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Autore: Enchalott    20/07/2020    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Duello all’alba
 
Seduto a terra, Dare Yoon affilava la lama della spada sulla koma lavica ormai da mezz’ora. Il suo volto intento era illuminato dalla lampada ad olio della cabina, che spandeva ombre tremolanti sulle sue braccia muscolose e sulle sue spalle nude attraverso la griglia di ferro che la proteggeva dagli urti.
La casacca smanicata blu scuro, di una sfumatura simile a quella dei suoi occhi immersi nella concentrazione, si tendeva sul suo petto ad ogni movimento, evidenziandone la corporatura atletica. Sollevò l’arma e si specchiò perfettamente sul piatto lucido aggrottando la fronte, pensieroso.
Aska Rei, sprofondato sul letto in silenzio, smise di fissarlo con rassegnata inquietudine e si accomodò lì accanto, estraendo dalla sacca di tela una pietra simile a quella del compagno e intraprendendo poi la stessa operazione familiare.
“Incredibile quanto possa durare questa piccola scheggia” commentò “Mi ricordo quando Eisen ce l’ha consegnata… pare una vita fa!”.
“Ci sono cose che non si consumano” rispose Dare Yoon, senza sollevare lo sguardo dalla sua occupazione “Come l’amicizia sincera”.
“E altre che dovrebbero esaurirsi da sole, invece”.
Il vice comandante abbassò la spada e rivolse l’attenzione al suo capitano.
“È lei che mi ha sfidato” grugnì seccato “Come avevi previsto, peraltro”. 
“Mi sento tanto come una gracchiante voce del malaugurio” sospirò Rei, scostandosi una ciocca corvina dalla fronte “Speravo di avere torto”.
“Sai solo guardare più in là di me” constatò l’amico, più pacato.
“Perché non sono coinvolto. Che tu lo voglia o no, invece, ci sei dentro”.
“Mh” fece l’uomo, riprendendo a esaminare la spada nordica.
“A che cosa stai pensando, Yoon?” sospirò Aska Rei, incrociando le gambe “Non intenderai ucciderla, vero?”.
“Mi piacerebbe. Ma non sono un idiota” sogghignò l’ufficiale, posando a terra l’arma ormai pronta “Se ammazzassi quella vipera, mi troverei alla gola l’affabile Iker e tutta la sua ciurma di maika ammaestrati. Inoltre, i comandanti della Orie e della Ayanna si sentirebbero svincolati dai patti e porterebbero via le navi, lasciando i profughi di Iomhar ad annegare nel fango. Dalian non è in grado di sostituire Tsambika alla guida di quei pirati né con il carisma né con i fatti”.
“Ottima esposizione, complimenti. La questione è talmente spinosa che mi sento già pungere il didietro” commentò Rei “Quindi? Intendi perdere la sfida?”.
“Non esiste!” sbottò Dare Yoon, caparbio.
Il capitano della Guardia spalancò gli occhi grigi e allargò le braccia, interrogativo.
Le iridi notturne del compagno scintillarono, adamantine, sul volto imbronciato.
“Ho bisogno del tuo consiglio, Rei” borbottò dopo un secondo di riflessione “Dimmi che ne pensi della risoluzione cui sono venuto a capo”.
L’interpellato inarcò un sopracciglio, incuriosito.
 
Gli uccelli marini emettevano un suono simile al lamento di un moribondo nella nebbia lattiginosa dell’alba. Struggente e sinistro in quel biancore irreale.
Il rumore monotono della risacca giungeva attutito dalla distanza e dal gocciolio monocorde della pioggia che annegava Neirstrin. Senza lo sciabordio delle onde a fare da guida sarebbe stato complicato ritrovare a naso i moli nell’opalescenza fumosa che ammantava il creato in quella mattina.
Volutamente le quattro persone che avevano anticipato il sorgere del sole si erano allontanate dai galeoni ormeggiati, raggiungendo un luogo discreto e solitario oltre lo spiazzo che portava ai pontili.
Aska Rei scosse l’acqua gelida dal cappuccio con un movimento nervoso della testa, ma i suoi occhi grigi non tradirono alcuna emozione.
“Non sembrate preoccupato, capitano” constatò Dalian, in piedi alla sua sinistra, tormentandosi nuovamente la barba curata.
“Non lo sono” rispose il primo con un sorriso scaltro “Voi?”.
“Sì” sospirò il bucaniere, incrociando le braccia sul petto “Parecchio”.
“È strano sentirvelo ammettere”.
“Potrà apparirvi come il sentimentale sfogo di un vecchio lupo di mare, ma anche noi filibustieri abbiamo degli affetti” asserì “E temiamo di perderli”.
“Non siete per l’orgoglio pirata?” domandò l’ufficiale, leggermente ironico.
“Sono per il buon senso, innanzitutto. In merito a ciò, mi è stato rinfacciato poco fa che il mio sangue di avventuriero degli oceani si è svigorito con l’età”.
“Ah, è un colpo basso!” obiettò Rei, allegro “Voi siete nel fiore degli anni, Dalian!”.
L’uomo sorrise suo malgrado.
“Dal vostro umore deduco che siate certo dell’esito dello scontro” considerò amaro.
“Siamo nelle mani degli dei” rispose il giovane.
“Forse” ribatté il pirata con un rapido gesto di scongiuro, che fece tintinnare gli orecchini ad anello che portava al lobo sinistro “Ma la vita di Bicks è nelle mani del vostro amico, non di altri”.
“Non siate così disfattista. Ho avuto occasione di affrontare amichevolmente la vostra collega e devo dire che è piuttosto brava…”.
“Ma…?” fece eco l’altro, disilluso.
“Ma Dare Yoon lo è di più. Lei non avrebbe dovuto provocarlo”.
“Su questo siamo pienamente d’accordo, comandante” mormorò Dalian, rassegnato, sollevando lo sguardo al cielo plumbeo “Se solo quelle dannate bestiacce smettessero di cantare...!” esclamò poi, impotente.
“Lo faranno al primo incrocio di lame” garantì l’elestoryano con un sorriso astuto.
 
Dare Yoon abbassò il cappuccio e sganciò la fibbia dorata che tratteneva il lungo mantello nero, liberandosene con un movimento fluido. I suoi capelli corvini brillarono, impregnati di lucenti gocce di pioggia. Gli abiti, parimenti scuri, gli si appiccicarono immediatamente addosso, infradiciati dal diluvio incalzante.
Mosse con calma il polso sinistro, ottenendo in cambio un netto segnale di protesta, ma sul suo viso abbronzato non transitò alcun indizio di sofferenza. Sfoderò la spada e fendette l’aria madida con una mossa di prova. Nessuna emozione esteriore.
Tsambika osservò i suoi movimenti con il respiro che si condensava in nuvole di vapore e con il gelo del Nord che le penetrava nelle ossa e nell’anima. I suoi vestiti rosso carminio erano l’unica macchia di colore nella bruma, che a malapena lasciava intravedere la presenza dei due soli spettatori ammessi al duello.
Le fiaccole che avevano acceso per schiarire l’ambiente crepitavano rabbiose nel tentativo di rimanere accese sotto lo scroscio d’acqua.
Aveva accolto l’insolita richiesta di Aska Rei, che l’aveva pregata di concedere uno scontro in gran segreto; forse, anche per lei quella era la soluzione migliore… persino Iker non era stato messo al corrente della sfida che aveva lanciato all’uomo che in quel momento le stava difronte, privo di paura. Così, se lei avesse perso… No, non avrebbe affatto perso! Lei non perdeva mai! Era lì apposta per riscattarsi dall’unica disfatta subita, per trasformarla in un motivo di vanto!
L’elestoryano non portava l’uniforme. Tsambika si chiese se quello fosse un atto di cortesia o di disprezzo, ma l’espressione impenetrabile del soldato non le forniva alcun indizio. Probabilmente, lui non stava pensando a niente ed era già in piena concentrazione, com’era avvezzo per natura. Lei, al contrario, si stava sforzando per focalizzarsi sul duello imminente, lontana miglia e miglia dalla donna algida e spietata che era stata prima che la Xiomar affondasse. Forse, la Tsambika che rammentava e apprezzava giaceva nelle profondità marine insieme con la sua adorata nave e quanto ne restava stava azzardando l’estremo tentativo di tornare a galla.
Si rifocalizzò sull’avversario.
Dare Yoon con quell’aria inviolabile e corrucciata, lambito dalla pioggia trasparente, era bello da morire. Dare Yoon con lo sguardo adombrato e blu come il fondo dell’oceano, in piedi al suo opposto, era terrificante. E lei, leggenda cruenta del Pelopi, che non aveva mai amato o temuto un uomo finché lui non aveva incrociato il suo cammino come una tempesta imprevista, avrebbe dovuto affrontarlo. Ucciderlo. Estrasse la sciabola.
 
“Credevo che per Elestorya il segno del lutto fosse il bianco” osservò, sarcastica.
“Desiderate il rituale del Sud per le vostre esequie?” ribatté l’ufficiale, asettico.
Tsambika rise, sprezzante, spostandosi in diagonale con passo felino.
Lui la seguì con gli occhi, studiandone le movenze, immobile.
“È un colore che non va di moda tra i cittadini del mare” continuò lei “Troverei difficoltà ad omaggiarvene nell’atto dell’estremo saluto”.
“Non ce ne sarà bisogno, non affannatevi”.
La piratessa esaminò la sua guardia perfetta alla ricerca di un punto scoperto sul quale portare l’attacco. Inutilmente. Tentò ancora con la tattica della provocazione.
“Il vostro amico è rimasto sorpreso dalla mia abilità durante i nostri incontri. Quanto vi seccherebbe se vi abbattessi con una mossa che mi ha insegnato lui?”.
“Rei è sempre prodigo di lodi con le donne. Una vecchia, spiacevole abitudine. Non credetegli assolutamente” sogghignò Dare Yoon.
“Mi piacerebbe sapere come siete voi che criticate tanto, invece!”
“È un piacere che non vi darò” rispedì l’ufficiale “In alcun modo” aggiunse poi allusivo.
Tsambika ringhiò un insulto tra i denti e partì all’offensiva con un fendente.
Il soldato parò abilmente di piatto e poi arretrò, riguadagnando la guardia senza scomporsi. Duro e freddo come l’acciaio che impugnava.
“Non inizierete a scappare come un vigliacco!? Affrontatemi!” sbottò lei, lanciandosi nuovamente nella sua direzione.
Tentò un affondo, ma sentì subito la sua opposizione respingerla con una forza decisamente superiore. Non poteva competere con lui sul piano fisico. Avrebbe dovuto istigarlo a scoprirsi o non avrebbe ottenuto niente con un attacco diretto.
Strinse l’elsa decorata con entrambe le mani ed eseguì un tondo dritto, ma l’avversario rispose con un’energia tale che riuscì a spostarla di qualche passo.
“Avete intenzione di giocare ancora per molto?” sibilò Dare Yoon, caustico.
“Tacete!” ruggì Tsambika, adirata.
“Eppure mi era parso che gradiste fare conversazione!” sferzò lui, abbandonando la posizione di difesa e procedendo deciso.
La sfiorò con un montante che fece ronzare l’aria, poi prese ad attaccare senza più esitazione. Avanzò come una furia, dandole a malapena il tempo di scorgere donde provenissero i colpi che portava senza esitazione e costringendola alla difesa disperata, a indietreggiare per evitare di essere ferita a morte.
Non stava mirando a disarmarla o a risparmiarla, umiliandola. Dare Yoon stava combattendo per toglierle la vita. In fretta, come se quello scontro per lui non fosse altro che una lieve seccatura nella nobile missione che aveva intrapreso.
Perché era sorpresa? Non era forse quanto aveva auspicato? Lui o io… non si era ripetuta così?
Gridò, infuriata, e per un attimo riuscì a stargli alla pari, fermando e restituendo i colpi con abilità, con ostinazione con orgoglio. Si adoperò per sovrastarlo, invano: fu come scontrarsi con una muraglia invalicabile.
Fu costretta a saltare indietro per prendere fiato.
L’uomo attese, esattamente come avrebbe fatto il dio della Morte con un’anima che sapeva già essere sua, giacché nell’eternità i minuti avevano infimo valore e non era un fastidio sprecarli. Allo stesso modo, lui sapeva che l’avrebbe sicuramente sconfitta.
Tsambika si scostò i capelli appiccicati alle guance, ansimando e ignorando caparbiamente il dolore alle mani che la vibrazione prodotta dall’ultimo incrocio di lame le aveva inflitto nonostante i guanti.
Sulle labbra di Dare Yoon, suo malgrado, aleggiò un sorriso.
La piratessa sussultò, esterrefatta e offesa.
“Vi state divertendo!?!” gridò rabbiosa, sconfortata, vulnerabile come mai lo era stata.
“Tutt’altro” mormorò lui, incolore “Vi arrendete?”.
“Neanche da morta!”
“Come preferite”.
Il soldato tornò ad attaccare, implacabile, imbroccando e facendosi sempre più prossimo, più pericoloso, più letale. Lei reagì con prontezza, ma avvertì il peso sempre più opprimente delle braccia che reggevano la sciabola. Resistette.
Quando lo aveva visto scontrarsi con Raidel non aveva colto appieno la sua abilità, l’armoniosa fluidità con cui portava gli assalti, la previdenza grazie alla quale non le consentiva alcun accostamento. La mossa micidiale con la quale aveva decapitato il capitano della Agewe le si era incisa nella mente a caratteri infuocati, sebbene in quel momento non avesse manifestato alcuna reazione estrinseca. Avvicinarglisi con eccessiva leggerezza avrebbe sortito lo stesso effetto e sarebbe stata la sua testa a rotolare nel pantano.
Dare Yoon, quella volta, era stato sconfitto solo perché i suoi lo avevano assalito in numero soverchiante, perché non c’era stata scelta dopo che lei aveva minacciato la vita della principessa e perché con quel vile ricatto lo aveva obbligato ad arrendersi.
Affondò e lui respinse, scagliandola all’indietro nella melma e facendole perdere la presa sull’arma.
Tsambika imprecò e si affrettò a recuperarla; ci riuscì solo perché lui lo consentì.
“Avreste fatto meglio a lasciarla a terra” le disse, severo “Rinunciate?”.
La donna si rialzò a fatica, pulendosi gli schizzi di mota dal volto, scoccandogli un’occhiata furente, priva di resa. Un rifiuto silenzioso a tutto ciò che lui rappresentava. Si rimise in posizione ansimando, ostinata, mentre l’ufficiale non appariva minimamente provato e la fissava con evidente biasimo.
“Mai!” sputò, fuori di sé “Nessuno vanterà una vittoria su di me!”.
Dare Yoon scosse la testa con divertita indulgenza.
“Non avete ancora compreso a sufficienza la differenza tra un arrembaggio pirata e un vero duello, Bicks?” mormorò “Tra una disordinata mischia tutti contro tutti e un leale scontro a due?”.
Lei trasecolò, furibonda. Poi si obbligò a ragionare.
Era come se le avesse offerto la soluzione su un piatto d’argento. La sua unica possibilità risiedeva in ciò che aveva imparato da Aska Rei. Ben poco in verità, ma non poteva permettersi altro. Prese a ridere, altera.
“Idiozie! Avete vinto solo grazie alla magia del principe Anthos!” esclamò “Altrimenti non disprezzereste tanto il mio stile di abbordaggio!”.
“Vi siete portata in vantaggio con un’azione bassa e nefanda. Ecco l’unica verità”.
“È questo che non mi perdonate!?” urlò lei, con una spontaneità che per un istante lo turbò “Che mi rinfaccerete fino all’ultimo alito che esalerete?”.
Dare Yoon non rispose e i suoi occhi si fecero ancora più cupi.
“Facciamola finita” sancì poi, avanzando.
Tsambika lasciò che fosse lui a portare il colpo, esattamente come quando aveva assistito al suo allenamento con Aska Rei, che lo aveva disarmato con facilità estrema. Ripeté il movimento che il capitano le aveva insegnato su sua richiesta, pregustando la vittoria, sperando con trepidazione di sortire lo stesso risultato.
L’avversario si girò, rapido come il pensiero, e oppose senza farsi sorprendere, facendo scivolare la spada dietro la spalla. La piratessa lo fissò, esterrefatta.
“Mh” sogghignò lui, stringendo le palpebre e osservandola di tre quarti “Posta di donna… qualcuno ha soprannominato così questa mossa difensiva. In questo frangente lo trovo davvero appropriato”.
“Siete un bastardo!” gridò lei, percependo ogni certezza andare in frantumi.
Attaccò ancora, ma il soldato mantenne quanto preventivato. Si lanciò in una serie di fendenti rapidissimi e trovò il varco che cercava.
La sciabola ricurva di Tsambika volò in aria e si conficcò a distanza, troppo lontana per essere recuperata. Dare Yoon le fu addosso, scaraventandola nel pantano, afferrandola per i capelli e costringendola a piegarsi all’indietro.
Il filo della lama brunita si appoggiò sulla sua gola esposta. Lei deglutì, rassegnata. Un respiro più intenso e sarebbe morta. Fu tentata di sporgersi in avanti e porre fine alla propria vita in autonomia, per non lasciargli quella soddisfazione. Perché lui non vedesse scendere le lacrime d’orgoglio ferito che le urticavano gli angoli degli occhi.
Ma Dare Yoon la tratteneva apposta, serrando la sua chioma bagnata tra le dita.
“C-che aspettate?” ansimò, irrigidendosi “Uccidetemi!”.
“Non tentatemi…” ringhiò l’elestoryano, fremendo “Ora voi mi ascolterete con molta attenzione, Tsambika. Fate in modo che io non debba ripetere parole che non mi procurano altro che repulsione. Ciò che vi dirò non è a vostro vantaggio, sia chiaro… è per il bene degli innocenti che mi preme salvare, perciò non fatevi strane idee e ricordatevi in ogni istante che la vostra vita adesso è mia”.
Lei schiumò di sdegno, ma l’ufficiale la strattonò all’indietro strappandole un gemito.
“Questo duello…” continuò, inespressivo “Lo avete vinto voi”.
“C-cosa…?”.
“Sicuramente il vostro secondo sarà lieto di concorrere ad alimentare una tale fandonia. È il vostro svago preferito, se non m’inganno… e non ci sono altri testimoni. Rei è d’accordo con me. Se necessario, farete sapere alle vostre ciurme che mi avete sfidato e battuto per risolvere una vecchia ruggine. Penso che la nostra fuga mattutina non sia passata inosservata tra i vostri scagnozzi, dunque reciterò la parte del ferito, graziato dalla vostra clemenza in uno scontro al primo sangue”.
“È per questo che indossate abiti neri, allora!?”.
“Siete perspicace” sogghignò lui “Suppongo abbiate già compreso la ragione per cui non vi consegno con effetto immediato alle severe cure di Reshkigal”.
“Sì…”.
“Bene. In ragione di questo e per l’autorità della principessa Adara, che rappresento in questo atto di indulgenza, vi restituisco il comando ufficiale della Karadocc. Condurrete i fuggiaschi a Elestorya conservando la vostra dignità e sarà come se vi foste riscattata personalmente. Non perderete la stima di nessuno dei vostri e con questo odioso stratagemma ne trarremo tutti soddisfazione. Sono stato chiaro?”.
“Sì…”.
“Giurate vostro onore di non mettermi mai più alla prova”.
“A voi non importa?” domandò la donna con voce strozzata “Perché non vi ferisce nell’orgoglio che si sappia che avete perso?”.
“Giurate!” ripeté Dare Yoon, ferreo.
La piratessa si sforzò di trovare una risposta da sola, ma le pulsazioni che avvertiva martellare nei timpani la frastornavano.
“Avete la mia parola” promise dopo un breve silenzio, ancora incredula.
Il soldato allentò la presa e le scostò la lama dal collo, rinfoderandola con un sibilo. Il braccio che le serrava la vita con forza brutale scivolò via da lei.
Tsambika rimase inginocchiata nel fango, inzuppata fino al midollo. Gli altri non avrebbero mai saputo com’erano andate le cose in quell’alba gelida e perlacea, ma l’umiliazione sarebbe rimasta dentro di lei. Per sempre. E Dare Yoon… lui non…
No, non poteva accettarlo.
Agì fulminea, portando la mano allo stivale in cui teneva celato il coltello e lo estrasse con la rapidità di un serpente.
L’elestoryano percepì il movimento e fu altrettanto veloce. La afferrò, bloccandola a mezz’aria e la inchiodò a terra con il proprio peso, stringendole in una morsa anche il braccio libero. Grugnì per la fitta che avvertì al polso e fu costretto a fare pressione solo con la destra. Le strappò di mano il pugnale, continuando a tenerla ferma. La piratessa lo guardò, fuori di sé, con l’angoscia che le esplodeva negli occhi a mandorla.
“Che cosa credevate di fare, eh!?” gridò, furibondo.
“Lasciatemi!”.
“Avete promesso! È questo il valore che vi date!?”.
“Andate all’inferno!”.
Dare Yoon imprecò, calcandole addosso il proprio corpo e le puntò la lama al cuore.
“Quale onore vi resta, Tsambika?” sussurrò poi piano, con calma glaciale.
La donna girò il viso verso il mare lontano e smise di divincolarsi.
“Fatelo…” mormorò con la voce incrinata “Fatelo anche con quello”.
Lui spalancò gli occhi e rimase in silenzio, forse attendendo che lei cambiasse idea. Poi fece scorrere il pugnale.
La casacca scarlatta che lei indossava si aprì a metà, scoprendole la pelle candida protetta dal corsetto di pizzo. La lama tranciò di netto la spallina ricamata.
“Tutto questo perché vi ho respinta!?” ripeté lui, in preda alla collera.
“Smettetela!” urlò lei, riprendendosi dalla passiva rassegnazione in cui era caduta e tentando di difendersi, incredula “Che cosa state facendo!? No!”.
Si contorse, ma l’elestoryano era molto più forte di lei e il coltello che impugnava continuò a ridurre a brandelli la stoffa sottile dei suoi abiti.
“È questo che volete da me!?” ruggì l’uomo, implacabile “È questo che vi serve per essere in pace con voi stessa!?”.
“No!” gridò Tsambika, dimenandosi disperata “No! Lasciatemi! Vi odio!! Vi odio!!”.
Dare Yoon tornò ad appoggiarle la lama alla gola, ansimando per lo sforzo.
“Ho sentito bene?” ringhiò, squadrandola con il viso a pochi centimetri dal suo “Mi avete rifiutato?”.
La piratessa sbarrò gli occhi e smise di ribellarsi, tremando.
“Bene… direi che siamo pari sull’argomento” sancì lui, piantando il pugnale al suolo a una spanna dal suo orecchio “Ci sono altre questioni?”.
Rimase sopra di lei, senza allentare la stretta, con gli occhi che scintillavano d’ira.
 
Aska Rei fissò allibito la scena, pensando di avere le allucinazioni: strinse con vigore l’elsa della spada per convincersi di non essere precipitato nel mondo onirico senza realizzarlo o di non essere preda di un sortilegio.
L’espressione sconvolta di Dalian, pietrificato al suo fianco, lo convinse del fatto che era invece perfettamente sveglio.
“Ma… che diamine sta combinando!?” sbottò sbalordito.
Il pirata gli rispose con uno sguardo allucinato.
Il giovane non attese oltre e schizzò in avanti, colmando in un attimo la distanza che lo separava dall’uomo e dalla donna che stavano lottando nel fango.
“Sei uscito di testa, Dare Yoon!?” gridò, afferrandolo prontamente per le spalle, trascinandolo all’indietro e costringendolo a mollare la presa sull’avversaria.
L’amico gli rispose con uno sguardo furente, ma non si oppose quando Rei lo spinse a retrocedere ancora di qualche passo. Rilassò i muscoli tesi, in silenzio, lasciando che il suo superiore in grado lo trattenesse con fermezza per le braccia.
Dalian, accorso con pari urgenza, aiutò la capitana a risollevarsi dal terreno viscido e le appoggiò il mantello sulle spalle per ripararla dal freddo e dall’indiscrezione altrui.
“Bicks… come…” balbettò poi, cingendola con affetto paterno.
Lei ignorò l’abbraccio e la premura del compagno, chiudendosi nella stoffa rossa con un gesto rabbioso ma non imbarazzato. Non distolse lo sguardo da Dare Yoon.
“Pessima idea ricorrere al coltello…” sdrammatizzò il comandante elestoryano, per mascherare l’adrenalina che avvertiva scemare gradualmente dalle vene e che percepiva ancora scorrere nelle membra del compagno.
“Era per me!” sbottò lei “La lama era per me! Non per voi!”.
“Non fa differenza!” restituì Dare Yoon, infuriato “La vita va rispettata!”.
Ancora rannicchiata a terra, la piratessa aveva il respiro accelerato e il suo viso arrossato era macchiato di fango. I suoi occhi neri erano disperazione pura.
“Basta!” intervenne Aska Rei, autorevole e sinceramente stufo “Tsambika, ricomponetevi e tornate alla Karadocc. Vi rammento che siete la vincitrice del duello, se così si può chiamare, data l’ignobile baruffa finale cui ho assistito. Dalian, voi preoccupatevi di esagerare nel descrivere le gesta eroiche della vostra amica, in modo che nessuno faccia eccessivamente caso al suo aspetto… ehm, vissuto. Noi vi raggiungeremo subito, in teoria i feriti procedono lentamente”.
Il bucaniere annuì, attendendo che la donna si rialzasse e gli facesse un cenno affermativo. Sparirono rapidamente nella nebbia.
 
“Si può sapere che cosa ti è preso!?” sbraitò Rei, battendo il pugno sul tavolo che separava i due letti nella cabina che condivideva con l’amico.
Dare Yoon strinse le palpebre, ancora incollerito, e non rispose.
“Esigo una spiegazione!” continuò il capitano, esasperato dalla sua taciturna ostinazione “Non pensare che mi accontenti della stupida scusa del coltello! Avresti potuto disarmarla in un battibaleno, senza comportarti come un animale!”.
Il compagno, appoggiato allo schienale della sedia che occupava, rifiutò nuovamente di fornire spiegazioni, fissando il mare attraverso l’oblò opaco di salsedine.
“Tu sei un ufficiale di Elestorya, Dare Yoon!” proseguì Aska Rei, camminando per l’ambiente come una tigre in caccia “Rappresenti il Sud e la principessa! Un’iniziativa del genere è semplicemente vergognosa! Ti conosco da anni e davvero non riesco a crederci! Perciò sbrigati a giustificarti, prima che io faccia valere il mio grado!”.
“Mi è salito il sangue al cervello quando ha tirato fuori il pugnale, checché tu ne pensi” mugugnò il vice tra i denti “A te non è mai successo?”.
“Balle!” restituì il compagno in meno di un millesimo “Vuoi ritentarne una migliore?”.
“Maledizione, Rei!” esplose a quel punto il soldato, balzando in piedi e rovesciando la sedia “Non ne vado certo fiero, ma neppure mi sarei aspettato che tu reggessi le parti di quella carogna! Non sono io quello che non ha rispettato gli accordi!”.
“Sei in errore! Io non difendo Tsambika, non ci penso affatto! Ho visto come ha agito!” abbaiò il capitano, affrontandolo a muso duro “Sto cercando di capirti e, parola mia, faccio una fatica del diavolo!”.
“Non ho nient’altro da dire” ribatté Dare Yoon, sfidante.
Rei lo incenerì con un’occhiata, perdendo definitivamente la pazienza.
“Si tratta di una questione personale… non è così?” domandò, dominandosi e lanciandogli l’ultimo appiglio.
“Non ho altro da dire” ripeté il primo, caparbio.
Aska Rei inalò l’aria, faticando a mantenere il controllo. Aggrottò la fronte.
“Se la metti su questo piano…” ringhiò “Attenti, soldato!” comandò secco.
Dare Yoon rimase spiazzato dall’improvviso cambio di tono dell’amico, tuttavia scattò come aveva imparato durante l’addestramento.
“Resterai in consegna qui dentro fino all’arrivo dei fuggitivi” proseguì il comandante della Guardia, severo “La prima cosa che farai all’atto di uscita sarà andarti a scusare con il capitano di questa nave!”.
“Cos…!?!”.
“Questi sono i miei ordini!” sancì Rei, inflessibile “Ci sono forse obiezioni, soldato!?”.
“Nossignore!”.
“Riposo, allora!”.
 
Dare Yoon osservò il compagno agganciarsi il mantello in silenzio: sapeva quanto gli era costato rivolgerglisi come se fosse un estraneo e impartirgli quell’obbligo sgradevole. Fu tentato di fermarlo e di condividere con lui le ragioni che lo avevano portato ad agire in quel modo, che non erano certo né quella di far desistere Tsambika dalla sua deleteria sete di vendetta né quella di concederle un dignitoso pareggio servendosi dei suoi stessi sistemi, affinché non si ammazzasse stupidamente per una questione di principio. Almeno… non erano le principali. Paradossalmente, quella donna non era responsabile di quello che gli era balenato per la testa. Gli tornarono alla mente le parole di Dessri.
Ma l’orgoglio prevalse. Decise di tacere, lasciando primeggiare il lato più testardo del proprio carattere e non parlò.
Aska Rei si sentiva ferito profondamente. Il rifiuto del compagno di intavolare un dialogo gli era risultato come un’ingiustificata mancanza di fiducia. Non la meritava. Per lui, che non aveva famiglia, Dare Yoon era come un fratello maggiore e sentirsi tenuto fuori dai suoi problemi come un impiccione qualunque lo aveva addolorato nell’intimo.
Non era la loro prima lite: anzi, nell’ultima, risalente a qualche anno prima, erano volate parole estremamente pesanti… ma mai tra loro si era posto il silenzio. Sospirò, rattristato.
“Schiarisciti le idee, Dare Yoon” gli disse a bassa voce.
Uscì dalla cabina sbattendo la porta.
   
 
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