Ti dono il
mio cuore
Con
un sorriso malizioso lo guardò da lontano, circondata dalla solita cerchia di
amiche canterine.
Giocavano
alla “Signora Cathrine beve il tè”, tra urla di divertimento e risate sguaiate.
Era
la prima volta che la vedeva, anche perché non era mai stato nel parco
dell’ospedale prima di allora.
Indossava
un pigiama arancione, che risaltava maggiormente il colore dei suoi occhi.
Un
blu così intenso che riusciva a distinguerlo facilmente, seppur si trovasse a
metri e metri di distanza.
Trovò
abbastanza noioso il fatto che un formicolio gli invase lo stomaco, quando lei
lo chiamò.
Il treno continuava la sua corsa veloce,
imperterrito e noncurante dei due giovani nascosti ai due sedili dell’ultima
carrozza, che si tenevano per mano senza guardarsi negli occhi.
Il ragazzo fissava il paesaggio al di là
del finestrino, sentendosi leggermente in colpa per quello che stava facendo.
Erano scappati, fuggiti via da quella
stanza claustrofobica dalle pareti bianche, in cui l’unico colore vivo erano gli
occhi ancora splendenti della ragazza seduta al suo fianco.
Di sottecchi la guardava, un po’ seccato
da quella situazione, chiedendosi se stessero facendo la cosa giusta.
A soli diciotto anni non sai mai cosa
dovresti o non dovresti fare.
Shikamaru Nara era sempre stato piuttosto
maturo per la sua età, un gradino sopra di lei per lo meno, così scalmanata e
mai tranquilla, nonostante i mille problemi che la vita le aveva messo contro.
Sussultò quando l’indice di Ino Yamanaka,
sua amica e qualcosa di più da tempo immemore, accarezzò piano il dorso della
sua mano.
Shikamaru interpretò quel gesto distratto
come un “Ehi, sono qui, ti ricordi?”.
Cercò di sorridere, ma l’unica cosa che
le sue labbra riuscirono a mostrare fu un ghigno amaro, per nulla piacevole
alla vista, tanto che la bionda arricciò la bocca in una brutta smorfia.
«C’è qualcosa che non va?», gli domandò
leggermente piccata, leggermente nervosa, leggermente tutto.
Non le piaceva l’idea di essere scappata
dai suoi genitori, senza lasciare biglietti o post-it. Erano sicuramente
preoccupati.
Però, in un remoto – ma non più di molto
– angolo del suo cuore sentiva il sangue sprizzare gioia.
Egoista, si disse, ma innamorata.
Si strinse maggiormente al suo corpo,
posando un bacio casto ed innocuo sulla spalla del giovane, che sbuffò
sonoramente.
«Qualcuno potrebbe prenderti per una
maniaca, seccatura»
Ino ridacchiò, picchiandolo con poca
forza su un braccio. Una volta ne avrebbe avuta di più..
«Baka, so che in realtà vorresti
chiudermi nel bagno e farmi tua. Credi che non abbia capito il tuo scopo?», chiosò
con un sorriso mefistofelico sul volto particolarmente etereo, facendo
arrossire d’un botto il giovane Nara.
Quest’ultimo si premurò di coprire le sue
gote, sbirciando tra le fessura delle dita Ino ridere con gusto.
«Seccante, ecco cos’è questo viaggio»,
borbottò prima di chinarsi su di lei e far cozzare le loro labbra in un bacio
non del tutto casuale, non del tutto innocente, non del tutto romantico.
Un bacio che sapeva un po’ di amarezza,
un po’ di rabbia e un po’ d’amore.
Ino si aggrappò a lui con forza, come se
non fosse in grado di reggersi di fronte a tutto ciò.
«Sposarci?»
Ino
annuì con vigore, mentre intrecciava margherite e violette nel tentativo di
comporre una ghirlanda floreale.
Shikamaru
dovette ammettere che non se la cavava male, ma il suo pensiero era del tutto
rivolto all’assurda domanda che lei gli aveva appena posto, con il solito
sorriso sulle labbra di chi sa già che otterrà ciò che vuole.
«Abbiamo
dieci anni, Ino!»
«Dico
tra una decina di anni, Shika-chan, quanto sei sciocco!»
Tra
dieci anni, pensò lei con amarezza, quando forse non ci sarò più e non potrò
più rimproverarti per la tua pigrizia.
«Tuo
padre mi staccherebbe la testa, Ino. Sai che seccatura?»
Con
un cipiglio offeso, la ragazzina mollò a terra la ghirlanda, avvicinandosi
all’amico con passo pesante.
«Non
ti piaccio, Shikamaru?!», strillò con voce leggermente isterica e offesa,
mettendosi le mani sui fianchi.
Shikamaru
deglutì, ritrovando in lei la perfetta coppia della madre.
«Non
ho detto questo», sussurrò completamente in imbarazzo, cercando di non fissarla
negli occhi.
Sapeva
che quei due pozzi blu l’avrebbe fatto cedere come nulla.
Amava
– anche se non le avrebbe mai detto nulla – quella sua peculiarità.
«Bene»,
disse Ino in quel momento, soddisfatta dalla risposta, «allora possiamo
sposarci!» e ritornò alla sua ghirlanda, canticchiando sottovoce una canzone
stonata ma piacevole, che gli fece battere il cuore.
Un
cuore che, se avesse potuto, avrebbe donato solo ad Ino, per poter rimanere con
lei in eterno.
Seppur avesse un’espressione seccata e di
noia stampata sul viso, Shikamaru accettò senza fare storie la mano che Ino gli
porgeva, stringendola nella sua, molto più grande e calda.
«Sai, quando fai così», Ino sollevò le
mani intrecciate, «il mio cuore inizia a battere come un pazzo. Sembra che non
sia mai stato così vivo»
Solo lui avrebbe potuto capire la gravità
di quelle parole, gettate al vento come pane per gli uccellini, che
canticchiavano allegri sopra le loro teste in quell’istante, mentre lei lo
fissava con un sorriso felice ed appagato.
«Il tuo cuore è sempre stato vivo,
stupida»
Le scappò una risatina leggera, che lo
fece infuriare.
«Smettila, o ti riporto indietro. Sai
meglio di me che non dovremmo essere qui, ogni passo è un gesto di fatica per
te», per il tuo cuore di cristallo.
La bionda spalancò gli occhioni blu,
sollevandosi sulle punte e facendo svolazzare leggermente la minigonna viola
che indossava.
Poggiò le labbra sulla guancia di
Shikamaru, veloce, prima di improvvisare una giravolta e buttarsi letteralmente
tra le sue braccia.
«Ehi, che diavolo fai? Mendokuse», si lamentò il giovane colto
alla sprovvista e barcollando, mentre lei rideva gioiosa contro il suo collo,
facendolo rabbrividire di piacere.
Chiuse gli occhi, Shikamaru, alla ricerca
della calma.
«Non dovresti azzardare questi bruschi
movimenti, Ino», s’innervosì senza motivo, mentre lei giocherellava con i suoi
capelli raccolti in quella buffa coda, fissandolo negli occhi.
«Mi dai un bacio?»
«Cos...? Ma tu mi ascolti quando parlo?»
Il suo cuore, capì Ino in quel preciso
istante, era davvero vivo solo quando si trovava accanto a Shikamaru.
Shikamaru
guardò suo padre dritto negli occhi, mentre un senso di vuoto lo coglieva.
Tredici
anni, seppur portati con maturità invidiabile, erano troppo pochi per
assimilare una notizia del genere.
«Ino
ha un cuore di cristallo, Shikamaru. Non potrà stare sempre con noi»
Non
illuminerà per sempre le sue giornate, non lo sveglierà dal suo sonnellino
pomeridiano con grida arrabbiate, non gli sorriderà sempre maliziosa, non gli
ruberà baci prima di scappare via.
«Probabilmente,
Ino non arriverà nemmeno ai vent’anni, sai?», suo padre piangeva, mentre lui se
ne stava immobile in mezzo a quel salotto troppo grande per loro due, indeciso
sul da farsi: non riusciva a credere che quell’essere seccante di Ino non
avrebbe passato l’intera vita a rompergli l’anima.
«Perché?»
«Siamo al mareeeeee!»,
strillò Ino con enfasi, buttando le braccia verso l’alto e liberando i corti
capelli biondi dall’elastico che li teneva legati.
In ospedale non era permesso tenerli
lunghi, come piacevano a lei.
«Ino, stai attirando l’attenzione
dell’intera spiaggia», borbottò Shikamaru stringendosi nel cappotto verde
militare, leggermente infreddolito a causa del vento marino che sferzava il cielo.
Ino non sembrava avere i suoi stessi
problemi, nonostante fosse vestita la metà di lui.
Continuava ad urlare imperterrita,
nonostante ci fosse una coppia di sposi probabilmente in luna di miele che la
guardava sorridendo divertita, trovandola particolarmente graziosa in quel
momento di estasi totale.
Nei suoi diciotto anni di vita Ino non si
era mai recata al mare, e questo Shikamaru lo sapeva benissimo: si era sempre
limitata a sognare quei posti grazie alle riviste che lui ogni mercoledì le
portava, durante le sue visite pomeridiane dopo la scuola elementare, che Ino
non aveva mai potuto frequentare.
Rimanevano sdraiati ore ed ore su quel
letto scomodo e duro, sotto gli occhi vigili delle infermiere che non avevano
mai la forza né la voglia di separarli, anche quando l’orario delle visite era
ormai scaduto da un pezzo.
A volte capitava che Shikamaru si
addormentasse, ed Ino rimaneva a guardarlo incantata, magari canticchiando
sottovoce una ninna nanna improvvisata, che lo cullava nei sogni che sempre la
riguardavano.
«Shika, facciamo il bagno?», gli domandò
Ino andandogli incontro senza correre, ben conscia che sarebbe stato un gesto
da pazza inconsiderata, come la loro fuga.
Il moro sbarrò gli occhi, incerto di aver
capito bene la domanda.
«Starai scherzando, spero. Siamo in pieno
inverno!», esalò allargando il cappotto ed attirandola a sé, in un gesto che
voleva scaldarla e allo stesso tempo averla vicina.
Ino ridacchiò, abbracciandogli la vita
con le braccia esili, fin troppo per i gusti di Nara.
«Coccolone», cinguettò alla sua voce,
baciandolo di tanto in tanto sulle labbra sottili e screpolate, rabbrividendo
sotto le carezze leggere ma decise delle mani del ragazzo.
Sussultò quando lui, piegando il volto
contro il suo collo, le sfiorò un seno.
Mai, pensò Ino udendo il suo cuore
battere, aveva sentito rumore più potente dei sentimenti che in quel momento
implosero all’interno del suo corpo.
«Se ti dicessi ti amo mi prenderesti come
la solita romantica, vero?»
Lui le sorrise, stringendola
maggiormente.
«No, come la solita seccatura»
Shikamaru
la trovò bellissima con indosso la divisa delle scuole superiori, seppur la
gonna lasciasse scoperto più del dovuto.
Avevano
deciso di recarsi insieme a scuola, quel primo giorno, ed Ino non aveva esitato
nemmeno per un attimo: l’aveva preso per mano, di fronte ai loro genitori e gli
studenti, ridacchiando per l’imbarazzo di Shikamaru, così impacciato.
Li
osservavano curiosi: una bellezza così differente dalle solite giapponesi e un
ragazzo del tutto anonimo, con un codino a forma di ananas sulla testa.
La
loro storia non sarebbe durata di certo.
Eppure,
quando alla cerimonia di inizio anno, quando Ino lo attirò dietro una colonna e
lo baciò per la prima volta avrebbero dovuto capire che nessuno avrebbe mai
potuto mettersi in mezzo a quell’amore amaro e sincero, nonostante la giovane
età.
L’acqua termale si diceva facesse
particolarmente bene alla salute.
Tuttavia, in quel momento Shikamaru
sentiva che sarebbe potuto morire da un momento all’altro.
Completamente nuda se non per un
asciugamano legato al corpo esile, un sorriso mefistofelico sul viso, Ino stava
entrando in acqua, per nulla imbarazzata.
«Adoro le terme, papà mi ci ha portato
solo una volta, anni fa», disse con allegria, non resasi conto dello stato del suo
ragazzo, seppur le guance fossero ormai del tutto simili ad un pomodoro
particolarmente maturo.
Gli sorrise, nuotando nella sua
direzione.
«C’è qualcosa che non va?», gli domandò,
sfiorando accidentalmente con il suo seno il gomito del giovane, per nulla
felice che lei l’avesse raggiunto.
Dopotutto, era pur sempre un sano ragazzo
di diciotto anni che non aveva mai toccato la sua fidanzata all’infuori di
qualche carezza, no?
Ino sbatté gli occhioni da cerbiatta,
guardandosi poi intorno circospetta.
Appurato che non ci fosse nessuno,
allungò una mano, andando a circondare poi con il braccio il collo di
Shikamaru.
Si issò a cavalcioni sul suo corpo,
sfiorandolo volutamente.
«Ino», la sua voce apparì miracolosamente
ferma, mentre dentro di lui stava infuriando una battaglia sul da farsi, «non
penso sia una buona idea saltarmi addosso, soprattutto viste le tue precarie
condizioni»
Lei assottigliò gli occhi, impadronendosi
delle sue labbra con un bacio famelico e vorace, in cui ci mise tutta la
passione di cui era capace.
Sorrise soddisfatta quando la lingua di
Shikamaru sfiorò la sua con un gemito d’urgenza, circondandole la vita con le
braccia e facendo cozzare maggiormente i loro corpi.
Mille farfalle spiccarono il volo nello
stomaco di Ino, mentre l’asciugamano scivola via, lasciandola completamente
nuda.
«Ino, non so se...», cercò di dire
Shikamaru, osservandola con bramosia vergognosa, cercando di non farla sentire
troppo in imbarazzo o di non sembrare troppo invadente.
Lei lo bloccò con un bacio, aggrappandosi
ai suoi capelli.
«Voglio farlo, Shikamaru. Potrebbe non
esserci più un’altra volta, lo capisci questo?», sussurrò con occhi velati di
lacrime, disperata e totalmente sua, innamorata e appassionata.
Lui capiva bene. Quella sarebbe stata
l’ultima volta per loro, loro che si amavano più di chiunque altro al mondo e
che sarebbero stati costretti a separarsi.
Shikamaru
correva, incurante che quel gesto fosse totalmente seccante e avesse rovinato
il suo riposino.
Nei
corridoio dell’ospedale era vietato correre, ma a lui non importava granché.
Un’infermiera
gli urlò contro, e la scansò malamente, continuando imperterrito per la sua
strada.
Si
fermò con il fiatone di fronte alla stanza 2322 dell’ospedale di Tokyo,
inspirando per prendere coraggio.
Quando
aprì la porta scorrevole per poco non svenne.
«Shikamaru!»,
strillò Ino balzando giù dal letto e buttandosi tra le sue braccia.
Il
ragazzo poté sentire chiaramente le lacrime bagnargli il maglione che lei
stessa gi aveva regalato, un anno prima.
«Tuo
padre mi ha detto che ti hanno ricoverato d’urgenza, che diavolo è successo?»,
domandò scostandosi da lei e facendola sedere in malo modo sul letto.
Ino
singhiozzò per un attimo, afferrando la mano di Shikamaru.
«Qualcosa
non va in me, Shikamaru. Ormai ho diciotto anni, la mia vita è giunta agli
sgoccioli», esalò contro le sue labbra, il fiato caldo e piacevole.
«Non
dire sciocchezze, Ino»
«Vorrei
tanto avere un cuore forte come quello di Temari, ed avere il coraggio come lei
di lottare per il tuo amore»
Shikamaru
inarcò un sopracciglio incerto, stava forse blaterando?
«Sai
che di Temari non m’importa nulla, no? Sarebbe una seccatura troppo semplice da
gestire per un masochista come me», lei ridacchiò, annuendo.
«Lo
so. So che ami questa stupida ragazza con un cuore maledetto, Shikamaru. Anche
lei ti ama, sai?»
Ino chiuse gli occhi, lasciando che la
mano di Shikamaru sfiorasse il suo corpo nudo.
Il buio celava il momento e nessuno dei
due voleva sollevarsi da quel futon ed andare ad accendere le luci.
Quell’oscurità sembrava aver dato la
forza ad entrambi.
Inarcò la schiena contro la bocca del
giovane quando lui la baciò sul collo, scendendo e creando una scia infuocata
che la fece gemere.
Agganciò le sue gambe contro di lui,
chiamandolo a gran voce.
Ogni bacio che la sfiorava era come una
medicina per alleviare il dolore, amaro e al tempo stesso piacevole.
Le sue mani che l’accarezzavano con
infinita delicatezza sembravano come parole dei medici, che l’avvertivano di un
lieve peggioramento, un sorriso d’incoraggiamento sulle labbra, seppur gli
occhi dicessero che ormai tutto era già stato fatto.
La sua voce, così roca e inebriata di
piacere, le faceva chiudere gli occhi e ricordare quel ragazzino che
l’osservava da lontano, seduto su un’altalena e con il braccio rotto.
Gli si era avvicinata con il solito
sorriso ed aveva iniziato a spingerlo, certo che lui avrebbe saputo
ringraziarla e non di certo urlarle contro che era la più grande seccatura
dell’universo, dopo Yoshino Nara.
Ricordò con un gemito quando lui la
nascose dietro gli armadietti, solamente tre mesi prima, per poterla baciare in
pace, lontano dagli occhi bramosi di Kiba Inuzuka, che di Ino sapeva poco o
nulla.
La sua mente disegnò con cura il disegno
di Shikamaru, così che non ebbe bisogno della luce per immaginare l’espressioni
sul suo volto in quel momento, limitandosi ad assecondarlo e ad amarlo senza
condizioni.
Con quelle leggere carezze, lui,
inconsapevolmente, le aveva donato il suo cuore, facendola veramente vivere per
la prima volta.
Quel cuore che, volente o nolente,
l’avrebbe ricordata in eterno e sarebbe stato per sempre solamente suo.
«Ti amo»
Ino
non lo guardò entrare, se ne stava con un braccio appoggiato sugli occhi,
nascondendo il volto scarno e dimagrito.
Era
quasi un mese mezzo che era stata ricoverata in quel maledetto ospedale.
L’avrebbe
sicuramente trovata brutta, così poco curata e con i capelli ormai ridotti a
flosci e spenti fili.
«Mi
hanno detto che oggi ti sottoporranno a degli esami pesanti, seccatura», le
disse sedendosi accanto a lei, mentre il cuore bruciava: voleva guardarla negli
occhi.
«Sarai
la solita seccatura: urlerai come un’oca isterica, tirando calci e pugni, così
che dovranno legarti al letto»
Avrebbe
voluto prenderla e baciarla, alleviare quel dolore ingiusto che la stava pian
piano dilaniando.
«Magari
poi ti ricompenseranno con una brioche, per farti star buona»
Deglutì,
quando lei mostrò un occhio vacuo e per nulla felice.
«Sono
buone, sai?»
«Shikamaru?»
«Dimmi,
Ino»
«Portami
via da qui»
N/a:
Niente da dire, se non che sono
felicissima.
In questo momento ho trentanove e mezzo
di febbre, indi per cui capirete che non mi va di stare qui a digitare
informazioni e varie.
Spero semplicemente che vi piaccia, io a
questa Fic ci tengo particolarmente. I banner sono stati fatti da Hika_chan, che ringrazio di cuore: ha scelto due immagini
perfette, cogliendo appieno lo spirito della Fic.
Grazie anche a Hachi92, per il giudizio.
Grazie a chi ha recensito lo scorso
capitolo.
Cà.