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Autore: MEBsSoul    16/07/2020    1 recensioni
John si sentiva oppresso dalla folla da tutta la vita. Ogni giorno, quando apriva bocca per dire qualcosa, doveva sempre ponderare attentamente ciò che avrebbe voluto dire. A volte mentiva, molto più di quanto voleva.
"Sono gay". Questo non doveva neanche pensarlo.
-
Lui non piaceva a nessuno, doveva essere lui ad adattarsi agli altri, perché non va bene che un ragazzo faccia il saccente, non va bene che un ragazzo trovi vera soddisfazione solo nel risolvere crimini, specie gli omicidi. Quindi meglio tentare una terapia che starsene con le mani in mano.
-
-So come potrei batterlo, ma ho bisogno della tua conferma.-
Non dovette pensarci molto.
-È più facile di come sembra. Non devi dargli uno schema.-
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Lestrade, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO 12


Era riuscito a evitare le domand
e di John. Aveva fatto finta di dormire e si era coperto con le lenzuola, in modo da non far vedere quanto fosse messo male. John la mattina si svegliava molto presto, praticamente arrivava sempre in anticipo alle lezioni. Sherlock, invece, era già tanto se le frequentava. Quel giorno sarebbe andato, ma di certo avrebbe prima aspettato che John fosse uscito.

Appena sentì la porta chiudersi, lanciò via le coperte e si alzò dal letto. Per prima cosa controllò i lividi sul proprio viso, il torace aveva smesso di fargli male. Il naso non era messo terribilmente, le labbra erano molto increspate e aveva uno zigomo violaceo.

Si vestì e andò a lezione.

 

***

La professoressa non aveva ancora cominciato a spiegare, di conseguenza la classe stava riempiendo la stanza con le proprie chiacchiere. Ma questo non salvò Sherlock dal ritrovarsi gli occhi di tutti addosso. Già di norma non era strano che accadesse, in più aveva l'aria di un reduce da una rissa e puzzava particolarmente di fumo. Ma ciò che gli creava problemi era che l'unico posto libero fosse, come d'abitudine in realtà, quello vicino a John. Andò a sedercisi, come se John non avesse avuto gli occhi spalancati fissi su di lui. 

Aveva deciso di provare davvero a seguire la spiegazione. Ma non poteva farci molto se questa non iniziava.

-Holmes?- la professoressa si stava avvicinando -Hai bisogno di...-

-Oh per piacere.- probabilmente avrebbe potuto interrompere anche il discorso di un dittatore con quel tono -Veda di dedicarsi alla lezione. Provare a farne una pensando anche a qualcosa che non la riguarda la renderebbe solo più penosa.-

Silenzio. 

Il rumore dei tacchi della donna che tornava alla lavagna.

-Dove eravamo arrivati l'ultima volta, ragazzi?-

***

In qualche modo, Sherlock era riuscito ad arrivare alla fine delle lezioni. Ma non avrebbe resistito un secondo di più. Appena suonata l'ultima campanella della giornata, uscì dall'aula per andare verso l'uscita della scuola. Ma ovviamente doveva ancora fare i conti con John. Quest'ultimo, gli era andato subito dietro, fermandolo appena fuori dalla classe.

-Sherlock chi ti ha ridotto così?- non rispose subito. Prima fissò lo sguardo sulla mano che John gli aveva stretto intorno al braccio per fermarlo. L'amicizia con John aveva smussato molto il suo carattere, almeno in presenza del biondo e quando era di buon umore, ma il contatto fisico continuava a infastidirlo. John capì e gli lasciò il braccio, ma continuò a tenerlo incatenato con lo sguardo -Sherlock.-

-Visto che avevi da fare, ieri sono andato a Londra da solo. Ho trovato un caso e ho fatto arrestare un uomo che ha pensato di lasciarmi un regalino.- era bravo a mentire, ma se c'era qualcosa in cui John era nettamente più bravo di lui, era capire le persone.

-No. Non è vero.- Sherlock alzò gli occhi al cielo sbuffando -Dimostramelo. Dimmi come si chiama e cosa ha fatto.- fortunatamente, aveva letto sul giornale di un assassinio avvenuto il giorno prima e non l'aveva ancora rimosso dalla mente.

-Ha soffocato un collega facendolo poi sembrare un suicidio. Il nome non l'ho chiesto, lo faccio solo se mi è necessario per le indagini, ma lui è rimasto sempre sulla scena del crimine, credendo fosse una mossa furba.- parlando non aveva mai interrotto il contatto visivo, sapeva che le persone la ritengono una prova di sincerità. In realtà John non era ancora affatto sicuro, ma lasciò correre.

-Sei andato in infermeria? Dovresti metterci del ghiaccio, non sembra affatto...-

-Sono andato in infermeria e ho messo il ghiaccio. E comunque è meno grave di quel che sembra.- il suo tono freddo era completamente in contrasto con quello preoccupato di John, il quale non seppe come replicare a un tale distacco. Avrebbe voluto almeno dirgli di pranzare, ma rimase in silenzio e immobile, guardandolo andare via.

A ridestarlo, arrivò Greg. Non poteva capitargli davanti persona migliore.

-Hey amico, tutto okay?-

-Mmh... Senti, non è che per caso hai sentito tuo padre tra ieri e oggi?- Greg alzò gli occhi al cielo.

-Sfortunatamente sì, voleva provare ad avere una conversazione decente parlando di un caso che ha risolto.-

-La vittima era stata soffocata da un collega?-

-Ehm, sì.- lo guardò confuso -Come fai a...-

-Ti ha detto se c'era anche Sherlock?-

-Non ne ha parlato. Quindi probabilmente non c'era, se ne lamenta sempre quando gli risolve i casi.- John chiuse gli occhi e sospirò.

Sherlock, cos'hai combinato?

***

Una sigaretta mentre aspettava il taxi all'uscita di scuola, una appena sceso dall'auto e ora una terza, mentre cercava una qualsiasi cosa che non fosse il luogo a cui più pensava.

Odiava il modo in cui stava reagendo. Era sempre rimasto indifferente ad attacchi del genere. Questo era stato particolarmente violento, ma non è che i precedenti fossero stati poi tanto leggeri. Ancora di più, odiava non riuscire a individuare ciò che lo stava facendo reagire diversamente. 

Vedi di farti i fatti tuoi, Holmes.

Ce l'avevano con lui per la sua vicinanza con John. Da quando erano diventati amici, John passava molto più tempo con lui piuttosto che a pensare ai suoi doveri di capitano. Ma le persone picchiano a sangue per questo? Certo, le emozioni umane portavano a cose che non avrebbero mai smesso di stupirlo, ma poteva essere sicuro che ci fossero dei limiti.

Ripensò a quando John gli aveva confermato di essere gay. Era terrorizzato all'idea che i suoi compagni lo venissero a sapere, già solo quando lui gli aveva detto di saperlo aveva avuto un attacco di panico.

Strinse la mano sinistra in un pugno, facendo un tiro di sigaretta particolarmente lungo e profondo, quasi volesse sentire i polmoni bruciare.

Dio, non poteva essere così emotivo. Proprio no.

Buttò la sigaretta, finita davvero troppo velocemente, e ne accese una quarta, arrendendosi ad andare nel luogo a cui continuava a pensare.

***

L'edificio sembrava la trasposizione in cemento delle persone che lo occupavano. Grigio, decadente, abbandonato, pieno di crepe. Era isolato dal mondo, non sembrava poter avere più un impatto positivo sull'esistenza di nessuno.

In fondo, anche lì Sherlock era diverso da tutti. Non si era ancora sgretolato in mille pezzi come le persone a cui stava passando accanto. Non era la più pura delle anime, certo, ma aveva quel qualcosa che ti faceva sperare. Anche se in quel momento, era difficile vedere qualcosa che non fosse un ragazzo come tanti abbandonato alla dipendenza, appeso al filo ingannevole cui la droga ti lega. Aveva un viso abbastanza maturo da poter passare per maggiorenne (non che importasse davvero a qualcuno, lì dentro), eppure a vederlo vagare là dentro, circondato da corpi di persone accasciate e ricoperte da strati di qualsiasi cosa potesse tenere caldo, tra le mura spesse e opprimenti, sembrava infinitamente piccolo.

Aveva un posto segreto in cui teneva la propria scorta. Al secondo piano, in una stanza piccola e poco usata, forse un tempo uno studio, c'era un punto in cui il battiscopa era staccato dal muro, ma ce se ne accorgeva solo se si andava a smuoverlo appositamente. Dietro, c'era un buco nella parete abbastanza profondo per quel che gli serviva metterci. In ogni stanza, erano sparsi almeno un paio di fornelli a gas, di quelli da campeggio, e pentolini vari. Si potrebbe quasi dire che fossero lì da sempre. Ne prese uno di entrambi e mise a scaldare dell'acqua. Sembrava stesse guardando l'acqua in attesa che iniziasse a bollire, ma ai suoi occhi si alternavano le scene più disparate.

Quando l'acqua si scaldò abbastanza, ne prese un cucchiaio, anche questo nascosto nel muro, e vi fece sciogliere l'eroina. C'erano anche una scatola, stretta e lunga, e un laccio emostatico, che si legò attorno al braccio sinistro. Sollevò il coperchio della scatola e per un istante si fermò a guardare la luce che scivolava sulla superficie curva della siringa, poi la intinse nell'acqua rimanente per sterilizzarla.

L'ultima volta era stata appena prima di cominciare la scuola, quando i suoi genitori l'avevano ufficialmente iscritto. La prima volta aveva quindici anni. Aveva trovato quel posto mentre risolveva un caso e da allora era diventato sempre più familiare. Solo Mycroft sapeva qualcosa a riguardo, di sicuro più di quanto Sherlock gli avesse detto, ma almeno nei periodi scolastici riusciva a tenergli nascoste alcune cose.

L'ago si insinuò lentamente nel suo braccio, aveva imparato che la lentezza era la cosa migliore. E lentamente, sentì che la sostanza cominciava a fluire nelle sue vene.

Appoggiò la testa contro il muro, chiuse gli occhi e aprì le porte del proprio palazzo mentale.
 

Angolo Autrice:

Ho pubblicato prima del solito :D
Come capitolo è abbastanza di passaggio, però devo dire che mi sono divertita a scriverlo. Forse perché erano le quattro di notte, ma okay.
Spero vi sia piaciuto, nel caso fatemelo sapere con un commentino :3

   
 
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