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Autore: H_A_Stratford    16/07/2020    6 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo nove
 
“Tutto ciò che dobbiamo decidere è
cosa fare col tempo che ci viene dato.”
-J.R.R. Tolkien

 
Athena si alzò relativamente presto quella mattina e quasi si dimenticò di Spencer. Soprattutto del dettaglio irrilevante che stesse dormendo nella stanza degli ospiti in fondo al corridoio. Quasi andò nel panico quando realizzò che avrebbe dovuto fare colazione con tutta la famiglia. Maledetto Justin che proprio quel giorno l’avrebbe lasciata da sola.
Si preparò mentalmente al macello ma stranamente non ne ebbe bisogno.
Una volta scesa in cucina ritrovò Spencer leggere tranquillo il giornale e Mike controllare qualcosa al computer. Anche la madre era estremamente tranquilla mentre cucinava. Ad Athena sembrava di essere finita in un mondo utopico, ma dopo qualche minuto si ambientò. Era sempre stranita, ma aveva sentenziato che era meglio far finta di nulla e indagare in un secondo momento. Inoltre Spencer era tranquillo, andava tutto bene.
Fecero colazione tenendo la conversazione concentrata sul matrimonio, di cui Mike aveva ancora i postumi. Non era stato l’alcol il problema, ma la quantità di domande dei parenti che gli aveva azzerato i neuroni.
Non appena la ragazza ebbe occasione fece un piccolo cenno a Spencer di seguirla fuori dalla cucina e lui acconsentì in silenzio.
«Sei vivo!» quasi esclamò lei non appena misero abbastanza distanza tra loro e il resto della famiglia. Reid ridacchiò appena e scosse la testa. «Devo ammettere che è stato meno impegnativo del previsto» rispose il ragazzo stringendosi un po’ nelle spalle. Era felice, quella mattina si era alzato con il piede giusto. Inoltre poter vedere Athena appena sveglio era più bello di quanto avesse potuto ammettere.
«Ora – disse la ragazza aprendo la porta finestra per uscire in giardino – lo so che non sei un grande amante degli animali ma mi piacerebbe farteli conoscere» fece un cenno verso la stalla con gli occhi più dolci che potesse fare. Erano la sua parte preferita, probabilmente anche la più interessante della sua infanzia.
Spencer non poteva dirle di no, soprattutto non quando lo guardava così. «Sai sempre ottenere quello che vuoi, non è così?» borbottò Spencer poggiando un braccio intorno alle sue spalle per attirarla a sé. «Se mandi anche solo un secondo di video a Garcia o Morgan dovrai vedertela con me» aggiunse in un sussurro al suo orecchio prima di sorriderle e incominciare a camminare.
Athena scoppiò a ridere. A volte si dimenticava di quel lato di Spencer, era piacevole vedere come lo tirasse fuori sempre di più.
Ci misero qualche minuto a raggiungere la stalla che era stata già aperta dal padre qualche ora prima. I cavalli erano come figli per lui, soprattutto ora che quelli biologici avevano lasciato il nido.
«Ho passato qui dentro praticamente tutta la mia infanzia» ammise Athena facendo strada al ragazzo per raggiungere il primo box. Spencer annuì incerto, non era mai stato dentro una scuderia prima d’ora. «Questo è Byron, il mio cavallo» disse poi sorridendo al cavallo che si era già portato più avanti possibile sentendo la voce della padrona. Dire che i due negli anni erano stati inseparabili era dire poco. L’uno l’ombra dell’altra.
Spencer sorrise appena e si fece coraggio. Allungò la mano vicino a quella della ragazza per accarezzare il cavallo. Byron annusò appena la mano di lui e la lasciò posare sul suo muso. «Bravo ragazzo» mormorò Athena sorridendo al cavallo mentre passava la mano su tutta la sua testa per accarezzarlo.
«Hai mai cavalcato?» chiese poi girandosi verso Reid. Era sicura in una risposta negativa, ma era curiosa di sapere come avrebbe giustificato la sua totale mancanza di vicinanza con gli animali.
«Non credo - cominciò - sarebbe una buona idea». Spencer non era mai andato matto per le attività sportive, nonostante corresse dietro ai delinquenti. E soprattutto non andava matto per gli animali. La squadra chiamava questo fenomeno “Effetto Reid”. Tutti i quadrupedi lo respingevano inspiegabilmente e più stava alla larga, meglio era. Inoltre conosceva troppo bene le statistiche degli incidenti a cavallo, non avrebbe mai rischiato.
«Oh, andiamo! Con il lavoro che fai hai paura di cavalcare?» ridacchiò lei e Byron nitrì, quasi fosse cosciente della conversazione tra i due. Spencer si grattò il retro della nuca in imbarazzo. Non era per niente a suo agio.
«Okay, okay, facciamo così» disse Athena dopo qualche secondo di esitazione. «Io sello Byron, fai un giro con me e se non ti piace lo rimettiamo nel box e dimenticheremo la faccenda finché morte non ci separi» concluse dandogli la mano. Reid, molto esitante, gliele strinse.
L’inizio fu quasi disastroso, Spencer ci mise due tentativi prima di riuscire a salire e una volta fatto si strinse alla ragazza come mai prima. Athena dovette trattenere una risata per la reazione del ragazzo. Reid trattenne il respiro, invece, finché non uscirono dalla stalla. Poi il suo bisogno di ossigeno ebbe la meglio, ma rimase il panico per i primi minuti. Byron era tranquillo, Athena sapeva gestirlo perfettamente, ma il ragazzo era sicuro che anche l’animale stesse ridendo di lui.
«Ambientato?» chiese lei sentendo la presa di lui farsi più delicata sulla sua vita. Girò il viso per guardare il ragazzo che finalmente non aveva più il viso contratto dalla paura. Il ragazzo prese un respiro profondo come risposta e mormorò qualcosa talmente velocemente che Athena non riuscì a cogliere.
«Mi hanno messo su un cavallo non appena fui in grado di reggermi in equilibrio su due gambe» raccontò lei mentre uscivano dal recinto per fare una piccola passeggiata nei prati accanto. «Lo so, genitori dell’anno» ammise ridacchiando leggendo nella mente del ragazzo.
«In realtà volevo dire che studi scientifici hanno dimostrato che se il bambino…» iniziò a dire Reid ma si fermò di colpo. «Era un modo di dire, vero?» borbottò quasi offeso. Athena scoppiò a ridere e anche il cavallo nitrì. «Si, ero sarcastica».
Il loro momento idilliaco però venne interrotto da un Mike furente.
«Athena! – quasi tuonò correndole incontro – perché hai fatto il mio nome con la nonna?» continuò e Spencer si accorse di quanto i suoi occhi fossero simili ad Athena quando arrabbiata. Poco dietro la madre non poco preoccupata.
Athena in tutta risposta inarcò le sopracciglia poi, una frazione di secondo dopo, capì. «Era l’unico modo per scollarmela di dosso!» borbottò poi incrociando le braccia al petto. Mike, però, non voleva sentire ragioni.
«Cavallo. Io e te. Ora.» disse Mike puntandole il dito contro. Erano soliti a risolvere le cose in modo pratico invece che stare ore a litigare. «No, non siete più bambini! Risolvete la cosa qui e alla svelta» cercò di dire Susanne ma Mike aveva già fatto dietrofront per andare a sellare il suo cavallo e Athena aveva già fatto scendere Spencer più confuso che mai.
«Che vuol dire?» chiese subito Reid, andando verso Susanne con la fronte corrugata. Non sembrava la sua Athena, c’era qualcosa di diverso nel suo comportamento. Un minuto prima stavano parlando della sua infanzia e ora stava spronando il cavallo a raggiungere la stalla il più velocemente possibile.
«Vuol dire che si sfideranno a cavallo, lo fanno spesso. Uno dei due decide la specialità e chi vince prende la ragione su tutto. Faranno una corsa a cavallo e il primo che terminerà il giro avrà la meglio sulla discussione» gli spiegò brevemente dopo aver preso un respiro profondo. «Athena per allontanare la nonna ha fatto il nome di Mike, portandolo al centro dell’attenzione» continuò facendogli cenno di spostarsi per avere una vista migliore sui due ragazzi.
Spencer era leggermente agitato. «E lo fanno spesso?» chiese. Non sapeva bene come comportarsi o cosa dire. Era completamente estraneo a quella dinamica.
«Ogni volta che discutono» rispose la donna osservando Mike portarsi accanto alla sorella con il suo cavallo.
Né Spencer né Susanne dissero più una parola, entrambi immersi nei loro pensieri. I due ragazzi invece, dopo un piccolo scambio di parole partirono più veloci che mai.
Athena sapeva che Mike in curva l'avrebbe superata, si poteva dire che fosse la sua specialità. Non erano esattamente testa a testa, lei aveva qualche metro ma non sarebbe bastato. “Mamma mi ucciderà” pensò la bionda poco prima di spronare Byron a tirare dritto invece che iniziare curvare, cosa che avrebbe dovuto fare se non voleva schiantarsi contro gli alberi. Mike, anche se concentrato sulla sua traiettoria, urlò qualcosa di incomprensibile alla sorella. Spencer perse trent'anni di vita, non era un esperto ma sapeva bene quanto fosse folle, si sarebbe schiantata contro gli alberi, le probabilità non erano certamente a suo favore. Athena tirò le briglie verso destra un attimo prima che fosse troppo tardi, così da sorpassare di nuovo il fratello che aveva rallentato per la curva. Se non fosse stato per Byron così allenato, sarebbe decisamente finita peggio.
Athena tagliò il traguardo con qualche secondo di anticipo del fratello e fece rallentare Byron fino a farlo completamente fermare a qualche metro di distanza dalla madre e Spencer. Si tolse il casco mentre riprendeva fiato, Mike accanto a lei. «Tu sei folle» ansimò lui e Susanne stava già per andare in contro alla figlia per ucciderla. Non era di certo la sua prima follia ma sperava che con l’età si sarebbe calmata.
«Athena Elsa Williams, rifai quella cosa un'altra volta e sei morta!» esclamò la madre raggiungendola a gran passi. Mike ridacchiò, sapeva quanto fossero nei guai nonostante fossero già adulti e vaccinati. Ma la mamma era sempre la mamma. «E non pensare che non sia arrabbiata anche con te Michael John Williams!».
Byron sbuffò in risposta, come per lamentarsi per qualcosa. «Athena, dea della strategia militare e delle arti della guerra, dell'intelligenza e dell'astuzia. Sei tu che mi hai chiamato così, non posso farci nulla» rispose la ragazza facendole il verso, esattamente come faceva quando a sei anni combinava qualche pasticcio. Mike scoppiò a ridere. «Mamma, ci hai educato tu, dovresti saperlo come siamo».
Per un attimo Spencer rivide se stesso. Sorrise leggermente, aspettando che Susanne finisse la ramanzina contro i figli. Non voleva spiare o origliare la conversazione, era troppo personale e si sentiva di troppo.
 
Athena raggiunse Spencer sulla soglia di casa una volta aver riposto Byron nel suo box. Nonostante tutto sapeva che il cavallo aveva adorato il loro giretto.
«Allora...» mormorò lei sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio insicura sulla reazione di Spencer. Forse non era stata un’idea geniale quella di farlo davanti a lui.
«Per un attimo sembravi me» rispose lui corrugando appena la fronte, come se stesse rielaborando la cosa proprio in quel momento. Athena inarcò un sopracciglio. «Faccio davvero fatica a immaginarti così spavaldo» ammise cercando di non ridere ma quando il ragazzo scoppiò in una risata lei lo seguì a ruota.
Spencer avvolse il suo corpo tra le braccia e le lasciò un bacio sulla fronte. «Oh, ci sono ancora tante cose che non sai di me».
 
I due piccioncini erano seduti sotto il gazebo quando a Spencer venne voglia di leggere un libro e si alzò per andare in casa a recuperarlo. Viaggiava sempre con un paio di libri di scorta, giusto per stare sul sicuro. Era davanti alla porta di casa quando il telefono di lui iniziò a squillare.
«Telefono!» esclamò la ragazza prendendo in mano il telefono del ragazzo per fargli capire che stava suonando. Il ragazzo, non volendo fare due volte lo stesso tragitto, le disse di rispondere ed entrò in casa per recuperare il libro.
«Ehm, Spencer al momento non c’è» disse Athena senza neanche guardare chi stesse chiamando, tanto un numero valeva l’altro: non ne conosceva nessuno.
«Athena?» domandò Garcia balbettando, improvvisamente le spuntò un sorriso degno di passare alla storia. Non si aspettava che rispondesse lei ma ne era decisamente molto contenta.
«Oh, Penelope» disse la ragazza osservando il ragazzo tornare verso di lei. «Spencer sta arrivando, te lo passo» continuò il più veloce possibile prima che la ragazza potesse partire in quarta. Non avrebbe più risposto al telefono di Spencer, questo era poco ma sicuro.
«…Oh, il matrimonio è stato così meraviglioso. Il vestito era…» sentì Spencer una volta recuperato il telefono e ridacchiò appena. Povera Garcia, sempre a caccia di gossip. «Sono io Garcia, che succede?» si intromise Spencer, interrompendo il flusso di parole della ragazza che improvvisamente si ricompose e alla velocità della luce riportò le informazioni del caso che la squadra aveva accettato. 
 
Spencer scese dell'aereo e, come spesso accadeva, l'aria viziata d'omicidio lo colpì in pieno viso. Non sapeva come ma aveva la sensazione che sarebbero stati giorni interessanti. Prese il primo taxi disponibile e lasciò l’indirizzo all’autista per raggiungere il più velocemente possibile la sua squadra.
Garcia al telefono gli aveva comunicato che Hotchner lo avrebbe voluto a casa della seconda vittima dove era stata rapita. Si guardò attorno; la figura di Morgan si distingueva tra tutte le altre e poco distante a lui JJ stava parlando con un agente della polizia.
«Ragazzo? Ma tu non eri in vacanza a Boston?» chiese Morgan dopo aver riconosciuto la figura dell'amico.
«Esatto ero - disse - ma ora sono qui, e mi sento una persona del tutto sollevata» si portò davanti alla porta di casa e chiese: «Segni di infrazione?».
«Hai bevuto?» chiese Morgan dopo essersi tolto i guanti. «Come fai a sentirti sollevato dopo quattro ore di vacanza?» continuò ignorando completamente la domanda inerente al caso.
«La porta non è stata manomessa, avete controllato le finestre?» disse Spencer come se nulla fosse, ignorando l’amico. «Soggiorno breve ma intenso» tagliò corto quando vide che anche JJ aveva tutta la sua attenzione rivolta nei suoi confronti. 
«Sarà, come premio ti abbiamo riservato quindici anni di diari della prima vittima, sono già alla stazione di polizia» disse JJ alzando le mani in segno di resa prima di entrare nella casa, seguita da Morgan.
«Sempre a me, eh» borbottò Reid rimettendosi gli occhiali da sole cercando di mascherare una smorfia.
   
 
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