Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: rhys89    15/08/2009    3 recensioni
Una storia nata in un pomeriggio d'estate.
Una storia comune, forse, ma non per questo meno intensa.
Una storia fatta per chi non si ferma alle apparenze, perchè, sotto la superficie, c'è un mondo intero da scoprire.
Un filo d’erba ingiallito per ogni sorriso negato, un fiore appassito per ogni festa interrotta…
Il primo albero seccò il giorno stesso della nomina di quel ragazzo a primo sceriffo.
Era un pesco.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Angolino dell'autrice


Salve a tutti! ^_^
Allora, che dire... vi devo confessare che ero restia a pubblicare questo racconto... Ok lo ammetto, ne sono un po' gelosa... soprattutto considerando la storia di com'è nato: era l'estate scorsa, periodo d'esami di maturità -_-, e in teoria avrei dovuto studiare... ma si è acceso come un fuoco nella mia testa, dapprima piccolo, poi sempre più grande, fino a diventare un vero e proprio incendio. Mi sono quindi messa al computer e... in poche ore è nato Orgoglio e Amore. Non ho nemmeno avuto bisogno di correggerlo, e questo per me è un record mondiale... XD
Non so se vi è mai successo di scrivere totalmente liberi, come se fosse qualcun'altro a dettarvi le parole... giuro, è una sensazione fantastica... ed è quello che ho provato io in quelle ore (che tra l'altro sono a dir poco volate)
Così, dopo molti ripensamenti, eccomi qui a condividere questo mio epillio (dal greco: racconto di breve durata ma molto curato) con voi. Spero che vi piaccia...
Vi avverto che, nonostante l'apparenza del titolo, non sarà una cosa semplice, anzi... ci sono molte cose che, sicuramente, alla prima lettura passeranno inosservate... particolari importanti ma che si possono capire solo dopo aver letto il finale...
Adesso vi lascio, spero di non avervi annoiato troppo! XD XD XD

Buona lettura a tutti!! ^_^


Orgoglio e Amore


Un giorno come tanti. Tirava un forte vento, freddo e impietoso… come sempre. Le foglie ingiallite soccombevano al suo tocco e tutto l’arido paesaggio di campagna sembrava sussurrare la propria inferiorità, in una muta preghiera di pace, ignorata.
Granelli di polvere volteggiavano nell’aria attorno ad una figura scura che sapeva di potere, volando davanti ai suoi occhi carbone senza però osare avvicinarsi di più, quasi avessero paura… come tutto il paese, del resto.
Lo sceriffo scacciò mollemente quei moscini fastidiosi e si diresse verso il saloon. Le strade erano deserte, l’ordine regnava sovrano.
Le porte del locale si aprirono con un cigolio rivelando ai pochi avventori la presenza del nuovo arrivato.
L’uomo si sedette al bancone, lanciò al barista uno sguardo eloquente e poco dopo assaporava la sua bevanda preferita.
Una mano scarna salì fino al cappello di cuoio per liberare una cascata di fili argentei, un tempo più neri di una notte senza luna.
Sorseggiando il liquore ambrato sentì la porta aprirsi di nuovo ed entrare una donna con un neonato in braccio ed una bambina per mano.
La piccola corse veloce dal padre, seduto in disparte assieme a pochi uomini, e rise felice quando lui la sollevò in aria facendosela ricadere dolcemente in braccio.
L’uomo scuro poggiato al bancone terminò velocemente i pochi sorsi rimasti nel bicchiere, lanciò al proprietario qualche moneta ed uscì a passo svelto calcandosi di nuovo il cappello sulla fronte.
Quell’improvviso trillo argentino aveva riscosso l’intera stanza dal torpore e la cosa avrebbe potuto degenerare: sedie spostate, tavoli allontanati, facce stravolte in buffe espressioni e canzoni stonate urlate nell’aria… Decisamente una situazione troppo caotica e lui per il SUO villaggio desiderava, no, esigeva, la tranquillità.
Era per questo che se n’era andato. Per questo aveva fatto finta di non pensare alle possibili conseguenze. Per questo quella sera, dato che mancava ormai poco al tramonto, avrebbe finto di addormentarsi presto, lasciando, nell’oscurità della sua camera, che un lieve sorriso, nascosto dalla barba incolta, increspasse le labbra sottili, e si sarebbe finalmente rilassato, cullato dalle grida di gioia dei suoi compaesani.
Ci teneva davvero a quelle persone, semplici eppure importanti, tanto da sentire la necessità, in situazioni come quella, di farsi da parte, e lasciare che gli eventi corressero spontanei… ma con le orecchie sempre tese e le gambe, prestanti nonostante l’età, pronte a scattare per ristabilire l’ordine in caso di bisogno.
Non si poteva permettere di mostrarsi debole, ne andava della sua reputazione tanto duramente conquistata.
E la vita andava avanti così in quella cittadina isolata dal mondo: per le vie solo sorrisi sinceri, amichevoli strette di mano o cordiali gesti col capo.
Gli uomini erano tutti onesti lavoratori, le donne massaie affettuose, i vecchi saggi consiglieri e i bambini monelli volenterosi.
Da anni non si vedeva un malvivente in paese… come da anni non si vedeva una foglia verde sugli alberi che lo circondavano: da quando un ragazzo, allora giovane, aveva fatto ritorno nella sua terra natia dopo essersene allontanato per molti inverni, la natura non era più stata quella di prima. Anzi. Era decaduta, sempre di più.
Un filo d’erba ingiallito per ogni sorriso negato, un fiore appassito per ogni festa interrotta…
Il primo albero seccò il giorno stesso della nomina di quel ragazzo a primo sceriffo.
Era un pesco.
Gli agricoltori scoprirono presto che le verdure crescevano ancora rigogliose ed i fruttivendoli osservarono stupiti che il raccolto era abbondante, ma i fiori colorati non c’erano più.
Ogni cosa inutile era caduta in rovina, anche se la terra non li aveva abbandonati del tutto.
La situazione sembrava disperata agli abitanti, da sempre abituati a lasciarsi andare nell’esplosione di colori che li avvolgeva assieme ad un dolce profumo ed ora costretti ad una calma esasperante.
Tuttavia dovevano ammettere che il giovane si impegnava davvero nel suo lavoro, tanto che, in breve tempo, era riuscito a cacciare tutti i banditi che dapprima scorrazzavano liberi per il paese.
Li proteggeva, spesso rischiando la propria vita, e alla fine si convinsero di poter rinunciare alle feste per un bene più grande: la serenità.
Ed i giorni passarono tranquilli.
Poi un’alba, più luminosa delle altre.
Lo sceriffo era già in piedi, girando attento per le vie ancora dense del silenzio della notte, quando vide una figura stagliarsi all’orizzonte.
Non gli diede troppa importanza: ormai si era abituato agli avventurieri di passaggio.
Tuttavia decise di controllare. Era l’istinto a guidarlo, l’istinto che stavolta fosse diverso, anche se non si spiegava come.
Ma un pensiero più lucido lo fece ragionare: poteva essere un bandito o un ladro a quel che ne sapeva, e lui aveva il dovere di proteggere i suoi concittadini.
Si soffermò così nella piazza principale attendendo lo straniero, che velocemente lo raggiunse. Smontò con grazia da cavallo e gli si pose di fronte.
Il bagliore accecante del sole impedì all’uomo di vederlo in viso. Notò solo che era poco più alto di lui ed aveva abiti chiari, semplici ma curati.
«Che vuoi, straniero?» Domandò, imperioso.
L’altro tuttavia non diede nemmeno segno di averlo sentito. Con passo sicuro si diresse verso la staccionata e legò il suo compagno di avventure, accarezzandolo piano.
I suoi capelli biondi si confondevano con il bianco della criniera dell’animale, intrecciandosi in una danza quasi sensuale.
Ma allo sceriffo non piaceva essere ignorato. Senza muoversi da dove era, si rivolse nuovamente al giovane.
«Sei sordo, straniero?»
«No, ci sento benissimo, vecchio
Lo guardò intensamente. Un lampo di sfida passò in quegli occhi dal colore indefinito, forse verde, forse oro. La pelle non ancora sciupata da rughe o cicatrici tesa in un sorriso impertinente.
«Ed allora rispondi, moccioso.» Riversò tutto il proprio disprezzo in quell’ultima parola.
Il ghigno dell’altro si attenuò. Bene, aveva capito con chi aveva a che fare.
«Soltanto visitare il paese… posso?» Il tono era nuovamente ironico e la tensione, mai allentata, era palpabile attorno ai due, fermi nella piazza a quell’ora del mattino, senza smettere di fissarsi.
Sembrava che il ragazzo si divertisse a provocare quello strano vecchio.
Questi però non gli diede soddisfazione. Sibilò soltanto «Non mi riguarda… ma non fare casini.» prima di sparire nelle luci del sole, ormai sorto.
La voce del nuovo arrivo si sparse in fretta e tutti trovarono una scusa per avvicinarlo e per scambiarci due parole.
Il giovane rispondeva sempre allegro, sorridendo cordiale, e nel giro di poche ore aveva conosciuto e conquistato tutto il paese.
A fine giornata sembrava proprio uno del posto.
Lo sceriffo lo aveva osservato a lungo, in disparte, indeciso se intervenite o meno.
Lo aveva visto giocare con i bambini, aiutare le donne a portare le buste pesanti, ed ora lo vedeva scherzare nel saloon con gli uomini, ricevendo calorose pacche sulle spalle che facevano sobbalzare la sua figura minuta.
Le tenebre della notte portarono sollievo al vecchio che, solitario, beveva lentamente il suo liquore, senza però gustarselo appieno, immerso com’era nei suoi pensieri.
Con la luce del giorno, si diceva, se ne sarebbe andato anche quel fastidioso forestiero.
Lo aveva tenuto d’occhio, e aveva notato che, in tutta la giornata, non aveva mangiato né bevuto nulla, se non un frutto raccolto di nascosto e qualche sorso alla fontana della piazza dove l’aveva incontrato quella mattina. Era evidente che non aveva soldi e che non avrebbe potuto permettersi una camera nella locanda.
I suoi sospetti si rivelarono fondati e, dopo ancora molti, interminabili minuti, il biondo si alzò, congedandosi dai compagni, sostenendo di voler riprendere la strada in cerca di nuove avventure.
Sorrise internamente il vecchio sceriffo, ma quello che sentì dopo lo congelò, facendogli quasi cadere il bicchiere di mano.
«Ma non vedi che ormai è notte? Fermati in paese, partirai domattina.»
A parlare era stato il locandiere che, all’improvviso imbarazzo del giovane, aggiunse.
«Abbiamo capito che non hai soldi, ma non preoccuparti, mi ripagherai lavorando: ho giusto bisogno di un po’ di aiuto per sistemare le camere.»
Con un sospiro una figura scura uscì dal locale e si diresse verso casa, la schiena stanca come non mai.
Sospettava che la partenza sarebbe stata rimandata ancora e ancora… e con questi angosciosi pensieri si coricò.
Purtroppo per lui scoprì di aver avuto maledettamente ragione. Infatti non solo lo straniero, se poteva ancora definirlo tale, aveva trovato lavoro alla locanda, ma ogni giorno era invitato a pranzo o cena da questa o quella famiglia, i bambini lo chiamavano a fare tutti i giochi possibili e la sera c’era sempre qualcuno che gli offriva da bere. Sembrava che tutti facessero a gara per avere la sua compagnia.
Ed i giorni passavano ancora, ma qualcosa era cambiato.
Per le strade non c’era più tranquillità, ma un caotico viavai. Dalle case non si udivano più soltanto le dolci ninnananne ma anche rumorosi battibecchi. Del saloon neanche a parlarne: il vecchio sceriffo aveva persino smesso di frequentarlo tanto era diventato rumoroso e inquieto.
Ma ancora non si decideva ad intervenire.
O meglio, ci aveva provato, un giorno, quando aveva visto dei bambini litigare in strada per una palla.
Ricordava bene quei momenti: nelle notti insonni li riviveva continuamente, come a rallentatore.
Si era avvicinato ai piccoli con passo sicuro, guardandoli severo e sottraendo l’oggetto conteso.
Si sentiva nel giusto, dopotutto era compito suo ristabilire l’ordine. Eppure gli occhi dei compaesani esprimevano… rimprovero?
Non capiva.
Poi una donna gli si avvicinò.
«Non le sembra di esagerare, sceriffo? Dopotutto sono bambini…»
Allungò la mano, e lui, come in trance, vi lasciò cadere il giocattolo. Lo vide riconsegnato ai piccoli che, felici, presero a giocare tutti assieme. Si accorse appena della folla che si era diradata e percepì su di sé due occhi verdi che lo fissavano intensamente.
Non raccolse la sfida però, non quella volta, ma tornò subito a casa, sebbene fosse ancora presto.
Non si fece vedere in giro per tutto il giorno. E il giorno dopo. E quello dopo ancora.
Poi, al quarto giorno di solitudine, il senso del dovere ebbe la meglio ed il tutore dell’ordine concesse di nuovo al paese la sua protezione.
I giorni seguivano le albe ed a loro seguivano i tramonti, poi le notti e di nuovo l’alba, in una giostra senza fine.
La vita ormai era cambiata in paese, tutti se n’erano resi conto. Lontani erano i tempi in cui regnava la pace e la tranquillità. Lontani i tempi in cui al sorvegliante bastava una parola per ristabilire l’ordine.
Eppure l’aria era più… viva.
Le grida, i sussurri, i pianti, le risate… tutto vorticava in un arcobaleno di suoni tanto intenso da stordire.
Il vecchio sceriffo lo sapeva meglio di tutti e, osservando le gemme che, dopo tanto tempo, brillavano di nuovo sugli alberi e nei cespugli, ripensava a quel primo giorno in cui si era sentito… inutile.
Inutile, come quei fiori che tanto disprezzava perché sottraevano nutrimento alle piante che sostentavano l’uomo.
Osservò astioso la natura che si risvegliava, senza realmente avercela con lei. Soltanto con quella situazione… soltanto con lui. Quel biondino da strapazzo che aveva minato la sua tranquillità ed aveva stravolto il suo angolo di paradiso…
Come si era permesso di venire all’improvviso, da chissà dove, e trasformare così i suoi concittadini? Come si era permesso di confonderli? Come si era permesso di far scoprire loro il dolore?
Sì, dolore, perché da quando quel moccioso era entrato nelle loro vite, non passava giorno che per le vie non risuonassero singhiozzi, talvolta sommessi, talvolta disperati.
Non voleva accorgersi, o davvero non ci riusciva, dei sorrisi che seguivano, tra i più belli e luminosi che lui stesso avesse mai visto.
Urla improvvise lo risvegliarono dal torpore dei propri pensieri. Alte, acute e colme di risentimento.
Le seguì senza fatica e si ritrovò nella piazza. In quella piazza. Quella dove era cominciato tutto.
Della scena che gli si parò davanti non percepì che pochi dettagli: visi contorti dalla rabbia, lacrime che indisturbate inzuppavano le vesti… poi una mano sollevata, il sibilo dell’aria… ed infine il chiaro suono di una guancia colpita.
Non si curò della folla, lo sceriffo, cercò soltanto con gli occhi un viso che, ne era certo, non sarebbe mancato.
E lo vide.
Vide quel volto serio tra tanti volti anonimi. Vide i capelli biondi che lo incorniciavano. E, una volta raggiuntolo, vide il suo sguardo, odiosamente tranquillo.
Disse soltanto «Seguimi.», poi si incamminò fuori dal paese.
Si voltò solo arrivato in un luogo adatto, per vedere in faccia il suo avversario. Quel confronto era indispensabile e lo sapevano entrambi. Anzi, avevano aspettato anche troppo. Fu il più anziano a parlare per primo, rompendo quel silenzio carico di tensione.
«Che vuoi, straniero?»
Il giovane sorrise. Un sorriso di sfida, ancora una volta.
«Memoria corta, nonno?»
L’altro non si fece intimidire.
«Intendo cosa vuoi veramente. Mi sembra chiaro ormai che la tua non sia una semplice visita. Quindi rispondi.»
Ancora quel sorriso. Poi parole cariche di scherno. Parole che feriscono più di lame affilate.
«Ma sentiti. Non sei più nessuno e vuoi ancora fare il gradasso! Rassegnati, vecchio, il tuo tempo è passato.
Comunque - proseguì come se niente fosse - non ti ho mentito allora e non lo farò adesso: volevo visitare il paese, per questo sono venuto. Poi però mi ci sono trovato bene, quindi sono rimasto. Fine della storia.»
A quel punto l’uomo non ci vide più. Aveva sopportato fin troppo quel moccioso arrogante, ora voleva… no, doveva… fare qualcosa. Per i suoi concittadini… e per se stesso…
Ed urlò. Urlò come mai aveva urlato. Lui, sempre così pacato e freddo, ora sputava su quella faccia arrogante tutto il veleno che aveva accumulato per colpa sua. Gli gridò che era il demonio, che aveva rovinato tutto, che aveva fatto soffrire le persone del paese
Infine gli ingiunse di andarsene, per sempre, e lo spinse lontano come per sottolineare con i gesti le sue parole.
Ma fu allora che accadde.
Il giovane stava in posizione di difesa fin dall’inizio della sfuriata, e quando si sentì spintonare reagì d’istinto, colpendo a sua volta.
Lui crollò all’indietro, sul prato che stava lentamente riprendendo colore. L’altro, invece, perse l’equilibrio, si aggrappò ad una radice sporgente, ma le deboli braccia non lo sostennero.
E cadde.
Sprofondò in quello stesso dirupo che aveva tanto apprezzato poiché proteggeva il suo amato paese. Raggiunse il fondo con un tonfo cupo e chiuse gli occhi, immobile.
Intanto il ragazzo si era alzato ed aveva iniziato a calarsi velocemente nel crepaccio, sperando ardentemente che non fosse troppo tardi.
Raggiunse l’esile figura nera che giaceva scomposta. Le si accucciò accanto, si tolse la giacca e vi poggiò sopra la sua testa.
«Non volevo.» Disse soltanto.
L’uomo aprì lentamente gli occhi per incontrare i suoi. Nero e verde si intrecciarono, comprendendosi, senza bisogno di parole inutili.
«Lo so.» Rispose altrettanto semplicemente. Poi sollevò lo sguardo, e si bloccò. Sembrava congelato. Presto però il suo viso si addolcì incredibilmente.
L’altro seguì con gli occhi la stessa direzione e vide tutto il villaggio radunato sulla soglia del crepaccio dove loro si trovavano, attirati dalle urla di poco prima.
I più coraggiosi cercavano di scendere, i vecchi tenevano i bambini lontani mentre gli altri si consolavano a vicenda, stretti in teneri abbracci.
Era uno spettacolo che scioglie il cuore e che, ormai lo sceriffo lo sapeva, era merito esclusivo di quell’arrogante biondino che, un bel giorno, era piombato nelle loro vite, stravolgendole.
Sorrise, il vecchio. Un sorriso aperto e sincero, come mai si era concesso.
Si rivolse al ragazzo con occhi appannati e disse piano:
«Promettimi che ti prenderai cura di loro.»
«Ok.»
«E promettimi che li proteggerai e che non li farai soffrire.» La sua voce era sempre più debole.
«Questo non posso farlo, vecchio.» Rispose, impertinente come sempre… ma sincero.
Sbuffò divertito lo sceriffo: in fondo se l’aspettava quella risposta. Con le ultime forze sussurrò:
«Promettimi almeno che ne varrà la pena.»
«Certo…» Sussurrò l’altro di rimando.
Il sorriso sul volto dell’uomo divenne ancora più luminoso. Poi volse la testa, chiuse gli occhi e, finalmente felice, spirò.
«… te lo prometto.»
E così dicendo il giovane si sollevò da terra. Attorno a lui sentiva i pianti disperati, avvertiva la tristezza nell’aria, ma non poteva fare niente, non ancora
Con l’aiuto di alcuni uomini scavò una buca al limitare del villaggio, poi vi depose il fragile corpo. Ancora su quel volto scarno aleggiava il suo ultimo, ed unico, sorriso.
Infine se ne andarono anche loro, ciascuno a riprendere la propria vita.
Il sole calava di nuovo, incurante dei sentimenti umani, e le ombre avvolgevano ancora quel paese in un immutabile abbraccio.
Il locandiere spense la candela sul comodino e si coricò, stringendo le coperte per difendersi dal vento che aveva ripreso a soffiare.
Poco distante un piccolo fiore volteggiava in aria fino a posarsi su un mucchio di terra, ancora fresca.
Sarebbe stato rosa, ma nelle tenebre nessuno avrebbe visto la differenza tra lui, la corteccia dell’albero da cui si era staccato o la lapide che esso sembrava proteggere.
E, nelle tenebre, nessuno avrebbe potuto leggere la breve iscrizione su quella lapide:

Qui giace Orgoglio,
nobile uomo, impeccabile sceriffo.

Una brezza un poco più forte sollevò ancora quel fiore delicato, trasportandolo verso l’unica finestra ancora aperta.
Il ragazzo biondo lo carezzò distrattamente, inspirando il suo profumo di pesca e ripensando agli ultimi avvenimenti.
Qualcuno quella sera gli aveva chiesto, senza convinzione, di divenire il nuovo sceriffo.
Sapeva che gli veniva offerto un grande onore, e sapeva anche che quello sarebbe stato il modo migliore per mantenere la promessa fatta…
Ma aveva rifiutato.
Sì, perché, sopra ogni cosa, sapeva che non era tagliato per quel lavoro: si sarebbe sentito in gabbia.
E lui, Amore, non avrebbe potuto viverci, in gabbia.




Angolino dell'autrice bis

Ari-salve! ^^''
No, la mia non è mania di protagonismo (seee, come no -_-), volevo solo riportare la frase che ha dato vita al racconto, frase che, per ovvi motivi, non ho potuto citare all'inizio:
L'amore uccide l'orgoglio.
Spero vi colpisca come ha colpito me, favolosamente profonda nella sua apparente sempicità... ^_^

   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: rhys89