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Autore: steffirah    30/07/2020    1 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dopo che Syaoran-kun mi fece ascoltare la fine del componimento che aveva realizzato per noi decidemmo di rientrare. Dato che durante il tragitto il mio stomaco brontolò in una maniera vergognosamente udibile, lui preferì accompagnarmi direttamente alla villa Daidouji, invitandomi a pranzare e ammonendomi a non provare più ad avvicinarmi a Kaito-san a meno che non avessi con me un vampiro che, in caso di necessità, potesse proteggermi. Glielo promisi, al che stava per salutarmi, quando una voce fin troppo conosciuta non lo bloccò nel processo.
«Moccioso, che ci fai con mia sorella?»
Entrambi ci voltammo sorpresi verso la strada, trovandovi papà, Touya e Yukito-san. Pensavo tornassero stasera! Fatto sta che mio fratello stava a braccia conserte a scrutare con un cipiglio Syaoran-kun dalla testa ai piedi, mentre Yukito-san tentava di placarlo con un sorriso ammansivo e papà assisteva alla scena con la sua solita calma.
Mi affrettai a pormi davanti a Syaoran-kun, difendendolo da qualunque attacco verbale potesse giungergli da quell’antipatico di Touya.
«Non è un moccioso e non sono fatti tuoi» risposi quindi al suo posto, cacciandogli la linguaccia.
«Oi oi Sakura. Non mettere a dura prova la mia pazienza.»
«Non sono tenuta a dirti nulla.»
«Papà!» Si rivolse a lui, scioccato. «Ma la vedi come mi parla?»
«Sarà l’adolescenza» fece spallucce lui, sorridendo cordialmente a Syaoran-kun, ignorando le lamentele di Touya. «Sei un amico di Sakura-san?»
«Ah, lui è…»
Esitai, indecisa, sentendomi arrossire. Cosa? Cos’era? Un mio amico, come aveva detto papà? O forse era qualcosa in più? Perché io gli avevo detto che lo amavo. Lui mi aveva detto che mi amava. Si diventava automaticamente fidanzati a quel punto? Quindi, Syaoran-kun era diventato davvero il mio ragazzo?
Esplosi come una teiera a quel pensiero. Vacillai persino, ma prontamente Syaoran-kun mi sorresse, anticipando Touya, snervandolo in maniera lampante.
«Mi chiamo Li Syaoran» rispose mentre mi rimetteva dritta, rivolgendo un piccolo sorriso a mio padre, riempiendosi di formalità. «È un vero onore conoscerla.» Fece un piccolo inchino, dopo essersi assicurato che riuscissi a reggermi da sola.
«L’onore è tutto mio» ricambiò lui, facendo altrettanto con un cenno del capo, presentandosi. «Come si sarà capito, sono il padre di Sakura-san. Puoi anche chiamarmi Fujitaka» concesse, sorprendendomi.
Che stranezza, ai nuovi conosciuti non aveva permesso mai di chiamarlo per nome. Di questo parve accorgersi anche Touya, che lo guardò allibito.
«D’accordo, Fujitaka-san. Anche lei, la prego, mi chiami Syaoran.»
Papà accettò volentieri, passando immediatamente a presentargli mio fratello, col quale resse lo sguardo per un po’ – e lo fecero in una maniera talmente penetrante che mi parve di vedere fulmini e saette passare tra di loro –, e subito dopo Yukito-san, con il quale pure riuscì a presentarsi in maniera cortese e civile.
«Ti fermi a pranzo con noi?» offrì mio padre.
«Veramente lui dovrebbe -»
«Volentieri.»
Fissai Syaoran-kun sbalordita; lui mi sorrise con furbizia, ammiccando. Papà ne gioì insieme a Yukito-san, mio fratello si rabbuiò e prese a borbottare cose incomprensibili in inglese tra sé, mentre io non sapevo più come reagire.
Entrammo pertanto tutti insieme, papà davanti a tutti, io e Syaoran-kun in mezzo sotto gli occhi truci di mio fratello, con Yukito-san al suo fianco che ce la stava mettendo davvero tutta per placarlo. Neppure eravamo a tavola e già cominciavo a sudare freddo.
Accorgendosene, Syaoran-kun ridacchiò sotto i baffi, sussurrando in quel tono solo a me udibile: «Così anche io avrò modo di conoscere la tua famiglia.»
Strinsi le labbra per non farmi scappare nulla, cercando di comunicargli con gli occhi la mia preoccupazione principale: non aveva alcuna idea di quanto Touya potesse essere perspicace e temevo che nel giro di qualche minuto potesse capire tutto. E con tutto intendevo tutto.
«Mi ripeti il tuo motto?»
«Sicuramente andrà tutto bene» bofonchiai, al che lui annuì, sorridendo rassicurante.
«Esatto. Non hai nulla di cui preoccuparti.»
Lo speravo vivamente per lui.
Per un attimo ricordai l’armamentario che Eriol-kun aveva nel salone e sbiancai, rabbrividendo. I vampiri non sarebbero morti con un proiettile nel cuore, vero? Lo guardai allarmata, realizzando che non sapevo come potessero essere uccisi. Speravo vivamente che non fosse così semplice. Non avrebbe dovuto esserlo, no? D’altronde, erano più agili, svelti, veloci di noi umani. Pure ammettendo che mio fratello avesse tentato di ammazzarlo, avrebbe dovuto uscirne indenne.
«Sakura-san?»
«Sì?»
Guardai mio padre, rendendomi conto in ritardo che il mio tono era uscito particolarmente acuto. Lui mi fissò accigliato, prima di mostrarsi preoccupato.
«Qualcosa non va?»
«Hoe? Perché?»
«Sembri distratta» osservò.
Sorrisi tirata, rassicurandolo che fosse tutto apposto. Stavo diventando paranoica?
Entrati in casa mi sforzai di non pensarci più, ma in ogni caso dovevo tenere Touya d’occhio; per questo mi avvinghiai ad un suo braccio, affrettandomi a trascinarlo in sala da pranzo.
«Che stai combinando?»
Oppose resistenza, mentre io continuavo a tirarlo con tutte le mie forze, facendo uno sforzo immane. Gli altri tre risero e ben presto mi accorsi che c’erano altre due persone nel nostro pubblico.
«Bentornati» ci augurò Tomoyo-chan con la sua voce vellutata, sopraffina, e noi tutti esclamammo in coro:
«Tadaima!»
Adocchiai Eriol-kun al suo fianco, il quale col suo sorriso caratteristico a tingergli il viso si avvicinò a mio padre, facendo qualche passo verso di lui.
«Oh, tu sei il fidanzato di Tomoyo-san? Eriol-kun, se non erro?» Ad una sua conferma gli fece un piccolo inchino, proferendo: «Grazie per esserti preso cura di mia figlia.»
Vidi qualcosa nelle iridi indaco di Eriol-kun sciogliersi, ma nulla cambiò nella sua espressione impeccabilmente formale.
«Non c’è bisogno di ringraziarmi» replicò con il solito tono placido. «Sakura-san è stata di ottima compagnia in questi mesi.»
«Vi ha dato qualche fastidio?» s’intromise mio fratello, al che prontamente lo pestai. Che cattivo!
«Assolutamente no» rispose mia cugina, nascondendo una risatina dietro la mano col suo fare elegante.
Papà ringraziò anche lei prima di voltarsi nuovamente verso Eriol-kun, con aria riflessiva.
«Assomigli molto ad un mio conoscente.»
Di nuovo, nulla mutò sul viso di Eriol-kun, mentre io invece mi sentii il cuore chiudersi in una morsa. Chissà come doveva essere incontrare il proprio fratello, sangue del proprio sangue, senza avere la possibilità di rivelargli nulla se non lo si voleva traumatizzare.
«Davvero?» Si finse sorpreso e, ancora una volta, mi stupii della sua abilità peculiare nella recitazione. «Posso chiedere di chi si tratta?»
«Un mio caro vecchio amico…» attaccò a raccontare mio padre.
Entrambi si persero in quella conversazione, io li seguii con lo sguardo mentre sparivano in sala, finché stavolta non fu mio fratello stesso a spingermi per farmi camminare, facendomi riprendere dalla tristezza.
«Muoviti mostriciattolo.»
Ringhiai verso di lui, mollandolo bruscamente per appropinquarmi a Tomoyo-chan. Lei mi sorrise in maniera malvagia, sussurrando: «Ci sarà da divertirsi.»
«Spero che nessuno ci lasci la pelle» mi augurai tra me, facendola ridere ancora di più.
Un sorriso attraversò anche il viso di Syaoran-kun mentre ci sorpassava, sedendosi accanto a Yukito-san. All’altro lato c’era Touya, poi papà a capotavola, Eriol-kun, Tomoyo-chan, io e Sonomi-san all’altra estremità del tavolo – la quale si era mostrata entusiasta di avere tutte quelle persone a pranzo. Le piacevano proprio la compagnia e i grandi banchetti, non c’era nulla da fare.
Mentre ci veniva portato il pranzo tenevo gli occhi fissi su Syaoran-kun, vedendolo parlare poco, ma quando lo faceva aveva sempre un’aria amabile. Lo fissai affascinata per quella capacità innata che tutti loro possedevano, distogliendo lo sguardo soltanto per un attimo quando adocchiai quel che ci era stato servito. Non avremmo finito mai! Alcuni piatti neppure li riconobbi, per cui ci pensò Sonomi-san stessa ad elencarli, indicandoli uno ad uno.
«Antipasto ai frutti di mare accompagnato da purea di patate, lasagne al forno, foie gras, escargot à la bourguignonne, timballo di zucchine, bistecche alla fiorentina, anatra arrosto all’arancia, agrumi e Saint Honoré.»
Era troppo, decisamente troppo!
«Sembra tutto delizioso!» esclamò mio padre, e il suo entusiasmo fu ripreso da Yukito-san, il quale augurò buon appetito e cominciò a saggiare l’antipasto con gusto.
Fortuna che c’era anche lui, avrebbe sopperito col suo stomaco senza fondo alla mancanza di fame dei vampiri presenti.
Notai, comunque, che si erano astenuti dal bere il “succo di mirtilli”, forse per non destare sospetti ed evitare che qualcun altro volesse ingenuamente favorirne. Mi dispiaceva però vederli costretti a mangiare cose che non apprezzavano né digerivano solo per stare con noi. Si sacrificavano sempre così tanto. Noi umani, invece, cosa facevamo in cambio?
Decisi di non pensarci, provando ad assaggiare quelle esukagou o come si chiamavano, trovandole più buone di quanto mi aspettassi, trattandosi di lumache.
Proseguii col pasto tenendo d’occhio le reazioni di Touya, finché Tomoyo-chan non mi fece notare fosse l’ora di incontrare Chiharu-chan e le altre. Mi alzai quindi per prima, scusandomi sapendo che potesse sembrare sgarbato, ma tutti mi lasciarono andare troppo immersi nelle loro chiacchiere. Con mia grande meraviglia – e soprattutto sollievo – pareva che si trovassero bene insieme e addirittura che si stessero divertendo – escludendo qualche occasionale punzecchiamento.
Uscii quindi di buonumore per incontrare le ragazze al piccolo parco affianco alle scuole elementari, godendomi quegli ultimi momenti che avrei trascorso con loro. Fortunatamente ebbi modo di rivedere anche Akiho-chan, la quale non mi chiese nulla del giorno precedente. Sembrava totalmente avvolta dall’ignoranza, cosa che ritenevo essere un bene per lei. Quando avemmo l’occasione di restare un po’ sole, tuttavia, le chiesi di Momo, ricordando la storia che mi aveva raccontato Eriol-kun.
«Te l’ha regalata Kaito-san?»
A quel riferimento arrossì, scuotendo tanto vigorosamente la testa che i boccoli le sferzarono il viso.
«No, l’ho sempre avuta con me, sin dalla nascita.»
A quel punto non vi erano più dubbi. Akiho-chan era veramente Alice Reed, così come anche io ero una Reed. Eravamo imparentate, in un certo senso.
Le sorrisi calorosamente, proponendole: «Quando torni anche tu al sud organizziamoci per rincontrarci.»
«Assolutamente! Mi renderebbe felicissima!»
Sorrise radiosa e io ringraziai il cielo che ciò che si tramandava presso i D. non fosse vero. Speravo davvero, con tutto il cuore, che ogni suo sogno potesse avverarsi.
A fine giornata salutai tutte con un grande abbraccio, consapevole che il giorno successivo non ci sarebbe stato modo di vederci perché loro avevano scuola proprio allo stesso orario del nostro volo. Sarebbe stato triste ritornare a Tomoeda e non vederle più, tuttavia di una cosa assicurai tutte: «Non so ancora quando, ma tornerò di certo!»
«E male che vada, verremo noi a trovarti!» promisero sorridenti, entusiaste all’idea.
«Basta che ci fungi da guida turistica a Tokyo» mi additò Chiharu-chan, facendomi ridere.
«Senz’altro lo farò!» assicurai gasata, già immaginandomelo. Sarebbe stato bellissimo poter godere tutte insieme del sole, magari saremmo riuscite anche ad andare al mare.
Il mare… Ancora non avevo trovato una soluzione per portarci Syaoran-kun, ma di certo ci sarebbe stata. Al massimo, avremmo potuto provare con i porti dell’estremo nord.
Quando rientrai a casa non c’era più nessuno in giro, eccetto mia cugina che decise di farmi fare un’ultima sfilata come “addio”.
Mentre cambiavo e scambiavo i suoi abiti piroettando e posando per lei le domandai dove fossero gli altri.
«Non indovinerai mai.»
La fissai in attesa e lei rise deliziata: «Tuo padre ha chiesto a Li-kun di presentargli la sua famiglia.»
Inciampai in un lembo della gonna, capitombolando faccia a terra.
«Che cosa?!» domandai guardandola esterrefatta, massaggiandomi il naso.
Lei mi aiutò a rialzarmi, continuando a ridacchiare.
«Penso che abbia fatto molto colpo su tuo padre. Gli ha raccontato dei rotoli, delle porcellane e della seta cinese che hanno in casa, tuo padre è andato letteralmente in visibilio, hanno attaccato a parlare di reperti archeologici e improvvisamente ha chiesto di poter vedere il mobilio coi propri occhi.»
Restai a fissarla a bocca aperta, non credendo alle mie orecchie, seppure fosse tremendamente verosimile.
«Poi tuo padre ha espresso il desiderio di bere il tè che gli hai consigliato, il che rallegrerà molto Yelan-san. Anche perché avrà più ospiti cui mostrare la sua amata cerimonia, dato che anche tuo fratello e Tsukishiro-san vi si sono accodati.»
«Hoeeeeee!!! Ma perché?!»
Mi portai le mani al viso, camminando avanti e indietro frenetica, in ansia.
«Magari vuole conoscere il suo futuro genero?»
Avvampai, quasi esplodendo.
«Tomoyo-chan!» sbottai, guardandola imbarazzatissima.
Lei sembrava sempre più deliziata da ogni mia reazione, soprattutto perché aveva modo di registrarle.
Non appena sbollii mi si avvicinò e mi posò una mano su una spalla, accompagnandomi fuori dalla sua camera verso la mia stanza.
«Adesso è meglio se dormi, ti serve riposare visto che devi svegliarti presto. Fa bene alla pelle.»
«Dubito che ci riuscirò» piagnucolai, abbattuta.
«Ci riuscirai» assicurò. «E farai anche bei sogni, visto che sono protetti dall’acchiappasogni di Li-kun.»
Arrossii nuovamente, sentendomi il cuore partire a mille. Forse non ne sarei proprio uscita viva.
Permisi a mia cugina di viziarmi, facendomi fare un bagno alle rose alla luce soffusa di candele profumate, mentre mi spalmava una maschera sul viso. Chiacchierò a lungo con me, finché non mi fui messa a letto e mentre mi faceva la manicure cominciai a sentire la spossatezza.
«Buonanotte» mi augurò allora, accorgendosene subito, assicurandosi che lo smalto si fosse asciugato prima di rimboccarmi le coperte.
«Buonanotte» ricambiai, vedendola attraverso un velo mentre s’allontanava, bofonchiando debolmente: «E grazie di tutto…»
Crollai praticamente subito, nonostante quel che temevo, e dopo quel che mi parve un lasso di tempo infinito sentii una voce chiamarmi. Immediatamente la riconobbi, dato che apparteneva alla persona che amavo.
«Sakura…»
«Syaoran-kun…» mormorai con voce impastata, voltandomi su un fianco, sentendomi felice.
«Sakura, apri gli occhi.»
Feci come diceva e per poco non urlai, trovandomelo abbassato all’altezza del viso. Fortunatamente reagì con prontezza ed evitò che lo facessi, poggiando una mano sulle mie labbra.
«Sssh, non farci scoprire» sibilò, lasciandomi per alzarsi.
Lo fissai rimbambita, mettendomi seduta col batticuore.
«Co-cosa ci fai qui?»
«Volevo mostrarti un’ultima cosa, prima che te ne vai.»
Mi porse una mano, che io afferrai senza indugio, e mi misi in piedi, giungendogli parallela. Mi guardai intorno, notando che fosse ancora buio. Tutto taceva – probabilmente gli altri stavano dormendo. Guardai automaticamente verso la porta, trovandola chiusa.
«Come sei entrato?» indagai, fissandolo curiosa mentre prendeva la coperta dal letto, piegandosela alla bell’e meglio su un braccio.
Indicò verso il balcone e solo nel voltarmi notai che le finestre erano aperte, le tende scostate e così la pallida luce della luna penetrava nella stanza. Mi ci avvicinai sorpresa, incerta se le avessi chiuse o meno la notte precedente, e Syaoran-kun mi affiancò, dicendo: «Mancano poche ore all’alba. Spero tu abbia dormito abbastanza.»
«Mi sento carichissima» assicurai. A riprova di ciò allungai le braccia, stiracchiandomi, e feci dei saltelli per riprendermi dal torpore.
«Hai fatto bei sogni?»
«Mmm… Se non ricordo male, c’era la mamma.»
«Doveva essere un sogno stupendo» commentò con dolcezza.
Assentii con foga, prima di domandargli esaltata: «Usciamo?»
Alla sua conferma gli chiesi di aspettare un attimo e corsi in bagno, sciacquandomi rapidamente viso e denti. Mi attese appoggiato al vetro e quando tornai al suo fianco mi avvolse nella coperta, facendo di me un burrito. Risi sottovoce, divertita, e anche lui fece un sorriso sghembo, tenendomi i due lembi stretti sotto il mento. Si abbassò alla mia altezza, chiuse gli occhi, e mentre io contemplavo incantata ed estasiata come la sua pelle sembrasse brillante, quasi baluginante per quanto era bianca sotto il candore lunare, lui mi si avvicinò al viso. Trattenni il respiro, lui invece ne prese uno profondo, sfiorando il mio naso col suo. Il cuore mi saltò in gola, ma subito discese al suo posto quando si staccò, sembrando deluso.
«Il tuo odore è cambiato.»
«Prima puzzavo?» ipotizzai turbata.
Rise sommesso per non svegliare nessuno, prendendomi poi in braccio con naturalezza.
«Profumavi» negò avviandosi verso il balcone. «E profumi anche adesso. Solo che prima era più intenso.»
«Perché sapevo di sonno» borbottai imbarazzata, nascondendo la faccia sulla sua spalla. «Deve essere orribile…»
«Non osare dire questo di te o ti faccio cadere.»
Mi affacciai, notando che ci trovavamo in equilibrio sulla ringhiera in marmo.
«Non lo faresti davvero…»
«Hai ragione, ti prenderei al volo. E conoscendoti, ti ecciteresti persino dinanzi ad un simile pericolo.» Sospirò e senza darmi tempo di ribattere in alcun modo saltò via, correndo nella foresta.
Mi godetti quella sensazione per un’ultima volta, incerta se ce ne sarebbe mai stata un’altra occasione. Mi appoggiai quindi comodamente contro il suo corpo, finché non giungemmo alla destinazione da lui scelta.
Mentre mi posava a terra mi guardai attorno, tentando di distinguere l’ambiente. Capii soltanto che si trattava di una zona vasta, forse una radura, e l’erba era alta, arrivandoci alle ginocchia. Eppure, sembrava essere composta da tante piccole foglioline rassomiglianti a petali.
Provai ad abituarmi alla luce, ma dopo che Syaoran-kun mi ebbe srotolata usò la coperta a mo’ di mantello posandola attorno alle mie spalle, per poi prendermi entrambe le mani, ingiungendomi di chiudere gli occhi. Li riaprii solo quando mi disse di farlo e allora fissai la distesa dinanzi ai miei occhi a labbra spalancate.
Pur nel buio della notte, i lupini in fiore splendevano nelle loro tinte violacee e gialle, come tanti piccoli opali. Era come se la luce della luna vi si rifrangesse sopra, come se i petali la assorbissero per restituirla con nuovi bagliori. Gli alberi abbracciavano questa magia con il loro smeraldo irradiante turchese, che s’innalzava fino al cielo, quel cielo coperto solo da una sottile coltre di nuvole, che passando dinanzi alla luna quasi piena venivano attraversate da semicerchi concentrici d’arcobaleno. Sembravano così vicini, quasi potessi toccarli con mano.
«Che meraviglia…»
«Che cosa vedi?»
Gli descrissi ogni singola cosa e lui sorrise al mio fianco, abbracciandomi.
«Grazie per esserti aperta tanto con me.»
«Grazie a te per regalarmi visioni così stupefacenti.»
Ricambiai il suo abbraccio e in tale posizione restammo per quello che mi parve un minuto durato ore, finché non fu lui il primo a scioglierlo per prendermi le mani, guidandomi verso il centro di quella circonferenza. Qui mi fece sedere, accomodandosi alla mia sinistra, e io mi guardai divertita intorno, notando che ora le punte dei lupini erano quasi più alte di noi, arrivando infatti all’altezza del mio mento.
«Sembra che siamo immersi in un mare fatto di fiori.»
Risi deliziata, sfiorandoli con la punta delle dita, facendoli oscillare lievemente. Carezzai con i piedi scalzi la morbida e fresca terra, ma poiché le foglioline più basse mi facevano il solletico dovetti ben presto smettere.
«Grazie davvero, Syaoran-kun» gli dissi accorata. Mi voltai nella sua direzione, e mi stupii nel trovarlo steso con le mani intrecciate dietro la nuca.
Ridacchiai, notando che quasi spariva in mezzo a quelle chiome in miniatura. Lo vidi sorridere rasserenato e senza dirgli nulla, senza chiedergli il permesso, mi stesi accanto a lui e mi poggiai al suo petto, coprendoci entrambi.
«Sakura, guarda che sei tu quella che deve stare al caldo» mi ricordò.
«Ma non serve» ribattei debolmente, accoccolandomi contro il suo corpo.
Mi aspettavo che facesse ulteriori rimostranze, invece con mia piacevole sorpresa avvolse le braccia attorno al mio busto. Avrei potuto restare così per sempre.
«Syaoran-kun…» esordii dopo qualche minuto di silenzio, intervallato unicamente dai suoni della notte. Attesi un suo mormorio prima di osare confessargli: «Ho parlato con Tomoyo-chan della trasformazione. Lei non ha ricordi a riguardo, ma mi ha spiegato le differenze tra il prima e il dopo. So già che il mio senso del gusto rimarrà, ma che ne sarà del tatto? Della vista? Dell’olfatto? Dell’udito? Lei mi ha detto che si affineranno tutti, ma non ho osato chiederle una cosa. Sento che mi mancherà.»
Alzai di poco la testa, trovandolo affacciato a scrutarmi con la fronte aggrottata.
«Ne sei proprio convinta eh?»
«Sì.»
Sospirò pesantemente e si sollevò di poco sui gomiti, arrivando parallelo al mio viso.
«Ma qualcosa ti mancherà» fece notare.
«Sì, forse sì.» Allungai una mano verso di lui, posandola sulla sua guancia. «Questo.»
«Toccarmi?» domandò confuso.
«No, la differenza di temperatura. Questo freddo, mi mancherà.» Quella fu una frase che non avrei mai pensato di pronunciare in vita mia, per un’amante del caldo come me. «Tu come mi percepisci, adesso?»
«Come se tu fossi fatta di fuoco.»
Ritrassi la mano immediatamente, preoccupata. Perché non me l’aveva mai detto che potesse essere tanto insopportabile?
Riprese la mia mano, poggiandovi spontaneamente la stessa guancia contro, e chiuse le palpebre, parlando in tono morbido e malinconico.
«Anche a me mancherà questo calore. E lo scorrere del tuo sangue. E i battiti del tuo cuore, il come essi improvvisamente accelerano quando sei con me. Il come la tua pelle rosea diviene repentinamente rossa e i tuoi occhi si fanno lucidi, come se in essi luccicassero stelle, ogni volta che ti imbarazzi.»
Sentivo di star replicando tutto quello che stava dicendo, ma era inevitabile quando mi rivolgeva parole simili.
Riaprì gli occhi, proseguendo: «E mi mancherà la tua morbidezza. Certo, sei un po’ troppo morbida e gracile, e devo sempre stare attento a come ti tocco, a quanta forza ci metto, per paura di farti male. Ma mi mancherà, perché è uno dei tanti tratti che ti rendono quello che sei.»
Abbassai lo sguardo, sentendomi le lacrime raccogliermisi negli occhi.
«E probabilmente cambierà, quindi mi mancherà anche il tuo odore.»
Dinanzi a quella possibilità mi sentii trafiggere il cuore.
«Potrebbe… essere diverso?»
«Non ne sono certo.» Mi guardò titubante, supponendo: «Se sarò io a trasformarti -»
«Sarai tu!» esclamai, stringendogli le mani. «Vero, lo farai?» aggiunsi insicura, mordendomi un labbro.
«Se non lo faccio io non lo fa nessuno, questo è sicuro» borbottò tra sé. Sapevo che intendesse dire che non lo avrebbe permesso, e ciò mi fece ridere sotto i baffi. La sua gelosia era vera.
«Riformulo quel che stavo dicendo. Quando ti trasformerò, tra tanti anni» evidenziò, al che sbuffai sonoramente, imbronciandomi, «dovrò mescolare il mio sangue al tuo. Quindi sì, potrebbero cambiare sia il sapore che l’odore.»
«Mi spieghi bene come funziona?»
«Ti mordo, mi mordo, ti passo il mio sangue, tu ti trasformi e una volta diventata vampira devi mordermi per nutrirti» spiegò brevemente.
«Devo morderti per forza?»
«Solo la prima volta, per abituarti con qualcosa che già conosci.»
«Ma così ti faccio male!»
Lo vidi alzare gli occhi al cielo e scrollare la testa.
«Non è certo di questo che devi preoccuparti. Conoscendoti, sono certo che saresti delicatissima.»
«E conoscendo te, sono certa che anche tu sarai il più buono possibile con me» replicai con sicurezza, sorridendogli serena. «Poi dopo la prima volta non morderò più te ma…?»
Lasciai completare a lui la frase, non sapendo bene che dire.
«Potrai continuare a nutrirti di animali, cacciandoli tu stessa, o comportarti da vampira raffinata come Daidouji che beve solo da tazze e bicchieri.»
«Non c’è bisogno quindi di mordere?»
«Diciamo che si può evitare, ma ogni tanto dovrai farlo, sarà istintivo. Potrai sempre mordere me, in ogni caso.»
«Hoe? Perché?»
«Perché dato che ti darò il mio sangue, sarà quello da cui sarai più attratta.»
Emisi un “oooh” prolungato, osservando schietta: «Quindi sarà il contrario di adesso!»
«Credo che continuerò ad essere attratto da te, anche se dovessi essere diversa.»
Preferii ignorare l’incontrollabile batticuore che mi provocava la prima parte di quella dichiarazione, concentrandomi sulla seconda: «Non sarò diversa. Sarò sempre io, solo un po’ più simile a te.»
«Tu sei già molto simile a me» mi contraddisse.
«È vero» riconobbi, intrecciando le mie dita alle sue. «Ma voglio essere così simile a te da vivere le stesse cose che tu vivi. E queste cose voglio viverle con te.»
Tese le labbra, giocherellando con la mia mano, ma capivo dallo scintillio nelle sue iridi quanto lo rendessero felice le mie parole.
«E ti ringrazio per parlarmene così apertamente, adesso» aggiunsi.
Lui rise, mettendosi seduto.
«Non ho molte alternative e non posso lasciarti nell’ignoranza. Devi sapere a cosa vai incontro.»
Mi si illuminarono gli occhi, capendo che era fatta. L’avevo convinto, finalmente!
Senza aggiungere altro si alzò, chiedendomi: «Ti va di vedere l’alba?»
Stavo già per fare i salti di gioia, finché non mi accorsi di un dettaglio da non trascurare.
«Ma il sole non ti fa male?»
«Ci saranno un sacco di nuvole, infatti. Quantomeno potrai vedere il colore del cielo cambiare.»
«Allora sì!»
Se lui non rischiava niente accettavo di buon grado.
Mi preparai stavolta ad essere presa in braccio e gli avvolsi prontamente le braccia attorno al collo, sorridendogli radiosa. Ci spostammo più verso nord e dagli alberi che sorpassavamo mi resi conto che sembrava una zona piuttosto familiare. Quando arrivammo sulla nostra roccia che affacciava su quella che io avevo rinominato “la valle incantata”, con le case che sorgevano sul fiume, ebbi la mia conferma.
Mi sedetti accanto a lui, ciondolando le gambe all’aria. Mi guardò apprensivo, ma non disse niente. Sapevo comunque che si teneva pronto ad afferrarmi nel caso in cui avessi finito distrattamente col cadere.
Tenni lo sguardo fisso a levante e gradualmente, con mia immensa meraviglia, vidi una fioca luce irradiarsi da dietro le montagne. Al di là dell’oscurità le nuvole nere si tinsero dapprima di porpora, facendo estendere verso l’immenso un verde acqua stupefacente. Poi, nel giro di pochi minuti, quel vermiglio divenne aranciato, fino a mutarsi in un giallo pallido che s’immergeva nel cobalto. Tutt’attorno, estendendosi verso le nostre teste, le nuvole divennero gradualmente grigie, con una base rosata al di sotto.
«Syaoran-kun, guarda come il rosa tinge il nero!»
«Come tu tingi me.»
Mi voltai verso di lui col batticuore, rimanendo a bocca aperta, incapace di esprimermi, finché non mi fece notare che a breve dovessi “svegliarmi”. Con mestizia riconobbi che era giunto il momento di congedarci, per cui accettai il suo aiuto per mettermi in piedi, lasciandolo riportarmi a casa.
Restammo in silenzio per tutto il tragitto; io intanto mi chiedevo se sarebbe rimasto o fosse passato più tardi per salutarci tutti. Ma lo dubitavo fortemente, visto che naturalmente anche lui doveva andare a scuola.
Rattristata posai i piedi a terra, sforzandomi di non fargli capire quanto mi sentissi afflitta mostrandogli un minuscolo sorriso. Quando ci saremmo rivisti? Saremmo rimasti in contatto? Mi avrebbe scritto? Avrebbe accettato di chiamarmi? Ogni tanto avrei avuto la possibilità di venirlo a trovare? E nel cuore dell’inverno, quando le ore di sole sarebbero diminuite, avrebbe potuto trascorrere un po’ di tempo nel Kanto? Oppure non ci saremmo proprio più visti e sentiti finché lui non avesse accettato di trasformarmi? Tra quanto tempo sarebbe stato? Per quanti anni saremmo stati lontani? Perché dovevo andarmene?
Troppe domande affollavano la mia mente e diveniva sempre più difficile celargliele. Sentivo che le lacrime stavano per traboccarmi dagli occhi al pensiero che quello avrebbe potuto essere sul serio l’ultimo momento in cui lo avrei visto, prima di un lungo periodo di distanza e probabilmente silenzio. Quando avremmo potuto parlare? Pensandoci, non ci eravamo neppure scambiati i numeri di cellulare. Però avevo quello di Meiling-chan, forse tramite lei avrebbe accettato di parlarmi…
Decisi per il bene di entrambi, onde evitare di crollare dinanzi a lui, che fosse meglio salutarci lì. Per cui gli rivolsi un radioso sorriso, ringraziandolo di cuore per tutto, concludendo speranzosa: «Ci rivedremo presto.»
«Io ti aspetterò» promise, facendomi palpitare pazzamente il cuore.
Il mio sorriso divenne più sincero, lo sentivo nascere spontaneamente proprio dal mio petto. Lo salutai con la mano, voltandomi, ma prima che riuscissi a rientrare del tutto mi chiamò per nome un’ultima volta.
«Sakura.»
«Mmh?»
Mi girai e lo trovai con un sorriso timido; c’era un’inespressa aspettativa nelle sue iridi, che non riuscivo bene a decifrare.
Lo osservai confusa, e lui sussurrò soltanto: «Chiudi gli occhi.»
Lo feci senza pensarci, supponendo che volesse mostrarmi nuovamente la sua visione delle cose. Anche se di cosa, in effetti?
Attesi che mi prendesse le mani, ma con mia sorpresa le sue dita si posarono inaspettatamente su una mia guancia. Mi balzò il cuore in gola, sebbene mi sentissi piuttosto smarrita, ma l’emozione che provavo nel sentirlo tanto vicino sorpassò qualsiasi cosa, facendomi smettere di pensare, rendendomi la mente una tabula rasa, perfettamente liscia, pur piena dei sentimenti che provavo per lui.
Percepii il suo viso a poche spanne dal mio, ma non mi mossi di un centimetro, timorosa come al solito di poter compiere qualche passo falso… Sennonché, stavolta, fu lui a farsi avanti per primo.
Fu lui a carezzarmi col suo respiro, facendomi girare la testa.
Fu lui ad esitare, sfiorandomi la guancia con la punta del suo naso, solleticandomi la fronte coi suoi capelli, facendomi decollare verso una meta rosata.
Fu lui a posare le sue labbra sulle mie, facendomi atterrare su morbide stelle.










 
Angolino autrice:
Helloooo! Vi lascio con questo capitolo, che si conclude in maniera abbastanza soddisfacente (minimizzo, sebbene io stessa stia sclerando). Sabato parto, e dato che torno a metà agosto per gli aggiornamenti bisogna aspettare un pochino - anche se, ormai, manca una manciata di capitoli ç_ç
Giacché ci sto, auguro a tutti una buona estate! E per chi è in vacanza, cercate di godervela e di cancellare tutti i brutti pensieri ^_^
A presto!
Steffirah

P.S.: Stavo per dimenticarlo, ma "tadaima" significa "Siamo tornati (a casa)".
  
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