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Autore: fedcan    09/08/2020    1 recensioni
La storia di un ragazzo timido ma allo stesso tempo narcisista; di un ragazzo solitario ma continuamente ricercato. Tutto questo ambientato in una ventosa giornata di mezza estate.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA RAGAZZA DEL MARE

 

Ancora mosso era il mare quando, alle 16:20 di un pomeriggio di inizio agosto, scesi in spiaggia. Insieme alla mia famiglia (più che famiglia dovrei dire i miei zii e i miei nonni) avevamo preso un ombrellone al bagno del Sabbiadoro per due settimane. Quello era il mio ultimo pomeriggio di vacanza. Quando arrivai ero solo ed, essendomi dimenticato di prendere qualcosa da leggere, decisi di passare il tempo osservando il mare. Ero seduto sulla sedia beige dell’ombrellone rivolto verso la riva. Le piccole onde si infrangevano sulla sabbia creando delle linguelle di spuma; poi l’acqua tornava nel mare, poi altre onde arrivavano sulla riva, poi altra acqua tornava in mare e così via, in un movimento sempre uguale ed infinito. Mi girai a sinistra, verso la lunga striscia di ombrelloni beige che si distendevano a perdita d’occhio. Circa la metà degli ombrelloni era vuota. Il vento probabilmente aveva fatto disertare molti dei turisti che solitamente affollavano tutto il bagno. A quattro ombrelloni di distanza, quindi circa a 12/15 metri, sempre alla mia sinistra, vidi una ragazza. Ce ne sono tante di ragazze al mare, per veramente tutti i gusti. Ma lei era diversa. Capelli neri, media statura (per essere una ragazza era piuttosto alta a dir la verità), aveva un costume in due pezzi rosso con dei brillantini circolari che al sole riflettevano una luce accecante. Non riuscivo a vederla bene, ma credo stesse giocando con i piedi nella sabbia. Guardava in basso; sembrava molto concentrata. Nonostante non la potessi visionare bene e nella sua interezza, mi aveva preso. Non so cosa sia; chimica, ormoni o semplici pulsioni sessuali; fatto sta che continuavo a guardarla. Era sola, e di questo ne ebbi subito conferma perché vidi un solo asciugamano rosa disteso sull’unico sdraio aperto (il bagno ne mette a disposizione tre, insieme alla sedia beige, per ogni ombrellone), sopra il quale lei era seduta. Aveva la mano sinistra in mezzo ai capelli, dentro ai quali passava le sue dita continuamente. Improvvisamente si alzò il vento e una forte folata le fece arrivare addosso dei granelli di sabbia, che le finì dritta negli occhi. Distese le sue mani sul viso e corse in mare a sciacquarsi. Si abbassò sulle ginocchia, come in preghiera, e iniziò a stropicciarsi gli occhi. Continuai a guardarla. Forse non fu un bel comportamento, ma all’epoca non ci pensai e rimasi impietrito con gli occhi puntati su di lei, sperando restasse in quella posizione il più a lungo possibile. Andò avanti a lavarsi gli occhi per almeno due minuti, rimanendo sempre piegata. Io continuai a fissarla per tutto il tempo. Finalmente (o purtroppo, dipende dai punti di vista) si rialzò. Si toccava ancora un po’ gli occhi, ma il dolore doveva esserle quasi passato poiché tornò a sedersi sullo sdraio e prese un libro dalla borsa blu che teneva sopra la sedia. Non riuscii a leggerne il titolo, capii solo che aveva la copertina bianca e la costola gialla. Lesse per pochissimo, giusto un minuto ma nemmeno; poi di scatto alzò gli occhi. Guardava nella mia direzione. Distolsi subito lo sguardo, ma fu solo un attimo, poi ricominciai a fissarla. Mi guardava anche lei. Io fuggivo le sue rapide occhiate abbassando gli occhi. Poi ritornavo su. Lei era ancora lì.

Che mi avesse visto mentre la guardavo?

Potrebbe

Che stesse guardando in un’altra direzione ed io mi stavo facendo delle stupide paranoie?

Poteva essere anche questo.

Lei era ancora lì, a fissarmi.

Perché mi fissa? Che ho fatto io? Cosa vuole? Deve smettere, mi da fastidio essere osservato. La deve smettere! Pensavo io mentre il nervoso cominciava a prendere il sopravvento.

Lei queste mie lamentele non le poteva sentire. Rimaneva lì, a guardarmi. O forse non guardava me, non ne ero sicuro.

Che angoscia mi da quella lì. Che dovrei fare? Dovrei ignorarla? Dovrei andare lì a parlarle? Dovrei fissarla anch’io per vedere chi molla per primo? Che devo fare?

Continuava a guardarmi. Per qualche secondo, probabilmente per stanchezza, posava gli occhi sulla copertina del libro, ma poi tornava subito all’attacco. Improvvisamente rimise il libro nella borsa, si alzò e si incamminò verso di me. Si fermò all’ombrellone accanto al mio (che era vuoto) ,prese la sedia color beige e si sedette. Non mi guardava ma la sua presenza era comunque disagiante. Ma d’altronde devo stare zitto, perché ricominciai a fissarla intensamente. Anche sul davanti, se così possiamo dire, era messa bene. Aveva due bei seni sodi, messi ancor più in risalto dal reggipetto rosso. Le sue gambe, piene ma non grasse, di un bel color nocciola, erano accavallate una sull’altra, mentre i suoi piedi erano appena visibili sotto la sabbia bianca. Con la mano destra si toccava i capelli come faceva prima al suo ombrellone, ma questa volta sfiorandoli appena. Aveva lo sguardo rivolto verso il mare agitato, come lo era sempre stato. Lentamente si voltò a destra. Mi guardava, e stavolta ne ero sicuro; guardava proprio me. I suoi occhi, che dovevano essere marrone chiaro, al riflesso della luce del sole che le illuminava la parte sinistra del viso, diventavano di diversi colori: prima color miele, poi verdi, poi marroni, poi tornavano miele ,e così via, in uno spettacolare gioco di luci. Dalle sue labbra sottili fece uscire la punta della lingua, la quale si spostò prima all’angolo sinistro della bocca poi, facendo uscire un altro pezzo della lingua, si leccò tutto il labbro superiore andando all’angolo destro ed infine rimise tutto dentro il suo cavo orale.

Cosa voleva dire? Quel gesto aveva realmente qualche significato od era solo un’azione involontaria, ad esempio un tic nervoso?

Lei continuava a guardarmi. Abbassò leggermente i suoi occhi verso i miei pantaloni. Mi sentii il sangue salire fino al cervello, il cuore batteva fortissimo ed uno strano calore abbracciò tutto il mio corpo. Nonostante il vento freddo provenire dal mare, ero bollente. Dovevo essere rosso come un pomodoro maturo. Si alzò di nuovo

Ora cosa diavolo vorrà? Perché viene verso di me? Oddio, cosa devo fare?

Lei si sedette sul bracciolo sinistro della mia sedia. Appoggiò il suo braccio destro sulla cima dello schienale; sentivo la sua morbida pelle sfiorarmi il collo. Distese le sue gambe, sempre accavallate una sull’altra, in avanti, proprio accanto alle mie. I suoi capelli erano mossi continuamente dal forte vento, riuscivo a malapena a vederle il viso, anche se in quel momento il mio scopo era tutto tranne quello di guardarla in faccia:

“Tira forte oggi, vero?” Disse

Parla. Mi ha parlato. E ora che le dico? Perché vuole parlare proprio con me?

I suoi capelli neri mi colpivano la guancia. Sembravano piccole carezze.

“Ti andrebbe di prendere qualcosa da bere al bar? Fanno degli ottimi mojito. Ci stai?”

Se accetto, dovrei alla fine dirle che mi piace. Ne vale la pena? E se lei mi dice di no? E se la sua proposta non fosse sincera ma vuole semplicemente passare il tempo ed è da sola? Se le dico che la amo e lei mi rifiuta, oltre alla figura di merda con lei, la farò con mezza spiaggia perché sicuramente andrà a raccontarlo alle sue amiche, che lo racconteranno alle sue amiche e così via. NO, non posso accettarlo. La ignorerò, così non dovrò nemmeno darle un rifiuto secco

“Allora? Si o no?”

“Eh cosa?” Cercai di fingere di non aver sentito. Lei però doveva aver capito:

“Lascia perdere. Scusa il disturbo”

Lei se ne andò. Stava tornando al suo ombrellone, quando venne avvicinata da un ragazzo. Non sembrava particolarmente bello. Era basso, pieno di nei, bianco come un morto e con dei capelli castano scuri chiaramente sporchi (questo fu almeno ciò che vidi io, doveva avere molti altri difetti). Disse qualcosa alla ragazza. Poche parole, probabilmente imbarazzate perché non riusciva a guardarla in faccia, tuttavia bastanti per convincerla ad andare al bar insieme.

Ora mi alzo e vado insieme a loro. Sono sicuramente meglio di quello sfigato. Farei sicuramente colpo. E poi non potrei sopportare l’onta di essermi fatto soffiare una da quel cesso. .

Avevo già pronte le mani sui braccioli della sedia per potermi alzare velocemente

Certo però che, se andassi da loro ora farei la figura del geloso. E non ho voglia di stare a litigare per un fatto non vero. Tanto tra poco ritornerà qui a corsa.

Lei si girò. Mi guardava. Era ovvio: voleva che andassi da lei per poter scaricare quel ragazzo.

Come avevo previsto. Non ci sarà bisogno di nessuna mia azione. Sarà di nuovo qui implorandomi di uscire insieme. Divertiti con quello sfigato

Lei mi ridette le spalle ed iniziò a parlare con quel ragazzo.

Ricominciai a fissare il mare.

Era ancora mosso.

   
 
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