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Autore: Stephanie86    22/07/2020    2 recensioni
AU | SwanQueen | Storia a 4 mani
Emma, figlia di re David e della regina Mary Margaret, è l'erede del regno del sud, Anatlon. Quando il regno cade, la bambina è costretta a nascondersi presso Camelot, protetta da Artù e dai suoi Cavalieri. Crescerà sapendo di dover vendicare la morte dei genitori e del suo popolo. Sapendo che un giorno dovrà affrontare colei che le ha portato via tutto.
Regina, la sovrana di Mehlinus, sale al trono molto giovane, affiancata e istruita dal consigliere Tremotino. Anche lei vuole vendetta e non è disposta a rinunciarvi per niente al mondo.
Le strade di queste due donne apparentemente così diverse si incroceranno presto. Ci sono molte cose che non sanno. Il loro viaggio sarà molto lungo e le persone che tramano alle loro spalle sono pericolose e assetate di potere.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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4

 

YOUR MOUTH CAN LIE, BUT YOUR EYES CAN’T HIDE

 

 

 

 

Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

 

 

- Sinistra! – gridò Daniel, incalzandola e menando un colpo a sinistra.

Regina lo parò.

- Ora destra!

La spada del maestro d’armi non colpì a destra, ma a sinistra. La lama arrivò a pochi centimetri dal suo collo. Non la toccò. La sfiorò soltanto. Ma a Regina bastò per sentirne il morso freddo.

- Siete morta, mia regina. – disse Daniel.

Lei abbassò Stormbringer. – Avevate detto ‘destra’.

- Sì ed ora siete morta.

- Avete mentito. Avete detto ‘destra’ e invece avete colpito a sinistra! – esclamò, sentendosi raggirata.

- Non ho mentito. Ha mentito solo il mio braccio. E la mia lingua. I miei occhi non mentivano affatto. – Daniel abbassò la sua arma, sorridendole.

- I Vostri occhi...

- Già. Voi non mi avete guardato. Non mi avete visto.

- Vi ho guardato! Non vi ho perso di vista un istante.

- Guardare non significa essenzialmente vedere, mia regina. – La voce di Daniel era gentile, nonostante la stesse rimproverando. – É vedere, ciò che conta davvero. Vedere è il vero segreto dell’arte della spada. E Voi, un attimo fa, non avete visto. Per questo è stato facile trarvi in inganno. In battaglia potrebbe succedere. Un avversario potrebbe cercare di ingannarvi. I suoi occhi, però, vi suggeriranno sempre la verità. Mentire con gli occhi è più difficile. Se riuscirete a vedere, lui non potrà sorprendervi.

Regina lo fissava, ancora furibonda.

- Coraggio, ricominciamo. – disse Daniel, mettendosi in posizione per riprendere il combattimento.

Iniziarono di nuovo a combattere.

Daniel si batteva tenendo il braccio sinistro dietro la schiena, come i migliori spadaccini. Non sembrava aggressivo, ma era abile, veloce e non si lasciava sorprendere facilmente.

Regina fu molto aggressiva, invece. Le bruciava il fatto che il maestro d’armi le avesse detto che non sapeva vedere davvero. Le bruciava il fatto che, dopo alcuni anni di addestramento, ancora Daniel riuscisse a batterla, a disarmarla. Non voleva più che accadesse. Perché non era più una bambina.

“Il regno ha bisogno di una regina forte. Ha bisogno di una regina che sappia combattere, oltre che governare...”

Regina avanzò e incalzò il maestro d’armi con una serie di affondi e di fendenti. Anche se il braccio le faceva male, continuò a menar colpi, alcuni anche molto rischiosi. Daniel seguitò a respingerla. Nei suoi occhi azzurri passò una scintilla di preoccupazione.

“Ha bisogno di una regina che non ha paura!”.

Regina colpì forte. Il fendente sbilanciò Daniel, che barcollò leggermente. Lei sferrò un altro colpo. La lama sfiorò il braccio sinistro di Daniel, lacerò la stoffa della casacca e aprì un taglio superficiale nel braccio. Regina fece roteare Stormbringer sopra la testa del maestro d’armi, che si piegò sulle ginocchia. Allora Regina abbassò la spada. Un potente fendente dall’alto in basso. Daniel lo parò, ma lei fece forza con le braccia. Spinse, fino a quando il viso del maestro non si contrasse in una smorfia di dolore. Allentò la presa sull’arma, che cadde a terra. Regina gli appoggiò la lama sulla gola.

“Il regno ha bisogno di una regina forte...”

“La magia è potere...”

Daniel vide il lampo omicida che passò negli occhi della sovrana di Mehlinus. Lo vide chiaramente. E vide anche qualcos’altro. Le iridi che cambiavano colore. Dal nocciola ad un viola intenso. Fu un mutamento che lo affascinò e lo inquietò. Il potere magico scorreva nelle sue vene. Era un potere talmente grande che lui riusciva a vederlo ruotare nel suo sguardo.

Per un istante Regina, pensando alle parole di Tremotino, fu tentata di usare la magia sul maestro d’armi per terrorizzarlo. Per punirlo per ciò che aveva fatto un attimo prima. Per fargli capire che la magia era veramente potere e che lei quel potere lo dominava, ormai.

Mehlinus ha bisogno di me. Ha bisogno che io sia forte.

Batté le palpebre e ritirò la spada, rimettendola nel fodero in pelle nera. Daniel si alzò.

- Vi ho sconfitto. – osservò Regina, soddisfatta.

- Sì, Maestà. Mi congratulo. Siete stata molto abile.

Daniel pensava che la Regina che conosceva lui fosse stata relegata in un angolo della mente. La giovane donna che gli stava di fronte era una donna con lo sguardo carico di ombre, una donna che rischiava di cadere preda dell’oscurità per colpa delle macchinazioni di quell’essere mostruoso. Tremotino. Il segnale che il cambiamento era radicato era costituito dal fatto che avesse deciso di sostituire lo stemma di famiglia, il melo, con una nuova immagine, la pantera nera con le fauci spalancate, un animale pericoloso, aggressivo oltre che bellissimo. Anche il popolo aveva paura della sua regina. La sovrana era diventata più dura, più esigente, decisamente più autoritaria negli ultimi tempi. Era stata una trasformazione... lenta. Ma inesorabile.

Daniel si rammaricava di non poterla aiutare. Lui era solo un maestro d’armi, il suo compito era insegnarle ciò che sapeva sull’arte della spada. Se avesse cercato di interferire, Regina non gliel’avrebbe permesso, non più. Tremotino avrebbe fatto in modo che i suoi tentativi andassero a vuoto. Il consigliere era altrettanto potente.

Non cedere, Regina, pensava Daniel. Non cedere. Non dare retta a quell’essere. Non sei così. Puoi essere diversa. Lo so. Ti conosco.

- Cos’avete da guardare, Daniel? – domandò Regina, aggrottando la fronte.

- Nulla, mia regina. Volete continuare?

- Certamente. La ferita vi fa male?

Daniel guardò il taglio sul braccio. Scosse la testa. – Niente di grave. Più tardi la medicherò.

 

 

Foresta di Rhun. Regno di Elohim. Est.

 

- Come hai fatto a capire che stavo per colpirti a destra e non a sinistra, come ti avevo detto? – domandò Agravain, gettandosi i capelli dietro le spalle con un gesto della mano e andando a recuperare il suo mantello verde, sul quale era impresso il drago d’oro dei Pendragon. Se lo legò alla base del collo, appuntandovi una spilla, che invece era a forma di serpente, il simbolo della sua famiglia d’origine e del Lothian.

- Dagli occhi, sir Agravain. – rispose Emma, sorridendo.

- Dagli occhi, eh?

- Mio padre, una volta, mi disse che mentire con la lingua è facile. Ma con gli occhi è molto più complicato.

- Già. È così. In generale, comunque, non sono un bravo bugiardo.

Emma aveva quasi sedici anni e stava diventando sempre più bella. Portava i capelli lunghi e ondulati legati con un laccio quando combatteva. I suoi occhi erano verdazzurri, decisi e sinceri. Era dotata di una forza notevole. Si muoveva bene, in modo fluido mentre impugnava la sua spada. Era anche veloce. E Agravain ora aveva scoperto che sapeva vedere davvero. In battaglia sarebbe stato difficile ingannarla.

- Avete un nuovo cavallo, sir Agravain? È molto bello. – osservò Emma, guardando il destriero bianco del cavaliere, che attendeva placidamente vicino ad un salice piangente.

- Non è mio, Emma. È tuo.

- Mio? – Lei aggrottò la fronte.

- Si chiama Maximus. È un dono di Artù. Il re mi ha chiesto di mostrartelo.

- Perché... perché il re mi ha fatto questo regalo?

- Sei una principessa. E un giorno sarai anche un cavaliere. Ogni cavaliere ha bisogno di un cavallo che si adatti alla sua persona.

Emma si avvicinò al cavallo, che la fissò tranquillamente, agitando un po’ la testa. Lo accarezzò sul muso e poi sulla folta criniera bianca.

- Maximus...

- Vuoi provare a montarlo, Emma?

Lei annuì e sir Agravain le mostrò come inserire il piede nella staffa nel modo giusto e come montare in sella. In realtà le venne naturale. Quando salì in groppa, il cavallo emise un lieve sbuffo. Emma sorrise, afferrando le briglie.

- Credo sia perfetto per te. – commentò Agravain. – Sei una cavallerizza nata.

- Grazie.

Agravain le fece vedere come far muovere in avanti il cavallo e come fermarlo. Poi la seguì, mentre lo conduceva lungo i sentieri della foresta. Poco prima di giungere ad un torrente, il cavaliere le disse di scendere da cavallo e di aspettare. C’erano due donne, vestite da contadine, con uno scialle azzurro sul capo, che stavano riempiendo alcuni secchi d’acqua e intanto cantavano:

 

Io sono la Dea Madre

adorata da tutto il creato

ed esisto da prima della creazione del mondo.

Io sono la forza femminile primordiale,

senza confini ed eterna.

 

Io sono la Dea della Luna,

la Signora di tutta la magia.

I venti e le foglie intonano il mio nome.

Io porto la falce di luna sulla fronte

e i miei piedi riposano tra i cieli stellati...

 

Emma ebbe la netta sensazione di essere osservata. Non dalle due donne. Loro non potevano vederla. Ma da qualcos’altro. Qualcun altro.

Si voltò di scatto verso la foresta, una mano sull’elsa della spada. Non c’era nessuno.

“Io porto la falce di luna sulla fronte e i miei piedi riposano tra i cieli stellati”.

Pochi istanti dopo la sensazione scomparve.

Quando le donne videro Agravain sussultarono ma, riconoscendolo come un cavaliere del re Artù, gli sorrisero e chinarono il capo in segno di rispetto. Agravain parlò con loro per qualche istante, poi le donne se ne andarono, trasportando i secchi colmi d’acqua.

Emma uscì allo scoperto. – Cosa avranno pensato vedendovi qui?

- Oh. Nulla di preoccupante. Avranno pensato che mi fossi nascosto nella foresta con qualche fanciulla.

Agravain era conosciuto anche per il successo che aveva con le donne. Era stato sposato, ma la moglie era morta un paio d’anni prima, dando alla luce il secondo figlio del cavaliere.

- Quella era una canzone per la Dea, vero?

- Una canzone per la Grande Madre, venerata ad Avalon e nelle terre di Artù.

- Voi siete mai stato ad Avalon, sir Agravain?

Lui batté le palpebre. – Oh. Solo due volte.  

Emma si bagnò le mani e le braccia nelle acque del torrente. Anche Maximus chinò la testa per bere.

- Com’è Avalon, sir Agravain?

Breve esitazione. Sembrava non fosse molto sicuro di ciò che aveva visto. - Molto più grande di come me l’aspettavo. E... molto verde. Con tanti alberi di mele.

- È vero che è l’Isola delle Fate?

- Beh, io non ho visto nessuna fata. Ma la magia che vi dimora è molto potente. La protegge. È necessario passare attraverso le nebbie per raggiungerla. E nessuno riesce a farlo, a meno che le sacerdotesse non lo vogliano.

Emma restò in silenzio, pensierosa. Anche a lei sarebbe piaciuto vedere la leggendaria Avalon, almeno una volta. Aveva ascoltato un sacco di storie su quella terra e sulle sacerdotesse e i druidi che l’abitavano. Molte di queste storie gliele aveva raccontate Merlino, che era nato ad Avalon e ci era vissuto fino a quando Uther Pendragon non era salito al trono. Allora aveva deciso di seguirlo a Camelot, diventando il suo consigliere.

- Ho l’impressione che tu voglia chiedermi qualcosa, Emma. Se hai delle domande, fai come me. Falle sempre. – Agravain bevve un sorso d’acqua e si bagnò la faccia. – Quando ero piccolo, mio padre non sentiva altro che come, quando, cosa e perché. I suoi scapaccioni non servivano. Io non sono tuo padre né ti darei mai uno scapaccione... ma ascolto volentieri le domande.

Emma esitò ancora un istante. Ma era curiosa. - Com’è la Somma Sacerdotessa?

- Morgana. – Agravain sorrise. – Sai, tutti mi chiedono di Morgana. Non osano chiedere al re, ovviamente.

- Dicono che sia bella e molto potente.

Calò il silenzio mentre Agravain piluccava una mora. Quando anche l’ultimo granello sparì fra le sue labbra, sembrò trovare le parole giuste. – I bardi dicono così. Dicono che sia bella come una Dea e che nessuno oserebbe mai sfidarla. Dicono che abbia posseduto la Vista fin da bambina. E i bardi molto spesso esagerano. Ma non questa volta.

Emma non riusciva ad immaginarsela. Si chiese se un giorno l’avrebbe incontrata.

- Forse è meglio tornare, Emma. – suggerì Agravain.

- Sì, va bene. Combattiamo ancora un po’.

- Non sei stanca?

- No. E Voi?

- Io! – Agravain rise. – Io non sono mai stanco quando si tratta di combattere. Combatterei anche tutto il giorno. Andiamo.

 

***

 

NB: Preciso che gli allenamenti di Regina con Daniel sono ispirati alle lezioni di danza di Arya Stark e Syrio Forel.

Grazie, come sempre, a tutti i lettori di questa storia. :)

   
 
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