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Autore: Caroline94    10/08/2020    1 recensioni
Tre Regni.
Una guerra che non lascia tregue.
Due ragazzi i cui cammini sono destinati ad intrecciarsi.
La vita o la morte.
🍀🍀🍀🍀
Dal testo:
{Gli uomini intorno al falò si mossero in imbarazzo ma non diedero risposta alla sua domanda.
Solo Wyrda, capitano della terza squadra e veterano di guerra, si decise a prendere la parola: “È un racconto popolare del nostro Regno, una specie di leggenda sulla nascita di Zolfanello City” spiegò, quasi divertito “È una storia che si racconta ai bambini che non vogliono dormire”.
Raf non fece una piega, scavalcò il tronco sedendosi tra Wyrda e Luefra, aggiustandosi la lunga gonna del vestito “Mi piacerebbe ascoltarla” decretò, infine.
Wyrda la fissò intensamente per qualche istante, poi bevve un lungo sorso di idromele: “Molto bene” acconsentì “In quanto promessa Ministrante conoscerete senza dubbio Zar’roc, il demone esiliato sulla terra per i suoi tentativi di rivolta contro Mefisto il Dio delle Tenebre” cominciò. Raf annuì. […]
“Ebbene, si dice che Zar’roc, giunto sulla terra in forma umana, si accoppiò con una sacerdotessa mortale concependo dal suo grembo il primo essere conosciuto metà demone e metà umano: Anya, fondatrice e prima Imperatrice di Zolfanello City…”}
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
Capitoli:
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“E un, due, tre. Un, due, tre... sguardo alto, principessa, e ricordate che dovete seguire il vostro cavaliere non guidarlo. Avanti, tutto da capo.”
Raf sospirò stancamente, lasciando andare il suo sventurato compagno di ballo, e si rivolse alla donna in piedi accanto la finestra dello studio.
“Non possiamo fermarci un minuto?” supplicò, esausta: erano ore che si esercitava, piedi e caviglie le facevano davvero male e il corsetto le rendeva sempre più complicato respirare correttamente. Sua madre la costringeva ad indossare abiti dalle gonne ampie e tacchi alti durante le lezioni di danza, così che facesse pratica nelle vesti formali e non si ritrovasse impreparata sulla pista vera e propria. Una vera e propria tortura per lei che, più di una volta, aveva rischiato di rompersi qualcosa inciampando nella sua stessa gonna.
La Duchessa Esmeralda du Evangeline, sua insegnante di ballo ufficiale, aveva già fatto un cenno con la mano alla sua destra dove, seduta al tavolino che ospitava il grammofono, vi era sua figlia pronta a farlo ripartire. Miki aveva solo nove anni, era una ragazza paffutella ed esuberante, eppure aveva già sfoggiato in più di un'occasione un carattere forte e anticonformista: proprio come Raf, detestava la mondana vita di corte e tutte le noiose riverenze che comportava. Forse era proprio per quello che loro due andavano tanto d'amore e d'accordo. Anche in quel momento dimostrava quanto poco le facesse piacere trovarsi lì: praticamente gettata sulla poltrona e con la testa abbandonata sul tavolino, in un chiaro segno di quanto a morte si stesse annoiando, con grande disappunto di sua madre. Quest'ultima, dal canto suo, si aggiustò il ciuffo di capelli corvini che le ricadeva morbidamente sulla fronte, con sguardo severo. “Non possiamo permetterci pause, vostra altezza” esalò infine “Avete ancora molte cose da imparare e il tempo a nostra disposizione non è sufficiente; vi prego di portare ancora un po' di pazienza. Ora rimettetevi in posizione: Gabi questa volta cerca di non inciampare da nessuna parte e Miki potresti, cortesemente, sederti come si confà ad una lady e non come una scaricatrice di porto?” chiese, ponendo l'ultima domanda con più enfasi del dovuto, gettando un'occhiataccia alla propria progenie.
Esmeralda era la danzatrice migliore del regno: esperta in ogni tipo di ballo, si muoveva con grazia ed eleganza sfoggiando un portamento quasi regale. Poter danzare con lei alle feste e ai gala era un onore riservato a pochi ed era diventato un vero e proprio vanto tra i nobili di corte. Non per nulla era l'unica favorita di sua madre (al di là della propria dama da compagnia, la baronessa Nevea Roseré, a cui la donna si era molto legata sin da quando aveva sposato suo padre).
Tuttavia, per quanto ci provasse, non riusciva a passare la stessa passione per la danza alla figlia che, dal canto suo, piuttosto che ballare un minuetto avrebbe camminato a piedi nudi sui carboni ardenti.
Miki, di fatto, sbuffò sonoramente drizzando la schiena, e Gabi arrossì violentemente: era sempre stato molto maldestro e questo creava non pochi problemi a chi aveva la sfortuna di danzare con lui. In quegli ultimi giorni Raf aveva rimediato molte dita calpestate e capitompoli sul tappeto causati, involontariamente s'intende, dal povero ragazzo.
Non sapeva molto su di lui, lo vedeva esclusivamente durante le lezioni di danza e non avevano mai avuto modo di fare una semplice chiacchierata per conoscersi meglio. Tutto ciò di cui era a conoscenza è che fosse il figlio del conte de Cupido e che Esmeralda, a cui la contessa aveva affidato il figlio per fargli migliorare le sue prestazioni sulla pista da ballo, lo aveva scelto come compagno di lezioni di Raf.
Sembrava un ragazzo molto dolce e gentile, timido e perennemente in imbarazzo (almeno di fronte a lei), ma Ruàn aveva un'opinione ben diversa della sua famiglia. Le aveva confidato, mentre l'aiutava a vestirsi, che giravano voci non molto eleganti sulla famiglia de Cupido; in particolare sulla contessa che, nei tempi che furono, fece di tutto per ingraziarsi la regina e divenire sua dama da compagnia per poter sfruttare la posizione a vantaggio proprio e del marito. Quando ciò non avvenne istruì la propria primogenita perché entrasse nelle simpatie sia del principe che della principessa, con la speranza di poter, un giorno, offrirla in moglie al primo o, in alternativa, renderla la dama da compagnia della seconda. La fuga di notizie era partita direttamente dai domestici dei de Cupido e i dubbi in merito alla loro veridicità erano molti, ma dato il comportamento frivolo ed estremamente civettuolo che la giovane contessina (di soli due anni più grande di Raf) aveva nei confronti sia suoi che di suo fratello lasciava trasparire una certa sicurezza in gran parte degli assidui frequentatori di corte. E, doveva ammetterlo, lei stessa spesso trovava molto fastidiose quelle finte risate, le mille riverenze e il coro di consensi che ella le riservava fin troppo spesso e volentieri.
Tuttavia, Raf badava molto poco ai pettegolezzi di palazzo e preferiva non farsi opinioni sulle persone basate sulle altrui idee: Gabi non aveva mai mostrato nulla di intentato nei suoi confronti, né aveva assunto comportamenti fastidiosi o che lasciavano intendere di volersela ingraziare, e questo le bastava per avere una visione totalmente positiva di lui. Si rimise dunque al centro della stanza, tendendogli la mano per invitarlo a continuare quel maldestro giro di valzer che avevano già provato un'infinità di volte, ma prima che egli potesse prenderla si udì bussare alla porta della stanza. Un paggio si affacciò oltre essa e, dopo un breve inchino, annunciò che la regina desiderava un colloquio privato con la duchessa piuttosto urgentemente.
Miki alzò prontamente l'ago dal disco, interrompendo la musica, e Esmeralda, dopo un attimo di stupore, raccolse le pieghe del proprio abito ed uscì velocemente dalla camera. Quando si fu richiusa la porta alle spalle, Raf tirò un sospiro di sollievo e corse a sedersi nella poltrona accanto a Miki, trovando un minimo di sollievo dopo lunghe ore di fatica.
“Massacrante, eh?” la sfotté la ragazza, osservandola divertita mentre si abbandonava sul mobilio in modo molto poco consono ad una principessa. Miki non si era mai fatta alcun tipo di problema a parlarle con franchezza e senza troppi giri di parole, esternando qualunque cosa le passasse per la testa, anche la più assurda o spropositata. Ed era esattamente questo che Raf adorava di lei.
Sorrise, anche se stancamente, e poggiò la testa sul cuscino della poltrona: “Vuoi provare tu al posto mio?” la provocò.
“Ma neanche morta” fu la risposta secca, che fece allargare ancor di più il suo sorriso.
In tutto quello Gabi le fissava ancora dal centro della stanza, mantenendosi a distanza di protocollo dalla regale fanciulla, e ritrovandosi leggermente disorientato dallo scambio di battute per nulla formale che le due ragazze si scambiavano: non si era mai visto un nobile rivolgersi in modo così irriverente ad un membro della famiglia reale. Ma Miki non era una nobile qualunque per Raf anche se lui, questo, non poteva saperlo.
“Ehi, lo sai che non è carino guardare la principessa in un modo così corrucciato?” esclamò d'un tratto la ragazza, con tono accusatorio, facendolo sobbalzare. Lui arrossì ancora di più e iniziò a balbettare qualche scusa mentre Miki se la rideva di gusto, divertita a vederlo così in imbarazzo e a disagio. Raf le tirò una gomitata sul braccio: “Eddai, lascialo stare” le disse. Lei scrollò le spalle, continuando a ridere.
“Ma è divertente” si giustificò. Raf scosse la testa, sorridendo leggermente, e si rivolse a lui.
“Non preoccuparti, non c'è bisogno di essere così formali con me” lo rassicurò “Almeno, quando non c'è nessuno in giro” aggiunse, pensando al putiferio che sarebbe scaturito se i suoi genitori avessero saputo che permetteva a qualcuno che non faceva parte della famiglia di darle del “tu” e trattarla come una persona di poco conto.
Era un qualcosa che non avrebbero concepito e, men che meno, ammesso.
Miki accavallò le gambe poco elegantemente e iniziò a giocherellare con il disco del grammofono, mentre Raf si godeva quel breve ma meritato riposo. Gabi, nel frattempo, non si era mosso di un millimetro: nonostante ciò che gli aveva detto la ragazza non aveva il coraggio di comportarsi in alcun modo che sarebbe risultato irrispettoso o fuori luogo nei confronti della propria principessa. Era una semplice questione di principio ed educazione, niente di più.
Quel delicato silenzio venne rotto neanche cinque minuti più tardi quando la baronessa Roseré entrò nello studio e, dopo aver posato brevemente lo sguardo sui tre ragazzi, si rivolse a Raf.
“Vostra madre vi attende nelle sue stanze” annunciò, con tono dolce ma allo stesso tempo grave, e Raf poté notare un velo d'ansia ricoprire i suoi candidi occhi azzurri “È piuttosto importante quindi vi prego di sbrigarvi. Gabi, la lezione per oggi è finita: la carrozza vi attende al cancello principale. Miki, tu dovrai aspettare qui ancora un po'” concluse Nevea.
Il ragazzo si congedò con un inchino e uscì dalla stanza, mentre Raf e Miki si scambiarono un'occhiata allarmata: tutto quello non prometteva niente di buono.








Esmeralda bussò elegantemente alla grande porta di legno dipinta di quel bianco candido che tanto contraddistingueva la linea stilistica del palazzo, simbolo della purezza e della regalità della famiglia reale. Dopo pochi sitanti questa venne aperta da Lina, la cameriera personale della regina, che la fece accomodare all'interno della stanza con un lieve inchino del capo.
Angelie era seduta sulla grande poltrona al centro della stanza, un gomito poggiato sul bracciolo e la mano a reggersi la fronte. Sembrava molto stanca: il suo volto, di solito roseo, era divenuto di un pallore quasi spettrale e diverse rughe si erano accentuate sotto i suoi occhi. Rughe che stonavano molto sul suo viso ancora giovane e fiorente di bellezza; dopotutto, la sovrana, aveva solo trentacinque anni. Seduta su uno sgabello imbottito accanto a lei vi era Nevea, la sua amata dama da compagnia, che le offriva conforto suppur evidentemente turbata.
“Volevate vedermi, mia regina?” domandò Esmeralda, piegandosi in una leggera riverenza. Angelie chiuse un attimo gli occhi e alzò il capo.
“Lascia perdere le formalità, Esmeralda, ci siamo solo noi” sospirò. Effettivamente, a parte lei, Lina e le due nobili, l'appartamento risultava vuoto: nessun'altra cameriera o dama di corte era presente al colloquio e questo, sebbene non fosse cosa rara, aumentò l'ansia che aveva accompagnato la duchessa fin da quando aveva lasciato la stanza.
“Che cosa succede?” chiese, non riuscendo a trattenersi. La sovrana le fece cenno con la mano di accomadarsi e Esmeralda prese posto nel piccolo divanetto accanto la poltrona.
Lina iniziò a servire il té, inginocchiata sul grande tappeto dai motivi orientali, e Nevea si spostò leggermente di lato così da non intralciare la visuale della regina al basso tavolino di legno.
“Di tutto e di più, è questo il problema” ammise Angelie, poggiando le mani ai braccioli e drizzando la schiena “Zolfanello City rischia una guerra con il regno di Rengoku e vuole stipulare un'alleanza con noi: così facendo spera di intimidire l'Imperatrice e farla desistere dal dare il via alla battaglia. Se non dovesse succedere e si arriverà alle armi dovremmo offrire loro tutto l'aiuto possibile durante la guerra e non possiamo rifiutarci considerando il debito che abbiamo nei loro confronti” spiegò, facendo trasparire dalla sua voce tutta l'ansia e la preoccupazione che l'assillava “Ma non è tutto...” continuò e la duchessa, che già era rimasta sconvolta da quelle parole, non poté che aspettarsi il peggio. Pensò bene di mandar giù un sorso di té caldo, per calmarsi un po', ma non ebbe l'effetto sperato. “Isihogo ha proposto di rafforzare l'alleanza con un matrimonio e il re ha accettato” annunciò, pronunciando quelle parole come se fossero troppo pesanti anche solo da pronunciare.
Esmeralda sgranò gli occhi, stupita “Il principe?” chiese, di getto.
Nevea fece una smorfia “Peggio” rispose, grave “Raf.”
La donna si portò una mano alla bocca, non riuscendo a credere a ciò che aveva appena udito, rischiando di far cadere il piattino con il té che ancora stringeva tra le dita, e guardò la sovrana allibita: “Ma, Angelie, questo è...” esclamò, abbandonando definitivamente le formalità che usava solo di fronte a coloro che erano estranei alla loro piccola cerchia. Poteva sembrare assurdo a tutti coloro che l'avevano conosciuta, ma la regina di Angie Town non era per niente avvezza ai soffocanti protocolli reali che cercava in tutti i modi di rispettare e far rispettare al di fuori delle mure delle sue stanze. Era una regina, aveva dei doveri e delle etichette ben precise da seguire di fronte al resto del mondo (che fossero sudditi, nobili o persino i suoi stessi figli) per una questione puramente politica. Era un'estranea, in quel regno, e non poteva mai dimenticarlo: fin dal suo arrivo a palazzo era stata tenuta sotto esame da tutta la corte e si era sempre dovuta dimostrare impecciabile nel suo ruolo (di principessa consorte prima e regina dopo) e ligia ai suoi doveri: aveva la responsabilità di un'intera nazione sulle proprie spalle e non poteva, in alcun modo, fare qualcosa che mettesse in cattiva luce lei stessa o la famiglia reale.
Per questo metteva da parte il proprio ruolo e tutto ciò che rappresentava solo con pochissime persone, selezionate negli anni, e di cui si fidava ciecamente. Con loro sentiva di poter essere semplicemente sé stessa e poter parlare liberamente di tutte le sue angosce e preoccupazioni, cose che neanche al marito le era concesso dire.
Esmeralda aveva avuto la fortuna di entrare a far parte dell'esiguo gruppetto che comprendeva solo lei, Nevea e Lina, la cameriera personale di Angelie sin da quando era bambina, unica persona a cui era stato permesso di seguirla nella sua permanenza a Angie Town.
La sovrana scosse il capo e sospirò, interrompendola: “Lo so, ma non posso fare nulla: il re e il consiglio dei ministri hanno già deciso. Ho pregato Arkan di fare il possibile per farli desistere dall'accettare ma è stato tutto inutile: la scorta di Zolfanello City verrà qui per discutere i termini dell'accordo... poi ripartirà con mia figlia” concluse debolmente, con la voce spezzata, portandosi le mani al viso per nascondere le lacrime che avevano iniziato a scenderle copiosamente dagli occhi. Nevea le circondò le spalle con le braccia, poggiando la sua testa sul proprio petto, non sapendo cosa dire per consolarla e Esmeralda si sentì tremendamente impotente di fronte al suo dolore. “È soltanto una bambina” singhiozzò la regina e nessuno meglio di loro sapeva quanto Angelie tenesse ai propri figli, che amava sopra ogni altra cosa; erano tutto ciò che di buono era uscito da quell'infausto matrimonio combinato che la donna non aveva mai accettato e che non era mai riuscita a vivere con serenità.
Per questo aveva paura, per questo era così piena di angocia e preoccupazione nel sapere delle imminenti nozze della figlia: non voleva che vivesse quello che aveva vissuto lei, strappata dalla propria casa e mandata in un regno che non gradiva la sua presenza. Angie Town aveva troppe pecche nel suo sistema sociale, aveva una mentalità troppo chiusa ed estremamente tradizionale, e vedere una forestiera salire al trono aveva fatto storcere la bocca a molti.
Le cose avrebbero potuto finire male, era un dato di fatto, e, onde evitare di peggiorare la già delicata situazione, Angelie aveva dovuto adattarsi di conseguenza divenendo una regina di tutto rispetto, intoccabile nelle scelte importanti e di educazione della prole, non facendo particolari favoritismi per nessuno ma elogiando coloro che dimostravano di essersi meritati con le proprie forze un posto speciale nella corte reale, e si era tenuta ben lontana da ogni possibile scandalo. Insomma, assolutamente incriticabile sotto ogni punto di vista.
Ciò le era costato enormi sforzi e sacrifici, ma era stato fondamentale per un quieto vivere generale. E il suo terrore era che Raf dovesse subire la sua stessa sorte.
Sua figlia era come lei: uno spirito libero non amante delle regole e dei protocolli. Era allegra, solare e le faceva piacere sapere che, nonostante tutto, era riuscita a farsi degli amici fidati all'interno e fuori dal palazzo. Lei credeva di riuscire a nasconderle le sue “scappatelle” ma non sapeva che Adrë le riferiva praticamente ogni suo movimento dentro e fuori dal castello.
E adesso se la vedeva portare via per sempre e non poteva fare nulla per impedirlo; tutto ciò che era in suo potere era cercare di renderle le cose meno difficili mettendole di fianco qualcuno di fidato che l'avrebbe accompagnata e sostenuta nella sua nuova “avventura”. Ed era a quel punto che entrava in scena Esmeralda.
Si asciugò le lacrime e alzò gli occhi sulla donna, oltre le braccia di Nevea, facendosi forza, ben sapendo che ciò che le stava per chiedere era estremamente delicato ed importante e che avrebbe compreso perfettamente un suo rifiuto categorico: non poteva certo pretendere di infliggerle la propria stessa pena, dopotutto.
“Esmeralda...” mormorò, seria e, in un certo senso, disperata “...saresti d'accordo a rendere Miki la dama da compagnia di Raf?”






“La mia cosa?” domandò Raf, decisamente confusa. Non riusciva minimamente a capire il motivo per cui sua madre l'avesse convocata d'urgenza al suo cospetto solo per porporle Miki come dama da compagnia. La cosa che più la lasciava perplessa, però, era che fosse troppo presto per prendere una decisione simile: una principessa sceglieva la propria dama da compagnia quando diventava regina; nel suo caso, però, avrebbe dovuto sceglierla al compimento dei diciotto anni, ovvero l'età minima in cui si aveva un certo senso di maturità e si poteva ponderare bene una scelta importante come quella.
Portare a galla il discorso di punto in bianco e con così largo anticipo l'aveva decisamente disorientata, oltre che un bel po' insospettita, ma quest'ultimo appunto lo tenne saggiamente per sé.
Angelie non fece una piega, seduta compostamente sulla grande poltrona color avorio, e inspirò brevemente prima di riprendere la parola. “La tua dama da compagnia” scandì bene e Raf giurò di udire la sua voce stranamente roca “Sarebbe mio modesto desiderio che sia proprio Miki a ricoprire questo ruolo. Vorrei essere sicura che al tuo fianco ci sia una persona fidata, dal carattere forte e autonomo” spiegò, con un tono più affabile del solito “Ritengo che la duchessina sia perfetta per questo ruolo. Senza contare che la duchessa du Evangeline mi ha riferito che voi due andate molto d'accordo” aggiunse indicando Esmeralda seduta compostamente sul divano accanto a Nevea, con una tazzina da té in una mano e il piattino nell'altra, poggiata elegantemente sulla propria gonna. Il suo viso, tuttavia, tradiva un po' di preoccupazione, anche se era difficile dire per cosa.
“Beh...” iniziò Raf, turbata dall'assurdità della situazione, non sapendo minimamente cosa ricavare da tutta la faccenda: era una conversazione strana, tirata in ballo in un momento strano, e lei aveva solo un mucchio di domande per la testa. Non sarebbe mai riuscita a ricavare una risposta sensata da dare a sua madre, non aveva semplicemente il tempo materiale per pensarci. “Io credo che l'idea non sia così malvagia” ammise infine, anche se un po' dubbiosa: teneva particolarmente a Miki, avevano dimostrato fin da subito di avere una certa affinità, e averla come dama da compagnia era un'idea piuttosto allettante... ma Miki detestava la vita di corte e darle un ruolo del genere significava costringerla a prenderne parte ogni singolo giorno e con particolare trasporto. Avrebbe dovuto chiedere prima il suo parere a riguardo, come minimo, anche su una cosa del genere non avrebbe mai potuto dirla davanti alla genitrice. Doveva inventare una scusa e sperare che avrebbe ripreso la conversazione dopo che fosse riuscita a parlarne con la ragazza, in qualche modo. “Però, ecco, è una decisione importante e... io vorrei pensarci un po' su” esalò, infine, non trovando nulla di meglio da dire.
Sua madre sembrò rifletterci, immersa in chissà quali pensieri, infine annuì. “Mi sembra ragionevole” asserì infine “Tuttavia, ti pregherei di prendere una decisione prima dell'arrivo degli ospiti, per organizzarci meglio” sancì e Raf fu più confusa di prima da quell'affermazione, anche se non azzardò ad avanzare alcuna domanda. “Molto bene, ora puoi andare.”
Raf annuì e girò i tacchi, uscendo dalla camera e chiudendosi la porta alle spalle.
Quando fu fuori sospirò profondamente e si incamminò per i corriodoi del castello, diretta velocemente allo studio, mille pensieri che le vorticavano per la testa e altrettante domande a cui non riusciva a dare una risposta: stava succedendo qualcosa di strano, lì a palazzo, qualcosa di cui volevano tenerla all'oscuro ma, allo stesso tempo, renderla partecipe. Non riusciva proprio a racapezzarsi e temeva solo il peggio da tutta quella faccenda.
Scese il grande scalone e aprì la porta della stanza senza tanti complimenti, trovando Miki esattamente dove l'aveva lasciata. La ragazza alzò lo sguardo su di lei appena la sentì entrare, ma non ebbe il tempo di dire alcunché perché Raf prese velocemente la parola. “Ti devo parlare” esalò, chiudendosi l'uscio alle spalle e avvicinandosi di tutta fretta “Mia madre si è messa d'accordo con la tua e vuole che diventi la mia dama da compagnia” disse tutto d'un fiato, ancora sconcertata dal recente colloquio.
Miki sgranò gli occhi, guardandola allibita per un paio di secondi: “Ma sono fuori di zucca?!” sbottò infine, incredula e un po' infastidita, incurante di aver appena insultato la regina in persona.
“Lo so!” le diede man forte Raf, sedendosi pesantemente accanto a lei “Le ho detto che avrei dovuto pensarci perché non sapevo che altro fare, volevo prima parlarne con te” ammise, portandosi una ciocca di capelli scappata dalla crocchia dietro l'orecchio.
Miki si espresse in un verso canzonatorio “Senza offesa, sorella, sai che ti voglio bene... ma essere la dama da compagnia della principessa significa far parte attivamente della vita sociale dei nobili ogni santo giorno. Piuttosto mi getto da una finestra” esclamò, senza troppi preamboli, incrociando le braccia al petto e confermando ciò che Raf già sospettava. “Ma temo che le nostre madri non riterranno la mia avverstià per la vita di corte una motivazione valida per un rifiuto” aggiunse, con un sospiro.
“Purtroppo no” concordò Raf. Certo, ora che aveva analizzato quella possiblità si era resa conto che non le sarebbe dispiaciuto poi tanto avere Miki al proprio fianco in quel ruolo... tuttavia, nonostante ciò, non l'avrebbe mai costretta a fare qualcosa che non voleva solo per un proprio capriccio personale. Era una questione di principio. “L'unica soluzione che ci resta è dire di aver già scelto una dama da compagnia e sperare che a mia madre vada bene...” rimuginò lei, pensierosa “L'unico problema è che non ho la più pallida idea di chi nominare: a parte te e Urié non conosco nessun'altra ragazza così bene da poterle affidare un incarico del genere” ammise, con un sospiro stanco.
“Non puoi nemmeno scegliere Urié perché non è una nobile” constatò Miki “Altrimenti avremmo già risolto il problema... però c'è sempre Dolce” propose d'un tratto, avendo un'illuminazione.
Raf fece una smorfia “Scegliere come dama da compagnia la figlia della dama da compagnia di mia madre?” chiese, dubbiosa. Non aveva nulla contro Dolce, che aveva sempre trovato molto gentile e simpatica, ma scegliere qualcuno di così vicino alla propria madre non era un'idea saggia: non avrebbe più potuto avere un attimo di respiro con il minimo sospetto che qualunque cosa avesse fatto in sua presenza sarebbe potuta giungere alle orecchie di Nevea e, di conseguenza, di Angelie.
Dolce aveva la sua stessa età, era una ragazza a modo, dalle buone maniere e dal buon gusto, amante della moda e della luccicante vita di palazzo. Non brillava per acume ma era dolcissima e amorevole, doti che aveva ereditato senza alcun dubbio dalla madre a cui era molto legata.
Era praticamente cresciuta a corte e, come amava raccontare Nevea, la gravidanza quasi contemporanea a quella della regina aveva contribuito ad accrescere il legame tra le due donne; Dolce era come una specie di nipote per Angelie e lei e Raf avevano vissuto a stretto contatto i loro primi cinque anni di vita, momento in cui la giovane principessa aveva dovuto iniziare gli studi e quindi staccarsi sempre di più dalla placida vita fatta di spensieratezza e divertimeno che Dolce, per sua gioia, non aveva ancora dovuto abbandonare.
“Effettivamente non è una scelta saggia” annuì Miki.
Raf sospirò, passandosi una mano sulla fronte “La cosa positiva è che ho ancora due giorni per inventarmi qualcosa.”
In effetti, di lì a due giorni il seguito inviato da Zolfanello City sarebbe finalmente giunto in città e la pace sarebbe cessata definitivamente di regnare tra le mura del castello per un minimo di tre giorni. Era sempre la stessa storia ogni volta che avevano ospiti: il lavoro della servitù triplicava, balli e banchetti venivano organizzati uno dietro l'altro senza sosta, i nobili affollavano i corridoi del palazzo con più frequenza di prima e Raf non aveva più un attimo di respiro. Persino i suoi studi venivano interrotti per tutta la permanenza dei diretti interessati.
Quella volta sarebbe stata anche peggiore delle altre perché sarebbe stato presente un principe e, per qualche oscura ragione, sua madre si era messa in testa che ad occuparsi del suo intrattenimento avrebbe dovuto essere lei. Per questo si stava ammazzando i piedi con le lezioni di ballo tutti i pomeriggi, mentre la mattina si esercitava per ore con l'arpa.
L'incubo vero e proprio non era ancora iniziato e lei non vedeva già l'ora che finisse, così da poter tornare alla propria normale quotidianeità.
“Ne avrai da soffrire ancora per un bel po'” la prese in giro Miki.
“E tu con me in prima fila, come sempre” la canzonò Raf, ricordandole del suo ruolo di spicco a corte in quanto figlia della donna più popolare dell'alta nobiltà. La ragazza fece una smorfia contrariata, già pensando a come defilarsi in fretta dalla serie di eventi che si sarebbero susseguiti in quel fine settimana: probabilmente sarebbe corsa a nascondersi in camera di Raf, con la complicità di Urié, come da prassi. Solo i membri della famiglia reale e la servitù potevano entrare nella stanza della principessa senza il suo consenso, pertanto Miki non correva il rischio di essere assillata da giovani rampolli bramosi di danzare con lei o ragazzine civettuole pronte ad ingraziarsela nella speranza di aumentare la propria nomea.
Lei era fortunata e la sua assenza ad una festa non pesava più di tanto, ma se Raf avesse provato a dileguarsi senza una valida ragione sarebbe scoppiato il putiferio.
“Se non riuscissi a convincerle cosa faremo?” domandò, sinceramente preoccupata.
Miki scrollò le spalle: “Ci penseremo poi” decretò, abbastanza tranquilla “Ci inventeremo qualcosa, non preoccupiamocene eccessivamente. E poi ci vogliono ancora anni prima che la cosa sia resa ufficiale, anche se dovessimo accettarlo ora nulla ti vieta di cambiare idea più avanti giusto?”
“Penso di sì” rispose Raf, anche se non era molto convinta della cosa: c'era sicuramente un motivo se sua madre aveva aperto il discorso in quel momento e per lo stesso motivo aveva scelto Miki per quel ruolo. Doveva solo arrivare a capire quale fosse, in un modo o nell'altro, e non sarebbe stato semplice












Arkan sentì la dolce melodia prodotta dall'arpa ancor prima di giungere davanti la porta della camera. Lenta e minuziosa, donava un certo senso di calma e tranquillità che lo aiutò, almeno in parte, a far sparire alcune delle preoccupazioni che lo avevano assillato fino a quel momento.
Tuttavia, quando fu sul procinto di bussare si sorprese ad esitare.
Sapeva di non poter rimandare oltre, il tempo stabilito era ormai scaduto: il giorno dopo sarebbe arrivato il seguito di Zolfanello City e Raf ancora non sapeva niente dell'accordo stipulato tra i sovrani dei due regni. Ancora non sapeva che di lì a poco avrebbe dovuto convolare a nozze con un perfetto sconosciuto e lasciare per sempre la sua casa e la sua famiglia,
Non aveva avuto il coraggio di dirglielo prima, e di questo se ne incolpava, ma aveva voluto farle vivere quei giorni in tranquillità, senza il peso della consapevolezza che sarebbero stati gli ultimi.
Se doveva essere sincero almeno con sé stesso era stata più una scusa per non ammettere di non riuscire a dirle in faccia la verità e vederla straziata da una così desolante e atroce notizia. Non sapeva se sarebbe riuscito a rimanere professionale davanti alla sua reazione ma non poteva permettersi di crollare, non di fronte a lei. Almeno uno di loro avrebbe dovuto rimanere forte, nonostante tutto.
Inspirò a fondo e bussò tre volte.
La musica si fermò e, dopo pochi istanti, la voce di Raf gli giunse alle orecchie attraverso la porta chiusa, leggera e cristallina: “Avanti.”
Abbassò la maniglia ed entrò, ostentando una calma che non possedeva affatto in quel momento, ma provando a salvare almeno le apparenze. Raf era seduta sullo sgabello vicino la finestra con ancora l'arpa tra le mani e il suo sguardo, rivolto verso la porta, s'illuminò quando lo vide entrare. A farle compagnia vi era solo Urié, seduta a gambe incrociate sul grande letto a due piazze, intenta a ricucire uno strappo sull'orlo di uno dei sottogonna di Raf, causato in uno dei tanti capitomboli durante le lezioni di danza. Per fortuna Raf aveva tenuto l'ultimo incontro quella mattina, così che avrebbe potuto passare il pomeriggio a riposare in vista del giorno dopo.
Vederla così allegra lo tranquillizzò un po' ma, allo stesso tempo, gli causò una spiacevole fitta al cuore ripensando a ciò che avrebbe dovuto dirle di lì a poco. Ma non poteva più attendere oltre, era giunto il momento di affrontare la realtà e, per quanto spiacevole potesse essere, lei doveva sapere cosa l'attendeva da quel momento in poi.
Si schiarì la voce e chiuse la porta, racimolando tutta la compostezza che poteva: “Ti devo dire una cosa...” decretò, facendo sparire il sorriso dal volto della ragazza, sostituito da uno sguardo preoccupato; anche Urié alzò gli occhi su di lui e l'atmosfera nella stanza si fece d'un tratto pesante quando l'uomo pronunciò la frase successiva, con aria grave e malinconica “E so che non ti farà piacere.”
Arkan sperò solo che il suo futuro non fosse così infausto come temeva.

   
 
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