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Autore: Black Beauty    22/07/2020    5 recensioni
Questa storia partecipa al contest “Così fan tutti - III edizione”, indetto da Matilde di Shabran sul Forum di EFP.
Che Bellatrix tradisca il marito con l'Oscuro Signore non è una novità per i familiari della strega, ma le vere difficoltà insorgono quando bisogna parlarne apertamente. Per Rodolphus e Narcissa non esiste nulla di peggio che le bugie e l'infedeltà e Bellatrix concorda - solo che, per lei, l'unica cosa che un uomo può tradire è la propria coscienza.
Ambientata nel 1978, durante la Prima Guerra Magica.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Rodolphus/Bellatrix
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nome utente EFPsito/EFPforum: Black Beauty/Bella Black
Titolo: Un tuo errore
Rating: Arancione
Genere: Erotico
Tipo/i di coppia: Het
Coppia/e: Bellatrix/Rodolphus, Bellatrix/Voldemort
Avvertimenti/note: Dub-con, Violenza
Note d'autore: Ho cercato di mantenere le scene di sesso adatte per un rating arancione, idem per quelle di violenza, ma mi sento di avvertire che qualcuno potrebbe trovarle disturbanti. Per il resto, che dire? Sono tornata su questo sito con le mie solite coppie disfunzionali, che qui hanno dato il peggio di loro, come al solito. Nota bene: è presente una scena di violenza domestica, se vi disturba non procedete con la lettura.
Pacchetto utilizzato: Wagner

 

Un tuo errore

 

Normalmente, Bellatrix non avrebbe dato molto peso allo sguardo giudicante di Narcissa, se non fosse che quest’ultima, stavolta, sembrava non voler mollare il colpo. Bellatrix si era smaterializzata circa una mezz’ora prima nell’androne di Malfoy Manor, sporca e sanguinante dopo l’ultimo scontro tra Mangiamorte e Auror.

Al momento, era seduta tra due degli elfi della magione e Narcissa, che faceva del suo meglio per non arricciare il naso alla vista del sangue. Un tempo sarebbe sbiancata, da ragazzina sarebbe persino scoppiata in lacrime. Ora invece, dopo aver visto Lucius nelle stesse condizioni molteplici volte, ci aveva fatto l’abitudine. Bellatrix imprecò, mentre cercava di eseguire un incantesimo per risanare un taglio particolarmente profondo sul braccio, scacciando via contemporaneamente l’elfa più anziana che cercava di aiutarla.

«Lascia che Topsy ti aiuti, Bellatrix, e smettila di usare questo linguaggio». Narcissa usava il suo nome completo solo quando era arrabbiata e Bellatrix aveva come il sentore che non fosse perché aveva sporcato di sangue il suo tappeto.

Lasciò, infine, che gli elfi si mettessero a lavoro. «Avrei potuto farlo anche da sola».

«È altamente improbabile: non sei mai stata brava con gli incantesimi di guarigione». Era un colpo basso: Bellatrix era in assoluto una delle streghe migliori d’Inghilterra, probabilmente la Mangiamorte più potente; era però sempre stata nettamente più brava a distruggere le cose piuttosto che a rimetterle insieme. 

Per un paio di minuti, tra le due aleggiò il silenzio, rotto solo dalle brusche inspirazioni di Bellatrix - non sarebbe uscito nient’altro dalle sue labbra: nessuno l’avrebbe vista debole, non sua sorella, non i due esserini insulsi che stavano lavorando al suo braccio. Non c’era nessuno che potesse vederla in uno stato d’inferiorità. O meglio, qualcuno c’era e il solo pensiero di Lui le portò un sorriso alle labbra. 

Per un istante si era dimenticata di tutti gli altri nella stanza, come spesso accadeva quando pensava a Lui. Dopotutto, Lui era totalizzante, davanti a Lui, tutto scompariva e nulla aveva più importanza. Lei gli apparteneva, e sempre gli sarebbe appartenuta. 

Sua sorella, però, doveva aver colto il motivo del suo sguardo sognante e aveva interrotto le sue fantasie ad occhi aperti, schiarendosi la voce in modo particolarmente forte. Narcissa aveva lo stesso sguardo che aveva avuto la loro madre, Druella, pace all’anima sua - altero e giudicante, era stata una biscia in vita e, infine, era annegata nel suo stesso veleno.

«Rodolphus sarà preoccupato» disse, infatti, non senza una punta di sarcasmo.

«Roddie sarà impegnato a leccare le ferite a Rabastan, dubito che stia pensando a me adesso. Ci sarà stata sicuramente una colluttazione con gli Auror». Era una bugia bella e buona: se lo immaginava, Rodolphus, che passeggiava avanti e indietro per il salone principale mentre un guaritore chiamato apposta per l’occasione badava a Rabastan, lo sguardo adombrato - si preoccupava per tutti, la moglie infedele e il fratellino fin troppo feroce per la sua stazza. Rodolphus era giovane e forte, ma ultimamente sembrava portare il peso degli anni. Assomigliava sempre di più al padre, di questi tempi. Bellatrix lo prendeva in giro per questo - i sorrisi tutti denti di lei in contrasto con quelli tirati di lui, che con lo sguardo la pregava ancora, disperatamente, di amarlo. 

«Meglio così, almeno hai avuto la decenza di non tornare a casa in questo stato». Narcissa non si riferiva alle ferite riportate in battaglia, al sangue che le macchiava la veste da strega. Lo sguardo di disapprovazione di sua sorella cadeva, infatti, sul suo vestito ormai ridotto a brandelli: i tagli netti e le bruciature erano sicuramente maledizioni, ma cadeva in modo strano verso i fianchi, dove il tessuto era stato strappato fisicamente. Lo stesso accadeva nella zona del décolleté, dove la scollatura già di per sé indecente rivelava lividi e segni che non poteva averle fatto suo marito. 

«Deve essere stata una battaglia feroce» continuò. 

Bellatrix era ormai spazientita: «Se devi dirmi qualcosa, Cissy, dimmela e basta».

«Va bene». Sua sorella si alzò in piedi, come se torreggiare sopra di lei potesse darle qualche vantaggio in quello che si preannunciava uno scontro verbale acceso. «È vergognoso, sei vergognosa. Una donna purosangue, una moglie e si spera presto una madre, che va in giro ad appiccare incendi come una forsennata e si fa strappare le vesti di dosso da… da...» Non seppe bene come finire la frase, perché lo sguardo di Bellatrix si era fatto pericoloso. «Da un uomo molto più grande di lei. Potrebbe essere tuo padre».

Bellatrix emise una risata stridula, chiaramente denigratoria: «Cissy, Cissy… Ma non capisci?». La fissò dritta negli occhi. «Nessuno è meglio di Lui, nessuno è più degno di Lui. Nemmeno Roddie, povero cuore». 

«E quindi ti fai- ti concedi a lui? Così, senza pensarci due volte? E il tuo matrimonio, i voti che hai pronunciato quel giorno…» Per Narcissa non c’era nulla al di fuori del matrimonio e della devozione di una sposina al marito, era stata cresciuta così. Certo, tutte le sorelle Black erano state cresciute così, ma Bellatrix non era mai stata come le altre.

«Le mie promesse matrimoniali non significano nulla in confronto a quest’altra promessa» disse, scoprendosi l’avambraccio - il Marchio Nero era impresso a fuoco sulla pelle, simile ad una bestemmia su tanto candore. Per Narcissa non c’era mai stato nulla al di fuori della casa e del matrimonio, il suo amore, la sua devozione, andavano al figlioletto appena nato e al marito. Bellatrix, invece, si era già da tempo immolata alla Causa: il suo tempio era il campo di battaglia e sembrava la sacerdotessa di questo nuovo, terribile, Signore Oscuro. Il perché, Narcissa proprio non riusciva a comprenderlo.

«Non capisco» sospirò, infine, la minore delle due. «Hai tutto quello che si potrebbe desiderare». Alludeva al castello dei Lestrange, con il suo ampio parco, il bosco che lo costeggiava, i saloni decorati a stucco e, sopra ogni cosa, il suo padrone - alto, occhi verdi, sorriso candido; Narcissa non sapeva, o fingeva di non sapere, che Bellatrix era perfettamente a conoscenza di quanto l’avesse desiderato, prima di scoprire che sarebbe andato sposo alla sorella. 

«Tutto quello che tu potresti desiderare». La frecciata era palese. «Ma io voglio di più. Non è questo il mio destino». Bellatrix era tagliata per il fuoco, le fiamme e la guerra. Narcissa si chiedeva, a volte, se Rodolphus avesse saputo prima, se avesse capito prima, se, forse, le cose sarebbero potute andare diversamente. Ma non aveva più importanza, ormai: adesso aveva Lucius - e lei amava Lucius, con tutta se stessa. Si era costretta ad amarlo e alla fine c’era riuscita; rimaneva fermamente convinta che i sentimenti potessero essere controllati e per questo non capiva, proprio non capiva, come mai sua sorella facesse così tanta fatica ad imbrigliare i propri.

Gli elfi domestici avevano finito e Topsy era stata così brava da non lasciare neanche una cicatrice. Bellatrix si alzò e fece per andare, quando Narcissa la fermò: «Bella, posso prestarti uno dei miei vestiti. Rinfrescati un attimo, cambiati e poi torna da Rodolphus».

Sul viso pallido di Bellatrix si allungò un sorriso: «No Cissy, sto bene così».

«Ma- Ma Rodolphus vedrà… Insomma, so che deve aver capito, ma non è bello, non è decente» balbettò l’altra.

«Lascia che veda». Bella scrollò le spalle. «Non mi interessa della sua opinione». 

Detto ciò, si congedò dalla sorella.

 

La missione era stata architettata qualche settimana prima: era stata una spedizione punitiva contro Harold Mitchum, il Ministro della Magia. Si trattava di un mago duro, che era stato in precedenza un Auror, eletto nella speranza che mettesse fine alla guerra. Inutile dire che non aveva funzionato: non solo le forze di Lord Voldemort stavano dando del filo da torcere al cosiddetto Ordine della Fenice, il patetico tentativo di Albus Silente di contenere l’avanzata dei Mangiamorte, ma avevano completamente sbaragliato il Ministero. La primavera del 1978 si era aperta con un ciclo di vittorie e il Signore Oscuro non poteva essere più contento. Era diventato anche più audace: ora voleva colpire il Ministero con un gesto eclatante.

I Mangiamorte sedevano tutti intorno ad un lungo tavolo di ebano lucido, finemente decorato: erano nel salone principale di Villa Malfoy, che Lucius e Bellatrix, la quale si comportava come se la casa fosse stata effettivamente sua, avevano fatto a gara ad offrire al Signore Oscuro. Costui sedeva su una sedia dallo schienale alto, a capotavola, e parlava ai suoi migliori seguaci con voce alta e chiara: «È giunto il momento, amici miei, di un’azione esemplare. L’ufficio Auror crede che eleggere un mezzosangue un po’ più abile degli altri basti per fermarci». Si fermò, per permettere alle figure intorno al tavolo di ridere apertamente. Appena riprese a parlare, però, la stanza sembrò acquietarsi. «Sarà una missione doppia: una piccola squadra si recherà nel quartiere dove vive Mitchum; si tratta di un quartiere magico, quindi dovrete fare attenzione a non spargere inutilmente del sangue. Sicuramente gli Auror accorreranno per proteggere il loro ministro, quindi preparatevi allo scontro. Una squadra più ampia, invece» Il suo sguardo saettò alla sua sinistra: a due posti da lui sedeva Bellatrix Lestrange, la sua pupilla. «si recherà in un quartiere babbano, per distruggerlo».

Il tavolo scoppiò in un boato di acclamazione: erano in molti a voler versare del sangue. Da un uomo seduto circa a metà si alzò una voce: «Voi a quale di questi due gruppi apparterrete, mio Signore?»

«È una buona domanda, Travers. Io guiderò l’attacco ai Babbani, il tuo signore ha voglia di divertirsi, per una volta». C’era qualcosa di feroce nella sua espressione; a poca distanza da lui, Bellatrix trattenne il fiato. Aveva passato l’intera riunione a guardare fissa il suo padrone, senza degnare il marito, seduto accanto a lei, di uno sguardo. Il solo vedere la fame in quegli occhi la faceva sciogliere: l’aveva già vista, durante i più accesi tra i loro allenamenti e durante le più violente delle loro missioni. Il solo pensiero la faceva fremere. 

«Ovviamente, coloro che saranno selezionati per l’attacco al Ministro godono della mia piena fiducia. A dire il vero, ho in mente una squadra d’élite». Con quelle parole aveva attirato nuovamente l’attenzione del tavolo: per quanto quasi tutti i presenti avrebbero preferito sfogarsi sui Babbani, l’essere selezionati per una missione speciale implicava un riconoscimento da parte del Signore Oscuro in persona. Era un grande complimento - o almeno, Lord Voldemort era bravo a venderlo come tale.

«Dolohov, Yaxley, Rookwood - mi raccomando, tieni sempre su la maschera -, Rabastan, ah, e ovviamente Rodolphus». Nessuno sembrava più felice della moglie di quest’ultimo: era palese che lei avrebbe accompagnato il suo amato Signore. Per un attimo, sembrò che Rodolphus avesse da ridire, fu veloce a rilassare nuovamente il suo viso, ma Lord Voldemort era stato più veloce di lui. «Hai qualcosa in contrario, Lestrange?» 

Per la prima volta, Bellatrix si girò a guardare il marito, fulminandolo con lo sguardo. Rodolphus ricambiò con un’occhiataccia altrettanto eloquente, prima di rispondere: «Assolutamente no, mio Signore. È un grande onore».

«Ben detto, Lestrange, ben detto. Il tuo signore è molto fiero del tuo operato». Sapevano entrambi che era solo un misero contentino, un complimento non sarebbe mai bastato a sopperire al fatto che il Signore Oscuro favorisse palesemente Bellatrix su tutti i suoi Mangiamorte, dando così adito ad ogni tipo di voce.

Era qualcosa di non detto tra i Mangiamorte: nessuno si sarebbe mai azzardato a dirlo, forse nemmeno a pensarlo, viste le abilità da Legilimens di Lord Voldemort. Ma tutti sapevano lo stesso.

Il resto della riunione fu speso a pianificare più nel dettaglio l’operazione, ma nessuno dei due Lestrange stava ascoltando seriamente: Bellatrix non si sforzava nemmeno di badare alle parole del suo padrone: essendo lui in persona a guidare l’attacco, che già di per sé si presentava come caotico, e dato che lei gli sarebbe stata attaccata per tutto il tempo, avrebbe ricevuto gli ordini al momento. In più, non riusciva a concentrarsi, non quando lui era nella stanza: se desiderare un altro uomo che non fosse suo marito era da classificare come tradimento, allora lei tradiva Rodolphus ogni notte e ogni giorno. Era innegabile che tra i due Lestrange ci fosse della complicità, dell’attrazione e, un tempo, persino dell’affetto, ma tutto questo veniva eclissato ogni volta che si parlava di o con Lord Voldemort.

Rodolphus, dal canto suo, per quanto si sforzasse di seguire le direzioni che venivano date, non riusciva a smettere di pensare a sua moglie e al suo signore, agli sguardi che i due si lanciavano, apertamente adoranti quelli di lei, indecifrabili quelli di lui. Era proprio questa ambiguità del Signore Oscuro che confortava Rodolphus. Si scopa tua moglie, aveva detto Rabastan, ma Rodolphus continuava ad illudersi che non fosse vero, che le cose stessero diversamente: dopotutto, per quanto lei fosse chiaramente consenziente, lui era un uomo freddo e calcolatore, era grande e potente, avrebbe potuto avere qualsiasi donna desiderasse… E come potrebbe non volere Bellatrix? Nella mente di Rodolphus non esistevano donne migliori.

Non si rese conto, tormentato com’era da questi interrogativi, che la riunione fosse finita finché non senti le sedie gracchiare contro il pavimento. Rodolphus imitò gli altri e si avviò all’uscita, non voltandosi indietro neanche quando sentì la voce alta e chiara del Signore Oscuro dire: «Non tu, Bellatrix, devo discutere dei dettagli aggiuntivi con te».

Vedere il sorriso sul volto della moglie gli avrebbe fatto troppo male.

 

Bellatrix ritornò a casa poco prima dell’alba, scarmigliata, ma con un ghigno soddisfatto sul volto nonostante tutto. Fu però stupita di trovare il marito sveglio ad aspettarla. Dalle vesti messe poco meglio delle sue, Bellatrix capì che non si era neanche cambiato, preferendo immergersi in una bottiglia di Whisky Incendiario. Non ne era rimasto molto.

«Roddie? Che ci fai sveglio a quest’ora?» chiese, con voce fin troppo dolce.

Il tono del marito era ugualmente melenso: «Ero preoccupato per te, tesoro. Lo sai che mi spavento quando torni a casa così tardi».

«Non ce n’era alcun motivo, Roddie. Ero con il Signore Oscuro, non poteva succedermi nulla di male».

«Sono sicuro di no». Il tono di Rodolphus si era fatto basso, pericoloso. Bellatrix fece per oltrepassarlo e lui le afferrò il braccio. Si guardarono in faccia per un secondo ed era chiaro che entrambi volessero litigare.

«Lasciami il braccio, Rod».

«Come mai?» Glielo strinse più forte. «Non hai nulla da dirmi?»

«Nulla che ti riguardi, Rodolphus». Gli occhi di Bellatrix lanciavano saette. «Lasciami subito, o ti giuro che ti faccio a pezzi».

«Che paura...» la prese in giro - dalle parole strascicate si vedeva che fosse ubriaco.

Fu troppo: Bellatrix fece per afferrare la bacchetta - le prudevano le mani dalla voglia di dimostrare quanto fosse superiore al marito, anche e soprattutto per il talento con la magia. Purtroppo per lei, Rodolphus fu più veloce e le bloccò l’altra mano, gesto che si rivelò determinante, perché se in un duello non c’erano dubbi sulla superiorità di Bellatrix, in quanto a forza fisica non avrebbe mai eguagliato il marito.

«Dimmi cosa stavi facendo, puttana». Rodolphus riusciva a sentire l’odore del Signore Oscuro su di lei e la cosa lo faceva imbestialire. Nella mente risuonavano le parole di Rabastan - si scopa tua moglie, si scopa tua moglie. Gli venne in mente lo sguardo di Narcissa, di disapprovazione verso la sorella e di compassione nei suoi confronti e la sola idea che qualcuno potesse compatirlo, potesse trovarlo patetico gli fece ribollire il sangue.

«Oh, Rodolphus, ma tu sei patetico». Non era un segreto che il Signore Oscuro avesse insegnato la Legilimanzia alla sua pupilla favorita; complice l’alcool e il suo stato emotivo, le difese mentali di Rodolphus erano decisamente basse.

«Dimmi che cosa stavi facendo!» urlò, fuori di sé. Normalmente, Rodolphus era un uomo tranquillo, perciò diventava ancora più spaventoso quando era imbestialito. Non era mai, in svariati anni di matrimonio, stato così con Bellatrix, che aveva sempre trattato come la luce della sua vita.

Anche se palesemente stupefatta da questo nuovo lato del marito - il lupo, la bestia ingabbiata dentro ad abiti eleganti - Bellatrix non aveva intenzione di cedere, non aveva alcuna intenzione di dimostrarsi inferiore, anzi; alzando il mento, lo guardò fisso negli occhi: «Costringimi».

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. 

Rodolphus non aveva mai colpito la moglie, non si sarebbe mai azzardato. Ma questa volta, questa sera, aveva raggiunto un limite di sopportazione. Lo schiaffo risuonò potente per tutto il salone principale. 

Bellatrix sembrava scioccata: «Come… Come osi?!» 

«Io oso. Cosa c’è? Credi che il Signore Oscuro verrà a salvarti? Credi che gli interessi davvero di te? Credi di essere importante per lui?» Per poco non le sputò addosso il suo risentimento.

Gli occhi di Bellatrix si riempirono di quelle che potevano essere solo lacrime di rabbia: «Io sono importante per lui! Tu non capisci, tu non lo sai! Lui dice che io sono l’unica, che sono la sua migliore...»

Rodolphus le rise in faccia, ma era una risata amara: «È ovvio che ti dice così, lo fa per portarti a letto!»

«Non sai nulla di me e non sai nulla di lui! Solo perché tu ti comporteresti così se fossi lui non significa che la stessa cosa vale anche per noi...»

«Non c’è nessun voi! Nessuno! Quello che dovrebbe esserci è un noi!» La scosse, forse più forte di quanto non intendesse fare.

Ma ecco tornare il solito sorrisetto sulla faccia di Bellatrix: «Ti rendi conto di quanto sei patetico, Roddie?» 

«Non lo sono!»

«Sì che lo sei».

La spinse contro il muro, alle pareti i quadri degli antenati avevano abbandonato i loro quadri, oppure scuotevano la testa con disapprovazione; non era sicuro se fosse rivolta a Bellatrix o a lui, ma avrebbe scommesso sulla seconda. Si sentiva giudicato e impotente, in primis da sua moglie, ma gliel’avrebbe fatto vedere lui, non si sarebbe mai più permessa. 

«Ti faccio vedere io».

La trascinò quasi di peso verso il centro della sala, che era percorsa in lungo da un tavolo di mogano, davanti all’unico, enorme specchio, appeso ad una delle pareti, per poi posizionarsi dietro di lei, che risultava bloccata tra il tavolo e il corpo del marito.

In tutto ciò, Bellatrix aveva continuato a ridere nel suo modo esaltato, quasi folle. Era convinta che Rodolphus non le avrebbe mai fatto del male - Roddie era tutto fumo e niente arrosto e più debole di quanto non volesse apparire. Dal canto suo, Rodolphus non aveva intenzione di farle male - non tanto, almeno - perché per quanto fosse sicuro che Lui non provasse sentimenti di alcun tipo nei confronti di sua moglie, non era altrettanto convinto del fatto che gliel’avrebbe fatta passare liscia se avesse guastato il suo giocattolino. In più, l’amava troppo per farle seriamente del male; non l’amava abbastanza, invece, per usare le maniere forti - non quando era palese che Bellatrix adorasse essere trattata così.

Le prese il viso con una mano, l’altra le bloccava i polsi dietro alla schiena, e la costrinse a fissare il proprio riflesso nello specchio «Ammetti che ci vai a letto, ammetti che sei una puttana».

Bellatrix tentò di divincolarsi, ma il suo respiro si era fatto più affannoso ed era sempre più arrossata in viso: «Non ammetterò proprio nulla davanti a te».

I loro occhi s’incrociarono nello specchio e a Rodolphus venne un altro moto di rabbia: era bellissima, ma era anche testarda. Cosa le sarebbe costato lasciarlo vincere per una sola volta? Non aveva abbastanza potere per impedirle di andare con il Signore Oscuro, ma allora perché diavolo doveva ostinarsi ad essere così cocciuta? Le sarebbe bastato ammetterlo e lui l’avrebbe lasciata andare. 

Anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti ad altri uomini, non era neanche il sesso con un altro uomo il problema, o almeno non solo. Quello che faceva più male era vedere la luce nei suoi occhi quando lo guardava o quando parlava di lui, vedere come lui la possedesse interamente, corpo e anima.

 

«Sei mia, Bellatrix, non dimenticartelo».

«Mio Signore...» gemette la strega.

Il mondo attorno a loro era in fiamme; un intero quartiere di case babbane era stato attaccato e per i Mangiamorte era caccia aperta: una nottata intera per sfogare le loro pulsioni più basse, il loro bisogno di sangue. Gente, uomini, donne e bambini, erano stati coinvolti in questo enorme attentato. Erano stati invitati quasi tutti, anche uomini di rango inferiore, persino i lupi mannari erano presenti all’appello. Il Ministero doveva capire con chi avesse a che fare.

Per quanto riguardava Bellatrix e il Signore Oscuro, quest’ultimo aveva deciso che gli mancavano i giorni in cui allenava la sua migliore alunna e che quella sera sarebbe stata una gran bella occasione per tornare ai vecchi tempi. Entrati in una villetta a schiera babbana, avevano velocemente legato i membri della famiglia in salotto: madre, padre e due bambine dalle trecce bionde erano immobilizzate per terra.

Il Signore Oscuro l’aveva afferrata per i fianchi, posizionandola davanti alle sue cavie, esattamente come era solito fare quando le insegnava la magia oscura.

«Sai come procedere» le disse all’orecchio e il suo respiro caldo sul collo le provocò un brivido violento.

«Crucio!» Le urla di una delle due bambine coprivano le suppliche dei genitori e i pianti della sorellina, ma a Bellatrix non importava, quasi non le sentiva. Il Signore Oscuro era dietro di lei, con un braccio saldamente intorno alla sua vita, mentre con l’altra mano le strappava la gonna.

«Non ti fermare».

Era ormai chiaro a Bellatrix che era il dolore altrui a eccitarlo - e se all’inizio era stata, se non perplessa, almeno stupita da questa sua perversione, adesso era diventata una parte di lei. Ad occhi chiusi, le urla si mescolavano alla voce di lui all’orecchio, alla sua mano che risaliva lungo la coscia. Si sentì sciogliere dentro e non avrebbe voluto fare altro se non lasciare che lui la prendesse lì, sul tappeto di quel salottino borghese. Ma non era così ingenua da smettere ora, lo aveva imparato a proprie spese.

 

Avrebbe imparato a proprie spese a non mancargli di rispetto. Rodolphus la costrinse a piegarsi sul tavolo e la tenne ferma mentre l’altra mano si liberava di quel poco che rimaneva delle loro vesti. Tra le cornici, i suoi antenati assumevano espressioni scandalizzate e si giravano dall’altra parte, ma a lui non importava nulla in quel momento. Che vedessero.

 

Che vedessero. Che vedessero mentre il Signore Oscuro faceva entrare due dita dentro di lei, che sentissero i gemiti osceni che le uscivano dalla bocca, mentre all’orecchio lui le sussurrava di colpire le ragazzine con più forza.

I genitori delle due bambine furono ridotti al silenzio da un mero gesto della mano del Signore Oscuro - le urla andavano bene, ma gli insulti lo irritavano. Eppure, voleva che vedessero, che piangessero le proprie figlie. Il loro dolore lo spingeva solo a toccare la sua Mangiamorte con più decisione: erano quelli i momenti in cui era più bella, bacchetta alla mano e una maledizione sulle labbra.

 

Poche volte era stata più bella di così, completamente alla sua mercé.

«Non sarai mai il Signore Oscuro, Rodolphus. Non sarai mai in grado di farmi quello che mi fa lui».

«Taci!» 

Bellatrix fece per replicare, ma la catena di insulti che le uscì dalla bocca fu interrotta dal marito, che la penetrò in un colpo secco. Sua moglie era relativamente pronta, solo l’idea del loro padrone la eccitava, probabilmente. Ma anche il fatto di causarle, se non del dolore, dello scompenso, gli andava più che bene. E andava bene pure a lei.

Quod erat demonstrandum, Bellatrix iniziò a gemere dopo poco, nonostante cercasse di trattenersi. Aveva gli occhi chiusi, cosa che Rodolphus non notò subito, ma a cui mise subito fine quando lei ebbe la faccia tosta di sospirare «Mio Signore».

Effettivamente, non ci voleva molto, per Bellatrix, ad immaginarsi il Signore Oscuro dietro di lei e Rodolphus se ne rese contro troppo tardi. La costrinse ad aprire gli occhi e a fissarlo attraverso lo specchio solo quando entrambi erano sul punto di venire.

 

La piccola, sudicia, famigliola babbana non era durata molto, ma a lei non importava - non quando il Signore Oscuro l’aveva spinta a terra, poco distante dai corpi, e si muoveva con foga dentro di lei. Quando erano in questa situazione, le era proibito toccarlo, ma non le cambiava molto. Durò poco anche lei, ancora meno della famiglia che aveva distrutto solo per compiacerlo.

 

«Mi disgusti, Bellatrix».

«Ti disgusti da solo, Roddie».

 

L’indomani, Bellatrix e Rodolphus erano invitati a Malfoy Manor per il té. Narcissa li accolse calorosamente; o meglio, accolse il cognato calorosamente, mentre scoccava, da sopra alla spalla di lui, l’ennesimo sguardo di rimprovero alla sorella, probabilmente suscitato dai lividi in bella vista sul collo di quest’ultima.

Bellatrix ghignò apertamente e mentre la sorella le veniva incontro per posarle un freddo bacio sulla guancia, le disse piano all’orecchio: «Se qualcuno ti tradisce una volta, è un suo errore; se qualcuno ti tradisce due volte è un tuo errore».

 
   
 
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