Hestia Jones si è addormentata nel cortile del Castello. Seduta a terra e appoggiata con la testa su una colonna del loggiato, ha la bocca semiaperta quando Evan Rosier la nota. Forse i suoi amici non avevano avuto cuore di svegliarla o forse era andata lì da sola, a leggere un libro, quando il sonno aveva avuto la meglio su di lei.
Evan la fissa come incantato: ha un’aria ancora più innocente quando dorme. Si avvicina, ben attento a non svegliarla, e si piega sulle ginocchia per mettersi alla sua altezza e continua a studiare quel volto. Senza pensarci, le sfiora le labbra con le proprie e proprio in quel momento Hestia sussulta e apre gli occhi. 
La ragazza capisce subito cos’è successo, perché Evan non si è mosso di un millimetro, talmente vicino a lei da notare delle pagliuzze più chiare nei suoi occhi scuri.
«Rosier, perché l’hai… Perché? Perché? Perché?» balbetta lei, incapace di capire.
Evan si allontana dal suo viso e ghigna maligno.
«Quando voglio qualcosa, me la prendo».
Hestia spalanca gli occhi, ma non è sorpresa. È arrabbiata.
Lo spinge a terra e si alza di fretta, lisciandosi la gonna della divisa.
«La prossima volta chiedi il permesso» dice con sicurezza, ma l’animo da Tassorosso non nasconde i suoi occhi teneri.
«Se ti chiedessi il permesso, me lo daresti?» domanda lui, incuriosito, ma anche divertito.
Hestia accenna un sorriso, provando a non scomporsi.
«Dovrai provare per scoprirlo» e va via.
Evan, colpito dalla schiettezza della ragazza, si paralizza sul posto per l’incredulità.
E, per la prima volta in vita sua, il suo viso si apre in un sorriso sincero.
 
 
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