Giuro che se non torna lo strangolo!
Renesmee
I giorni passavano lenti alla riserva, erano segnati
dalle stesse attività, ripetitive eppure confortanti.
Ma io odiavo la ripetitività. Così come
odiavo quella situazione. Sapevo perfettamente che Leah conosceva
la situazione giù alla riserva dei Makah, eppure per qualche strano
motivo non voleva dirmi niente. No, non per qualche strano motivo. Lei ce l’aveva con me. A morte. Fin da quando ero venuta al mondo.
Che fosse gelosa dell’imprinting di Jacob? Non mi sembrava
possibile.
Comunque questo non cambiava le cose.
Non sapevo come stava andando la caccia. E,
colmo dei colmi, ero obbligata a mangiare solo cibo umano, perché non
permettevano a me di andare a caccia.
Ero prigioniera
della riserva.
Immaginai che mio
padre avesse dato disposizioni precise in merito. Ed immaginavo
anche che Jake stesse
dando disposizioni precise a Leah.
Non dovevo allontanarmi dalla sua protezione per nessun motivo al mondo. In
quasi un mese che avevo trascorso lì, ero giunta almeno ad una conclusione. I
miei mi avevano spedito a
La Push
per fare un favore a
Jacob.
Non poteva esserci
altro motivo.
Loro non potevano
venirmi a trovare, e volontariamente non si sarebbero
mai privati della mia presenza. Erano quasi asfissianti
con le loro manie di avermi sempre sotto controllo. Mio padre poi stava
diventando sempre più ossessivo.
Almeno qui non
dovevo controllare i miei pensieri, ed ogni giorno, con la testa tra le nuvole,
camminavo sulla spiaggia pensando a quale benvenuto avrei riservato a Jake. Promessa o non
promessa, la sua lontananza mi faceva male. E mio padre doveva capire che ero
grande abbastanza per fare le
mie scelte.
Da lontano, un
ululato straziante interruppe il flusso dei miei pensieri. Dovevano averlo sentito fino a casa mia,
tanto era intenso. Ma quello che
colpiva non era il volume, bensì il fatto che fosse pieno di dolore, un dolore
struggente. Quello che si prova per la morte di
qualcuno.
Tornai di corsa al
villaggio. Con i miei poteri di mezza vampira non impiegai molto ad arrivare.
Trovai Leah in forma
umana, attorniata da Sue, Charlie,
Emily,
Kim,
Rachel e Billy.
Aspettavano me. Sentii lo
stomaco contrarsi e un ostacolo in gola che mi impediva
di respirare.
Perché mi guardavano così? Perché?
Guardai le loro
facce e capii. Fuggii via, ma non sapevo dove andare. Nel mio vagare, arrivai
alla casa di Billy e Jacob. Mi sedetti sui
gradini della veranda. Poi mi ricordai che lì alla riserva le porte erano
sempre aperte. Entrai in casa, andai nella cameretta di Jake, e, piangendo, mi
addormentai abbracciata al suo cuscino.
Sognai. Cosa strana
per una che aveva appena perso l’amore della sua vita e che avrebbe dovuto
avere solo degli incubi. Ma io non ero
mai stata normale.
Sognai Jacob. Aveva in braccio un
bambino, con i capelli color del bronzo e la carnagione appena un po’ più
chiara della sua. Quel bambino mi guardava e mi cercava, tendendosi verso di me
con le braccine paffute.
Lo osservai meglio. Aveva gli occhi e il sorriso di Jake. Era impossibile non
capire cosa stessi sognando.
Erano le due cose che la vita mi aveva negato: Jacob e un
figlio suo.
Ricordo solo questo
sogno, perché mi svegliai di soprassalto, cercando di fissarlo nella mia
memoria.
Non sapevo quanto avessi dormito. Poteva
essere passato un giorno, una settimana, un mese. Non mi sarebbe importato. Non
senza Jake. Prima ancora di
aprire gli occhi avvertii una presenza strana in quella casa. Ma era anche
possibile che mi avessero riportata a casa
mia. Non sarebbe stata la prima volta. Inspirai profondamente. No, non ero a
casa mia. Erano troppo forti l’odore di Jake e Billy. E Billy non
frequentava casa Cullen.
E allora per quale
motivo i miei genitori erano lì?
Avevano forse
deciso di rompere il patto? Oppure, dato che i Quileute facevano parte
della famiglia Cullen e
viceversa, si erano decisi a dimenticare quella ridicola storia dei confini?
Era ridicolo che fosse successo proprio ora che Jacob… proprio ora che Jacob… mi rifiutavo
persino di pensarlo.
Non avrei più
abbandonato la riserva. L’avrei aspettato lì per l’eternità. Lui non poteva
essere morto.
Aprii gli occhi. Di nuovo pieni di
lacrime. Come quando mi ero addormentata.
Mio padre fece un sospiro di sollievo, e così
mamma, che era seduta per terra ai piedi del letto di Jake, con il contenuto di
uno scatolone sparso sul pavimento.
Incuriosita mi
avvicinai a lei. Con uno scatto fulmineo mi fece sedere sulle sue ginocchia,
come quando ero bambina – fisicamente parlando, sapevo che lo sarei stata per
sempre nella sua mente – e mi poggiò sul suo petto, cullandomi dolcemente.
Mio padre si avvicinò
e si sedette di fianco a noi. Circondò le spalle di mia madre con un braccio e
ci avvicinò a sé. Rimanemmo in quella posizione per qualche minuto. Loro non
avevano bisogno di muoversi, ed io non ne sentivo la necessità. Ormai non
sentivo la necessità quasi di nulla. Mio padre cominciò a canticchiare la ninna
nanna che aveva scritto per mia madre, ed io riacquistai un po’ di serenità. Chissà perché zio Jasper non era con loro. Questo
lavoro l’avrebbe fatto meglio di mio padre e con uno sforzo minimo. Ah, già. I
turni di guardia. Cominciavo a rimettere ogni pezzo al suo posto. E stranamente
questo non serviva a farmi stare meglio. Anzi. Ricominciai a piangere.
Mia madre mi
baciava dolcemente i capelli.
Perché ancora non dicevano nulla? Quel
silenzio mi distruggeva i nervi, così decisi di spezzarlo.
«Papà, com’è…»
«Successo? – mi interruppe
lui – Avevano trovato la tana dei vampiri e avevano stabilito una strategia per
combatterli. Non si aspettavano che fossero così tanti, ed erano in minoranza.
Sono comunque riusciti a
sterminarli tutti, e
Jacob aveva già
ordinato agli altri di tornare a casa, lui sarebbe rimasto a fare un
sopralluogo, per vedere se la situazione fosse stata veramente risolta. A quel
punto ha avuto una sorpresa. Il più vecchio di loro era rimasto in disparte. Con tre creature che all’apparenza
sembravano umane. Jake ha provato
a salvarle, ma è stato attaccato dal quartetto. Il vampiro è morto, ma Jacob era ferito
gravemente e non se l’è sentita di uccidere le tre giovani, che gli ricordavano…» non finì di formulare la frase, come se
avesse un groppo in
gola.
Leah entrò nella stanza «Perché
non finisci, Edward? – urlò tra le
lacrime, poi mi fissò furiosa – Jake non si è
sentito di ucciderle perché il loro odore gli ricordava te. Erano
delle mezzosangue. Sam e il suo
branco sono tornati
indietro e hanno ucciso le tue simili, che dopo aver lasciato Jake in fin di
vita stavano fuggendo. Poi sono tornati a cercare Jacob, ma il suo corpo era
scomparso, e noi non
riuscivamo più a
percepirlo. E’ stato in quel momento che mi hai sentita ululare».
Era colpa mia. Era
solo colpa mia se Jake non c’era
più.
«Leah, calmati – ringhiò
mio padre – Nessie sta già
abbastanza male per conto suo, senza che ti ci metta anche tu ad accusarla»
Durante quel
litigio io non riuscivo ad aprire bocca. Leah aveva perfettamente ragione ad essere
furiosa con me. Era tutta colpa mia.
Mia madre aveva uno
sguardo lontano, assorto. Mi domandavo come mai e cosa stesse pensando.
Non credo ce l’avesse con mio padre,
la sua reazione era del tutto normale.
Normale, per essere
lui.
Quando aprì la
bocca per parlare fu
stranamente titubante, come se non volesse che altri sentissero quello che
aveva da dire, ma allo stesso tempo come se fosse necessario che altri ascoltassero.
«Edward, ricordi quello che ti dissi
quando tornai a casa dopo aver accompagnato Nessie qui a La
Push?» che cavolo di
domanda era, papà ricordava perfettamente, era un vampiro. L’avrei ricordato
anche io, che ero vampira solo per metà, se avessi saputo di cosa stavano
parlando.
Mio padre annuì.
Ovvio. Poi disse qualcosa che mi spiazzò.
«Sei sempre del parere che c’entri Nahuel?»
Li guardai
sbalordita. Quel vampirastro era la persona – con dovuto rispetto parlando –
più innocua della Terra. Come poteva essere implicato nell’assassinio di Jake? In effetti, però… mi venne in mente un particolare. Il giorno del suo
arrivo Nahuel era stato
troppo sicuro che prima o poi mi avrebbe
portata via a Jacob. Sbarrai gli occhi,
sconvolta. Erano troppe le coincidenze. Un vampiro, tre sangue misto donne. Ma
perché doveva aver chiesto aiuto a suo padre?
Mia madre mi guardò
e rispose. «C’è arrivata anche Nessie.
Guardala in faccia.
Ed è l’unica
spiegazione che faccia quadrare i conti»