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Autore: FalbaLove    14/08/2020    1 recensioni
Due piccoli occhi grigi,contornati da rughe,fissarono per l'ennesima volta una foto incorniciata malamente e con gli angoli leggermente ingialliti;un sorriso amaro comparve sul suo volto di fronte a quelle tre piccole bambine che,ignare,dormivano beate. All'improvviso il suo cuore ebbe un sussulto mentre prepotentemente si apriva la porta del suo ufficio:con rapidità la donna ripose la cornice in un cassetto spostano il suo sguardo sulla figura che comparve dinanzi a lei.
-Preside Griffin, a cosa devo l'onore?-
-Sapevamo tutte e due che sarebbe giunto questo giorno-commentò inflessibile l'altra. Faraganda si sistemò gli occhiali sospirando:si alzò con estrema calma raggiungendo l'enorme vetrata del suo ufficio.
-Ci pensi ancora? Nel senso se abbiamo fatto la scelta...-
-Giusta?-Faragonda abbassò lo sguardo.
-Forse siamo state stupide a basarci su una profezia-
-O forse no-conclusse la Preside di Alfea.
-Non lo sapremo mai-Faragonda sorrise di fronte alla risposta sconsolata dell'amica.
-Io invece,Preside Griffin,penso che lo scopriremo presto
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bloom, Faragonda, Flora
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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-Niente- esclamò Tecna allontanando con stizza il palmare e permettendo alla sua postura rigida di allentarsi per un secondo. Timmy aggrottò le sopracciglia sorpreso da quel commento così aspro e, deglutendo a fatica, scostò l’attenzione dal computer su cui stava lavorando alla sua fidanzata. Tecna, esausta, si portò le mani alle meningi cercando di reprimere il forte dolore alla testa che stava sempre più minando la sua lucidità.
-Ho rifatto i calcoli, ma nuovamente non sono giunta ad alcuna notizia positiva. Purtroppo, lo scudo magico di Valtor attualmente risulterebbe impenetrabile ai nostri poteri- sospirò serrando con decisione le labbra sottili. Lo Specialista si passò le mani tra i folti capelli lasciando trapelare la sofferenza che provava nel vedere la sua fidanzata in quelle condizioni. Era chiaro che Tecna non si era ancora arresa alla scomparsa della Preside di Alfea e, se vi fosse stato anche solo lo 0,01 % di certezza di salvarla, si sarebbe diretta immediatamente alla loro vecchia scuola. Faragonda per lei, e per le altre tre fate, aveva rappresentato la possibilità di salvezza e ora parevano brancolare nel buio consapevoli che avrebbero dovuto contare unicamente sulle loro forze.
Un debole sorriso si dipinse sul volto del giovane osservando la finta aria di indifferenza, che la ragazza di Zenith era solita indossare in pubblico, venir spazzata via in un istante da un sentimento così umano come il dolore. Era incantevole, di una bellezza non comune che a lui toglieva il fiato, ancora di più quando si mostrava così umana. Ma Timmy la amava per quello che era, sopportando in silenzio la sua freddezza e facendo ogni giorno tesoro di quei radi gesti di affetto che lei gli dimostrava senza alcun imbarazzo. Si sentiva lui quello fortunato ad averla nella sua vita senza sapere che questi pensieri erano pienamente condivisi dalla fata della Tecnologia.
-Forse non hai considerato qualche variabile- abbozzò rivolgendole un tenero sguardo che però non venne calcolato minimamente dalla sua interlocutrice che, all’udire quelle parole, alzò un sopracciglio irritata.
-Io non sbaglio mai Timmy- sibilò lasciando che le sue labbra sottili si muovessero disordinate pronunciando quelle parole così cattive. Il ragazzo rimase di stucco, ma non lo diede a vedere. Si limitò quindi ad alzarsi avvicinandosi a lei e porgendole dolcemente una mano tremante. Tecna, di fronte a quel gesto così buono, si sentì un verme per avergli risposto in quel modo. Timmy era un’anima buona, pura come quella di Flora e lei con la sua freddezza spesso non si rendeva conto di ferirlo apertamente.
Deglutì a fatica accettando la mano del suo fidanzato e stringendola con forza: lasciò che le loro mani intrecciate in un gesto così poco logico dimostrassero tutto il suo pentimento.
-Scusami- mormorò decisa, ma il tremolio della sua voce la tradì. Lui abbozzò un timido sorriso di fronte alla stretta di lei che non accennava a diminuire, di fronte a quel gesto così intimo che ancora gli faceva provare le farfalle nello stomaco. Mai come in quel momento Timmy si sentì così fortunato.
-Ho esagerato- continuò la ragazza senza mostrare questa volta alcun tentennamento. Tecna non sapeva cosa volesse dire amare, ma stava facendo di tutto per impararlo al di là dei numeri e dei circuiti che da sempre avevano accompagnato la sua vita. Poi, lasciando un senso di vuoto nell’animo dello Specialista, lasciò che le loro mani si separassero.
-Ora devo andare, mi aspetta Codatorta- disse iniziando ordinatamente a mettere a posto il tavolo su cui erano stati abbandonati calcoli e dispositivi elettronici come volesse, anche solo in parte, mettere a posto i pensieri del suo cervello. Quello che però le sfuggì fu una strana determinazione che trapelò dagli occhi di Timmy. Era quello il momento giusto? Timmy non lo sapeva, sentiva solo che doveva, o per meglio dire voleva, esprimere quel sentimento così caldo e avvolgente che aleggiava nel suo cuore.
-T-tecna- sibilò percependo il suo battito cardiaco aumentare di frequenza. Lei si fermò per un momento lasciando che il suo sguardo azzurro e limpido si soffermasse su di lui e regalandogli così implicitamente la sollecitazione di andare avanti.
-I-io ti... – ma la gola del più intelligente tra gli specialisti iniziò pericolosamente a bruciare e il coraggio, faticosamente raggruppato, sparì all’istante. Aveva paura che non fosse ancora il momento giusto, di rovinare tutto.
Lei inarcò dubbiosa un sopracciglio, ma il battito insistente del suo piede mostrò palesemente l’impazienza che scuoteva la sua mente.
-Ti volevo dire che proverò a rifare la casistica- sibilò deluso, ma cercando di non mostrarlo. Tecna gli sorrise dolcemente regalandogli uno svelto bacio sulla guancia.
-Ci vediamo più tardi- concluse uscendo di corsa dalla stanza e senza udire un sospiro di sconforto sprigionarsi dietro di lei.
Deluso lo Specialista si lasciò andare sulla poltrona permettendo ai suoi occhiali di ricadergli sul naso. Sapeva di aver perso una occasione importante e, conoscendo la sua timidezza, si domandò istintivamente se mai ci sarebbe riuscito.
Intorpidito dalla stanchezza afferrò il portatile tra le mani, spegnendolo e permettendo così anche al suo cervello di fare lo stesso. Era stanco, stanco delle paranoie e dei dubbi che attanagliavano senza sosta la sua mente. Sospirò nuovamente pensando che era meglio se ritornava nella sua stanza. Non ebbe neanche il tempo di rialzarsi che udì un lieve bussare alla porta e successivamente una magra figura fece capolinea.
-Tecna?- domandò Flora lasciando che i suoi occhi color giada si abituassero alla forte luce di quella stanza, ma si ammutolì osservando che invece vi era un’altra figura.
Timmy, notando la nuova arrivata, si grattò nervosamente la testa percependo chiaramente le sue mani iniziare a tremare.
-Oh, ciao Timmy- sospirò la fata di Linphea lasciandosi sfuggire un sorriso sincero dalle labbra e immediatamente lo Specialista si rese conto di essere stato uno sciocco nel sentirsi a disagio in presenza di una figura pura come quella della fata della Natura.
-Tecna è uscita due minuti fa per l’allenamento con Codatorta- bofonchiò sentendosi avvampare di fronte allo sguardo timido, ma fisso che l’ambrata gli stava riservando.
-Ah ok, grazie- mormorò grata la fata indugiando però dall’uscire. Il suo sguardo attento scivolò veloce sul volto turbato del suo interlocutore: nonostante Timmy avesse provato a mantenersi il più neutrale possibile, Flora possedeva un dono naturale in grado di leggere nelle persone.
-C’è per caso qualcosa che ti turba, Timmy? – sospirò non realmente convinta di star facendo la cosa più giusta, dopotutto non sapeva neanche lei se il suo rapporto con lo Specialista poteva definirsi di amicizia, ma lei ci sperava. Un sorriso timido comparve sul volto sempre più deluso del ragazzo.
-I-io - balbettò completamente in pallone avendo paura di sentirsi uno stupido a confessare i suoi più intimi pensieri. Flora parve intuire ciò e si avvicinò con sicurezza a lui incrociando i loro sguardi. Poi si limitò a sorridergli dolcemente e ciò contribuì a distruggere qualsiasi remora nello Specialista.
-I-io- sussurrò nuovamente, ma poi si decise a fare un grosso respiro.
-Io penso di amarla- mormorò con una insolita decisione. Flora sorpresa non riuscì a celare questo suo sentimento dal volto che poi si sciolse in una espressione di viva dolcezza di fronte all’imbarazzo e alla paura di Timmy per un sentimento così puro. Provò immediatamente gioia e felicità che la sua amica Tecna si fosse accorta di che ragazzo fantastico fosse Timmy.
-Tu glielo hai detto? – Timmy, deluso, scosse la testa.
-Ci ho provato, ma lo sai com’è fatta, ho timore di spaventarla- la mano di Flora si mosse veloce su quella del suo interlocutore.
-Timmy non devi avere paura, vi ho osservato attentamente in questi due mesi e l’amore che c’è tra di voi è lampante. Lo so che il rapporto che vi lega non è convenzionale, ma voi per primi non lo siete- la sincerità della fata di Linphea riscaldò piacevolmente il cuore di Timmy regalandogli una nuova linfa.
-Grazie- sospirò sincero abbozzando un sorriso. Flora ricambiò questo suo gesto prima di alzarsi e dirigersi verso l’uscita.
-Flora? – il suo nome sussurrato dal ragazzo interruppe però la sua camminata.
-S-sei una grande f-fata, ma entrambi d-dovremmo imparare a credere di p-più in noi stessi- e questa volta toccò alla ambrata trovarsi sorpresa.
 
 
 
Bloom si guardò per l’ennesima volta con agitazione allo specchio della piccola stanzetta che le era stata offerta nella scuola di Fonterossa: curvò le labbra in una smorfia blanda osservando i capelli completamente disordinati e che non avevano intenzione di essere domati. Arresasi lasciò che il suo corpo ricadesse sul piccolo lettino: perché si sentiva così agitata?
Goffamente si rigirò sul materasso alla ricerca di una posizione che le risultasse abbastanza comoda: stava per fare una semplice uscita con Sky. Da amici, ci tenne precisare.
Eppure, un accennato sorriso sembrava non voler abbandonare gli angoli della sua bocca regalandole una sensazione che era sicura di non sentire da tempo. Arricciò il naso e socchiuse leggermente gli occhi: era decisa a lasciare tutti le sue preoccupazioni in quella stanza per godersi al massimo un semplice picnic nel bosco limitrofo alla scuola. Si sarebbe distratta, sicuramente le avrebbe fatto bene.
Un raggio dai toni aranciati colpì in pieno il suo volto ricordandole che avrebbe fatto meglio ad incamminarsi
 


Valtor osservò con ribrezzo il suo riflesso analizzando attentamente ogni singolo lembo della sua pelle del viso e provando rabbia, pura, cieca. Quello non era lui, non poteva essere lui. Lo stregone non riusciva a capacitarsi di essere oramai un mostro e tutto ciò per colpa di una ragazzina: sentiva ancora vivida sulla sua pelle la sensazione di calore rivoltante circondarlo e bruciarlo dentro e fuori.
Con un grido pieno di ira scaraventò a terra il piccolo specchio osservando compiaciuto le schegge di vetro riversarsi a terra. Valtor affondò con soddisfazione i denti nel labbro inferiore come se percepisse il dolore che quell’oggetto inanimato aveva provato. Una scintilla di pura follia illuminò i suoi occhi deformi facendolo rabbrividire di pura lussuria.
-Entrate- non attese che le due streghe bussassero, bastavano le loro auree di magia nera deboli e insignificanti a infastidirlo.
Stormy assecondò la richiesta dell’uomo rabbrividendo una volta che si trovò al suo cospetto: i suoi occhi velati di insania ebbero quasi paura di soffermarsi sul loro padrone e percepì chiaramente un senso di nausea attanagliare il suo stomaco. Darcy, per sua fortuna, represse qualsiasi espressione dal volto rifugiandosi dietro ai suoi occhiali appuntiti. 
-Ci avevi fatto chiamare?- sibilò l’illusionista con tono calmo e sensuale, ma che non scalfì minimamente lo stregone. Quello non parlò limitandosi a socchiudere gli occhi: era stato lo stesso potere con cui era stato forgiato a ridurlo così, ma l’aveva percepito molto più elevato di quanto ricordasse. Si leccò avidamente le labbra al pensiero di quando quella minuscola fiammella era entrata dentro di lui, quando le sue vene avevano iniziato a bruciare sotto la pelle, quando una energia nuova aveva animato le sue membra. Doveva essere sua la Fiamma del Drago, desiderava risentire quelle emozioni riscaldare un corpo che percepiva sempre più freddo e debole, ma non avrebbe potuto farlo da solo. Era giunto il momento.
-Siete deboli come scarafaggi- mormorò con rabbia e frustrazione.
-E io non ho bisogno di scarafaggi- continuò. Le due streghe strinsero con forza le mascelle.
-Non siamo state noi a venire da te- disse seria Darcy afferrando con forza la sorella per il polso: la pazzia e l’imprevedibilità di Stormy avrebbero potuto farle commettere gesti che sarebbero costati cari ad entrambi. Nonostante la pelle ustionata dell’uomo e il suo volto sfigurato, l’energia che scorreva dentro di lui era ancora scura e potente.
-Avete ragione- commentò mentre un sorriso sadico si dipinse sulle sue labbra deformate. La sua bellezza gli era stata miseramente strappata dall’ultima lurida figlia di Orion e Marion, ora niente gli rimaneva se non voglia di uccidere e fare suo, per sempre, quell’insulso universo. E ci sarebbe riuscito, a qualsiasi costo.
-E voi mi avete servito per quanto i vostri poteri da streghe vi permettessero. Ora è giunto il momento di ricompensarvi - e senza preavviso, con uno scatto felino, si avvicinò alle due afferrando con forza i loro polsi. Le sue dita scivolarono veloci sulla loro pelle lattiginosa stringendole in una morsa forte che fece emettere un gemito di dolore ad entrambe.
-Cosa stai facendo?- urlò Stormy mentre un dolore lancinante si originò dal suo braccio e le sue vene iniziarono a bruciare sotto la pelle.
-State ferme- sibilò però le stregone aumentando ancora di più quel contatto fino a percepire le loro ossa scricchiolare sotto il suo tocco. Intuiva dalle loro urla che il processo era già iniziato e quasi le invidiò volendo provare lui, nuovamente per la prima volta, quella pena. Darcy aprì le labbra in smorfia provando a fare uscire qualunque cosa che non fosse un mugugno di dolore, ma non ci riuscì: qualcosa si stava facendo strada dentro di lei bruciando i suoi organi, un fuoco interno che le toglieva il respiro.
Poi, improvvisamente, Valtor scostò le mani dalle ragazze che caddero a terra contorcendosi ancora dalla sofferenza. Lui, però, non ci badò e si allontanò da loro percorrendo con calma i bordi della stanza.
-Cosa ci hai fatto?- sibilò Darcy. Non voleva darlo a vedere, ma aveva paura.
-Ve l’avevo detto che io non sono solito a lavorare con gente debole come voi- rispose lui schifato fisandole solo per un istante.
-Ci hai ucciso, lurido porco!- tuonò Stormy mentre il suo sguardo si riempì di elettricità. All'istante il volto dello stregone cambiò e il sadismo lasciò spazio alla rabbia.
-Se avessi voluto, l’avrei fatto molto prima- urlò avvicinandosi velocemente alla ragazza che, impaurita, provò a indietreggiare strisciando, ma fu tutto inutile.
-Strisci come un verme- sibilò divertito Valtor oramai in piedi davanti a lei. Stromy rabbrividì deglutendo a fatica mentre il piede dell’uomo calpestò con forza le sue dita lunghe e affusolate. La strega iniziò a gridare con tutta la forza che le rimaneva in corpo, ma questo sembrò divertire ancora di più lo stregone.
-Lasciami!- protestò la sorella minore percependo le ossa rompersi sotto al peso dell’uomo che però rise di gusto. Darcy iniziò a mugugnare sentendosi impotente e priva di forze.
-Lasciami!- gridò con ancora più vigore la strega della Tempesta contorcendosi, ma nuovamente venne ignorata.
-Ora basta!- l’urlo di Darcy riecheggiò per tutta la stanza e Valtor se la ritrovò in piedi, a pochi metri da lui, ma non si scompose anzi sorrise soddisfatto. La strega delle Illusioni accennò un passo debole e instabile mentre una energia oscura e potente la circondò facendo rispendere la sua pelle come fosse il chiaro di Luna.
-Lasciala andare- continuò la ragazza dai lunghi capelli mori mentre una strana sensazione rinvigorì le sue membra provate regalandole un potere nuovo, oscuro che la fece tremare di eccitazione. Valtor assecondò l’ordine della ragazza e, con un calcio vigoroso, allontanò la sua vittima da lui. Il corpo di Stormy atterrò sul pavimento freddo esamine e gli occhi felini dell’incantatrice si rabbuiarono all’istante.
-Sta bene- le mormorò seducente l’uomo facendo passare con delicatezza il suo dito sulle labbra scure e pittate di Darcy che non parlò troppo turbata dal corpo della sorella, ma qualcosa cambiò: le membra della strega della Tempesta iniziarono a essere pervase da spasmi elettrici che la fecero rantolare a terra.
-Ve l’avevo detto che vi meritavate un regalo- continuò lo stregone con tono lussurioso e facendo scorrere la sua mano sul collo diafano della giovane. Lo strinse con una innata delicatezza mente con avidità percorse ogni centimetro del suo corpo con lo sguardo. Ora che sentiva il potere oscuro crescere dentro di loro, ora che percepiva la piccola fiammella del Drago bruciare, anche se minimamente, dentro i loro corpi provava un desiderio irrefrenabile di farle sue.
-Ma i doni per voi non sono ancora finiti: vi avevo promesso di dirvi la verità sul vostro passato e ora è giunto il momento-
 
 
Il corpo di Helia giaceva inerme sul letto dell’infermeria: lo sguardo di Flora percorse veloce la sua figura come se avesse paura, soffermandosi troppo, di non riuscire a sopportare il dolore. Inspirò con decisione mordendosi le labbra carnose mentre il loro primo incontro era ancora vivido nella sua mente. Lentamente gli si avvicinò sedendosi sulla seggiola accanto al letto come aveva fatto, spesso, in quei due mesi. Si era domandata molte volte se lui si ricordasse di lei: ricordava ancora perfettamente quella notte in cui tutto era iniziato. La Bella di Notte non aveva abbandonato i suoi pensieri come il ricordo di quel bacio casto, quasi sfiorato, che lui le aveva regalato sulla guancia.
Dolcemente fece scivolare le sue dita ambrate tra quelle inerti del nipote di Saladin e iniziò ad accarezzargli dolcemente il volto. Era esattamente come se lo ricordava, ogni singola parte del suo corpo era rimasta impressa nella sua mente insieme al sentimento di imbarazzo, ma curiosità che aveva accompagnato la prima volta che i loro sguardi si erano incontrati. Si era spessa chiesta che fine avesse fatto quell’avventuriero incontrato nel mezzo della notte e ora, che sapeva tutto di lui, si era quasi rammaricata di non aver sentito la sua storia provenire dalle sue labbra. Arrossì all’istante come se si vergognasse di farsi così tante storie su una persona che a mala pena conosceva, ma Flora era sicura, anzi certa, che nel suo cuore, quasi magicamente, era impresso il suo nome.
-Helia- bisbigliò muovendo quasi impercettibilmente le labbra carnose e quel nome le fece scaturire un dolce e accennato sorriso sul volto.
Lo amava? In realtà se l’era chiesto spesso dandosi mentalmente della stupida per provare un sentimento così forte per un ragazzo che, a mala pena, aveva visto una volta. Probabilmente lui si era dimenticato di lei, dopotutto lei era solo una timida ragazza a cui spesso la gente non badava, ma questo non le importava. Eppure, un altro pensiero, più buio e insistente, non voleva abbandonare la sua mente. Cosa provava lei per Riven, il ragazzo che per lei era cambiato, il ragazzo che le aveva fatto capire cosa volesse dire amare veramente qualcuno mostrandosi a nudo con i propri difetti e pregi. Flora non era più certa di cosa provasse, ma il sentimento che lo legava a Riven era forte e se non era amore ci si avvicinava molto. Bastava? Come poteva una persona che non aveva mai saputo cosa fosse l’amore vero capire i propri sentimenti? L’unica cosa di cui era certa era che non voleva perderli, nessuno dei due.
Scostò il suo sguardo dalla figura dell’ex specialista alzandosi con impazienza dalla sedia e lasciando che i suoi occhi color giada si perdessero tra i raggi aranciati del sole che, sempre di più, stava calando dietro le montagne di Magix. Flora aveva sempre adorato guardare il tramonto a Linphea, ma ora quel momento, l’istante esatto tra la luce e l’oscurità, sembrava turbare il suo pacato animo.
All’improvviso la porta si aprì quasi con irruenza scatenando un urletto di spavento nell’ambrata. Due occhi azzurri e limpidi si mossero veloci sulla figura del giovane pittore per poi passare, sorpresi, ma neanche troppo, sulla figura ambrata della fata.
-Oh, ciao Flora- sospirò sorridendo allegramente Bloom. La ragazza ricambiò questo suo gesto: quella ragazza emanava uno strano calore che riusciva a riscaldarla in ogni istante.
-Disturbo?- sospirò la rossa cordialmente e Flora non poté non notare che fosse leggermente diversa quella sera con i capelli decisamente più ordinati e un abito semplice, ma azzurro come i suoi occhi. La trovò incantevole, di una bellezza forse ricercata per via dei colori inusuali che componevano la sua figura, ma era certa che, almeno per quel giorno, non vi era traccia della permanente tristezza che aleggiava nel suo sguardo.
-No, tranquilla- mormorò di risposta mentre l’altra si sedette sulla sedia.
-Stavo per andare via- concluse fissando, per un’ultima volta, l’ultimo raggio di sole scomparire da dietro le montagne e provando un sentimento implausibile di malinconia. Percorse velocemente la distanza che la separava dalla porta senza staccare lo sguardo da terra, come imbarazzata di fronte a una ragazza che ancora non era riuscita a conoscere. Quello di Bloom invece non si staccò dalla sua alta e snella figura mentre le labbra si strinsero in una smorfia concentrata.
-Flora posso parlarti?-domandò prima che la mano ambrata si posasse sulla maniglia. Flora la guardò sorpresa, ma annuì con gentilezza.
-Lo so che non siamo amiche e che Helia non approverebbe, ma volevo dirti che lui non ti ha mai dimentica- il volto della fata di Linphea si mosse veloce in una espressione sorpresa di fronte a quelle parole.
-Helia ti dipingeva in ogni suo quadro, il tuo volto occupava ogni suo pensiero e sono contenta che ti abbia ritrovato- parlò incurvando gli angoli della labbra in una espressione di pura felicità nel ricordo, sempre più lontano, di quello che era il suo migliore amico.
-Dipingeva me?- sussurrò Flora percependo la sua voce venirle meno.
-Sì, Helia è un grande artista. Non lo sapevi?- le rispose la rossa e la fata scosse la testa impercettibilmente. Ma allora lui non si era dimenticato di lei. Un sorriso tenero e dolce si originò sul suo viso percependo gli occhi farsi sempre più lucidi.
-Voleva ritrovarti e sono contenta che, alla fine, ci sia riuscito. Devo ammettere che però sei molto più bella dal vivo e ora riesco a capire come mai vi siate innamorati al primo sguardo- e immediatamente l’ambrato di Flora lasciò spazio a un colore rossastro che occupò le sue guance facendole risaltare il verde degli occhi. Bloom, resasi conto di aver parlato forse troppo, si morse la lingua maledicendosi per aver detto più del necessario. Non conosceva bene Flora eppure la sua timidezza era lampante dal primo istante.
-Scusami, a volte parlo troppo- bofonchiò lasciandosi sfuggire una risatina carica di tensione. Flora scosse la testa mentre una espressione materna ritornò a farsi spazio sul suo volto.
-Sono contenta che abbia incontrato una amica come te- sibilò sincera lasciando, finalmente, che i loro sguardi, che avevano vissuto vite completamente diverse, si incrociassero forse per la prima volta noncuranti che in un’altra vita si era già legati da tempo.
-E spero vivamente che da oggi in poi tu possa considerarmi una tua amica, dopotutto tra fate bisogna sempre aiutarsi- e quelle parole lasciarono di stucco Bloom mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime: più parlava con lei più capiva come mai l’animo buono e pacifico di Helia si fosse legato così fortemente a quello della ambrata. Erano fate, anche lei era una fata, doveva ricordarselo.
-Ne sarei onorata- rispose con sincerità. Flora le rivolse un ultimo sorriso prima di aprire con delicatezza la porta, ma, nuovamente, le parole della rossa la interruppero.
-Lui credeva in te, Flora- disse decisa senza fissarla, ma lasciando che le sue mani svelte si posassero sui capelli dello Specialista.
-Dovresti anche tu iniziare a farlo, per te e per lui-
 
 
Due occhi grigi e stanchi si aprirono a fatica nell’oscurità: la figura si prese alcuni secondi per analizzare i suoi polsi stretti in catene cariche di magia oscura. Si lasciò sfuggire sospiri di dolore provando, inutilmente, a liberarsi da quelle morse che parevano, secondo dopo secondo, estirparle dal corpo, stanco e provato, la sua energia bianca. La sua mente pareva scoppiarle debilitata da forti incantesimi e la donna sembrava fare lei stessa fatica a capire dove si trovasse. Una smorfia di sofferenza venne immediatamente sfalciata via dal ricordo della fuga di quattro fate dalla scuola di Alfea. Ci erano riusciti, loro ora erano in salvo e questa era l’unica cosa che importava. Non sapeva quanto tempo fosse passato dalla loro fuga, ma percepiva chiaramente che la Fiamma del Drago non era in Valtor: automaticamente si chiese se Saldin fosse riuscito a trovare l’ultima figlia di Orion e Marion. Al ricordo dei suoi vecchi amici il suo volto contornato da rughe si rabbuiò ancora di più. Ce l’avrebbero fatta, erano fate in gamba. Ora toccava a lei trovare un modo per fuggire.
 
 
 
-E così il consiglio di amministrazione di Eraklyon ha deciso che, al fine di preservare la mia incolumità e sicurezza, io avrei dovuto scambiare la mia identità con Brandon- Bloom, completamente rapita dalle parole dello Specialista, addentò il panino che teneva stretto dalle mani senza lasciare che il suo sguardo si staccasse, nemmeno per un secondo, da Sky.
-E quindi tu hai finto di essere lo scudiero?- domandò aggrottando le sopracciglia con fare interrogativo.
-Esatto- rispose notando una buffa espressione pensierosa farsi spazio sul volto della sua interlocutrice.
-Non sono molto d’accordo con questo piano- replicò lei mentre Sky si sporse verso l’altro capo del telo a prendere una pila di tovaglioli: Bloom lo accettò abbozzando un sorriso di ringraziamento.
-Non sei credibile come scudiero, tutto di te fa capire che sei un principe- continuò pulendosi le labbra. Lo specialista di Eraklyon la guardò con attenzione, ma non disse niente.
-Addirittura quando mi hai passato prima un tovagliolo l’hai fatto con grazia- concluse ammiccando teneramente prima di lasciare che il suo sguardo si levasse verso il cielo stellato. Sky le rivolse una espressione intenerita prima di imitare il suo gesto appena compiuto.
-Quindi tu mi avresti smascherato subito?-
-Certamente!- risposte immediatamente lei prima di sciogliersi in una risata e il Principe non riuscì a non fare lo stesso mentre un leggera brezza avvolse le due figure.
-E invece la tua vita sulla Terra come era?- domandò. Nel suo tono non vi era invadenza, ma una sincera curiosità.
Bloom all’udire quella domanda aggrottò le sopracciglia mordendosi un labbro: da quando era atterrata a Magix non aveva più ripensato alla sua vita sulla Terra. E ora le sembrava talmente lontana da sembrare irreale.
-Sono stata cresciuta da due genitori fantastici, ma penso di aver sempre saputo di non appartenere a quel mondo. Fin da piccola mi sono immersa in libri che avevano come protagonisti fate, streghe e draghi- disse senza neanche farci troppo caso alle parole che fuoriuscivano dalla sua bocca. Sky si limitò ad ascoltarla in silenzio ripagando la sua precedente attenzione con vivo trasporto.
-Mi sono sempre sentita diversa dagli altri miei coetanei, ma mai avrei immaginato di esserlo davvero- concluse lasciandosi sfuggire un lieve tremolio della voce.
-E quando ho avuto il primo incontro con Helia mi è sembrato come respirare per la prima volta. Mi prenderai forse per pazza, ma appena l’ho conosciuto ho capito subito che i nostri futuri sarebbero stati indissolubilmente legati- Sky serrò le labbra con decisione poiché anche lui aveva sentito la stessa cosa con lei, ma il suo cuore e il suo cervello sembravano condurre una terribilmente battaglia sul confidare tutto.
-Bloom, io devo confessarti una cosa- mormorò passandosi nervosamente una mano tra i capelli dorati, ma lei sue parole vennero inghiottite dal vento che non le fece udire dalla giovane.
-Mai avrei creduto di essere non solo una fata, ma anche la principessa di un mondo completamente congelato e i cui genitori e sorella hanno sacrificato tutto per permetterle di conservare il potere più antico dell’universo- questo discorso le uscì privo di rabbia, ma carico di malinconia per una vita alternativa che le era stata strappata.
-Ma penso si siano sbagliati ad affidarlo a me. Ora che il mondo è in pericolo i miei poteri paiono spariti per sempre e probabilmente mai riuscirò a risvegliarli- concluse piegando le gambe al petto e appoggiando il mento alle ginocchia. Sky serrò con forza la mascella.
-Bloom, ci riuscirai, ne sono certo- mormorò gentile e pacato, ma fu inutile visto che la rossa si limitò ad alzare per pochi secondi gli angoli delle labbra.
-Non dovresti dirlo con così tanta sicurezza- sospirò senza badare neanche molto a ciò che aveva appena pronunciato.
-Io ne sono certo perché ti ho vista-
Bloom sgranò gli occhi con confusione ricercando una nota di ironia nel tono di voce dello Specialista. Ma no, non poteva essere: la terrestre sapeva che lui non era quel tipo di persona.
-Mi hai vista?- ripeté imbambolata facendo combaciare i loro sguardi così limpidi e azzurri.
-Forse non è il caso che io vada avanti- si smarcò il giovane, ma la rossa velocemente raggiunse la mano del biondo con la sua.
-Ti prego, continua- disse seria permettendo ad ogni traccia di fanciullezza di abbandonare il suo volto. Sky le sorrise prima di scostare una ciocca di capelli ribelli dal volto teso e curioso della fata con un gesto che risultò familiare ad entrambi.
Era lei, era davvero lei e il principe di Eraklyon ancora faticava a capacitarsene.
-Penso tu sappia della nostra spedizione alla ricerca della Stella d’Acqua- Bloom annuì, ma senza capire.
-Lì sono stato sottoposto a una prova da parte di una figura eterea e cristallina. Non ricordo tutto con precisione, ma so che mi sono ritrovato solo, avvolto in un buio che pareva inglobare ogni cosa, persino l’ossigeno. Pensavo di essere spacciato e privo di via di fuga fino a quando non è comparsa una figura- Sky inspirò con decisione lasciando che il suo sguardo fermo non si staccasse dalla sua interlocutrice.
-Non era umana, sembrava di più uno spirito avvolto da una luce dorata e calda, ma la cosa che più mi colpì  fu una grossa maschera che celava quasi totalmente il suo volto- Bloom sentì immediatamente il suo cuore iniziare a pulsare con decisione mentre riconobbe immediatamente di che figura Sky stesse parlando.
-Era sicuramente Daphne!- esclamò alzandosi sulle ginocchia con gli occhi che brillarono nell’oscurità. Il Principe di Eraklyon annuì impercettibilmente.
-Ti ha per caso parlato di me? Ti ha detto qualcosa sui miei poteri?- ma tutto il suo entusiasmo scemò non appena vide la faccia delusa dello Specialista. Allora si ricompose mordendosi con forza la lingua.
-Non mi disse niente, si limitò ad abbracciarmi e la sua energia mi avvolse ristorandomi completamente. Io devo la vita a tua sorella, senza di lei sarei morto- concluse abbozzando un sincero sorriso che venne ricambiato dalla rossa.
-Ma io cosa centro in tutto ciò?- domandò rammaricata. Sky si schiarì la voce cercando di calibrare al meglio le sue parole.
-Lei non fu l’unica a salvarmi la vita perché dopo pochi secondi mi apparse una seconda figura- la rossa reclinò leggermente la testa osservandolo con attenzione.
-Ed eri tu nella tua trasformazione da fata-
-Io?!- mormorò esterrefatta la ragazza trovando assurdo tutto quello che stava dicendo il suo interlocutore.
-Sei stata tu a guidarmi fin fuori dall’oscurità- Bloom aggrottò le sopracciglia sempre più incredula di fronte ai suoi discorsi.
-La Fata Guardiana del Regno Dorato, Arcadia, mi confessò che soltanto chi fosse realmente amato da una persona sarebbe riuscito a trovare la via d’uscita. Ma non è tutto...- commentò indugiando rammaricato nell’osservare il volto sempre più sconvolto della fata.
Lei amare lui? Bloom non riusciva a capacitarsi che il biondo non si stesse inventando tutto. Lo conosceva da meno di due mesi e sicuramente il rapporto che li legava non era amore. Eppure, perché inventarsi tutto ciò? Avrebbe voluto credergli, ma tutto le sembrava impossibile.
-Lei sapeva anche che tu sei la figura che mi appare quasi tutte le notti in sogno-
-I-io?- balbettò lei indietreggiando di qualche metro.
-Sì. Non so il perché, non so il come mai, ma la tua figura ha accompagnato tutta la mia vita ed è per questo che non potevo crederci che tu esistessi realmente quando ti ho vista- disse serio e deciso non permettendo al suo tono di voce di mostrare il suo vero stato d’animo.
-Tutto ciò è assurdo- boccheggiò la terrestre portandosi le mani alle tempie, ma non permettendo al suo sguardo di staccarsi dal giovane. I suoi occhi erano puri e limpidi e, per un secondo, Bloom pensò che di lui si sarebbe fidata, ma tutto ciò era impossibile anche per lei. Eppure, lui non le stava mentendo, qualcosa dentro di lei glielo diceva ed anche la coincidenza di Daphne non poteva essersela inventata.
L’esistenza di Sky era stata quindi indissolubilmente legata alla sua, lo stesso legame che la fata della Fiamma del Drago aveva sentito di avere con Helia. Troppe erano le convergenze, troppe per poter essere ignorate. Ma la cosa che più non voleva abbandonare la sua mente era la confessione dello Specialista di averla vista come una fata. Lei quindi era davvero una fata.
-Bloom... – sospirò il biondo preoccupato del silenzio che si era creato tra di loro. Avrebbe voluto avvicinarsi a lei per provare ad alleviare, almeno in parte, la confusione che aleggiava nella mente della ragazza che da sempre amava, ma non lo fece, rimase fermo e composto pronto ad accettare qualsiasi cosa gli riservasse il destino.
Bloom serrò le labbra con decisione, ma non parlò. La sua figura alta e snella si alzò da terra permettendo al suo vestito a quadri di svolazzare a causa del vento. Poi, senza proferire alcuna parola, si avvicinò allo Specialista permettendo quasi ai loro corpi di scontrarsi.
-Baciami- mormorò decisa mentre Sky poté benissimo individuare le fiamme dominare nei suoi occhi.
-Baciami, Sky- continuò estremamente decisa e dura, ma lasciandosi sfuggire un tenero rossore che illuminò la sua pelle al chiaro di luna. Dolcemente la mano di Sky si levò sfiorando le labbra della giovane: accarezzò ogni centimetro del suo volto quasi volesse conservarlo nella sua mente dove però era già perfettamente impresso. Infine, le si avvicinò regalandole un bacio casto e lesto che però riscaldò i cuori di entrambi: mai, prima d’ora, i due percepirono di aver fatto una scelta così giusta.
-Ti credo- sibilò una volta che i loro sguardi poterono tuffarsi l’uno nell’altro. Le sue vene iniziarono a bruciarle sottopelle elargendole una sensazione che la rossa era certa di aver già provato una volta. Qualcosa in lei stava cambiando, una nuova linfa, magica e misteriosa, animava il suo corpo.
D’improvviso una luce accecante avvolse la figura di Bloom sollevandola di qualche centimetro: Bloom strabuzzò gli occhi sentendosi pervasa da un potere nuovo, intenso.
“Principessa di Domino finalmente ti sei lasciata guidare dal cuore fidandoti di chi ti ama incondizionatamente. La Fiamma del Drago arde potente dentro le tue membra e tocca solo a te riportarla a splendere. La bacchetta di Mythix ti accompagnerà per salvare il mondo e per ritrovare il regno che attende il ritorno della sua principessa”
-Bloom... – mormorò il ragazzo sorpreso mentre la rossa afferrò con decisione il manico della bacchetta Mythix.  Un fuoco nuovo e deciso si accese nel suo sguardo percependo chiaramente un nuovo risveglio avvenire dentro di sé. Socchiuse gli occhi per alcuni secondi toccando nuovamente terra mentre le sue vene bruciarono di impazienza sotto la sua pelle. Si sentiva pronta, era pronta.
-Scusa Sky, devo andare- sibilò regalandogli un tenero bacio sulle labbra e scappando, per di fiato, verso la scuola di Fonterossa. Era una fata, ora non ne aveva più dubbi.
 
 
 
 
 
Flora entrò di corsa dentro la serra di Fonterossa: lei era una ragazza calma e pacata, sicuramente non abituata ad andature del genere e infatti, appena si rese conto di essere arrivata, non poté trattenere un fiatone piuttosto accentuato. Non perse tempo e raggiunse il centro della serra lasciando che la linfa vitale delle piante che la circondavano riempisse le sue membra. Era pronta, si sentiva pronta come mai lo era stata prima. Dolcemente estrasse dallo scrigno, che portava sempre con sé, la Stella d’Acqua che conservava gelosamente: con sicurezza la adagiò nell’acqua socchiudendo gli occhi e permettendo all’aura di Aisha di circondarla. Si beò per un istante di quel potere che oramai percepiva familiare prima che la figura di una aurea ragazza si palesasse davanti ai suoi occhi.
-Flora?! – domandò confusa Aisha osservando con i suoi grandi occhi il sorriso deciso della fata che in quei due mesi le era stata vicina. Poi, individuando la fiammella di sicurezza ardere nei suoi occhi verdi, si lasciò sfuggire una smorfia soddisfatta sulle labbra carnose.
-Voglio provarci- sussurrò Flora cercando di reprimere, quanto più potesse, la timidezza che la caratterizzava mentre una nuova linfa vitale bruciava nelle sue vene facendola sentire strana.
La fata di Andros la analizzò per alcuni secondi pronta a scorgere almeno un minimo di indecisione sul suo volto, ma non trovò niente e il suo sorriso si fece ancora più grande.
-Prima però voglio dirti una cosa- Flora aveva imparato a conoscere quello spirito con cui si sentiva profondamente legata e sapeva quanto fosse schietta e decisa la Principessa di Andros, a differenza sua.
-Io credo in te e so che puoi farcela- disse seria fissando con decisione il volto ambrato della sua interlocutrice che, dallo stupore, si lasciò sfuggire una espressione che Aisha giudicò molto buffa. Poi, anche la fata di Linphea si sciolse in un sorriso tenero e materno: tutti le avevano dimostrato di credere in lei e forse finalmente toccava a lei farlo.
-Grazie Aisha- rispose reprimendo a fatica la voglia di abbracciarla. Quella ragazza aveva donato la sua vita e quella del suo popolo per tutti loro e nuovamente adesso, con quelle semplici parole, aveva regalato maggior coraggio ad una fata che non ne possedeva.
-Tranquilla- la precedette la riccia
-Ci abbracceremo presto-
Flora annuì teneramente prima di tirare fuori dalla sua borsa un piccolo barattolo trasparente che, con cura, appoggiò a terra. Gli occhi della fata di Linphea brillarono tirando fuori un fiore di Lanusia.
-Avvicinati- mormorò seria senza staccare lo sguardo dal fiore. Aisha, fiera e regale come lo era sempre stata in vita, si avvicinò chinandosi e lasciando che i suoi ricci capelli le ricadessero sulle spalle.
-Ora non muoverti- sospirò Flora cercando di tenere a freno la voce tremante. Percepiva chiaramente il cuore batterle forte in petto, ma non ci badò, troppo concentrata a incanalare tutti i suoi poteri nelle sue mani. Aisha annuì impercettibilmente di fronte a quell’ordine e, anche se non era mai stata una soggetta a seguire le imposizioni, socchiuse leggermente gli occhi.
-Incantesimo della vita- mormorò a fior di labbra la fata dalla pelle ambrata mentre una cascata di polline di Lanusia attraversò la figura impalpabile ed eterea della Principessa.
-Incantesimo della vita- sussurrò nuovamente Flora. La sua mente era ferma, concentrata: non doveva e non voleva dimenticarsi che da questo suo incantesimo dipendeva l’intero Universo. Lo stava facendo per gli Specialisti che avevano combattuto al loro fianco senza esitazione, per Aisha e il suo sacrificio, per Stella, Musa e Tecna che oramai erano la sua famiglia e contavano su di lei, per le Presidi che si erano sacrificate per loro, per Bloom che meritava di sconfiggere per sempre il mostro che le aveva stappato via tutto compresa la sua famiglia e per Riven che lei amava sinceramente e che la spronava ogni giorno. Non lo volle ammettere, ma automaticamente si aggiunse alla sua lista un altro ragazzo i cui occhi stretti e profondi non volevano abbandonare la sua mente e sperava di poterli presto rivedere perché lui le aveva promesso che si sarebbero rincontrati e lei aspettava da troppo quel momento. Improvvisamente un sentimento dolce e caldo avvolse la fata che venne avvolta da una nuvola di luce verde che fece risplendere il polline del fiore. Aisha, accortasi di quel calore improvviso simile a quello di un abbraccio, dischiuse gli occhi rimanendo esterrefatta: il suo corpo vibrò in aria avvolto dal polline che aderì perfettamente alla sua pelle circondandola. Poi, misteriosamente, percepì un senso di pace avvolgerla mentre tutto intorno a lei si fece luce. Accecata la fata di Andros socchiuse gli occhi sentendosi leggera come mai lo era stata prima.
“Siamo fieri di te Aisha, ora vivi anche per noi” e la voce dei suoi genitori venne udita come un flebile sussurro dalle sue orecchie riscaldandole il cuore e ricordandole cosa significasse sentirsi amati.
-Aisha? – la flebile voce di Flora venne accompagnata da una mano, che tremante, si appoggiò sulla spalla della fata di Andros. Quella semplice contatto sancì la seconda nascita di Aisha.
-Aisha? – continuò con più sicurezza l’ambrata e finalmente la sua interlocutrice aprì, a fatica, i suoi occhi mostrando un azzurro molto simile a quello del mare.
-Ci sono riuscita, bentornata nel mondo dei viventi- le sussurrò dolcemente Flora chinandosi verso di lei, ma Aisha non le permise di dire altro: con foca si tuffò tra le sue braccia ricordandosi, dopo tanti anni, cosa fosse un abbraccio. Flora sorrise sincera mentre lacrime di pura gioia iniziarono a scivolare, veloce e silenti, sulle sue guance ambrate: nella sua mano dentro una bacchetta perfettamente intagliata scintillò.
“Complimenti fiorellino, finalmente hai creduto in te stessa” e la voce di Nebula riecheggiò delicatamente nella sua mente.
Mentre un urlo di pura gioia si sprigionò dalla serra, una brezza leggera guidò, come per magia, una piccola pallina di polline di Lanusia che viaggiò, celere e sicura, per i corridoi come diretta verso una meta ben precisa. Poi, infine, si posò con grazia sulla fronte sudata e pallida di Helia. Una luce verde iniziò magicamente a far brillare la carnagione del ragazzo mentre il suo corpo venne dominato da alcuni spasmi. Quando finalmente la calma riprese possesso, due occhi blu e profondi spiccarono nel buio mentre le sue labbra si mossero a fatica.
-Flora- mormorò flebilmente il ragazzo percependo chiaramente il profumo della fata di Alfea avvolgerlo regalandogli la vita.


 
   
 
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