia. Le sue notti erano già piene di incubi. Di giorno voleva la spada. Voleva combattere.

E avrebbe anche voluto rivedere il bel giovane che l’aveva portata in salvo e che era sempre stato un amico dei suoi genitori. Graham. L’uomo cresciuto dai lupi.

- Sì... - Emma aveva la propria spada davanti a sé. La liberò dal fodero. Era pesante per lei e per un momento barcollò, sconvolta dal suo peso. Poi raddrizzò le spalle.

Gawain si tolse il guanto scuro. La mano destra strinse l’impugnatura. - Devi tenere l’elsa senza stringere. Così.

Emma strinse un po’ l’elsa della sua arma. La sollevò. Si sforzò di mantenere il braccio fermo.

- Bene. Metti il dito indice nell’anello formato dall’incasso e dall’archetto. - Le mostrò incasso ed archetto, perché potesse capire meglio. Emma eseguì, dapprima con qualche difficoltà, ma poi corresse la posizione delle dita. - Tienila senza esporre il gomito, mi raccomando.

- Non sembra difficile.

- No, non lo è. Ma tu sembri anche molto dotata con la spada, Emma. Adesso... in guardia. – Gawain si posizionò con una gamba avanti, il ginocchio leggermente piegato e l’altra più indietro. Era ben bilanciato.

Emma alzò la spada, puntandola contro il cavaliere, che le aveva fornito cotta di maglia e piastre, nonché un piccolo scudo, perché potesse proteggersi.

- Sarebbe stato meglio usare delle spade di legno. – osservò Gawain.

- Non mi interessano le spade di legno.

- Potresti farti male.

- Fa parte dell’addestramento di un cavaliere, no?

- É vero. Ma Artù mi ha detto di proteggerti. Se dovessi farti male...

- Parlate così perché sono una fanciulla?

Gawain sorrise. – Fanciulla... fanciullo... per me non fa differenza. E un giorno sarai anche cavaliere. Io lo dico per te. Sei ancora inesperta.

- Farò del mio meglio per imparare in fretta.

- Non c’è bisogno di avere fretta.

Emma sferrò un colpo contro la spada di Gawain. Lui glielo restituì e, non appena le spade cozzarono, Emma perse la sua, che cadde sull’erba. La guardò, furiosa.

- Raccoglila. È pesante, lo so. Ma se ti allenerai ogni giorno, presto il suo peso non sarà più così importante.

Emma raccolse la spada.

- Proviamo un fendente. È un colpo dato dall’alto verso il basso. Con una mano oppure con entrambe.

Emma strinse l’impugnatura. Sollevò la spada con entrambe le mani e abbatté la lama su quella di Gawain. Il colpo riverberò nel suo braccio. Emma barcollò in avanti.

Colpisce più forte di quanto pensassi, pensò il cavaliere, stupito.

- Molto bene. – disse Gawain. – Hai perso l’equilibrio perché non eri ben piantata con i piedi. Ma sono sorpreso dalla tua forza.

Emma alzò gli occhi verdazzurri su di lui. Gawain, oltre ad essere un uomo paziente e un buon insegnante, non la faceva sentire una bambina. La trattava come un’allieva adulta. E a lei piaceva, questo. Non tutti si comportavano così. Quello grande e grosso, Agravain, il fratello di Gawain, la osservava sempre con occhio critico e scettico. L’aveva sentito mentre diceva a re Artù che non pensava fosse giusto che una bambina di neppure dieci anni usasse una spada e pensasse di diventare cavaliere.

- Tu a nove anni cosa facevi, Agravain? – l’aveva rimbeccato Artù, severamente.

- Beh, Sire, io...

- Avevi una spada. Tuo padre, Lot, già ti aveva affidato ad un maestro d’armi. Lo so, sei stato tu a raccontarmelo.

- Questo è vero, Sire, ma qui stiamo parlando di una fanciulla. É una bambina e...

- La tua preoccupazione è anche la mia. Ma diamo una possibilità ad Emma. Diamole la possibilità di dimostrare quanto vale. Perché vale molto, ne sono convinto.

Agravain aveva borbottato qualcosa e poi se n’era andato.

- Si chiama Narsil. - disse Emma a Gawain.

- La tua spada?

- Sì.

- Narsil è un bel nome. È un nome forte. Nar, fuoco. E Thil, la Luce Bianca. La lingua degli elfi è... una lingua potente. - Gawain, primogenito di Lord Lot del Lothian e di Morgause, la zia del re, era anche un uomo del quale ci si poteva fidare a prima vista; aveva il naso un po’ lungo e appuntito, le sopracciglia folte, i capelli scuri che gli arrivavano alle spalle e i suoi lineamenti non erano niente di eccezionale, ma aveva un sorriso luminoso e guardava la gente con sincero interesse.

- E la Vostra spada come si chiama, sir Gawain?

- Si chiama Gramr.

Emma esitò un istante. - Perché l’avete chiamata così?

- Quando ero piccolo mio padre soleva narrarmi una leggenda, che mi piaceva molto: parlava di un coraggioso cavaliere che possedeva una spada magica, con la quale ha ucciso un drago che infestava le sue terre e causava morte e distruzione...

- E la spada di quel cavaliere si chiamava così?

- Gramr, sì.

- Raccontatemi questa storia, sir Gawain – Emma sedette sul prato. – Ho proprio voglia di sentirla.

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NOTA: Dopo il prologo e questo primo capitolo, ci tenevo ad aggiungere alcune cose: questa storia si considera come storia a 4 mani. E' vero che sono stata io a scriverla interamente, ma lo spunto iniziale (che è la sigla di un cartone animato degli anni '80 incentrato proprio su Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda) e anche varie idee che sono state poi sviluppate nella storia appartengono ad un mio amico, fan di Once. Abbiamo progettato questa storia prima che Once introducesse i personaggi arturiani, di conseguenza Artù, Ginevra, eccetera, sono diversi sia fisicamente che caratterialmente da quelli che ci ha presentato Once, come avrete già capito. 

Vi ringrazio per essere qui a leggere, comunque. Spero rimaniate fino alla fine :)

   
 
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