Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: DrarryStylinson    06/08/2020    1 recensioni
Stiles è frutto di un esperimento genetico mal riuscito: metà uomo e metà lupo. Quando l’animale prende il sopravvento, la rabbia e l’istinto di far del male al prossimo sono impossibili da controllare. Solo un altro come lui potrebbe avere le capacità per fronteggiarlo.
Derek, rimasto solo al mondo e con un conto in sospeso con Stiles, si offre volontario per diventare anch’egli un mezzo lupo per poter così catturarlo.
Quando però la verità viene a galla entrambi dovranno rivalutare le loro posizioni in questa sorta di guerra.
Sterek!AU
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 13

Eravamo saliti in macchina che era quasi passata la mezzanotte. Io e Stiles ci eravamo seduti sui sedili posteriori e tenevamo la testa bassa, anche se il rischio di incontrare qualcuno era pressoché inesistente. Theo guidava con le mani strette sul volante, le nocche bianche e tese, e Liam cambiava stazione radio ogni cinque secondi rammentandomi della notte dell’incidente quando Laura compiva gli stessi gesti. Era una situazione fin troppo simile. Tirai un sospiro di sollievo quando entrammo in tangenziale e nessun’ombra comparve in mezzo alla strada per farci cappottare.
Stiles, alla mia sinistra, era teso come una corda di violino. Respirava affannosamente e sgranocchiava rumorosamente una stecca di liquirizia. I suoi occhi, perennemente gialli, erano pieni di ansia.
Lo guardai e annusai discretamente. Era spaventato. Non riuscivo a percepire nient’altro che paura.
Con due dita presi la stecca mangiucchiata e gliela sfilai dalle labbra. Mi avvicinai a lui e sostituii la liquirizia con la mia bocca secca, scontrandomi con la sua bagnata di saliva.
Lo sentii inspirare profondamente nel bacio e aprì le labbra per fare in modo che lo approfondissi. Le nostre lingue si scontrarono per qualche secondo poi si separarono. Poggiai la mia fronte contro la sua tenendo gli occhi chiusi e respirando il suo odore che il mio bacio aveva leggermente modificato. Gli presi la mano e feci incastrare le nostre dita. Stiles mi guardò da sotto la cortina di ciglia con quei suoi occhi dorati e luminosi. Gli sorrisi, cercando di trasmettergli tranquillità, e rubai ancora il suo dolore che non cessava mai di esistere nel suo corpo. Ne aveva assorbito talmente tanto alle persone che ormai era parte di lui.
Posò la testa sul sedile e chiuse gli occhi rilassandosi.
Sollevai lo sguardo e vidi Theo fissarmi dallo specchietto retrovisore. Sia lui che Liam emanavano determinazione ma ora sentivo anche una punta di timore. Erano preoccupati per quello che ci sarebbe potuto succedere. Gli feci un cenno con la testa e lui tornò a guardare la strada.
Stiles riaprì gli occhi improvvisamente e fissò l’asfalto. “Successe lì” disse poggiando la mano aperta sul finestrino.
Guardammo tutti. Stavamo percorrendo il tratto di strada in cui era avvenuto l’incidente, con la sola differenza che mia madre stava scappando dalla Stilinski Corporation mentre noi ci stavamo dirigendo lì.
Stiles fissò il punto in cui la macchina si era ribaltata e deglutì rumorosamente. Un silenzio inquietante calò nella macchina, accompagnato solo da una melodia soffusa che usciva dalla radio e che stava pian piano svanendo. Strinse le mie dita, ancora incastrate insieme alle sue, con forza e io continuai ininterrottamente a prendere il suo dolore che stava scemando lentamente.
Arrivammo alla Stilinski Corporation troppo presto. Avrei voluto che quel viaggio in macchina durasse ancora qualche ora o anche qualche minuto in più per poter stare lì con Stiles senza preoccuparci di come tutto sarebbe potuto cambiare da un momento all’altro.
“C’è ancora la guardia all’ingresso?” chiese Stiles.
Io annuii. “Ci sono anche le telecamere. Può darsi che abbia già visto la macchina”.
I due ragazzi davanti a noi sospirarono quasi in sincrono. “Scendo prima io” disse Theo aprendo la portiera e uscendo dall’auto.
Lo guardammo avviarsi verso l’entrata dell’edificio e sbirciare all’interno delle porte a vetri. Dopo qualche secondo si voltò e, con un cenno della mano, ci disse di avvicinarci. Scendemmo dalla macchina in completo silenzio. Mi affiancai a Stiles e insieme percorremmo i pochi metri che ci separavano dall’edificio nel quale eravamo stati modificati. Liam si avvicinò a Theo borbottando le sue insicurezze.
Non c’era nessuno dietro la scrivania all’ingresso. L’uomo che si occupava della sicurezza era sparito.
Vidi Stiles avvicinarsi alla porta e afferrare la maniglia, poi la tirò versò di sé. Si aprì senza produrre alcun suono. Mise un piede nell’edificio e vidi le sue unghie allungarsi e diventare appuntite quando l’odore di cera per pavimenti arrivò al naso. Io distinguevo nitidamente l’odore delle persone che avevo conosciuto lì dentro: Argent, Scott, Lydia, il dottor Deaton e altre fragranze che appartenevano agli uomini e le donne che lavoravano in quel posto.
Uno scampanellio familiare ci vece voltare. Le porte dell’ascensore si aprirono e apparve Scott.
Stiles lo guardò con gli occhi spalancati mentre Theo gli andò incontro. Si strinsero la mano poi Scott si voltò a guardare Stiles. “Hai messo su un po’ di peso” esordì emanando affetto e ricordandomi che in effetti era molto magro la prima volta che lo avevo incontrato su quella strada dopo che aveva appena rapinato un’erboristeria.
“Non sei più venuto nella casa nel bosco” lo rimproverò Stiles senza cattiveria.
“Sapevo che non avevi più bisogno di me” replicò dandomi una veloce occhiata.
Stiles avanzò velocemente e lo abbracciò di slancio. Il giovane dottore ricambiò senza esitazione stringendolo con forza e affondando il viso nel suo collo. Liam li guardava con un sorriso sereno mentre Theo si osservava attorno preoccupato che qualcuno ci vedesse dalle porte a vetri.
Occhieggiai le telecamere e mi avvicinai alla scrivania per guardare i monitor. Mi rilassai quando vidi che erano spenti e le telecamere non stavano registrando. Notai sul tavolo una tazza di caffè ancora fumante. Lo annusai e ci percepii dentro un sonnifero: la guardia era stata drogata e spostata da un’altra parte per permetterci di entrare.
Sorrisi guardando i due abbracciarsi. Non si vedevano da tanto e il viso di Scott rivelava il suo sollievo e la preoccupazione che gli sentivo addosso quando vivevo qui stava ora lasciando il suo corpo. Scott sollevò gli occhi e mi guardò con gratitudine, poi lasciò andare Stiles e si avvicinò a me. “Non sapevo se avrei potuto fidarmi” rivelò. “Eri così determinato ad ucciderlo”.
“Lo so” risposi. “Grazie per averlo fatto”.
Liam fece un paio di passi verso di noi e Scott gli circondò le spalle con un braccio e gli schioccò un bacio contro la tempia. “Andiamo” sussurrò avviandosi verso l’ascensore ancora ferma al piano.
“Indicare nome e numero del piano” disse la voce metallica quando fummo entrati tutti e le porte si richiusero.
“Scott McCall. Sette” disse il tirocinante.
“Settimo piano. Laboratori. Accesso consentito”.
Quando entrammo nel laboratorio la prima cosa che mi saltò all’occhio fu l’incubatrice dalla quale ero uscito neanche quattro mesi prima. Era tirata a lucido come se Argent la stesse preparando per utilizzarla di lì a breve. Se la teoria di Liam era esatta, ora che sapeva che la mutazione perfetta era possibile, forse in giro c’era già qualcuno che aveva cominciato ad assumere i nostri stessi farmaci. Dovevamo impedirgli di creare un LUPO-03.
La prima cosa che notò Stiles fu invece una folta chioma di capelli mossi rosso ramato. La dottoressa Martin scriveva a computer quando noi cinque varcammo la soglia.
Appena vidi il volto tumefatto di Lydia ebbi uno spasmo alla mano che si aprì e si chiuse a pugno facendo crescere gli artigli che mi bucarono la pelle facendo cadere sul pavimento qualche goccia di sangue. Stiles e Liam, ai miei fianchi, emanarono rispettivamente rabbia e disgusto mentre Theo, dietro di me, si fece largo per guardare il viso della dottoressa Martin. Aveva un occhio gonfio che non riusciva a tenere completamente aperto e il labbro spaccato e deturpato da una crosta di sangue raggrumato, la tempia e gran parte dello zigomo erano viola scuro. I capelli rosso ramato circondavano il suo volto, una volta bello e sensuale e ora una maschera d’orrore.
“Che ti è successo?” ebbe la forza di chiedere Stiles mentre lei si alzava barcollando dalla sedia per avvicinarsi a noi. Notai che trattenne una smorfia di dolore.
Con un po’ di sforzo riuscì a sorridere e si avvicinò al ragazzo. Appena fu alla sua portata lo abbracciò. Stiles ricambiò delicatamente per paura di farle ulteriormente male e la annusò affondando il naso tra la folta chioma di capelli mossi.
“Che ti è successo?” ripetei io affiancandomi.
Lei mi guardò e posò una mano sulla mia guancia guardandomi con dolcezza. “Sono contenta che vi siate trovati” disse senza rispondere alla nostra domanda. “Quando sei sparito, quella notte, temevo che lo avessi individuato e volessi ucciderlo”.
“Volevo che mi togliesse l’AconiRAL e poi sì, l’intenzione era di ucciderlo” dissi facendo ridacchiare sia Scott che Liam. Guardai Stiles roteare gli occhi mentre Lydia mi lanciava un’occhiata di ammonimento. Perché negare? Tutti sapevano che intenzioni avessi con Stiles all’inizio.
“E cosa ti ha fatto cambiare idea?” domandò portando una mano sul fianco e massaggiandolo, forse aveva dei lividi anche lì.
“Ho aperto gli occhi e ho visto chi era veramente Argent e, soprattutto, ho visto Stiles” mormorai senza vergogna.
Lydia annuì compiaciuta e poi fece una smorfia.
“È stato lui a farti questo, vero?” chiesi alzando una mano e toccando con due dita la sua guancia viola e gonfia.
La sua testa fece di nuovo su e giù.
Con la punta dei polpastrelli premetti leggermente sulla sua pelle e vidi le vene delle mia dita diventare nere per assorbire il dolore di Lydia. Lei chiuse gli occhi ed emise un sospiro calmo e soddisfatto.
“Perché ti ha picchiata?” chiese Theo disgustato.
“Ultimamente è fuori controllo” rispose. “Si arrabbia per qualsiasi cosa e l’altro ieri mi ha fatto questo. Non è capitato solo a me, ha colpito anche altre persone”.
Stiles aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse immediatamente e si morsicò un labbro per impedirsi di parlare.
“Ti starai chiedendo perché non l’abbia denunciato, giusto?” intuì lei.
Stiles annuì.
“Se lo avessi fatto non avrei più potuto lavorare qui” rispose osservando prima Stiles e poi me. “E se non avessi più lavorato qui non avrei più potuto aiutarvi”.
“Siete sempre stati dalla nostra parte” commentai fissando Scott e ricordandomi di quando, appena dopo la trasformazione, si premurava di portarmi da mangiare in camera lasciando sempre dietro di sé il profumo delle caramelle alla liquirizia.
“Mi hai torturato con l’elettricità ma eri dalla mia parte” dissi guardando l’unica donna nella stanza.
“Ora però non sei più vulnerabile all’elettricità, a differenza di Stiles” osservò lei.
Voltai la testa per guardarlo e lui sollevò gli occhi per ricambiare la mia occhiata e confermò: “una scossa troppo forte può farmi ritornare umano. Se viene sfruttata in modo opportuno rallenterebbe così il processo di guarigione impedendomi di ritrasformarmi in licantropo” spiegò.
“Ti ucciderebbe” conclusi io.
“Probabilmente sì” ammise.
“Quindi tu, torturandomi con tremila watt al giorno, mi stavi facendo un favore?” chiesi rivolgendomi a Lydia con un sopracciglio sollevato.
“In realtà mi stavo anche vendicando” rispose innocentemente. “Insomma, volevi uccidere Stiles. Meritavi un po’ di dolore”.
Abbassai la testa per nascondere un sorriso ma le mie spalle sobbalzarono per la risata che stavo cercando di trattenere e lei se ne accorse.
“Possiamo pensare alle cose importanti?” domandò Theo infastidito da come stavamo perdendo tempo.
“Ha ragione” lo sostenne Scott. “Dobbiamo iniziare”.
Calò il silenzio nella stanza. Percepivo distintamente i battiti dei loro cuori e il rumore dei loro respiri. Vidi Stiles tastarsi le tasche alla ricerca di qualcosa al gusto di liquirizia che potesse placarlo, ma non trovò niente. Percepii il suo odore di cane bagnato sovrapporsi a quello umano e notai che stava stringendo i pugni per non fare vedere gli artigli.
“Qualsiasi cosa scopriremo questa notte non scordiamoci chi è il vero nemico” dissi guardando tutti loro uno per uno. Ricambiarono il mio sguardo con serietà e determinazione. Theo esalava rabbia e le sue sopracciglia aggrottate rendevano il suo sguardo cattivo. Era la prima volta che lo vedevo così minaccioso e mi sembrò anche molto pericoloso.
Liam, Theo e Scott si allontanarono mentre Lydia ci disse di seguirla davanti all’incubatrice. Lo sportello era aperto e l’interno era buio e spettrale. Deglutii al pensiero di dover entrare lì dentro di nuovo. Anche Stiles fissò quell’enorme cilindro con orrore. Era stato chiuso lì dentro per tre anni al freddo e nell’oscurità, con le medicine che gli provocavano allucinazioni e provando dolore ad ogni luna piena. I suoi occhi erano i nuovo gialli e sentivo i suoi respiri farsi sempre più profondi per cercare di mantenere il controllo sul lupo.
“Per riottenere i ricordi dovrai entrare nella mente di Stiles” disse Lydia cominciando a smanettare con il computer e pigiando i tasti velocemente.
Io e Stiles ci scambiammo un’occhiata scettica e poi l’interno dell’incubatrice si illuminò emettendo un ronzio.
“Io devo entrare nella sua mente?” cercai delucidazioni.
“Sì, e non sbagliare. Altrimenti rischi di paralizzarlo e nessun’abilità speciale di guarigione potrà curarlo” rispose prendendo da un portamatite un pennarello indelebile blu. Si avvicinò a Stiles e gli sollevò i capelli alla base del collo, poi segnò quattro punti sulle vertebre.
La guardai con curiosità mentre rimetteva il tappo sul pennarello e se lo infilava nel taschino della camicia. Vidi il sudore imperlarle la fronte e lei se lo asciugò con il dorso della mano.
“Dovrai penetrare nella carne, con gli artigli, in questi punti esatti” spiegò.
“Che cosa?” strepitò Stiles poggiandosi la mano sul collo e coprendoselo per paura che facessi quanto detto dalla donna. Guardò Scott sconvolto, come per cercare il suo supporto in questa situazione, ma lui fece solo un cenno d’incoraggiamento. Stiles inspirò profondamente ma fu inutile perché le orecchie cominciarono ad allungarsi e i canini a crescere. I peli spuntarono sul suo viso immaturo.
“Ehi, ehi” sussurrai mettendomi davanti a lui, afferrandogli il volto con entrambe le mani e sollevandolo un po’ verso l’alto in modo che mi guardasse.
“La luna piena è vicina” si giustificò con voce gutturale. “Devi portarmi nella casa nel bosco ed incatenarmi” quasi ringhiò. “Sono pericoloso”.
“Mancano ancora diciotto ore alla luna piena. È lontanissima” risposi. “Puoi resistere e posso farcela, posso entrare nella tua testa senza farti del male”. Stavo mentendo. Non ero sicuro di quello che dicevo, forse non ne ero capace, non avevo mai provato ad infilare gli artigli nel collo di qualcuno per accedere alla sua memoria.
Stiles mi annusò e capì la mia bugia ma non disse niente. Forse si fidava talmente tanto che non gli importava.
“Coraggio” lo esortai, poi premetti le mie labbra sulle sue per pochi secondi.
Lui tirò su col naso e annuì.
“Dobbiamo entrare lì?” chiesi a Lydia che ci guardava con un misto tra tristezza e tenerezza.
“Vi serve un posto tranquillo e sufficientemente insonorizzato per non farti distrarre” disse invitandomi ad entrare. “Vi troverete entrambi nella sua mente, dovrete fare attenzione a non perdervi e ritrovare la forza per uscire” spiegò enigmatica.
Entrammo tutti e due nell’incubatrice. Era più piccola di come la ricordavo e in due stavamo stretti.
“Tu come le sai queste cose?” domandai mentre Stiles si girava e poggiava la schiena al mio petto. I puntini blu, appena disegnati, spiccavano sul bianco latteo della sua pelle.
Lei non rispose e chiuse la porta metallica. Il clangore rimbombò nel cilindro claustrofobico. Mi guardai attorno: la luce al neon dava un po’ fastidio alle mie pupille sensibili. Stiles era ancora trasformato ma la sua indole aggressiva sembrava domata. Anche lui era impaziente di riavere i suoi ricordi.
Poggiai la mano alla base del suo collo e lo massaggiai sentendolo contratto. Sfiorai con la punta delle dita la sua pelle sudata e tesa e sentii il suo respiro farsi più affannato.
“Posso?” chiesi mentre le unghie si trasformavano in artigli. Li posai esattamente su quei quattro puntini blu e riuscii anche a percepire i cuori delle quattro persone fuori dall’incubatrice battere all’impazzata.
“Sì” sussurrò Stiles abbassando un po’ la testa per lasciarmi più accesso.
Con un colpo fluido e fin troppo semplice, i miei artigli entrarono nella sua carne che sentii immediatamente cercare di guarire e ricucirsi senza successo. Mi trasformai all’istante ma quasi non me ne accorsi. Entrai nella testa di Stiles senza incontrare alcun ostacolo e lo vidi, con gli stessi vestiti che indossava nella realtà. Anche lui mi vide. Aveva gli occhi color caramello spalancati e si guardava attorno. Non era trasformato e non percepivo nessun odore provenire da lui e notai che anche lui stava cercando di annusarmi non sentendo assolutamente nulla. Eravamo tornati umani.
La seconda cosa che vidi, dopo Stiles, fu la stanza dell’incubatrice. Aveva una luce strana, quasi soffusa, e una leggera nebbiolina aleggiava nell’aria. Sembrava di essere in un film dai tratti horror in cui sai che, prima o poi, un jump scare ti farà spaventare e battere forte il cuore, solo che non era un film di paura, era la mente di Stiles annebbiata a causa del tempo che trascorreva e dei ricordi che cominciavano a svanire. I computer erano accesi e illuminati da uno screensaver pieno di pesci di tutti i colori che nuotavano su uno sfondo nero. Tutti tranne uno, evidentemente utilizzato da qualcuno fino a pochi secondi prima.
Stiles si guardava attorno confusamente e si avvicinò allo schermo. Nel quadratino in basso a destra lesse, ad alta voce, la data: “2 agosto 2091, ore 23:39”. Era il giorno dell’incidente alla Stilinski Corporation. La notte in cui aveva ucciso suo padre. Significava quindi che, in quel momento, la mia famiglia era ancora viva e che sarebbe morta in meno di un’ora.
Ci voltammo entrambi quando qualcuno entrò nel laboratorio gridando e quasi piangendo. Era Stiles, e dietro di lui c’era un uomo che copriva le sue urla con una voce alterata e altrettanto arrabbiata.
Stiles, quello vero di fianco a me, fece un passo in avanti. “Papà…” sussurrò. L’uomo non lo udì e non lo vide.
Quindi quello era Noah Stilinski: l’uomo che avevo visto in foto, riverso sul pavimento, in una pozza  sangue. Lo stesso che aveva ucciso la sorella di Theo.
“Sappiamo quello che hai fatto. Talia lo ha scoperto” sbraitò Stiles nei ricordi.
Sussultai quando pronunciò il nome di mia madre e mi guardai attorno sperando di vederla ma, quasi sicuramente, a quell’ora era già arrivata a casa per dirci di preparare le valigie perché dovevamo partire per una vacanza improvvisata.
“Sono morti per causa tua” lo accusò Stiles con la voce colma di delusione ed amarezza.
“Sono morti perché tentavo di salvare tua madre e poi ho tentato di salvare te e, finalmente, ci sono riuscito!” replicò Noah.
Nei suoi occhi azzurri notavo la tipica insofferenza e rabbia circondata dall’amore incondizionato che provava per il figlio.
“Ho fatto di tutto per permettere a te di sopravvivere e lo rifarei altre mille volte” confessò. “Non importa se tutte quelle persone siano morte” disse Noah avvicinandosi al figlio ormai completamente trasformato. “Tu sei vivo. È questo che conta”.
Stiles, nel ricordo, cominciò a respirare affannosamente. Gli occhi dorati gli divennero incredibilmente lucidi e si fissò le mani decorate dagli artigli con odio e poi fissò suo padre con lo stesso sguardo.
“Sono morti per causa mia” realizzò. “Li hai uccisi a causa mia”. Gli tremavano le labbra e dalla gola gli stava salendo un ringhio ferino e animalesco.
Così questo era avvenuto, pensai osservando i due protagonisti del ricordo: Noah Stilinski aveva inventato la licantropia alla ricerca di una cura che avrebbe salvato prima sua moglie poi suo figlio; aveva sperimentato la mutazione su decine di persone innocenti sacrificandole nel tentativo di trovare la combinazione perfetta di farmaci, temperatura dell’incubatrice e tempo che serviva per la trasformazione. Stiles ci aveva messo molto più tempo di me per diventare un licantropo e quindi potevo solo immaginare quanto impegno ci avesse messo Noah per farlo uscire vivo da quel maledetto cilindro metallico.
Stiles, quello vero, di fianco a me, aveva gli occhi spalancati e fissi sul se stesso più giovane.
“Ora tu mi devi aiutare” mormorò Noah afferrando le spalle di Stiles con forza e facendolo uggiolare a causa di tutti i sentimenti negativi che lo stavano sopraffacendo. “Devi dirmi dov’è andata Talia”.
Il nome di mia madre riscosse Stiles. “Perché?” chiese con la voce che gli tremava incontrollabile.
“Devo convincerla a non andare dalla polizia” rispose lo scienziato.
Vidi le narici di Stiles allargarsi e il suo petto riempirsi d’aria. Lo stava annusando.
“Stai mentendo” capì con tristezza che ben presto divenne orrore quando comprese cosa avesse intenzione di fare suo padre. “Tu vuoi ucciderla!” gridò indietreggiando e rischiando di perdere l’equilibrio talmente tanto era lo sconvolgimento. I suoi occhi saettarono in tutte le direzioni.
“Ricordo cosa stavo pensando” parlò Stiles al mio fianco.
Sobbalzai e mi voltai a fissarlo.
“Riaffiora tutto” sussurrò osservando se stesso. “Pensavo alla conversazione avuta con Talia. Le avevo appena detto di tornare a casa e portare via i suoi figli. L’avevo obbligata a scappare e in quel momento ero terrorizzato da quello che mio padre avrebbe potuto farti” disse a bassa voce, come se temesse di disturbare la scena che era avvenuta nella sua testa.
“Farmi?” chiesi confuso.
“Lui voleva uccidere Talia e io riuscivo a pensare solamente al fatto che, in quel momento, lei fosse insieme a te e inevitabilmente ne saresti rimasto coinvolto” aggiunse chinando il capo e fissando le sue stesse scarpe. “Quanto sono stato egoista” si colpevolizzò per l’ennesima volta. “Sarei dovuto morire quando avevo otto anni, almeno non avrei causato tutta questa sofferenza”.
Non feci in tempo a rispondergli, a dirgli di smetterla di dire cose prive di senso. Qualcosa accadde nei ricordi di Stiles: lui cominciò a ringhiare e le sue pupille si dilatarono talmente tanto che quasi coprirono il giallo che contraddistingueva i suoi occhi.
“Stiles?” chiamò suo padre osservandolo per la prima volta con timore. “Che ti succede?” chiese facendo un paio di passi indietro.
“Non riesco…” ringhiò mentre la bava cominciava a colargli dai canini “… a tornare umano” finì la frase.
Noah si voltò di scatto e guardò fuori dalla finestra: la luna era piena. “No” mormorò stupefatto. “Tu hai già il controllo”.
“Non ti permetterò di ucciderla” esclamò Stiles completamente trasformato. I peli gli erano cresciuti persino sulle mani e notai che anche le unghie dei piedi si erano allungate e avevano bucato le scarpe. In qualche modo Stiles le calciò via e rimase a piedi nudi con le granfie che ticchettavano sul pavimento talmente erano lunghe.
Non era mai successo che le caratteristiche da lupo fossero così evidenti. Di solito mutava solo il viso e le unghie delle mani ma Stiles era come se si stesse trasformando in un lupo vero e proprio. I peli sulle mani e sulle braccia si moltiplicarono ed ero convinto che gli fossero cresciuti anche sotto i vestiti.
Il vero Stiles guardò se stesso con disgusto. I tratti da lupo erano mostruosi e sembrava che il volto si stesse allungando per tramutarsi nel muso di un enorme cane aggressivo.
“Oh, mio Dio” mormorò Noah guardando il suo stesso figlio e forse pentendosi per la prima volta di quello che aveva creato.
Le sue orecchie divennero incredibilmente lunghe e pelose e gli occhi brillarono e risplendettero sotto le luci al neon e fu un attimo, durò solo una frazione di secondo, ma quegli occhi divennero blu pervinca e poi ritornarono giallo oro.
“Tu non farai del male a Talia” ringhiò Stiles. La sua voce rimbombò e poi, improvvisamente, il ragazzo lupo allungò il collo e ululò.
Sobbalzai a quel rumore. Non avevo mai sentito un suono più melodioso e al tempo stesso spaventoso di quello.
Al mio fianco, Stiles si portò le mani a coprirsi la bocca spalancata. Sapeva quello che stava per accadere: in quei secondi che sarebbero susseguiti avrebbe ucciso suo padre.
“Stiles?” lo chiamò Noah.
Il lupo smise di ululare e lo fissò.
“Mi dispiace per quello che ti ho fatto” mormorò affranto.
Il licantropo sollevò la mano destra, con gli artigli incredibilmente lunghi, e scagliò un fendente contro la gola dell’uomo.
Il vero Stiles, di fianco a me, crollò in ginocchio.



Lasciate traccia del vostro passaggio: una recensione, anche breve, è pane quotidiano per gli scrittori.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: DrarryStylinson