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Autore: Lost In Donbass    30/07/2020    0 recensioni
Quando sei un'universitaria, sai già che per forza nella tua vita dovranno succedere cose fuori dal mondo, specialmente se vivi a Kiev, fai parte di un trio di amiche con poco senso pratico e hai l'abitudine a ficcarti nei guai. Lo sanno bene le nostre tre eroine che si ritroveranno a vivere un anno accademico completamente fuori dagli schemi.
Tamara si è innamorata di un ragazzo rockettaro ed è troppo ingenua per capire che potrebbe restarci molto scottata.
Valerija si è ritrovata come professore un uomo con cui era andata a letto poco tempo prima.
Yana si scontrerà brutalmente col vicino di casa che, ahimè, è troppo bello per essere ignorato.
Tra baci rubati, stivali da pioggia, confessioni notturne e tradimenti, ne usciranno vive?
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
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YOU CAN HAVE MY HEART

 

CAPITOLO PRIMO: END UP HERE

 

My head spins
I'm pressed against the wall
Just watching your every move
You're way too cool
And you're coming this way

[5 Seconds Of Summer – End Up Here]

 

 

-Ragazze, a ore 12.

Le tre ragazze si abbassarono d'istinto, facendo capanello per non farsi notare dall'oggetto del loro interesse, che stava varcando proprio in quel momento la porta dell'aula. Si scambiarono alcune occhiate furtive e poi si raddrizzarono, fingendo abilmente di star sistemando i quaderni per la lezione imminente quando invece erano tutte e tre concentrate a seguire le sue mosse. Lo videro passarsi una mano tra i capelli, stravaccarsi vicino al suo amico, quel famoso Kuzma Lukjanen'ko che stava con una ragazza autistica, e giocherellare con una penna, le cuffie ancora appese al collo e l'aria scanzonata. Tamara sospirò rumorosamente e diede di gomito alle altre due

-E' celestiale. Mi aiuta davvero a superare le mattine in facoltà.

-E' magro, Toma.- si intromise Yana, specchiandosi nello specchietto da borsa – Non ha un filo di muscoli. Dio, se lo stringi si spezza.

-Taci.- Tamara si scostò una ciocca dal viso pallido e mordicchiò nervosamente la matita, distogliendo lo sguardo non appena il centro del suo interesse si voltò verso di lei – E' perfetto. Sembra una rockstar, ha il piglio da cantante di fama mondiale. Lo amo.

Tamara era una dall'innamoramento facile, che fosse per un ragazzo incontrato per strada, per un cantante rock o per l'avvenente professoressa che teneva il laboratorio di scrittura creativa. Senza farsi problemi, Tamara si innamorava, perseguitava il fulcro della passione fino allo stremo, poi incontrava qualcun altro, e perdeva interesse. Yana e Valerija erano abituate e non ci facevano nemmeno più caso agli appostamenti in giro per Kiev, alle telefonate nel cuore della notte con conseguenti strilla e nemmeno ai soliti “basta, quello? Nah, non mi piace più. È passato di moda”. A modo suo, Tamara sapeva essere estremamente diverte ed estremamente snervante allo stesso tempo. Quella volta, però, aveva passato il limite. Erano già ben tre settimane che non vedeva altro che il ragazzo rockettaro che si sedeva nel quinto banco a sinistra ed erano tre settimane che, più o meno di nascosto, lo pedinavano per studiarne la vita e le abitudini. Valerija aveva sempre pensato che se qualcuno le avesse scoperte, avrebbe potuto denunciarle per stalking, senza esagerare, peraltro. Per loro fortuna, sembrava che il ragazzo rockettaro non si fosse ancora accorto di loro. O se se n'era accorto, era stato molto bravo a far finta di nulla.

-Avremmo potuto fare tante cose in questi giorni, invece che stalkerare il rocker anoressico.- sbuffò Yana, afferrando un quaderno – Tipo, indagare sul nuovo professore di letteratura ucraina. Dicono che sia di una bellezza straordinaria.

La ragazza alzò le sopracciglia in modo allusivo. Ma in fondo, se Tamara si innamorava di tutti, Yana saltava addosso a ogni essere di sesso maschile un minimo appetibile che incrociava per strada. Valerija era profondamente convinta della fortuna dell'amica per non aver mai contratto malattie veneree o aver avuto gravidanze indesiderate. Con tutti gli uomini con cui se la spassava, sarebbe stato il minimo.

-Yana Dmijtrevna, non puoi pensare cose sconce sul nuovo professore.- commentò Valerija – Rischieresti di essere espulsa dall'università.

-Se mi concede una scopata spaziale, di quelle che te le ricordi per tutta la vita, ben venga essere cacciata dall'università.- Yana annuì compita e le altre due scossero la testa, una allibita, l'altra troppo impegnata a fissare il rocker che chiacchierava con l'amico. Amico che peraltro era stato anche lui vittima degli innamoramenti lampo di Tamara, ma che, fortunatamente per lui, era stato dimenticato in fretta una volta visto il rockettaro.

-Ragazze, ci sta guardando!- sibilò Tamara, indecisa se additare il ragazzo o limitarsi a far finta di niente – Come sto? Sono in ordine? Capelli? Trucco?

-Sei perfetta.- la rassicurò Valerija mentre Yana, opportunamente nascosta dietro a un libro, guardava il rockettaro. Effettivamente, le guardava. Ma d'altronde, come potevano passare inosservate loro tre? E poi, se non era completamente stupido, si era sicuramente accorto delle loro operazioni di stalking.

-Si sta avvicinando.- sibilò Yana, dando una gomitata a Tamara che era arrossita disperatamente e stava cercando di mantenere un'aria il più possibile casuale. Ma non era una brava attrice, e non era mai capace di mascherare le sue emozioni che in quel momento danzavano sul suo viso come fossero su uno schermo.

Il ragazzo rockettaro arrivò davanti a loro e Valerija considerò immediatamente il fatto che le potesse prendere per tre folli, tra sorrisi palesemente falsi e occhi strabuzzati.

-Ciao, ragazze.- disse, e Tamara pensò di morire. Non si erano mai parlati prima d'ora, ma la sua voce, dio, la sua voce, era proprio come quella di un cantante rock. Perfettamente modulata, musicale, perfino dolce. Lo guardò, rendendosi conto forse troppo tardi dell'espressione vuota che aveva assunta. Aveva la tipica bellezza che solo certi ucraini del sud potevano avere, niente a che vedere con i ragazzi di Kiev, con quegli occhi ambrati e quel sorriso sbarazzino. Una star della Crimea, sicuramente. Tamara lo vedeva già a Hollywood a prendere l'Oscar come migliore attore straniero protagonista. Che non sapeva nemmeno se esistesse una nomina del genere, ma non le importava.

-Ciao.- dissero, in coro perfetto, una sicura di sé, una annoiata e l'altra innamorata.

-Non so se ci siamo già presentati.- continuò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli scuri spettinati ad arte.

Tamara sapeva già nome, cognome, patronimico e tutto il suo albero genealogico, ma andò in brodo di giuggiole lo stesso. Yana e Valerija si chiesero semplicemente perché da un momento all'altro lui venisse da loro tre a parlare.

-Denis. È un piacere conoscervi.- sfoderò un sorriso palesemente studiato allo specchio.

-Tamara. Toma, per gli amici.- Tamara gli strinse la mano, e sentì le orecchie andarle a fuoco. La sua manina si incastrava alla perfezione nella sua grande, con gli anelli rock alle dita.

-Allora chissà, magari anche a me presto sarà dato di chiamarti Toma.- Denis le strizzò l'occhio, e Tamara si riprese solo dopo che Yana le ebbe pestato un piede. Era una cosa assurda, per la piccola Tamara: nessuna delle sue cotte temporanee si era mai interessata a lei, e non avrebbe mai immaginato che la cotta più duratura, quella verso il ragazzo più bello e rock di tutta la città, potesse avere una realizzazione in quella cupa mattina d'autunno.

-Io sono Yana, comunque.- Yana gli strinse la mano di sua spontanea volontà. Non lo nascondeva, il rockettaro era molto carino, ma quella magrezza proprio non andava bene. A Yana piacevano schiene muscolose, petti potenti e braccia pompate. Non uno spaventapasseri con la maglietta degli Asking Alexandria, i bracciali borchiati e l'anello alla narice.

-Valerija.- Valerija concluse le presentazioni, studiando con aria annoiata il ragazzo. Lei aveva sempre preferito i corpi morbidi e le labbra carnose delle ragazze, anche se a volte non aveva disdegnato qualche ragazzo, tra una storia e l'altra. Valerija vagava da una persona all'altra senza mai inciamparci davvero dentro, si incastrava in storie che non comprendeva per riempire il vuoto di quelle giornate tristi.

-Nomi bellissimi per ragazze bellissime.- Denis sorrise loro, e per i gusti di Tamara guardava con troppo interesse Yana. Sospirò rumorosamente: Yana era sempre stata più affascinante di lei, ma non poteva pensare che lui, proprio lui, la snobbasse per l'amica di una vita – Sono venuto a importunarvi per chiedervi di venire a una festa. È invitata praticamente tutta l'università, sarebbe un peccato se non ci foste anche voi.

-Veniamo!- urlò Tamara, prima che le altre due potessero obbiettare – Una festa? Certo! Non mancheremo!

Denis rise della sua intraprendenza, Valerija alzò un sopracciglio dubbiosa e Yana tossicchiò

-La mia amica ha un po' esagerato, forse.- disse, subito – Dove sarebbe?

-Nel Distretto Holosiivskij, domani sera. Non esattamente da buttare via.- commentò Denis, scostandosi il ciuffo dal viso con movimenti consumati.

-Ovviamente ci saremo.- attaccò nuovamente Tamara – Sei stato molto carino a invitarci.

-Tre ragazze così belle non potevano mancare.- Denis strizzò loro l'occhio – Ci vediamo in giro, ragazze.

Detto ciò, si voltò e tornò al suo banco. Tamara era arrossita selvaggiamente si era prodotta in un lungo pigolio che venne troncato sul nascere dalle occhiate delle due amiche

-Non provare a dire che è un tesoro perché no.- abbaiò Yana – Ci stava praticamente provando con tutte e tre contemporaneamente.

-Tutte e tre significa che ci provava anche con me!- ribatté Tamara, sedendosi impettita e lanciando una lunga occhiata a Denis. Si morse il labbro inferiore e sospirò rumorosamente. Non poteva credere che la sua cotta temporanea l'avesse esplicitamente invitata a una festa nel Distretto Holosiivskij. Si sventolò con la mano

-Io comunque non ci vengo.- grugnì Valerija – Vacci da sola, Toma.

-Tu vieni eccome.- la rimbeccò Yana – Non mi lascerai mica da sola con questa pazza.

-Non resto tutta la sera da sola a bere in un angolo perché voi due vi andate a nascondere col tizio di turno.- sbottò Valerija.

-Non ti puoi “nascondere” anche te con la tizia di turno?

-Ma non ci provo nemmeno!

Tamara intanto stava studiando attentamente i movimenti di Denis, che da quando era tornato al suo banco non le aveva più degnate di uno sguardo. Sospirò. Era inutile illudersi, sicuramente lui avrebbe messo gli occhi su Yana, o, peggio, su Valerija, e lei sarebbe rimasta nell'angolino a rodersi. Forse era colpa di quei vestiti scozzesi o di quei maglioncini di lana. O anche degli stivali da pioggia rosa confetto che indossava quando pioveva. Storse il naso: forse rimodernare il suo aspetto non sarebbe guastato.

-Dobbiamo andare a fare shopping.- esclamò immediatamente – Devo rinnovare il mio guardaroba.

-E rinunciare a maglioncini di lana e stivali di gomma?- Yana la guardò con tanta ironia dipinta negli occhi.

-Devo trovare qualcosa di sensuale per la festa, e qualcosa di carino per tutti i giorni, nel caso Denis si interessasse a me.- continuò decisa Tamara – Comprese le scarpe.

Si guardò i piedi, calzati in un paio di scarponcini verde acido che facevano a pugni con la gonna azzurro cielo e il cardigan giallo canarino. Il suo senso dell'orrido era incredibile.

-Dovresti vestirti di nero.

-Ci sei già te che sembri un becchino!

-O almeno imparare a fare gli accostamenti, Toma, sei un disastro.

-Non vorrei dire, ma Denis ti sta guardando di nuovo.

-Forse si è reso conto che una col cardigan giallo non sarà mai una preda appetibile.

-Scusa, ma se è un rockettaro forse faresti meglio a vestirti da rockettara anche tu.

-Non rinuncio ai miei stivali di gomma!

-Ragazzi, buongiorno.

Una voce nuova distolse le ragazze dal loro chiacchiericcio e le fece concentrare sull'uomo che era appena entrato in aula. Tamara strabuzzò gli occhi. Yana trattenne un fischio. Valerija sentì il cuore sprofondare troppi metri sotto terra. Il professore di letteratura ucraina era, secondo il modesto parere di Yana, di una bellezza annichilente, era, secondo quello di Tamara, inquietante ed era, secondo Valerija, la sua più grande nemesi. Non poteva essere davvero lui, forse si stava ingannando. Magari gli assomigliava molto, ma non poteva essere lui. Non esisteva. Valerija strinse talmente forte la penna da farsi sbiancare le nocche e ringraziò che le sue amiche fossero distratte per non fare caso a lei e al suo pallore mortale sotto lo spesso cerone bianco. Sentì la bocca secca, e pregò silenziosamente che non fosse davvero chi pensava fosse, ma più lo guardava più non poteva ingannarsi: dannazione, era proprio lui. La ragazza si ritrovò a trattenere il fiato a lungo, il cuore stretto in una morsa perché dio, non poteva essere così sfortunata. A parte che non credeva che lui le avesse detto di essere un professore universitario, poi sicuramente avevano avuto di meglio da fare che stare a disquisire sulle loro occupazioni. Ma non poteva pensare di ritrovarselo lì davanti. Non dopo che l'aveva ammanettata al letto, dannazione.

Tutti gli studenti tacquero immediatamente mentre l'uomo si accomodava alla scrivania.

-Sono Jurij Ivanovich Grigorenko, il vostro docente di letteratura ucraina.- tacque un attimo e abbracciò la sala con lo sguardo – Immagino che tutti voi qui sappiate chi era Lesya Ukrainka. Sbaglio? Perché è proprio da lei che partiremo, inquadrando la sua Cattività Babilonese che …

I loro sguardi si incrociarono e Valerija volle sprofondare. Quegli occhi grigi, con quello strano taglio, erano tutto quello che non avrebbe mai voluto incontrare in cattedra. Ingoiò a vuoto, mentre lui la riconosceva e sbiancava appena. Yana si accorse del suo malessere perché la guardò con gli occhi spalancati ma Valerija riusciva solo a pensare che Jurij sarebbe stato il suo professore, nonostante fosse stato anche il suo amante. Sembrava di essere finita in uno stupido romanzetto per adolescenti, dove lei, la ragazza emo, si ritrovava a dover fronteggiare una sua vecchia fiamma proprio in aula. Se è un incubo svegliatemi, pensò, mentre stringeva il ginocchio di Yana. Jurij aveva distolto immediatamente lo sguardo da lei e aveva continuato a spiegare qualcosa che Valerija non stava nemmeno sentendo. La sua voce bassa e sensuale le rimbombava nel petto, ricordandole quella notte di poche settimane prima, quando le sussurrava cose sconce all'orecchio, quando le soffiava sulla pelle nuda. Un brivido la scosse e Yana le diede una gomitata

-Si può sapere che hai, Valija?

-Yana, è lui.- biascicò la ragazza, mordendosi il labbro inferiore.

-Lui chi? Cosa?

-E' Jurij, dannazione!

Yana si grattò il collo e la guardò sospettosa

-Sì, okay, ha detto di chiamarsi Jurij Ivanovich Grigorenko e … oh mio dio. Ho capito.

Le due ragazze si guardarono, entrambe bianche in viso.

-Ci sono andata a letto due settimane fa, Yana!

-Eh, cosa? Cos'è successo?- Tamara si frappose fra le due – Parlate del professore? È carino, eh? Mai quanto Denis, però pensavo che …

-Toma, è Jurij!

-Jurij chi?

-Quello dell'altra notte!

Tamara non fece in tempo a stupirsi che la voce profonda di Jurij le interruppe

-Se le signorine volessero avere la cortesia di ascoltare o perlomeno di non fare salotto durante le mie lezioni, gliene sarei eternamente grato.

Le tre ragazze alzarono le teste e mentre Tamara arrossiva e Yana lo guardava con aria strafottente, Valerija si sentì straordinarimente piccola di fronte al suo sguardo d'acciaio. Lui la stava guardando con un'espressione indecifrabile, che la ragazza non sapeva se considerare di odio, di vergogna, o di cos'altro. Si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo.

La lezione proseguì tranquillamente, ma mentre tutti prendevano appunti, Valerija non riusciva a concentrarsi. Riusciva solo a pensare a lui, e a quella notte. La famosa notte insieme, quella dove per la prima volta si era fatta ammanettare, quella dove aveva lasciato quell'uomo appena conosciuto entrare completamente nella sua sfera privata, per darle più piacere che mai. Sospirò profondamente, sorridendo a Yana che le lanciava occhiate preoccupate e cercò di scrivere qualcosa delle sue parole, ma le uniche che sentiva risuonare in testa erano quelle che le aveva mormorato all'orecchio prima di caricarla in macchina con sé, la più grande imprudenza che Valerija avesse mai fatto. Aveva tentato di convincersi di aver ceduto a quell'uomo galante dopo che Aleksandra l'aveva mollata, e che era colpa del suo stato fragile momentaneo e della mancanza di Aleksandra. In realtà, sapeva da sola che la sue ex ragazza non c'entrava: non appena aveva visto Jurij, in quel locale, aveva deciso che sarebbe stato suo. Sogno avverato, ma a quale prezzo.

Quando la lezione volse al termine, le tre ragazze si guardarono.

-Scappiamo?- propose Yana.

-Più veloci del vento.- concluse Valerija, alzandosi e afferrando lo zaino.

-Io vado a cercare Denis!- strillò Tamara, scomparendo tra la folla.

E Valerija era quasi sicura di essere riuscita a dileguarsi dall'aula insieme a Yana che la voce di Jurij la bloccò.

-Signorina, può rimanere un attimo?

Valerija si voltò, e lui era così dannatamente vicino da farle strozzare il fiato in gola. Rimase immobile mentre Yana esclamava

-Devo restare anche io, professore?

-No, grazie, lei vada pure. La sua amica arriva subito.- Jurij le rivolse un sorriso falso e Yana fu costretta a uscire, non prima di aver stretto il gomito dell'amica in supporto.

Quando rimasero soli, si guardarono dritto negli occhi, così dannatamente grigi quelli di lui e così dannatamente azzurri quelli di lei. Valerija si sentì soffocare e strinse le mani attorno agli spallacci dello zaino, senza riuscire a dire nulla.

Jurij era marmoreo, nessuna emozione traspariva dal suo viso severo e Valerija non seppe come intepretare quel gesto. Voleva forse intimarle di lasciare il corso? O forse di rifarlo di nuovo? O di dimenticare tutto?

-Valerija.- finalmente lui le parlò, e non c'era dolcezza nella sua voce, ma nemmeno freddezza. C'era forse una nota di stanchezza, forse di paura, forse di confusione.

-Jurij.- si ritrovò a soffiare lei, arrossendo.

Non avrebbe mai più pensato di ridire quel nome.

 

  
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