Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nebula216    11/08/2020    0 recensioni
"[...] Corsero ai loro rispettivi dormitori, vedendo Connie urlare spaventato verso Jean, ridotto in quel momento a uno stato catatonico.
Karissa li fissò, vedendo Marco avvicinarsi all’amico castano.
- Jean, ehi tutto bene?-
Connie rispose al posto suo, irritato per chissà quale gesto.
- SPERO PER TE CHE QUELLA FOSSE DAVVERO ACQUA!-
La ragazza scosse la testa, accennando un lieve sorriso per l’espressione buffa assunta da Springer.
Marco scosse Kirschtein per le spalle, il quale si riprese appena; Connie infine si concentrò su di lei, causandole non poco timore per la domanda che stava per porle.
Il ragazzo sorrise furbescamente, fissando Bodt con malizia e dandogli una leggera gomitata sul braccio destro.
- E voi due invece? Dove eravate?-
Se prima si sentiva tranquilla e divertita, quelle emozioni ben presto si congelarono e diventarono acuminate come lame.[...]"
ATTENZIONE: La storia segue le vicende dell'anime (dialoghi inclusi) e potrebbe variare in avvertimenti e genere andando avanti.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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2. Equilibrio

 

 

Quando Shadis fece rompere le righe per Karissa fu un grosso sollievo: avrebbe potuto finalmente placare la sua pelle con dell’acqua fresca e levarsi quella divisa che l’aveva cotta come la patata divorata da Sasha.

Camminò in silenzio, evitando per quanto possibile di farsi vedere: sapeva di essere già stata notata per il suo essere diversa e per questo voleva sottrarsi a domande inopportune.

Camminò con sguardo basso verso il suo alloggio, salendo le scalette e rintanandosi nella sua camerata: fin dal suo arrivo aveva scelto come letto il più nascosto da sguardi troppo curiosi.

Si levò la giacca, la camicia e i pantaloni bianchi, vedendo dalla finestra un carro pieno di ragazzi ritirati dall’addestramento, destinati a dissodare i terreni: se pensava che era solo il primo giorno non poteva che sentirsi quasi una superstite.

Avvertì qualcuno schiarirsi la gola e, quando si girò coprendo adeguatamente dalla vita in giù, vide una ragazza più bassa di lei, con capelli corvini raccolti in due codini. La guardava con un grosso sorriso, come se si stesse rivolgendo a una sua cara amica.

 

- Ciao! Io sono Mina Carolina! Ti ho vista prima tenere testa all’istruttore Shadis e… beh, posso dirti che sei forte?-

 

Karissa la guardò, non capendo cosa ci fosse di forte nel farsi tirare i capelli e crollare al tappeto.

Prese un altro telo dalla sua postazione, percependo lo sguardo dell’altra sui polsi bendati.

 

- Oddio, che ti è successo?-

 

- Niente… e prima non ho tenuto testa proprio a nessuno.-

 

Si limitò a risponderle, prima di dileguarsi nella stanza predisposta per il bagno: non voleva certo raccontare al primo cadetto cosa le era successo, preferiva tenerselo per sé.

Sciolse con calma le bende intorno ai polsi, vedendo come le erbe che aveva preparato la mattina stessa si fossero seccate sopra la pelle scorticata: almeno le ferite stavano reagendo positivamente.

Prese un lungo respiro, iniziando a versare l’acqua nella vasca e immergendosi con non poco timore: sapeva perfettamente che, nonostante la temperatura gradevole, per lei sarebbe stato alla stregua di uno shock termico dopo una giornata del genere.

Si sedette con l’acqua fino al seno, concedendosi quel momento di riposo e sciogliendo i capelli dallo chignon.

Sua madre aveva sempre detto che erano meravigliosi, luminosi come la luna e sottili come la seta più pregiata che si potesse sentire, eppure a lei non erano mai piaciuti a causa degli insulti che contornavano la sua vita.

Se pensava a quante volte aveva provato a tingerli con le erbe per sentirsi finalmente una persona comune, ottenendo solo delle disturbanti sfumature azzurrine, le scappava quasi da ridere in modo amaro: perfino quella chioma si rifiutava di adeguarsi alla gente comune.

Sbuffò, lavandoli e districandoli con cura, pensando che forse sarebbe stato meglio tagliarli: quando erano sciolti arrivavano fino alla zona lombare e, probabilmente, nel combattimento le avrebbero dato fastidio; eppure, per quanto li odiasse, restavano il suo unico legame col passato.

Reciderli significava tagliare tutto quanto.

Scosse la testa.

 

- Non posso farlo...-

 

Si lavò con cura e, per una volta, ringraziò l’aria cocente: non avrebbe dovuto stare davanti al camino per fare asciugare la chioma.

Si coprì con il telo, rimosse l’acqua dalla vasca lignea ed uscì, permettendo ad un’altra ragazza di entrare e rilassarsi.

Tornò al suo letto, sedendosi e asciugandosi alla svelta il corpo, scegliendo da una sacca degli abiti comuni: non ne aveva molti, ma quelli le sarebbero bastati per il tempo che avrebbe passato all’accampamento.

Scelse un paio di pantaloni non così diversi, per modello, a quelli usati dal corpo militare, di un nero così forte da sembrare tenebra pura, abbinandoli a una camicia di un tessuto morbido color vino e, molto probabilmente, leggermente più grande per il suo busto.

Indossò tutto senza esitare, completando con un paio di stivali di cuoio morbido, più bassi di quelli tenuti fino a poco prima.

Strinse quanto più possibile i lacci sopra il seno della camicia, constatando effettivamente quanto lo scollo non le avrebbe evitato almeno una spalla scoperta: se solo avesse avuto ago e filo si sarebbe evitata anche gli sguardi dei ragazzi.

Sospirò, preparandosi psicologicamente a quello che l’avrebbe attesa, raccogliendo i capelli in una treccia, ad eccezione di due ciocche poste ai lati del viso, e avvolgendo quest’ultima su sé stessa, formando nuovamente uno chignon. Lo fissò con un filo di cuoio e un pezzo di stoffa, fermandolo con una quantità di forcine esorbitante: capelli sottili ma numerosi.

Finita la vestizione prese delle erbe mediche da una scarsella color testa di moro, iniziando a masticarle con non poco schifo e dolore: non aveva con sé un mortaio, doveva arrangiarsi.

Al contempo preparò delle bende pulite, sputando poi il composto sui polsi e fasciandoseli immediatamente: sperava almeno che la cena avesse un sapore migliore di quella sbobba.

Poteva considerarsi pronta.

Si alzò ed uscì dal suo dormitorio, vedendo come Sasha stesse arrancando per la fatica e alcuni cadetti stessero parlando tranquillamente, come se fossero di ritorno da una giornata al mercato.

Mentre stava osservando Marco e Connie parlare con Armin e un ragazzetto moro, il tutto ben a distanza, percepì il nitrito sofferente di un cavallo, girandosi immediatamente verso le scuderie: il suo istinto le diceva di andare a vedere, di correre e verificare la natura di quel dolore e lo avrebbe fatto se non fosse suonata la campana del rancio.

Prese un respiro, promettendosi di andare a dare un occhio dopo il pasto.

Seguì altri cadetti, vedendo già la formazione di alcuni gruppetti: le bastava sedersi in uno spazio vuoto, nulla di più.

Sedersi e mangiare.

Camminò fra i tavoli, sentendosi trattenere per il braccio da Marco Bodt.

Lo vide sorriderle, un gesto sincero e privo di malizia.

 

- Ciao, Karissa giusto? C’è un posto qui se vuoi.-

 

La ragazza guardò, annuendo appena col capo e sedendosi accanto al ragazzo con le lentiggini.

 

- Grazie...-

 

Si limitò a dire, vedendo altri soldati servire la cena in alcune scodelle di metallo: zuppa di verdure con del pane, un pasto frugale e non molto distante da quello che era abituata a mangiare.

Marco le diede un colpetto con il gomito, indicandole con una luce di curiosità negli occhi il ragazzo moro che aveva visto prima con loro e Armin.

 

- Lui è Eren Jaeger. Viene da Shiganshina, era lì quel giorno.-

 

Karissa rimase in silenzio, percependo qualcuno accanto a lei sbuffare e iniziare a mangiare.

Jean Kirschtein.

Non fece domande, decidendo di imitarlo o, quantomeno, di provarci.

Vide tanti ragazzi e ragazze alzarsi e andare intorno ad Eren, il quale raccontò cosa avesse visto il giorno in cui la vita di tutti quanti era stata scombussolata.

 

- Sì, era proprio davanti ai miei occhi.-

 

- Dici sul serio!?-

 

- E racconta, quanto era grosso?!-

 

Non sapeva spiegarsi perché quasi tutti avessero questa malsana curiosità e si domandò, di conseguenza, se avesse dovuto averla anche lei.

Fissò il brodo, mentre le voci continuarono a diffondersi nella stanza: presto o tardi si sarebbe trovata faccia a faccia con un gigante e, per quanto al momento non le facesse né caldo né freddo, sapeva che bastava uno schiocco di dita per cambiare tutto.

Mangiò un altro boccone di zuppa, vedendo altri due ragazzi seduti davanti a lei in religioso silenzio: uno dei due, il moro, era decisamente più alto di lei e i suoi occhi grigio-verdi le trasmettevano tranquillità. Non si poteva dire lo stesso dell’altro: leggermente più basso del suo compagno ma più possente di muscolatura, con il volto dai tratti squadrati e due occhi seri, sempre concentrati, come se dovesse aspettarsi un attacco da un momento all’altro.

Scostò lo sguardo, tornando al suo piatto e sentendo Marco avviarsi verso il gruppo che si era radunato intorno a Eren: parlavano di voci messe in giro dalla gente, su come il gigante avesse scavalcato con un balzo le mura, di come fosse enorme, tutte cose che il ragazzo corresse, almeno fino a quando non gli fu domandato come si presentava un gigante considerato normale.

Karissa vide perfettamente il cucchiaio di Jaeger cadere nella zuppa, in un silenzio che non lasciava presagire ricordi felici: era meglio smetterla.

Marco prese la parola.

 

- Per favore, adesso basta con queste domande. Forse sono cose che non vuole ricordare.-

 

Connie lo seguì a ruota.

 

- Scusa, non ti chiederemo nient’altro.-

 

- Avete frainteso.-

 

Karissa si fermò per la risposta decisa che Eren diede loro: lo vide mordere il pane e proseguire, con sguardo deciso e incattivito.

 

- Guardate che anche i giganti si possono sconfiggere. Quando riusciremo ad utilizzare al meglio il movimento tridimensionale allora… allora saremo noi in vantaggio. Qui ho finalmente la possibilità di addestrarmi, prima mi sono fatto prendere dall’emozione ma presto… io entrerò nel corpo di ricerca… e annienterò tutti i giganti. Li ammazzerò tutti dal primo all’ultimo.-

 

La ragazza rimase in silenzio, vedendo Jean ascoltare il tutto accanto a lei con il viso appoggiato ad una mano.

Lui chiuse gli occhi, con un sorrisetto divertito sulla faccia, prendendo parola.

 

- Bravo il nostro eroe.-

 

Eren si voltò verso di lui e, se Karissa doveva essere onesta, prevedeva guai.

Jean proseguì.

 

- E così, se ho capito bene, tu vorresti entrare nel corpo di ricerca.-

 

La ragazza scosse la testa senza farsi notare troppo, cosa fattibile dato che Kirschtein le stava dando le spalle, concentrandosi sulla sua cena. Non aveva tempo da perdere, doveva andare a controllare quel cavallo: la paura che avesse qualcosa di serio le stava attanagliando lo stomaco.

Inzuppò del pane nel brodo di verdure, mangiandolo lentamente per i dolori alla bocca e ascoltando la discussione apparentemente pacifica dei due.

 

- È quello che ho detto. So che tu invece vuoi entrare nel corpo di gendarmeria e avere la vita facile.-

 

No, non sarebbe finita affatto bene: due teste calde o due caratteri forti avrebbero sempre fatto scintille.

 

- Esatto, perché io sono sincero con me stesso. Sì, questo a differenza di chi si atteggia a eroe coraggioso, quando invece dentro di sé se la fa sotto dalla paura.-

 

Non le fu facile evitare di roteare gli occhi: perché i maschi, o almeno la gran parte di loro e di qualsiasi fascia d’età, dovevano sempre finire a fare i bambini della situazione?

Non lo avrebbe mai capito.

Eren si alzò, facendo smuovere Jean dalla sua posizione di comodo uditore.

 

- Ti stai riferendo a me?-

 

Marco sbiancò, cercando di placare gli animi, mentre sul viso di Kirschtein si dipinse un mezzo sorriso divertito.

Karissa lo vide alzarsi e si domandò, in quel momento, se avesse dovuto fermarlo per un braccio: lo sentì ridere sommessamente e riprendere il discorso.

 

- Io dicevo solo così, per dire.-

 

I due interessati si fronteggiarono con lo sguardo, mentre tutti gli altri cadetti osservavano la scena senza fiatare, nervosi per i possibili sviluppi che avrebbe potuto prendere quella situazione.

La ragazza si sbrigò a finire la zuppa, prese la mezza pagnotta che le era avanzata e si alzò, constatando che quello scontro non avrebbe avuto un proseguo per quella serata: le campane del coprifuoco presero a suonare.

Doveva sbrigarsi se voleva evitare una lavata di capo, o peggio, da Shadis.

Jean sospirò.

 

- Ascolta, ti domando scusa. Io non volevo assolutamente mettere in dubbio il tuo coraggio.-

 

Lo vide porgere la mano destra a Eren, proseguendo il suo discorso.

 

- Vogliamo chiudere qui la discussione?-

 

Karissa li guardò dalla porta, vedendo il moro dagli occhi verdi prendere un piccolo respiro e fare un lieve cenno del capo.

 

- D’accordo. Scusami anche tu.-

 

Nonostante sembrasse sincero, la ragazza percepì ancora un lieve astio nella sua voce e, infatti, capì che la cosa non era passata quando la mano di Jaeger colpì quella di Jean.

Ne avrebbe viste delle belle fra quei due.

Si bloccò quando vide Kirschtein fissare, con occhi pieni di meraviglia, la ragazza che era arrivata con il moretto deciso a voler entrare nel corpo di ricerca: pelle candida, lunghi capelli corvini e uno sguardo tranquillo ma, allo stesso tempo, distaccato.

Mikasa Ackerman, l’unica ragazza del trio di Shiganshina.

Scosse la testa: non era il tempo per i pensieri da ragazzina, ormai doveva aver imparato che quelle come lei interessavano solo in certi casi.

Con il favore della notte uscì dalla mensa, correndo di soppiatto verso le scuderie: era l’ora di darsi da fare, non poteva stare a distrarsi con delle cavolate simili. Entrò lentamente nella stalla, sorridendo quando vide i primi musi farsi avanti dalle loro poste, occupati a masticare un cumulo di fieno e biada.

 

- Ciao belli. Chi di voi sta male?-

 

Sussurrò con voce calma, carezzando il muso di un bellissimo baio occupato a masticare la sua razione: non poteva esser lui.

Guardò lungo il corridoio e, finalmente, percepì i nitriti sofferenti del purosangue. Camminò veloce, cercandolo fra le postazioni, fino a quando non vide un esemplare baio scuro starsene in un angolo, con le orecchie rivolte indietro.

Lo guardò attentamente, notando un gonfiore dovuto ad una frustata data in malo modo.

Irritata, aprì il chiavistello della porta, catturando su di sé lo sguardo curioso del cavallo.

Sorrise, offrendogli il pane avanzato per farlo stare tranquillo.

 

- Ehi piccolo… posso vedere?-

 

Si avvicinò piano, lasciando che la annusasse e iniziasse a mangiare con calma il pane offerto.

Controllò lo stato del gonfiore, constatando che nelle ore precedenti aveva anche perso sangue: chi poteva fare una cosa del genere?

Carezzò il collo dell’animale con dolcezza, sentendo i muscoli tesi per la paura sotto la sua mano.

 

- Tranquillo, non ti farò del male...-

 

Gli permise di mangiare il pane con calma e, approfittando della sua distrazione, uscì dalla posta in direzione della stanza degli unguenti e dei finimenti. Controllò sulle varie mensole, trovando infine le erbe giuste per quel tipo di medicazione e addirittura un mortaio di granito: se lo avesse saputo prima si sarebbe evitata quella sbobba in bocca.

Iniziò a pestare le erbe con decisione, mischiando al contempo dell’acqua per ottenere la giusta consistenza e, quando finalmente ci riuscì, non poté fare a meno di sorridere.

Sorriso, il suo, che venne interrotto da una voce.

 

- Karissa, che stai facendo?! È l’ora del coprifuoco, non dovresti essere qui!-

 

Si voltò, vedendo Marco fissarla spaventato per una possibile punizione di Shadis.

La ragazza strinse il contenitore, fissando il cavallo ferito nella sua posta e decidendo di rispondere al ragazzo con sincerità.

 

- Lo vedi quel cavallo? Nitrisce da prima di cena. È ferito, qualcuno lo ha frustato per punirlo. Ti prego Marco, coprimi le spalle, sarò… sarò velocissima! Te lo prometto, non ci vedrà nessuno!-

 

Bodt la fissò per un attimo, ancora intimorito, poi sospirò.

 

- Fai veloce.-

 

Karissa sorrise e, lesta come un furetto, tornò dal baio scuro, spalmandogli con dolcezza l’unguento ottenuto: almeno l’infezione poteva considerarla evitata.

 

- Ecco qua, va meglio vero?-

 

La testata di riconoscenza che ricevette fu così decisa e dolce che, per poco, non le fece scappare una risata divertita: per quanto volesse restare ancora in quel posto accogliente sapeva perfettamente di non potere.

Carezzò il muso del cavallo, baciandogli la zona morbida tra le froge e uscendo, richiudendo con grazia la porta.

Marco la guardò sorridendo, indicando l’altra uscita della stalla.

 

- Andiamo. La via è libera.-

 

Corsero ai loro rispettivi dormitori, vedendo Connie urlare spaventato verso Jean, ridotto in quel momento a uno stato catatonico.

Karissa li fissò, vedendo Marco avvicinarsi all’amico castano.

 

- Jean, ehi tutto bene?-

 

Connie rispose al posto suo, irritato per chissà quale gesto.

 

- SPERO PER TE CHE QUELLA FOSSE DAVVERO ACQUA!-

 

La ragazza scosse la testa, accennando un lieve sorriso per l’espressione buffa assunta da Springer.

Marco scosse Kirschtein per le spalle, il quale si riprese appena; Connie infine si concentrò su di lei, causandole non poco timore per la domanda che stava per porle.

Il ragazzo sorrise furbescamente, fissando Bodt con malizia e dandogli una leggera gomitata sul braccio destro.

 

- E voi due invece? Dove eravate?-

 

Se prima si sentiva tranquilla e divertita, quelle emozioni ben presto si congelarono e diventarono acuminate come lame.

 

Dove eri con quella rarità?”

 

Per quanto volesse evitare di sembrare astiosa, in quel momento non riuscì ad evitare le parole intrise di rabbia.

 

- Non sono affari tuoi, Springer… e, sinceramente, questa tua uscita potevi risparmiartela.-

 

I tre rimasero in silenzio, raggelati per lo sguardo iracondo che le sue iridi avevano assunto: occhi che, fino a quel momento, erano sembrati semplicemente distaccati e poco interessati, addirittura timidi e paurosi.

Prima che Marco potesse provare a rimediare, Karissa girò sui tacchi, dileguandosi nel suo dormitorio e camminando spedita verso il letto: avrebbe dovuto combattere contro qualcosa che era sempre stato, fino a quel momento, peggio di qualsiasi gigante o umano.

Il problema è che nessuno lì dentro avrebbe saputo capirla.

Quando le campane suonarono la levata non era ancora sorto il sole.

Per quanto si fosse sforzata, Karissa non era riuscita a chiudere occhio: si era rigirata da ogni parte nel letto, cercando in ogni modo di non pensare, di scivolare nell’oblio del sonno, inutilmente.

Sospirò, alzandosi e prendendo senza troppe esitazioni i vestiti da cadetto: non avrebbe risolto niente stando sotto le coperte e, per quanto facesse fatica al pensiero di dover affrontare nuovamente i ragazzi, sapeva che c’era una cosa positiva in tutto quel casino.

 

- Devo vedere come sta.-

 

Una volta agganciate tutte le cinghie sopra i vestiti, si sistemò i capelli nella solita treccia avvolta su sé stessa, uscendo come altri cadetti dai dormitori: non erano ammessi ritardi di alcun genere.

Keith Shadis, torvo in volto come suo solito, li osservava quasi schifato vicino a dei pali robusti disposti su tre lati, dotati di un sistema di carrucole che avrebbe decretato un’ulteriore scrematura: simulazione del movimento tridimensionale.

Karissa fissò con non poco timore quelle strutture, conscia che sarebbe stato un ostacolo ben più aspro delle parole dell’istruttore: non esistevano mezze misure, o avevi successo o potevi andartene.

Deglutì, percependo alle sue spalle una presenza familiare.

Scostò appena lo sguardo, vedendo Marco guardarla imbarazzato.

 

- Karissa, mi dispiace per ieri sera. Connie ha parlato senza pensare, lo fa spesso e… scusa.-

 

Sapeva che Bodt non aveva colpe e il fatto che lui stesso si sentisse responsabile le faceva stringere il cuore: la sua reazione era stata esagerata e lui non meritava quel trattamento.

Sospirò, guardandolo con dispiacere.

 

- No, scusami tu Marco… ho avuto una reazione esagerata e… tu e Jean non la meritavate, forse anche con Connie ho...-

 

- Ah grazie, ora potete far silenzio?-

 

Kirschtein si intromise nel suo discorso, causandole una lieve irritazione: era necessario interromperla?

Lo fissò dritto negli occhi.

 

- Non avevo finito, Kirschtein.-

 

- Karissa “nana” Jones, Shadis sta per parlare e non penso ti convenga iniziare a discutere con me.-

 

- COME MI HAI…?!-

 

La mano di Jean scattò rapida sulla sua bocca, bloccando ogni suo tentativo di ripicca.

Keith avanzò fino alla carrucola centrale, fissandoli con le braccia ben serrate dietro la schiena.

 

- Oggi voglio vedere le vostre capacità e chi fallisce non sarà usato neanche come esca, ma finirà a dissodare i terreni!-

 

Non voleva andarsene, non voleva tornare a quello che era prima.

Fissò preoccupata le strutture che avrebbero dovuto verificare l’idoneità per il movimento tridimensionale, ricordandosi solo in quel momento che Kirschtein aveva ancora la mano sulla sua bocca.

Inarcò un sopracciglio, guardandolo quanto bastava per cercare di catturare la sua attenzione e rammentargli che poteva benissimo levarle il palmo.

Il ragazzo continuò a fissare davanti a sé, forse per la concentrazione o più facilmente per dispetto, con un sorrisetto abbozzato, mentre i primi candidati si fecero avanti e furono issati su.

Glielo avrebbe fatto passare lei il divertimento.

Velocemente e senza alcun pensiero, gli regalò un morso al pollice, sorridendo quando lo vide evitare di urlare per cercare di non catturare l’attenzione del mentore.

Nonostante la stesse fulminando, Karissa non riuscì proprio trattenere una sghignazzata soddisfatta.

 

- Questa me la paghi, Jones.-

 

- AVANTI IL PROSSIMO GRUPPO!-

 

La soddisfazione guadagnata poco prima non fu sufficiente per salvarla dal brivido della voce di Shadis: c’era lei in quel gruppo.

Guardò con preoccupazione le strutture, sentendo Kirschtein ridacchiare e prenderle le spalle.

 

- Su, vai Jones. Non mordono mica.-

 

La prossima volta sarebbe passata alle testate, sicuramente non si sarebbe limitata a una semplice morsicatura.

Scrollò le spalle per staccarselo di dosso, fissandolo infastidita.

 

- Buona fortuna, Kirschtein… non perdere cose preziose con l’imbracatura.-

 

Avanzò verso un collega di Shadis, consentendogli di fissarle due cavi ai lati della cintura.

L’uomo, vedendola preoccupata, le accennò un sorriso sereno.

 

- Tranquilla. Basta capire come funziona.-

 

Il problema era proprio quello, pensò sconsolata e pronta a fare una figuraccia davanti a tutti.

Sarebbe finita con il viso contro il terreno, Jean si sarebbe divertito a vederla fallire e sarebbe partita con il carro della sera, destinata a chissà quale cava o luogo.

Deglutì, cercando di farsi coraggio, di pensare a come controllarsi e, in quel momento, un ricordo le tornò alla mente.

 

- Papà, ho paura. Non voglio mettermi in piedi sulla sua groppa! È troppo alto!-

 

- Tranquilla piccola, è tutta una questione di equilibrio. Non cadrai, ci sono io qui.-”

 

Non si rese conto del soldato che la issò e, per un pelo, non perse l’equilibrio in avanti.

Si riprese quanto bastava per non cadere come un mela dall’albero, prendendo dei respiri profondi e cercando di non farsi prendere dal panico: aveva fatto cose ben più pericolose di quella prova, perché avrebbe dovuto fallire?

Se veramente bastava capire come funzionava, lei doveva quantomeno provarci.

Deglutì ed espirò profondamente, controllando tutte le sue forze e cercando di diminuire le oscillazioni, concentrandosi su quello che era richiesto da quella prova: non era solo l’equilibrio a farla da padrone, ma anche la forza fisica, la percezione dello spazio e l’autocontrollo.

Doveva riuscire a resistere, almeno fino al cambio col gruppo successivo.

Vide Shadis avanzare e fissarli impassibile, studiandoli con la stessa espressione iraconda, quasi schifata e impossibile da decifrare; guardò Karissa, l’ultima della fila, con attenzione, alzando infine una mano.

 

- Fate scendere questi salami. IL PROSSIMO GRUPPO!-


Angolo Autrice: ed ecco qua anche il secondo capitolo! So che l'impaginazione è strana, purtroppo mi ritrovo a lavorare con due pc diversi e il risultato è questo... vedrò di porvi rimedio <3.
Il titolo della storia (mi sono dimenticata di precisarlo nel capitolo precedente) è ripreso da una canzone degli Skillet che, a parer mio, calza decisamente a pennello con il mondo di AoT.
Spero vi piaccia!
Al prossimo capitolo!
Bacioni!

Nebula216 <3

   
 
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