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Autore: Scarlet Jaeger    28/07/2020    3 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 30


Corsi a per di fiato tra le tribune, facendomi spazio tra i corridoi, fino a scendere con un balzo tutti i gradini che mi dividevano dal Beyblade Stadio, dove Kai stava avanzando baldanzoso per battersi contro Michael. 
Non avevo staccato gli occhi dal mio ex compagno di squadra neanche per un attimo e la mia espressione era a dir poco furente. Mi ero presa il labbro inferiore tra i denti e lo avevo stretto così tanto che avevo finito per sentire in bocca il sapore metallico del sangue.
Ero arrabbiata, incredula ed amareggiata per quel repentino cambio di fazione da parte di Hiwatari e continuavo a chiedermi il perché di tale scelta. Insomma, ricordavo bene i suoi sguardi inquietati all’interno del Monastero, e come ne fosse uscito provato alla prima occasione utile e senza neanche guardarsi indietro. Allora perché aveva addirittura deciso di combattere con loro? Cosa lo legava a quelle persone ed a quell’uomo?
«Aspetta Saya!»
Takao mi stava rincorrendo e sentivo le sue imprecazioni che mi intimavano di fermarmi, ma non volevo dargli ascolto. Inoltre ero sicura che anche lui avesse voluto cantarne quattro al nostro ex amico. Mi avrebbe fatto piacere un po’ di manforte, perché anche io avevo una gran voglia di sfogare tutto il mio risentimento nei suoi confronti. Ci aveva fatto preoccupare tutto il giorno e, soprattutto, tutta la notte. Mi ero tormentata per lui per tutte quelle ore, anche dopo il meraviglioso bacio che Rei mi aveva regalato. Non ero riuscita a chiudere occhio pensando a lui ed al fatto che potesse essere in pericolo, solo e malato al monastero, invece in quel momento mi sembrava che scoppiasse di salute. Cos’era cambiato nel suo animo? Come avevano fatto a fargli il lavaggio del cervello? 
Capii che la scusa della febbre era stata solo una copertura e solo in quel momento ripensai al fatto che non mi ero bevuta del tutto quella scusa. Era anche per quello che mi ero preoccupata, ed in fondo avevo fatto bene a farlo. Ma chi avrebbe mai pensato che avremmo rivisto Kai come nemico?
Riuscii ad arrivargli di fronte quando oramai era quasi sulla pedana di lancio, ma io fui più veloce e gli sbarrai la strada piazzandomi a pochi passi da lui, che arrestò la sua camminata con un’espressione scocciata. Era chiaro che la mia interruzione, come il fatto che lo avessi disturbato all’inizio di un incontro, non gli era andato molto a genio. Come purtroppo non gli era mai andata giù la mia presenza…
Takao, sopraggiunto in mio soccorso invece, si piazzò accanto a me e, per fortuna, notai con il pelo dell’occhio che la sua espressione era molto simile alla mia. Per la prima volta vidi il nostro campione tremare dalla rabbia. Forse anche lui aveva iniziato a perdere fiducia verso il ragazzo di fronte a noi e per la prima volta lo vidi provare del risentimento e dell’amarezza verso il comportamento spropositato che non aveva avuto remore a tenere quell’ingrato.
«Ci devi delle spiegazioni Kai!», gli intimò infatti contro, prima ancora che io potessi dire la mia, ma gliene fui immensamente grata. Non credo sarei stata capace di iniziare un discorso sensato in quel momento, non con il suo algido sguardo addosso.
«Tu sei uno di noi! Allora perché hai deciso di abbandonare la tua squadra?», rincarò la dose, sibilando a denti stretti. In quel momento capii che Takao non era venuto in mio soccorso, o meglio non solo. Anche lui si era sentito tradito ed anche lui era sceso per chiedere spiegazioni. Gli altri Bladebreakers invece erano rimasti seduti ai loro posti, probabilmente troppo avviliti per fare qualsiasi cosa. Sono sicura che stessero guardando la scena dalle tribune, continuando a domandarsi il perché di tutto quello.
Intanto il mio compagno si era pericolosamente avvicinato ad Hiwatari, così tanto che avrei giurato che gli stesse per tirare un pugno. Invece non lo fece, continuò a guardarlo con aria furente, mentre l’altro era rimasto impassibile come suo solito.
Lo sguardo del mio ex amico però era rivolto a me, che stavo a poca distanza dalle spalle di Takao.
«Sparite!», ci intimò, categorico, con una voce talmente fredda che stentai a riconoscere come sua. È vero che la freddezza gli era sempre stata propria in quel periodo, ma non era mai stato così minaccioso e stranamente calmo come in quel momento. I suoi occhi ametista erano assottigliati in uno sguardo di ghiaccio, nonostante fosse rimasto eretto con le braccia posate lungo i fianchi. 
Ma Takao non demorse. Ridusse la poca distanza tra loro e lo afferrò per le spalle, scotolandolo leggermente mentre gli intimava di rispondere alla sua domanda. 
Di nuovo Kai aveva mantenuto il suo solito distacco, la sua solita impassibilità ed il suo solito vizio di sorvolare sulle risposte che a lui a quanto pareva dovevano sembrare futili.
Ma d'altronde Hiwatari è sempre stato uno con poca pazienza, e quello che successe dopo ne fu la conferma.
Senza sentir altre ragioni, e senza smuoversi più di tanto o cambiare espressione, alzò solamente un braccio e colpì Takao in volto con il dorso della mano, facendogli perdere l’equilibrio e facendolo rovinare a terra con un gridolino di dolore. Non si voltò nemmeno a guardare se il suo vecchio amico si fosse fatto male con quello schiaffo. Continuò a guardare di fronte a sé, nella mia direzione. Stava continuando a tenere i suoi occhi nei miei con un’espressione sprezzante, che mi congelò sul posto. Io dal canto mio strinsi la mascella e mi convinsi a mantenere una posizione eretta. Non mi avrebbe abbattuta, non di nuovo. Mi ero ripromessa di non piangere per lui, e dovevo continuare a mantenere quella personale promessa. Non avevo versato una lacrima per lui quella notte, nonostante tutta la preoccupazione provata e non ci sarebbe riuscito nemmeno se mi avesse rivolto le sue peggiori offese. Dovevo provare a dirgli qualcosa pur di non lasciarlo andare via così, perché probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta in cui lo avrei visto e forse quella constatazione mi pesò più del fatto che avesse deciso di abbandonarci.
«Potevi almeno informarci invece che far finta di sentirti male, ci saremmo preoccupati meno…», sibilai velenosa quando mi fu accanto per sorpassarmi e le mie parole sortirono l’effetto sperato. Lui arrestò la sua camminata, senza però voltarsi nella mia direzione. La sua spalla poteva quasi sfiorare la mia, ma il suo volto era rivolto verso lo stadio e probabilmente verso il suo avversario, che stava ancora attendendo a bordo campo.
Anche io non voltai la mia attenzione sul suo volto, perché sicuramente sarei crollata di fronte alla sua espressione menefreghista ed impassibile. Mi faceva male vedere il viso della persona a cui avevo voluto più bene così trasfigurato dai sentimenti che non gli erano mai appartenuti.
Attesi una risposta, ma quella non arrivò mai. Ero sicura che avrebbe detto qualcosa di sprezzante, come aveva fatto nel giardino degli Jurgens, invece non lo fece e quello mi incuriosì così tanto che decisi di voltarmi nella sua direzione, in modo da averlo perfettamente nel mio campo visivo. La sua espressione era quella di chi si stava sforzando di non dire nulla, oltre al fatto che fosse sprezzante e quasi iraconda. Aveva le labbra leggermente piegate in una smorfia, le narici dilatate e gli occhi assottigliati sotto le sopracciglia aggrottate. Era chiaro che lo stavamo infastidendo non poco, me per prima. Non era un mistero il fatto che gli fossi antipatica, in fondo me lo aveva detto lui stesso proprio qualche giorno prima, ed in quel momento avevo sfruttato la cosa a mio favore. 
Per la prima volta avevo sperato che mi rispondesse con qualcuna delle sue uscite sprezzanti, invece non mi degnò della minima considerazione. Non aveva spostato lo sguardo su di me nemmeno quando mi ero voltata ad osservare il suo profilo, ed ero sicura che col pelo dell’occhio mi avesse vista benissimo mentre mi voltavo. Sperai che almeno avesse colto la mia espressione delusa dal suo comportamento, se proprio non erano bastate le mie parole. Ma sicuramente erano penetrate nel suo animo anche quelle, ne ero certa! 
Riprese a camminare subito dopo, facendo crollare drasticamente ogni mia speranza, e non mi restò altro da fare che raggiungere Takao ed aiutarlo a rialzarsi.
Insieme osservammo la scena che ci si era parata di fronte, di Kai che raggiungeva la postazione di lancio e Michael furioso di fronte a lui.
Poi successe un fatto alquanto strano, che ci fece ammutolire tutti, spettatori compresi.
Hiwatari chiese di battersi contro tutta la squadra degli All Stars e sotto quella richiesta ammutolì anche Dj Man, ma bastò un’occhiata di Vorkof perché quello dette il consenso di far fare a Kai quello che chiedeva. Mi balenò anche in testa il pensiero che quella fosse una cosa architettata in precedenza, ma scacciai il pensiero per concentrarmi su quello che stava succedendo. 
Michael, Eddy, Steve ed anche Emily si erano posizionati sulla pedana di lancio, tutti con uno sguardo furente rivolto al suo avversario. Probabilmente l’aver perso brutalmente i primi due incontri doveva aver bruciato molto ad ognuno di loro, per questo avevano accettato quella strana richiesta da parte del loro avversario. Ma, per quanto si ritenesse forte, non avrebbe avuto speranze di battere una squadra intera.
O almeno così credetti…
«È impazzito! Dranzer non ha nessuna speranza contro Trygle, Trypio e Trygator insieme! Per quanto si senta forte, è sempre da solo contro tre campioni…Perché ha così tanta fiducia nei suoi mezzi?»
Mi lasciai andare in quella constatazione mentre osservavo la squadra americana agganciare i loro Beyblade ai lanciatori, spostando lo sguardo su ognuno di loro. Fu Takao però a rispondermi.
«Perché non userà Dranzer…», iniziò e quella constatazione mi fece voltare con un sopracciglio alzato verso il suo volto allucinato, facendomi poi spostare l’attenzione sul nostro ex compagno di squadra. 
«Ha un nuovo Beyblade!», sibilai a voce alta, curiosa e scioccata allo stesso tempo.
Dov’era Dranzer? Lui non si era mai separato dal suo Beyblade e dalla sua Aquila Rossa e credevo che fossero le uniche cose amate da quell’insensibile, le uniche che infiammavano il suo spirito…ed invece mi dovetti ricredere ancora una volta. 
Mi chiesi cos’avesse di speciale quello strano e misterioso Beyblade nero, ma la risposta arrivò quando, con poche ed infide mosse, mise k.o tutti i Beyblade del Team del PPB! Quell’incontro era durato poco quanto i primi due, giocati da Ivan e Yuri, che stavano osservando le azioni del loro compagno dalla panchina Russa. Quel Bey sembrava inarrestabile ed il suo possessore sembrava esserci perfettamente in sintonia, riuscendo perfettamente a controllarlo. Inoltre per tutta la breve durata del match, Hiwatari era rimasto impassibile al suo posto. Solamente il sorrisetto soddisfatto che aveva tenuto sulle labbra era in contrasto con la sua solita pacatezza. Ma capimmo subito il perché di quell’ilarità.
Dopo l’incontro, chiuso con la vittoria dei Demolition Boys, rubò i Bit Powers dell’intera squadra Americana grazie al Bit Power dell’aquila nera, proprio al Beyblade che stava utilizzando, e ne sembrò così soddisfatto che il suo sguardo di fuoco mi indispettì non poco.
Io e Takao avevamo assistito alla scena dalla nostra posizione, sorreggendosi l’uno con l’altra per non cadere vittime di quegli eventi. Lui aveva osservato il tutto con un’espressione scioccata, la mia invece era furente.
Kai si voltò per uscire dallo stadio senza ripensamenti, ma noi eravamo ancora nel punto in cui ci aveva lasciati e gli stavamo impedendo di raggiungere indisturbato l’uscita. Così si fermò di nuovo a pochi passi da noi, osservandoci come se fossimo solo degli scarafaggi da dover schiacciare.
Il suo sguardo passò da Takao a me, poi di nuovo al campione, e così via. Sembrò come se ci stesse intimando di toglierci di mezzo senza bisogno di utilizzare le parole.
Ovviamente nessuno di noi due si mosse di un passo e forse fu quello che lo convinse finalmente a parlare, con un dito puntato nella nostra direzione.
«State attenti», minacciò, «perché metterò le mani anche sui vostri Bit Powers…», disse infine, riprendendo a camminare verso di noi.
Quella volta però rimanemmo talmente pietrificati da quelle parole sprezzanti che non riuscimmo a rispondere. Non facemmo nulla per cercare di fermarlo, quindi continuammo a guardarlo avvicinarsi indisturbato.
«Kai…», mi lasciai però sfuggire con un lamento quando mi fu quasi di fronte.
«Prova ancora ad indispettirmi e sarai la prossima», mi disse con un filo di voce quando la sua sciarpa frusciò al mio fianco. Non si era nemmeno preso la briga di fermarsi o guardarmi in faccia. 
Quella minaccia mi aveva lasciata talmente di stucco che non riuscii nemmeno a controbattere. Ascoltai i suoi passi farsi sempre più lontani, mentre il mio cuore aveva iniziato a battere fin troppo velocemente e le gambe si erano fatte più pesanti. Le sentii anche tremare sotto il peso di quelle parole sprezzanti.
Sarei caduta a terra se Takao non mi avesse sorretta.
Ancora una volta, Kai era riuscito ad ammutolirmi.



Dopo una breve pausa, in cui raggiungemmo i nostri compagni sugli spalti, ci fu l’incontro tra i Demolition Boys ed i White Tigers. Tutti noi eravamo preoccupati per le sorti degli amici cinesi, soprattutto Rei, che se ne stava seduto a braccia conserte ed un’aria furente. In fondo capivo bene il suo nervosismo, lui più di tutti era legato a quei ragazzi… e si sarebbe dovuta battere anche Mao, che lui in qualche modo reputava importante. 
Rimanemmo a fare congetture su quanto accaduto per tutto il tempo del Time Break, ed a rispondere era spesso il Prof, con l’aria avvilita. Non lo avevo mai sentito sospirare abbattuto come quella volta e potevo ben capirlo, perché in fondo anche io mi ero afflosciata sulla poltroncina delle tribune, a tremare di rabbia verso Hiwatari e tutta la squadra Russa. La minaccia che mi aveva rivolto Kai ancora risuonava nelle mie orecchie ed aveva alimentato tutto il risentimento che sentivo nei suoi confronti.
Purtroppo le nostre congetture furono brutalmente interrotte dalla voce di Dj Man, che dette il via agli incontri.
Quella volta a scendere in campo fu solo Kai per tutti e tre gli incontri, che furono però la fotocopia dei precedenti. Ad ogni incontro vinto, il nostro ex compagno aveva rubato il Bit Powers di un membro dei White Tigers, sotto lo sgomento di tutti noi e di Rei. Quando mi voltai verso di lui, aveva un ringhio talmente adirato che mi fece quasi paura. Ma non potevo biasimarlo. Il comportamento di quell’insensibile aveva inquietato anche me. 
E noi saremmo stati i prossimi se non avessimo pensato ad un modo per fermarlo. Ma il fatto che ci saremmo dovuti battere con lui non mi piacque per niente. Kai era un avversario infido e pericoloso e sicuramente era meglio averlo con noi che contro di noi, ma oramai c’erano ben poche speranze di riportarlo dalla nostra parte.
Mi chiesi anche se tutta quella messa in scena ed il fatto che fosse rimasto passivamente in squadra per tutto il mondiale non fosse stata una cosa premeditata in precedenza. Ma scacciai il pensiero.



«Voglio parlare con lui a quattrocchi!», decretò Takao quando tornammo in Hotel.
Ci sedemmo tutti sui divani della stanza che divideva con Max ed il Prof, furenti di rabbia per gli eventi appena trascorsi. 
I due incontri amichevoli, che di amichevole non avevano avuto nulla, si erano entrambi conclusi con la vittoria dei Demolition Boys. La squadra Americana e quella Cinese avevano perso brutalmente sia gli incontri che i loro Bit Powers. Pensai a come sarei stata io se qualcuno mi avesse rubato il Bit Power di Star Pegaso e sentii una stretta al petto, quindi immaginai come dovevano sentirsi i ragazzi. Uscendo dallo stadio, nella pausa tra i due match, vedemmo Emily trattenere a stento le lacrime, mentre i volti di Michael, Steve ed Eddy erano un misto tra il rabbioso e l’addolorato. E quelli dei membri del team della Tribù della Tigre Bianca non erano da meno. Rei aveva provato a parlare con i ragazzi, ma capivo come dovevano sentirsi e del perché non proferirono parola. Non mi sfuggì però il fatto che Mao si fosse gettata a piangere tra le braccia di Rei, come avevo fatto io sul treno, ma quella scena non mi inquietò particolarmente. Anzi, mi sentii in perfetta sintonia con la ragazza. Anche io se fossi stata nelle sue condizioni mi sarei gettata tra le braccia di qualcuno per consolarmi, come avevo fatto con lo stesso Rei pochi giorni prima e, a malincuore, con Kai ai tempi dell’asilo.
«Anche io voglio cantargliene quattro! Non può rimanere impunito!», ringhiai alzandomi di scatto dalla mi a posizione. Tremavo dalla rabbia e se non l’avessi in qualche modo sfogata mi sarei ritrovata a piangere di nuovo dal nervoso e di nuovo per lui. 
«L’unico modo sarebbe andare al Monastero», sentenziò Rei, ma si vedeva lontano un miglio che aveva tutte le intenzioni di seguirci.
«Siete sicuri? L’ultima volta…», iniziò il Prof, cercando di essere razionale, ma venne brutalmente messo a tacere da Takao.
«Non mi importa! Che provino a fermarci, dovranno vedersela con me! Non sarò magnanimo come l’altra volta!» imprecò e senza sentir ragioni si diresse al suo cappotto, indossandolo mentre con lo sguardo ci incitava a raggiungerlo.
Io e Rei non ce lo facemmo ripetere due volte ed anche Max ed il Prof, dopo essersi scambiati un’occhiata eloquente decisero di seguirci.
In men che non si dica, mentre il tramonto iniziava a tingere di arancione l’aria, arrivammo di fronte al tanto chiacchierato Monastero. Inoltre oramai conoscevamo bene la strada, visto che era la terza volta che la percorrevamo. Quella volta con intenzioni ben precise e poco benevole. Ci saremmo introdotti dentro quella proprietà privata, fregandocene delle conseguenze.
Scavalcammo la stessa inferriata dell’ultima volta, stando attenti a non passare di fronte al congegno ad infrarossi ed iniziammo a correre verso il grande portone d’entrata. Che come previsto però era saldamente chiuso.
«Spostatevi, ci penso io!» 
Takao tirò fuori Dragoon dalla tasca ed appena ci fummo allontanati dalla porta lo lanciò a tutta velocità contro la serratura, che si aprì con un sonoro scatto e...
«Oh no, hai fatto scattare l’allarme!», imprecò spaventato il Prof Kappa, iniziando nervosamente a saltellare.
«Non me ne importa niente! Dai, entriamo!», lo mise a tacere il nostro campione. Era così ansioso di trovare Kai che per la prima volta lo vidi incredibilmente serio.
Senza dire una parola ci lanciammo tutti e cinque all’interno del corridoio di pietra, illuminato solo da alcune fiaccole poste lungo il muro. Non riuscivamo a vedere il fondo, ma solo quanto bastava per capire dove mettevamo i piedi. In ogni caso l’importante era andare avanti, in fondo non avevamo una meta precisa, ci bastava solamente che Kai si accorgesse di noi, il resto lo avrebbe fatto lui stesso. Oppure, se avessero tentato di fermarci, avremmo provato in tutti i modi a farci dire dove trovare il nostro ex compagno.
Ma purtroppo tentarono di fermarci davvero ed il primo che venne acciuffato fu proprio il Prof, che correva dietro di noi come chiudi fila. Era talmente nervoso e spaventato che non era riuscito a tenere il passo, e il pc che saldamente teneva stretto tra le braccia gli aveva impedito di tenere un’andatura costante.
«Non preoccupatevi per me, proseguite le ricerche! Dovete trovare Kai!» ci intimò dalla sua posizione. Il ragazzino che lo aveva braccato era riuscito a farlo cadere nella corsa e lo aveva fermato a terra trattenendolo per le spalle.
Ma purtroppo quella brusca interruzione dette modo ad altri Blader avversari di raggiungere i loro compagni. Uscirono tutti da un corridoio laterale e le loro facce non erano per niente amichevoli.
«Vi copro le spalle, voi continuate a cercare!» ci informò Max, tirando fuori il suo Draciel e parandosi di fronte a me, Takao e Rei, dandoci la possibilità di continuare a correre. E così facemmo, rintanandoci in un altro corridoio quando sentimmo delle voci arrivare verso di noi. Ci eravamo stretti in quello spazio angusto ed io ero finita spiaccicata contro il mio compagno cinese. Lui dal canto suo mi aveva stretto tra le braccia, come per proteggermi da quel luogo infausto e da possibili agguati.
«Qui però non siamo al sicuro», iniziò poi, quando il silenzio cadde di nuovo su di noi. Mi guardò negli occhi e mi sorrise lievemente. In quello sguardo capii le sue intenzioni.
«No Rei! È pericoloso!», gli dissi con un lamento. Avevamo già lasciato addietro due di noi, non potevamo perdere anche Rei. Soprattutto quando io e Takao non saremmo riusciti a trovare l’uscita di quel posto nemmeno se ci saremmo impegnati.
«È l’unico modo! Io cerco di attirarli a me e portarli più lontano possibile da voi, così che avrete modo di continuare a cercare Kai! Sono sicuro che questo corridoio porti da qualche parte!»
«Ma…», provai a controbattere ma lui senza sentire ragioni poggiò lievemente le sue labbra sulle mie, dandomi un lieve e casto bacio che mi fece avvampare. Sono sicura che lo avesse fatto per non farmi preoccupare per le sue scelte, ma mi sentii accaldata comunque. Soprattutto perché il tutto era passato sotto l’attenta osservazione del nostro capitano, che ci stava guardando con le sopracciglia aggrottate in un’espressione perplessa. 
«Ci vediamo dopo!», ci disse poi, staccandosi da me senza aspettare una risposta ed iniziando a correre nel corridoio centrale. Lo fece facendo più rumore possibile ed i ragazzi che erano passati poco prima in quello stesso corridoio arrivarono ad inseguirlo, lasciando me e Takao soli. 
«Beh, non ci resta che andare…», sospirai sconfitta, facendo spallucce, ma Takao mi stava osservando di sottecchi e capii anche il perché.
«Da quanto tu e Rei…», si aprì poi in una risatina complice, facendomi arrossire di nuovo, ma io iniziai a scuotere la testa in un gesto di negazione.
«Takao, non è il momento per queste rivelazioni. Comunque non c’è nulla tra me e Rei, o meglio, non so cosa ci sia tra me e Rei, ma ora il nostro obbiettivo è Kai! Dobbiamo trovarlo e dobbiamo farlo in fretta oppure vanificheremo gli sforzi che hanno fatto i nostri amici per darci questo vantaggio!», proferii in risposta ma bastò per farlo tornare serio. Annuì con un gesto eloquente della testa e, prendendomi per mano, iniziò a correre per il corridoio principale.
Come preventivato però, non avevamo la minima idea di dove stessimo andando né di dove saremmo dovuti andare. Continuammo ad andare avanti per inerzia, percorrendo l’intero corridoio fino alla sua fine, dove era ubicata una porta di legno.
«E ora?», chiesi con un lamento quando arrestammo la nostra corsa.
«Entriamo! Qui siamo troppo vulnerabili», mi rese noto e, di nuovo riprendendomi per mano, entrammo in quella misteriosa stanza.
Per fortuna era più illuminata dell’intero corridoio, tanto quanto bastava per farci vedere cosa ci fosse al suo interno e gelandoci sul posto.
C’erano delle vasche piene di liquido verdognolo, dove all’interno erano custoditi i Bit Powers. Era una scena raccapricciante ed inquietante. Vedere quelle misteriose creature rinchiuse in quel modo mi dette il volta stomaco, soprattutto dopo che iniziammo a capire cosa fosse davvero quel monastero. 
E la cosa non mi piaceva affatto. Era oramai ovvio che quell’apparenza era solo una copertura e forse quell’uomo, Vorkof, non era nemmeno un monaco vero.
Purtroppo però, quando parli del diavolo…ecco che proprio l’uomo che ci aveva accolti in quello stesso monastero nel nostro primo giorno in Russia arrivò nella stanza. Come l’altra volta era vestito della sua tunica marrone ed aveva una strana pacatezza che mi dette sui nervi.
«Fine della corsa ragazzi…», ci disse, tuttavia il suo tono era leggermente divertito. Inoltre, differentemente dall’ultima volta, aveva sul volto una strana maschera che gli tappava il viso e gli dava un aspetto ancora più inquietante.
«Vorkof!», lo richiamammo all’unisono, con un ringhio inferocito che lo fece scoppiare a ridere.
«Che cosa combinate qui dentro?», chiese poi Takao, stanco di tutto quel mistero. Ma come dargli torto in fondo. Immaginai però che l’uomo continuasse a ridere, o che ci prendesse di peso e ci buttasse fuori, oppure che chiamasse i rinforzi. Invece, stranamente da quello a cui avevo pensato, pensò bene di quietare i nostri dubbi.
«Questo è il centro operativo della Borg, un organizzazione che allena i Blader più forti del paese e studia la manipolazione dei Bit Power», iniziò, ma il mio compagno lo interruppe di nuovo.
«E con quale scopo? Le spiacerebbe spiegarmelo?», chiese, dando voce anche ai miei pensieri. Io dal canto mio ero rimasta accanto a lui, con ancora una mano saldamente chiusa nella sua. Quell’uomo mi metteva troppa soggezione.
«Ti accontento volentieri. Devi sapere che accogliamo i Blader nel nostro monastero quando sono ancora piccoli. Selezioniamo i più resistenti e aggressivi e stimoliamo il loro spirito combattivo. Cerchiamo inoltre di forgiarne il carattere affinché diventino crudeli e soprattutto disposti a qualsiasi sacrificio pur di vincere!», assottigliò lo sguardo, rimarcando l’ultima frase. Si fece più serio, ma il sorrisetto serafico sul suo volto mi fece correre un brivido lungo la schiena. Fu la stessa sensazione che ebbi alla vista degli occhi glaciali di Yuri. «Quindi li sottoponiamo senza tregua ad allenamenti durissimi che li portano a diventare imbattibili», finì con un risolino compiaciuto che ci fece sbiancare. In quel momento mi fu chiaro il perché delle espressioni impassibili viste su tutti i Blader di quel luogo. E quella constatazione, oltre a farmi ardere dalla rabbia, mi lasciò nel cuore tanta tristezza. Come potevano ridurre così dei ragazzi con la passione del Beyblade?
«Siete pazzi!», gridò Takao, destandomi dai miei pensieri. «Adesso capisco quegli sguardi e la violenza dei ragazzi che si allenano qui!», continuò.
Le parole di Vorkof invece mi gelarono al mio posto, lasciandomi sul volto un’espressione pressoché scioccata.
«Anche Kai è cresciuto alla Borg», disse semplicemente, come se quella fosse una cosa normalissima, e vidi sul volto di Takao comparire la mia stessa espressione. Si voltò leggermente nella mia direzione, come a voler constatare quanto mi avessero turbata quelle parole e se avessi avuto la sua stessa reazione. Ma Vorkof continuò la sua spiegazione, fregandosene del nostro stato d’animo.
«Era uno dei Blader più potenti dell’organizzazione. Si è allenato al monastero fin da piccolo e grazie al nostro metodo aveva maturato una determinazione ed una crudeltà esemplari. Adesso ha ritrovato sé stesso e punta a diventare il più forte del mondo. Credo che abbia dimostrato le sue grandi capacità negli ultimi incontri che ha disputato in questi ultimi giorni. Grazie a Beyblader come lui ed ai potentissimi Bit Power un giorno noi della Borg riusciremo a dominare il mondo intero!»
Scoppiò in una fragorosa risata, che ammutolì Takao e scioccò del tutto me.
Ero rimasta frastornata dalle sue ultime parole e tutti i pezzi dell’incasinato puzzle andarono al loro posto. Finalmente avevo trovato le risposte che cercavo, anche se le avevo avute nel peggior modo possibile. Finalmente avevo capito dov’era stato Kai in quei cinque anni di assenza e del perché fosse tornato in paese totalmente e radicalmente cambiato.
Era stata colpa loro. Di quell’uomo e di quel posto, che cresceva piccoli Blader come se fossero macchine. Quei ragazzi venivano svuotati di ogni sentimento, come la passione per quel gioco, e riempiti solo di senso di vittoria e crudeltà. Ma allora perché Kai non si ricordava del periodo vissuto prima del Monastero? Perché non si ricordava di me? E soprattutto, perché non ci aveva mai detto che in passato aveva vissuto in questo posto? 
Mi tornò alla mente la sua espressione allucinata il primo giorno in cui avevamo messo piede qui dentro, e fui sicura che non avesse lo sguardo di qualcuno che era appena tornato in un posto in cui era già stato. Ma forse Kai aveva rimosso anche quei ricordi, e quello coinciderebbe con la strana inquietudine che aveva provato alla vista di quelle mura. 
Il cuore prese a battermi all’impazzata, ed il mio sguardo era fisso sugli occhiali dell’uomo che, in quel momento, mi stava osservando compiaciuto. 
Le gambe mi tremavano in maniera indecente, e se non fossi rimasta ancorata al braccio di Takao probabilmente sarei caduta a terra. Lui dal canto suo si accorse del mio stato d’animo e cercò di sorreggermi quanto poté. Ma anche lui era furioso.
In quel momento anche l’odio provato per Kai crollò drasticamente. In quel momento sentii solo pena per lui e per tutto quello che era stato costretto a vivere. Non era stata d’altronde colpa sua, ma dell’uomo che era di fronte a noi. 
Avrei voluto chiedergli molte cose, ma Takao fu più veloce di me.
«Vogliamo vederlo! Ci permetta di parlare con lui», decretò risoluto e Vorkof non poté fare altro che sospirare divertito e rassegnato. Probabilmente aveva messo in conto quella probabilità.
Prese uno strano congegno, probabilmente un microfono, e parlò nell’altoparlante in una lingua a noi sconosciuta. 
Dopo alcuni secondi, i passi di qualcuno proveniente dalle nostre spalle ruppero il silenzio. Quando ci voltammo con il cuore in gola, Kai era a poca distanza da noi, con la sua solita espressione scocciata e gli occhi ametista puntati sulle nostre persone.
«Kai!», lo richiamò il mio compagno, con il tono di voce speranzoso. Tutta la rabbia era scemata dopo il racconto di Vorkof e probabilmente il nostro campione aveva pensato che, mostrandosi gentile, forse avrebbe smosso qualcosa nell’animo di Kai.
Ma io non credetti nemmeno per un momento ad una resa di Hiwatari, ed infatti lui parlò con un tono di voce altamente intimidatorio.
«Non capisco perché siate qui, né tantomeno cosa vogliate da me», ed a quelle parole il suo sguardo si fermò su di me. Mi guardò con uno sguardo talmente tagliente che mi costrinse a spostare i miei occhi dai suoi con espressione frustrata.
«Però ne approfitto per darti qualcosa», continuò, rivolto di nuovo a me, e quelle sue parole mi dettero la forza di riguardarlo in volto. 
Lui che voleva dare qualcosa a me?
Lo osservai nei suoi lenti movimenti, mentre infilava una mano in tasca dei larghi pantaloni e tirava fuori qualcosa. Fu solo quando lo gettò malamente ai miei piedi che tutto mi fu chiaro. Inoltre quel gesto mi strappò un lamento di dolore. 
«Dranzer!», dissi con il tono di voce disperato, abbassandomi in ginocchio per prelevarlo da terra. 
Lo raccolsi quasi fosse un diamante raro, mentre la vista iniziava ad offuscarsi per via delle lacrime troppo a lungo represse. Quel gesto mi aveva dato il colpo di grazia. 
Lui non si era mai separato dal suo Beyblade e dalla sua Aquila Rossa. Dranzer era stato sempre il suo fedele compagno, fin da quando lo avevamo costruito insieme, e quella separazione mi sembrò come l’ennesimo tradimento. Era come se, volendosi separare da quel Beyblade blu, lui avesse voluto chiudere con il suo passato, anche quello che non riusciva a ricordare. O forse mi stava dando quel Bey proprio perché in qualche modo lo teneva legato a me. E lui non voleva legami col passato, lo lessi nel suo sguardo.
Avevo perso Kai per sempre.
Però il suo gesto aveva acceso in me qualcosa, come quella sera in cui volli a tutti i costi ferirlo. Anche quella volta, nonostante la disperazione e l’amarezza, volli fare un gesto sconsiderato.
Lui si era appena liberato di un pezzo della sua vita, del suo passato e di qualcosa che, probabilmente, gli ricordava di me. Gli avevo detto in nave che avevamo costruito insieme i nostri Beyblade, e forse da quel giorno non gli era mai andato giù quel fatto. 
Anche io volevo fare lo stesso.
Misi una mano in tasca e tirai fuori il mio prezioso disegno, quello che gli avevo mostrato in treno e quello che non ero mai riuscita a buttare. Quello che mi ricordava di lui e del passato che avevamo trascorso insieme. 
Un passato che oramai era impossibile da ritrovare.
Cercando di emulare il suo gesto, e con l’espressione più risentita che riuscii a fare nonostante le lacrime, accartocciai il foglio e lo tirai malamente verso di lui, facendolo atterrare a poca distanza dai suoi pedi. 
Lui era rimasto eretto ed impassibile nella sua posizione. Aveva a malapena spostato lo sguardo a seguire l’atterraggio del disegno con espressione seccata, ma in un batter d’occhio riportò di nuovo la sua attenzione su di me. 
In ogni caso, io non volli dargli altra soddisfazione.
«Ti meriti davvero il disprezzo di tutti, Hiwatari», gli dissi solamente, cercando di mantenere ferma la voce nonostante le lacrime, e lo feci guardandolo dritto negli occhi con l’espressione più furente che riuscii a fare.
Ovviamente le mie parole non lo smossero di una virgola, come al solito, ma mi bastò che avesse recepito il messaggio.
Takao invece continuava a scorrere il suo sguardo allucinato da lui a me. Probabilmente anche lui era rimasto scioccato da quegli eventi. Anche lui non si sarebbe mai aspettato che Kai abbandonasse il suo fedele compagno. In fondo, entrambi avevamo sempre sperato che, nonostante non trattasse nessuno da amico, almeno un sentimento simile lo avesse provato per la sua Aquila. Invece no, come sempre aveva dimostrato di essere un freddo calcolatore, uno che aveva sempre utilizzato il Beyblade come un’arma ed un mezzo per ottenere qualcosa.
Mi pentii di aver provato pena per la sua infanzia passata in quel posto. In quel momento mi faceva solo rabbia.
Ero arrabbiata.
E ferita.
Quella volta fui io a tirare per un braccio Takao, trascinandolo fuori da quella maledetta stanza prima che succedesse altro e senza aspettare una risposta da Kai. Non che mi aspettassi di averla…
Corsi a per di fiato per tutto il corridoio, con Dranzer stretto al petto ed il labbro inferiore serrato tra i denti. 
Volevo a tutti i costi uscire da lì.
Fine capitolo 30


°°°°°
Colei che scrive:
Buon salve a tutti e ben ritrovati in questo capitolo. Innanzi tutto vi chiedo scusa per gli errori che sicuramente avrete trovato, per le ripetizioni e per delle frasi poco chiare, ma purtroppo ho letto e riletto ma il mio cervello con la stanchezza non collabora T.T xD 
Ma, torniamo a noi. Siamo arrivati al tradimento di Kai, e Saya gli ha gettato il disegno ai piedi…chissà se lo butterà. Inoltre ora sappiamo che a breve ci sarà il famoso scontro sul Lago Bajkal (una delle mie puntate preferite *_*) 
Come sempre passo a ringraziare tutti i lettori, recensori e chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate /seguite. 
Grazie a voi che seguite questa storia! 
Alla prossima!
  
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