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Autore: Drizzit    26/07/2020    1 recensioni
Una partita a carte. Una famiglia in disgrazia. E una ragazzina inquietante.
Se volete sapere di che cosa si tratta leggete...
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Sofya, per la prima volta in vita sua, sembrava inconsolabile. Forse, con la notizia della morte del cognato, le era finalmente arrivata anche un po' di coscienza della loro situazione disastrosa. Boris la adorava e vedeva in lei uno spirito affine nella gaiezza e nell'accoglienza innocente della vita. Ora, singhiozzava così inconsolabilmente che Iskra fu costretta a mettere da parte la propria depressione per occuparsi di lei.
Si asciugò le lacrime e pensò a cosa avrebbe potuto allietare Sofya. «Non dimenticare il ballo dei Vasilyev, tesoro mio. Devi ancora completare il tuo costume. Perché non vai da Ivan e ti fai aiutare a ritagliare un po' di foglie?»
Sofya annuì e corse via, lasciando Iskra ai suoi pensieri cupi. Ne sapeva fin troppo di mostri e stregoneria per ascrivere tutto quello a una semplice coincidenza, ma non riusciva a spiegarsi che senso avesse. Si sentiva una sciocca nell'immaginare certe cose, eppure quelle stesse cose erano state segnalate di recente in tutta la Russia. Per un istante, il panico crebbe dentro di lei: quella ragazzina aveva ucciso suo marito. E ora anche la povera Sofya era stata trascinata nell'affare. Che miserabile destino era mai...?
Scosse la testa violentemente. L'unica cosa che importava era che la ragazzina sarebbe tornata quella sera e Iskra aveva bisogno di tutto il proprio ingegno per arrivare a mettere le mani sulla fortuna che poteva essere sua.
«Signora? Signora? Un'ospite...» Ivan era chiaramente impreparato al fatto che Luda avrebbe semplicemente attraversato la porta quando lui la aprì, e la seguì come un cucciolo confuso, torcendosi le mani e gridando più forte che poteva in direzione della propria padrona.
Iskra si alzò dalla panchina da dove aveva visto arrivare Luda e uscì sulla balaustra che si affacciava sull'ingresso e sullo scalone principale. Ivan stava ancora seguendo Luda, la quale saliva le scale con molto più vigore di quanto la sua piccola figura facesse presupporre. «Accompagnala di sopra, per favore, Ivan.» disse Iskra con tono rassicurante, sapendo per certo che Luda non aveva bisogno di alcun accompagnatore. Anzi, il vecchio domestico non l'aveva ancora raggiunta quando la ragazza entrò nella camera. Ma quella finta gentilezza era un atto dovuto, su cui si basava tutta la società di un certo livello.
Dopo brevissimi convenevoli, Luda incrociò entrambe le mani davanti ai suoi piccoli seni da ragazzina e si sporse in avanti sulla sedia. «E così, mia cara. La posta in gioco...»
Lasciò il resto della frase non espresso, come fosse una proposta indecorosa, e Iskra si preparò. Aveva pensato molto alla puntata di quella sera. Irrigidì la schiena, posò le mani con cura in grembo e parlò lentamente e con precisione, come uno scolaro prudente che recitava una lezione imparata a memoria. «Ancora una volta, scommetterò qualsiasi cosa mi chiediate.»
«Il vostro tesoro più profondo, l'unica cosa solo vostra che solo voi potreste dare via?»
Iskra si limitò ad annuire. «Per me, vorrei una dote per Sofya. Una dote sufficiente perché qualsiasi gentiluomo di Volgograd la voglia in sposa.»
«Così sia.»
Iskra fu sorpresa dalla nitidezza della voce di Luda. E quel luccichio negli occhi... Era forse fame? No, certo, ma sembrava che la rosea forza della ragazza si fosse trasformata in qualcosa di simile a una determinazione inacidita. Non le si addiceva, e Iskra si trovò infastidita da quanto il contegno di Luda fosse cambiato.
Luda silenziosamente si allungò e, con una mano, tagliò il mazzo di carte con grazia ed efficacia. Alzò lo sguardo e la luce intensa, quasi febbrile, dei suoi occhi, così incongruamente immersi in quella faccia da bambola, causò un'ondata di panico nel cuore di Iskra, che distolse lo sguardo e si morse la lingua con forza per distrarsi.
Quindi, Luda pescò una carta dalla cima del mazzo.
Iskra prese una carta e la mise di fronte a sé. Luda fece lo stesso e quindi ogni donna ripeté il gesto finché entrambe ebbero pescato tre carte. Un silenzio pesante opprimeva la stanza. Luda finalmente si decise e mostrò il dieci di cuori, poi alzò lo sguardo trepidante sull'avversaria. Iskra ebbe l'impulso momentaneo di spazzare via le carte dal tavolo, ma lo ricacciò giù. Pregando che la sua mano non tremasse, scelse una carta a caso che si rivelò il jack di cuori.
«Oh, santo cielo. Che mano fortunata.» Luda sorrise e fece schioccare la lingua in un finto fastidio, ma Iskra era certa di aver sentito un dispiacere genuino e profondo nella sua voce. Iskra era quasi sicura di vincere, in quel momento, e si rilassò. L'unica domanda che si faceva era come negoziare la dimensione esatta della dote una volta conclusasi la partita.
Luda mostrò il nove di picche e Iskra rispose subito con il re di fiori. Luda esitò per la prima volta da che Iskra potesse ricordare, la mano sospesa sopra l'ultima carta da girare.
«Potremmo dichiarare un pareggio.» suggerì inarcando un sopracciglio, con voce melliflua. «Con una posta in gioco così alta, mi sembra giusto darvi un'ultima possibilità di ripensarci.»
Iskra fu certa che la ragazza stesse tentando di spaventarla. Con quella carta, Iskra praticamente non poteva che vincere. Perché avrebbe dovuto accettare un pareggio? E chi mai si ritirava dal gioco all'ultima mano, sull'ultima carta? La colse un terrore, il pensiero che la ragazza volesse ritirare anche la propria, di posta in gioco. Forse anche lei era piena di debiti come Iskra. Forse non aveva mai avuto nemmeno una moneta da elargire alla sua famiglia e quello era solo un gioco per pazzi. Forse...
Ma forse no. Iskra sarebbe andata fino in fondo a quella farsa, se c'era anche solo la minima speranza di far sposare Sofya. Restituì il sorriso di cortesia benevola di Luda e respinse l'idea con un gesto della mano. «E privarvi così della possibilità di vincere? Mai. Potreste avere un asso lì sotto, in questo momento.»
Luda guardò la carta, con l'aria di pensare concretamente alla possibilità che ci fosse davvero un asso sotto le sue dita, poi girò la carta con tanta foga che Iskra trasalì.
Il due di picche.
Entrambe le donne risero, una risata educata, di quelle che banalizzavano i momenti difficili e rassicuravano i presenti che nessuna regola del decoro era stata irrimediabilmente violata. Ma Iskra poteva sentire la tensione scaricarsi dal suo corpo come un liquido vile, e la mano di Luda aleggiava ancora sopra la carta, come se ci fosse un modo per poterla capovolgere di nuovo e ottenere un risultato diverso.
«Oh, mia cara Luda. Mi avete quasi fatto prendere un colpo...» iniziò a dire Iskra, ma ancora una volta la ragazzina si alzò e si diresse fuori dalla stanza in tutta fretta, senza voltarsi indietro. Iskra la seguì, dubbiosa su come affrontare l'argomento del pagamento della dote. Alla fine, decise che se Luda intendeva tirarsi indietro dalla scommessa, lei non aveva niente da perdere, ma se invece aveva intenzione di onorarla, allora Iskra doveva riuscire a entrare in argomento prima che Luda uscisse dalla porta principale.
«Sì, be', allora... Luda, dovremmo parlare di...»
«No.»
Quella singola parola rimase sulla scia della donna in partenza come un soffio di vapore su un treno, e Iskra sussultò. Luda si voltò verso di lei non appena raggiunse la porta.
«No, non dovremmo parlare. Voi, signora Sorokin, dovete pensare alla posta in gioco. E se volete che io ritorni domani, lo farò. Però non dobbiamo parlare.”
E detto ciò, se ne andò.
Iskra osservò la carrozza sferragliare via nella notte con il cuore pesante. Che fosse stato tutto vano? Era forse l'ultima volta che vedeva Luda? La sua speranza si sarebbe trasformata in un'amara delusione? Iskra strinse i pugni. Una dote per Sofya: era tutto quello che voleva. Se le avessero portato via tutto il resto, avrebbe potuto comunque camminare a testa alta, sapendo di aver assicurato una vita di comodità e bellezza alla sorella. Sorella che, in realtà, poco altro aveva se non la sua bellezza, e nessuna preparazione per una vita non agiata.
Guardò verso il buio, quasi aspettandosi che una dote comparisse da sola lì davanti, come un'apparizione miracolosa, poi scosse la testa e si rimproverò per quelle sciocche fantasie. Luda era scomparsa, Boris se n'era andato, il gioco era finito e Sofya sarebbe stata costretta a sposare un volgare paesano, sempre che fosse riuscita a trovarne uno. Iskra rimuginò sulle possibilità che aveva e decise di scrivere un altro giro di lettere ai vari creditori, chiedendo loro di portar pazienza: non c'era nulla di male, e comunque a questo punto non riusciva a pensare a nessun'altra soluzione. Diede un'ultima occhiata nel buio, poi tornò dentro casa e si chiuse la porta alle spalle.
«Ivan?» chiamò, e il vecchio inserviente apparve da dietro un angolo.
«Sì, signora?»
«Porta una lampada nel mio studio. Devo scrivere delle lettere. Sentì dell'acidità nella propria voce e se ne pentì: Ivan si stava dimostrando fedele fino alla fine e lei non doveva lasciare che la sua delusione si trasformasse in rancore verso di lui. «Grazie, Ivan,» aggiunse, ed egli accolse quella rara familiarità con un cenno gentile del capo, scivolando via lungo il corridoio.
Iskra rimase un attimo ferma nell'ingresso della casa, riluttante a sedersi per portare realmente a termine il compito di elemosinare altro tempo dai creditori, quindi decise che non c'era fretta, tanto comunque non avrebbe potuto scrivere nulla finché Ivan non fosse arrivato con la lampada. Si sentiva circondata e con le spalle al muro, come un animale braccato dai cani. Si chiese se restando ferma immobile avrebbe potuto in qualche modo rimandare l'inevitabile.
I colpi alla porta furono così morbidi che Iskra in un primo momento pensò di averli immaginati. Poi li risentì, più forti e più insistenti. Il cuore le saltò in gola, ma si costrinse a restare composta. Non c'era motivo di sospettare che tutto quello avesse qualcosa a che fare con la sua fantasia infantile di ricevere una dote magica, nessuna ragione di credere che sarebbe andata a finire meglio di quando Boris era tornato. Si mosse verso la porta quando i colpi si fecero udire per la terza volta e, con uno strappo all'etichetta, decise di aprirla da sola.
Il ragazzo lì fuori non sembrava in grado di fare tutto quel baccano, ma si tolse il cappello davanti a Iskra e abbassò la testa quando la vide, estraendo una lettera sigillata dalla borsa.
«Chiedo scusa, signora, una lettera per voi.» Iskra prese la lettera che le veniva porta e notò l'elaborato sigillo pressato nella cera che, insieme a un lungo nastro di seta nera, manteneva la lettera chiusa. Offrì una moneta al ragazzo, ma egli si ritrasse.
«Perdonatemi, signora, ma non posso accettare nulla da voi. Sono già stato pagato.»
Iskra sorrise della sua serietà e gli tese di nuovo la moneta. Il ragazzo alzò le mani come per scacciarla via, e il sorriso di Iskra sbiadì. «No, signora, per favore. Ho ricevuto degli ordini.» Il ragazzo aveva chiaramente paura e indietreggiò, tenendo d'occhio la moneta come se Iskra avesse potuto in qualche modo fargliela accettare contro la sua volontà. Chi aveva mandato quel ragazzino con indicazioni così rigide? Che cosa strana. Iskra cercò di riderci sopra, ma la voce le si fermò in gola e non riuscì a uscire.
Chiudendo la porta dietro di sé, esaminò il sigillo. Era uno stemma di famiglia, ma non lo riconobbe. Qualcuno di fuori da Volgograd? Chi avrebbe potuto avere qualcosa a che fare con lei?
Un terrore le salì dalla bocca dello stomaco quando si rese conto che non aveva idea di dove Boris avesse trascorso gli ultimi mesi, e non c'era modo di sapere da chi aveva potuto prendere soldi in prestito. Forse c'erano degli altri creditori, magari con un cognome famoso, disposti a mandare una lettera a grande distanza per reclamare ciò che spettava loro...
Frustrata dalla sua fantasia troppo vivace, Iskra ruppe il sigillo e slegò il nastro. Aprì la lettera e la lesse, prima con apprensione, poi con curiosità e infine con le mani tremanti e il cuore più leggero. Non si sentiva così da mesi.
Una dote. L'impossibile era accaduto. Una dote per Sofya. Iskra benedisse Luda e l'angelo del cielo, chiunque fosse, che l'aveva mandata da lei. Quindi chiamò la sorella.
«Sofya! Vieni subito qui!»
La sua voce era fuori luogo, indecorosamente alta e quasi spaventosa nella casa silenziosa. Lesse la lettera più volte, ma non ci poteva essere alcun dubbio: il miracolo era accaduto. Aveva scommesso tutto e aveva vinto l'unica cosa cui veramente tenesse.
«Iskra, cara, cosa c'è?» Sofya corse giù dalle scale, vestita nel suo ridicolo costume d'autunno, trascinandosi dietro le foglie svolazzanti. Iskra notò che alcune foglie volavano via, staccate dai movimenti frettolosi, e ridacchiò al pensiero che Sofya alla festa avrebbe perso le foglie, proprio come un albero in autunno. Si ricompose, in qualche modo disturbata da quell'idea, e mostrò alla sorella preoccupata il suo sorriso più gentile e benevolo.
«Sofya, abbiamo ricevuto delle buone notizie. A quanto pare, il conte» e guardò di nuovo la lettera per essere certa del nome «Il conte Rostov è un nostro lontano parente. Sfortunatamente, è morto.» Cercò di fare un'espressione contrita, ma quasi non ne valeva la pena. «E prima di morire, ha stanziato dei fondi per le sue parenti più giovani ancora da maritare.»
Fece una pausa per permettere a Sofya di scoppiare di gioia, ma la ragazza semplicemente continuava a fissarla, aspettando che si spiegasse.
«Una dote, Sofya. Ti è stata donata una dote. E una anche piuttosto grande.»
Sofya strillò e batté le mani come un bambino felice che salta su e giù dalla gioia. Iskra per una volta non ritenne opportuno cercare di arginare lo sfogo di sua sorella. I lunghi mesi di fatiche, risparmi e umiliazioni erano finalmente finiti. Sofya si sarebbe sposata e tutta la buona società di Volgograd avrebbe visto Iskra camminare a testa alta, ancora una volta.
«Una dote! Mi sposerò come si conviene, a un gentiluomo.» Sofya piroettava, facendo frusciare le foglie del vestito. Iskra trattenne la voglia di rimproverare la ragazza: dopo tutto, quello era un momento di trionfo, era giusto lasciare che la ragazzina saltasse e gioisse a volontà.
«Ivan!» strillò Sofya. Iskra trasalì al volume della voce di sua sorella, ma prima che potesse dire qualcosa la ragazza le aveva afferrato le mani e la riempiva di chiacchiere, con il volto splendente di gioia.
«Sarà un soldato? Si dice che il Capitano Danisov sia in cerca di una moglie, ed è un bell'uomo. O un membro della corte, forse? Serji Zivcov ha ballato con me quasi tutta la notte, la scorsa stagione, e credo di piacergli. Sasha dice che ci saranno diversi signori al ballo in maschera dei Vasilyev, ce ne sarà sicuramente uno adatto tra di loro...»
Iskra annuì vagamente alle chiacchiere della ragazza: avrebbero avuto modo di scegliere un marito molto presto. Sorrise a Ivan da sopra la spalla di Sofya, mentre l'uomo si dirigeva il più velocemente possibile verso di loro, con la preoccupazione dipinta sul volto e portando la lampada in una mano.
«Oh, devo dirlo subito a Ivan! Devo! Ivan...» Sofya si staccò da Iskra con vigore tale da scontrarsi quasi con il vecchio servitore, il quale allungò una mano per aiutarla a restare in equilibrio. Sofya inciampò, restando con il piede incastrato nell'orlo sfilacciato dell'abito, e si afferrò disperatamente al braccio dell'uomo, facendo perdere l'equilibrio anche a lui. La lampada cadde sul pavimento di pietra, rovesciando l'olio in fiamme in mezzo a loro.
Iskra urlò e poi cercò di trattenersi. Sofya e Ivan saltarono lontano dalla pozza di fuoco, con l'atteggiamento di due bambini spaventati. Iskra cercò di pensare, ma per un lungo istante le fiamme danzanti la ipnotizzarono. Poi fece un cenno a Ivan, «Una scopa. Prendi una scopa e batti il fuoco.» Il vecchio uscì zoppicando e Iskra si guardò intorno per vedere cosa ci fosse di infiammabile vicino all'olio ardente. Tornò con lo sguardo su Sofya, che tremava di eccitazione e di paura, e si sforzò di sorriderle. «Va tutto bene, Sofya. Tutto andrà a posto...»
Si interruppe quando i suoi occhi seguirono il ricciolo di fumo che già saliva dall'orlo del costume di Sofya. Una delle foglie fatte di carta stava fumando e mentre Iskra la guardava, scoppiò in una piccola fiamma luminosa che si contorceva. Il fuoco consumò tutta la foglia di carta e saltò su un'altra, e prima che Iskra avesse modo di uscire dal suo stato di confusione, cinque o sei foglie erano già in fiamme.
 Allora urlò sul serio e corse intorno alla pozza fiammeggiante, proprio mentre Sofya abbassava lo sguardo e vedeva la fiammata sul proprio abito. Prima che Iskra riuscisse a raggiungerla, la ragazza urlò di puro terrore e saltò via dal petrolio che bruciava, alimentando le fiamme che ricoprirono l'intero vestito.
Iskra la inseguiva, ma Sofya era in preda al panico e correva lungo il corridoio scappando da sua sorella e urlando selvaggiamente. Iskra finalmente riuscì a prenderla e la trattenne, con il calore che le bruciava il visto, mentre Sofya si dimenava per liberarsi. Iskra schiaffeggiava il fuoco con le mani, ma quello continuava a crescere e le scintille vorticavano tutt'intorno. Sofya gridò di dolore quando le fiamme le raggiunsero i capelli e corse via da Iskra, la quale afferrò il vestito e lo tirò con tutte le sue forze.
Le vecchie cuciture si strapparono e l’abito lasciò Sofya, che crollò sul pavimento. Iskra saltò su di lei battendo le fiamme nei capelli, nauseata dall’odore di carne bruciata.
  
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