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YOUR MOUTH CAN LIE, BUT YOUR EYES
CAN’T HIDE
Nymeria.
Regno di Mehlinus. Nord.
-
Sinistra! – gridò Daniel, incalzandola e menando
un colpo a sinistra.
Regina
lo parò.
-
Ora destra!
La
spada del maestro d’armi non colpì a destra, ma a
sinistra. La lama arrivò a
pochi centimetri dal suo collo. Non la toccò. La
sfiorò soltanto. Ma a Regina
bastò per sentirne il morso freddo.
-
Siete morta, mia regina. – disse Daniel.
Lei
abbassò Stormbringer. – Avevate detto
‘destra’.
-
Sì ed ora siete morta.
-
Avete mentito. Avete detto ‘destra’ e invece avete
colpito a sinistra! –
esclamò, sentendosi raggirata.
-
Non ho mentito. Ha mentito solo il mio braccio. E la mia lingua. I miei
occhi
non mentivano affatto. – Daniel abbassò la sua
arma, sorridendole.
-
I Vostri occhi...
-
Già. Voi non mi avete guardato. Non mi avete visto.
-
Vi ho guardato! Non vi ho perso di vista un istante.
-
Guardare non significa essenzialmente vedere, mia regina. –
La voce di Daniel
era gentile, nonostante la stesse rimproverando. –
É vedere, ciò che conta
davvero. Vedere è il vero segreto dell’arte della
spada. E Voi, un attimo fa,
non avete visto. Per questo è stato facile trarvi in
inganno. In battaglia
potrebbe succedere. Un avversario potrebbe cercare di ingannarvi. I
suoi occhi,
però, vi suggeriranno sempre la verità. Mentire
con gli occhi è più difficile. Se
riuscirete a vedere, lui non potrà sorprendervi.
Regina
lo fissava, ancora furibonda.
-
Coraggio, ricominciamo. – disse Daniel, mettendosi in
posizione per riprendere
il combattimento.
Iniziarono
di nuovo a combattere.
Daniel
si batteva tenendo il braccio sinistro dietro la schiena, come i
migliori
spadaccini. Non sembrava aggressivo, ma era abile, veloce e non si
lasciava
sorprendere facilmente.
Regina
fu molto aggressiva, invece. Le bruciava il fatto che il maestro
d’armi le
avesse detto che non sapeva vedere davvero. Le bruciava il fatto che,
dopo
alcuni anni di addestramento, ancora Daniel riuscisse a batterla, a
disarmarla.
Non voleva più che accadesse. Perché non era
più una bambina.
“Il
regno ha bisogno di una regina
forte. Ha bisogno di una regina che sappia combattere, oltre che
governare...”
Regina
avanzò e incalzò il maestro d’armi con
una serie di affondi e di fendenti. Anche
se il braccio le faceva male, continuò a menar colpi, alcuni
anche molto
rischiosi. Daniel seguitò a respingerla. Nei suoi occhi
azzurri passò una
scintilla di preoccupazione.
“Ha
bisogno di una regina che non ha
paura!”.
Regina
colpì forte. Il fendente sbilanciò Daniel, che
barcollò leggermente. Lei sferrò
un altro colpo. La lama sfiorò il braccio sinistro di
Daniel, lacerò la stoffa
della casacca e aprì un taglio superficiale nel braccio.
Regina fece roteare
Stormbringer sopra la testa del maestro d’armi, che si
piegò sulle ginocchia.
Allora Regina abbassò la spada. Un potente fendente
dall’alto in basso. Daniel
lo parò, ma lei fece forza con le braccia. Spinse, fino a
quando il viso del
maestro non si contrasse in una smorfia di dolore. Allentò
la presa sull’arma,
che cadde a terra. Regina gli appoggiò la lama sulla gola.
“Il
regno ha bisogno di una regina
forte...”
“La
magia è potere...”
Daniel
vide il lampo omicida che passò negli occhi della sovrana di
Mehlinus. Lo vide
chiaramente. E vide anche qualcos’altro. Le iridi che
cambiavano colore. Dal
nocciola ad un viola intenso. Fu un mutamento che lo
affascinò e lo inquietò. Il
potere magico scorreva nelle sue vene. Era un potere talmente grande
che lui
riusciva a vederlo ruotare nel suo sguardo.
Per
un istante Regina, pensando alle parole di Tremotino, fu tentata di
usare la
magia sul maestro d’armi per terrorizzarlo. Per punirlo per
ciò che aveva fatto
un attimo prima. Per fargli capire che la magia era veramente potere e
che lei
quel potere lo dominava, ormai.
Mehlinus
ha bisogno di me. Ha bisogno
che io sia forte.
Batté
le palpebre e ritirò la spada, rimettendola nel fodero in
pelle nera. Daniel si
alzò.
-
Vi ho sconfitto. – osservò Regina, soddisfatta.
-
Sì, Maestà. Mi congratulo. Siete stata molto
abile.
Daniel
pensava che la Regina che conosceva lui fosse stata relegata in un
angolo della
mente. La giovane donna che gli stava di fronte era una donna con lo
sguardo
carico di ombre, una donna che rischiava di cadere preda
dell’oscurità per
colpa delle macchinazioni di quell’essere mostruoso.
Tremotino. Il segnale che
il cambiamento era radicato era costituito dal fatto che avesse deciso
di
sostituire lo stemma di famiglia, il melo, con una nuova immagine, la
pantera
nera con le fauci spalancate, un animale pericoloso, aggressivo oltre
che
bellissimo. Anche il popolo aveva paura della sua regina. La sovrana
era diventata
più dura, più esigente, decisamente
più autoritaria negli ultimi tempi. Era
stata una trasformazione... lenta. Ma inesorabile.
Daniel
si rammaricava di non poterla aiutare. Lui era solo un maestro
d’armi, il suo
compito era insegnarle ciò che sapeva sull’arte
della spada. Se avesse cercato
di interferire, Regina non gliel’avrebbe permesso, non
più. Tremotino avrebbe
fatto in modo che i suoi tentativi andassero a vuoto. Il consigliere
era
altrettanto potente.
Non
cedere, Regina, pensava
Daniel. Non cedere. Non dare retta a
quell’essere. Non sei così. Puoi essere diversa.
Lo so. Ti conosco.
-
Cos’avete da guardare, Daniel? – domandò
Regina, aggrottando la fronte.
-
Nulla, mia regina. Volete continuare?
-
Certamente. La ferita vi fa male?
Daniel
guardò il taglio sul braccio. Scosse la testa. –
Niente di grave. Più tardi la
medicherò.
Foresta
di Rhun. Regno di Elohim.
Est.
-
Come hai fatto a capire che stavo per colpirti a destra e non a
sinistra, come
ti avevo detto? – domandò Agravain, gettandosi i
capelli dietro le spalle con
un gesto della mano e andando a recuperare il suo mantello verde, sul
quale era
impresso il drago d’oro dei Pendragon. Se lo legò
alla base del collo,
appuntandovi una spilla, che invece era a forma di serpente, il simbolo
della
sua famiglia d’origine e del Lothian.
-
Dagli occhi, sir Agravain. – rispose Emma, sorridendo.
-
Dagli occhi, eh?
-
Mio padre, una volta, mi disse che mentire con la lingua è
facile. Ma con gli
occhi è molto più complicato.
-
Già. È così. In generale, comunque,
non sono un bravo bugiardo.
Emma
aveva quasi sedici anni e stava diventando sempre più bella.
Portava i capelli
lunghi e ondulati legati con un laccio quando combatteva. I suoi occhi
erano
verdazzurri, decisi e sinceri. Era dotata di una forza notevole. Si
muoveva
bene, in modo fluido mentre impugnava la sua spada. Era anche veloce. E
Agravain
ora aveva scoperto che sapeva vedere davvero.
In battaglia sarebbe stato difficile ingannarla.
-
Avete un nuovo cavallo, sir Agravain? È molto bello.
– osservò Emma, guardando
il destriero bianco del cavaliere, che attendeva placidamente vicino ad
un
salice piangente.
-
Non è mio, Emma. È tuo.
-
Mio? – Lei aggrottò la fronte.
-
Si chiama Maximus. È un dono di Artù. Il re mi ha
chiesto di mostrartelo.
-
Perché... perché il re mi ha fatto questo regalo?
-
Sei una principessa. E un giorno sarai anche un cavaliere. Ogni
cavaliere ha
bisogno di un cavallo che si adatti alla sua persona.
Emma
si avvicinò al cavallo, che la fissò
tranquillamente, agitando un po’ la testa.
Lo accarezzò sul muso e poi sulla folta criniera bianca.
-
Maximus...
-
Vuoi provare a montarlo, Emma?
Lei
annuì e sir Agravain le mostrò come inserire il
piede nella staffa nel modo
giusto e come montare in sella. In realtà le venne naturale.
Quando salì in
groppa, il cavallo emise un lieve sbuffo. Emma sorrise, afferrando le
briglie.
-
Credo sia perfetto per te. – commentò Agravain.
– Sei una cavallerizza nata.
-
Grazie.
Agravain
le fece vedere come far muovere in avanti il cavallo e come fermarlo.
Poi la
seguì, mentre lo conduceva lungo i sentieri della foresta.
Poco prima di
giungere ad un torrente, il cavaliere le disse di scendere da cavallo e
di
aspettare. C’erano due donne, vestite da contadine, con uno
scialle azzurro sul
capo, che stavano riempiendo alcuni secchi d’acqua e intanto
cantavano:
Io
sono la Dea Madre
adorata
da tutto il creato
ed
esisto da prima della creazione
del mondo.
Io
sono la forza femminile
primordiale,
senza
confini ed eterna.
Io
sono la Dea della Luna,
la
Signora di tutta la magia.
I
venti e le foglie intonano il mio
nome.
Io
porto la falce di luna sulla
fronte
e
i miei piedi riposano tra i cieli
stellati...
Emma
ebbe la netta sensazione di essere osservata. Non dalle due donne. Loro
non
potevano vederla. Ma da qualcos’altro. Qualcun altro.
Si
voltò di scatto verso la foresta, una mano
sull’elsa della spada. Non c’era
nessuno.
“Io
porto la falce di luna sulla
fronte e i miei piedi riposano tra i cieli stellati”.
Pochi
istanti dopo la sensazione scomparve.
Quando
le donne videro Agravain sussultarono ma, riconoscendolo come un
cavaliere del
re Artù, gli sorrisero e chinarono il capo in segno di
rispetto. Agravain parlò
con loro per qualche istante, poi le donne se ne andarono, trasportando
i
secchi colmi d’acqua.
Emma
uscì allo scoperto. – Cosa avranno pensato
vedendovi qui?
-
Oh. Nulla di preoccupante. Avranno pensato che mi fossi nascosto nella
foresta
con qualche fanciulla.
Agravain
era conosciuto anche per il successo che aveva con le donne. Era stato
sposato,
ma la moglie era morta un paio d’anni prima, dando alla luce
il secondo figlio
del cavaliere.
-
Quella era una canzone per la Dea, vero?
-
Una canzone per la Grande Madre, venerata ad Avalon e nelle terre di
Artù.
-
Voi siete mai stato ad Avalon, sir Agravain?
Lui
batté le palpebre. – Oh. Solo due volte.
Emma
si bagnò le mani e le braccia nelle acque del torrente.
Anche Maximus chinò la
testa per bere.
-
Com’è Avalon, sir Agravain?
Breve
esitazione. Sembrava non fosse molto sicuro di ciò che aveva
visto. - Molto più
grande di come me l’aspettavo. E... molto verde. Con tanti
alberi di mele.
-
È vero che è l’Isola delle Fate?
-
Beh, io non ho visto nessuna fata. Ma la magia che vi dimora
è molto potente.
La protegge. È necessario passare attraverso le nebbie per
raggiungerla. E
nessuno riesce a farlo, a meno che le sacerdotesse non lo vogliano.
Emma
restò in silenzio, pensierosa. Anche a lei sarebbe piaciuto
vedere la
leggendaria Avalon, almeno una volta. Aveva ascoltato un sacco di
storie su quella
terra e sulle sacerdotesse e i druidi che l’abitavano. Molte
di queste storie
gliele aveva raccontate Merlino, che era nato ad Avalon e ci era
vissuto fino a
quando Uther Pendragon non era salito al trono. Allora aveva deciso di
seguirlo
a Camelot, diventando il suo consigliere.
-
Ho l’impressione che tu voglia chiedermi qualcosa, Emma. Se
hai delle domande,
fai come me. Falle sempre. – Agravain bevve un sorso
d’acqua e si bagnò la
faccia. – Quando ero piccolo, mio padre non sentiva altro che
come, quando,
cosa e perché. I suoi scapaccioni non servivano. Io non sono
tuo padre né ti
darei mai uno scapaccione... ma ascolto volentieri le domande.
Emma
esitò ancora un istante. Ma era curiosa. -
Com’è la Somma Sacerdotessa?
-
Morgana. – Agravain sorrise. – Sai, tutti mi
chiedono di Morgana. Non osano
chiedere al re, ovviamente.
-
Dicono che sia bella e molto potente.
Calò
il silenzio mentre Agravain piluccava una mora. Quando anche
l’ultimo granello
sparì fra le sue labbra, sembrò trovare le parole
giuste. – I bardi dicono
così. Dicono che sia bella come una Dea e che nessuno
oserebbe mai sfidarla.
Dicono che abbia posseduto la Vista fin da bambina. E i bardi molto
spesso
esagerano. Ma non questa volta.
Emma
non riusciva ad immaginarsela. Si chiese se un giorno
l’avrebbe incontrata.
-
Forse è meglio tornare, Emma. – suggerì
Agravain.
-
Sì, va bene. Combattiamo ancora un po’.
-
Non sei stanca?
-
No. E Voi?
-
Io! – Agravain rise. – Io non sono mai stanco
quando si tratta di combattere.
Combatterei anche tutto il giorno. Andiamo.
***
NB:
Preciso che gli allenamenti di Regina con Daniel sono ispirati alle
lezioni di
danza di Arya Stark e Syrio Forel.
Grazie,
come sempre, a tutti i lettori di questa storia. :)