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Autore: Caroline94    18/08/2020    1 recensioni
Tre Regni.
Una guerra che non lascia tregue.
Due ragazzi i cui cammini sono destinati ad intrecciarsi.
La vita o la morte.
🍀🍀🍀🍀
Dal testo:
{Gli uomini intorno al falò si mossero in imbarazzo ma non diedero risposta alla sua domanda.
Solo Wyrda, capitano della terza squadra e veterano di guerra, si decise a prendere la parola: “È un racconto popolare del nostro Regno, una specie di leggenda sulla nascita di Zolfanello City” spiegò, quasi divertito “È una storia che si racconta ai bambini che non vogliono dormire”.
Raf non fece una piega, scavalcò il tronco sedendosi tra Wyrda e Luefra, aggiustandosi la lunga gonna del vestito “Mi piacerebbe ascoltarla” decretò, infine.
Wyrda la fissò intensamente per qualche istante, poi bevve un lungo sorso di idromele: “Molto bene” acconsentì “In quanto promessa Ministrante conoscerete senza dubbio Zar’roc, il demone esiliato sulla terra per i suoi tentativi di rivolta contro Mefisto il Dio delle Tenebre” cominciò. Raf annuì. […]
“Ebbene, si dice che Zar’roc, giunto sulla terra in forma umana, si accoppiò con una sacerdotessa mortale concependo dal suo grembo il primo essere conosciuto metà demone e metà umano: Anya, fondatrice e prima Imperatrice di Zolfanello City…”}
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
Capitoli:
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Il sole aveva quasi raggiunto l'orizzonte quando la carrozza si fermò. Avevano viaggiato ininterrottamente tutto il giorno, con una sola sosta per pranzare e far riposare i cavalli in una locanda vicino ai confini del regno. Miki, che si era addormentata con la testa poggiata sulle ginocchia di Ruàn, si svegliò di soprassalto quando la porta della carrozza venne aperta. A fare capolino da esso, con grande stupore di Raf, fu il viso del ragazzo che aveva incontrato al fiume qualche giorno prima; d'un tratto capì perché le divise della scorta di Sulfus le erano sembrate così familiari: le aveva viste su di lui.
Il ragazzo sorrise ampiamente, inchinando brevemente il capo: "Ci fermeremo quì per la notte, principessa" informò, allegramente "Venite, vi accompagno alle vostre tende."
Dopo l'attimo di sbigottimento, Raf si alzò e il ragazzo le aiutò tutte e tre a scendere dalla carrozza. Miki si strofinò gli occhi, ancora assonnata, e sbadigliò vistosamente senza alcun ritegno. L'uomo richiuse la porta e si voltò verso di loro, battendo le mani.
"Bene. Io sono Luefra e sarò la vostra scorta personale durante il viaggio..." si presentò il ragazzo, interrompendosi quando posò lo sguardo su Raf, con espressione perplessa. Poi alzò il dito ad indicarla "Noi due ci conosciamo?" domandò, confuso.
La ragazza alzò un sopracciglio: "Sì!" rispose, come se fosse ovvio. Luefra sembrò pensarci su per un attimo ma vennero interrotti dalla voce di un secondo uomo, intento a staccare i cavalli dalla carrozza, poco distante da loro. "Luefra, piantala di fare salotto e datti una mossa!" lo riprese, senza voltarsi a guardarlo. Lui si ricompose velocemente, scuotendo il capo.
"Sì, giusto" esclamò "Dovete prendere qualcosa dalle valigie?"
"Ehm... sì" rispose Raf "Penso servirà un cambio d'abito" aggiunse, rivolta a Ruàn: non vedeva l'ora di togliersi quell'ingombrante vestito tutto fronzoli e merletti che era stata costretta a indossare per tutto il giorno. La donna annuì e Luefra fece un cenno con la mano ad uno dei ragazzi che lavorava vicino ai cavalli.
"Ascar" chiamò, attirando la sua attenzione "Accompagna la signora alla carrozza dei bagagli" ordinò. Il diretto interessato saltò giù dalla cavalcatura, avvicinandosi al gruppetto: aveva qualche anno in più di Luefra, corti capelli biondi e vivaci occhi azzurri; sorrise a tutte e tre e fece un cenno a Ruàn per invitarla a seguirlo.
"Prego, da questa parte" illustrò, precedendola nel piccolo labirinto di carrozze parcheggiate sull'erba. Erano in un piccolo ridosso nel bosco, circondati da alti alberi di melo e albicocca; un piccolo sentiero scendeva nella vallata dove era stato allestito un'intero accampamento. Luefra le guidò abilmente sul campo, zigzagando tra uomini e cavalli fino a condurle ad una grande tenda bianca al centro esatto della valle; era divisa in tre parti, con una grande stanza posta in mezzo e due leggermente più piccole ai lati, collegate tra loro da delle tendine di stoffa. L'interno era già arredato con tre materassi – uno per ogni stanza – adagiati su leggere strutte di legno e un tavolino con diversi sgabelli in mezzo alla camera.
"Io sono nei paraggi, se avete bisogno non esitate a chiamare" informò Luefra, prima di lasciarle sole. Raf sospirò stancamente, sentendo la schiena e la gambe indolenzite dalla lunga giornata passata seduta, e si stiracchiò con un verso di sollievo.
"Beh, sanno il fatto loro" commentò Miki, guardandosi curiosamente intorno.
"Già" ammise la ragazza, iniziando a sciogliersi i capelli dalla stretta acconciatura "Però è la prima volta che dormo in una tenda, è emozionante" ammise, sedendosi sul piccolo letto. Miki si lasciò cadere accanto a lei "Sarebbe ancora più emozionante se non ci fosse il viaggio di mezzo" rispose, stendendosi sulla schiena "A furia di stare seduta mi sono venute le chiappe quadrate!" si lamentò. Raf rise di gusto ma non poté darle torto dato che si trovava praticamente nelle sue stesse condizioni.
Dopo una decina di minuti, passati a riposarsi una accanto all'altra, la tenda venne aperta e Ascar entrò portando con sé un grande baule, seguito da Ruàn; lo poggiò sul pavimento ai piedi del letto e fece un breve inchino a tutte e tre prima di uscire di nuovo. La donna si inginocchiò, quindi, e lo aprì mostrando diversi abiti di taglie differenti.
"Mi sono permessa di richiudere i cambi per i prossimi giorni in un solo baule, così lo caricheremeo direttamente sulla nostra carrozza" spiegò, tirando fuori uno dei vestiti preferiti di Raf e uno degli abiti semplici di Miki.
"Bene, così eviterai di scavare tra i bagagli ogni sera" annuì Raf.
Miki si alzò e prese il suo, sparendo nella stanza sulla sinistra, mentre Ruàn aiutò Raf a togliere il vestito, il sottogonna e il corsetto. "Siamo ormai usciti dalla capitale, sono del parere che non c'è più bisogno che indossiate tutta questa roba scomoda, per cui ho preso solo le vostre vesti abituali" spiegò, piegando il corsetto per chiuderlo in valigia mentre Raf si toglieva gli stivaletti e le calze.
"Sì, lo credo anche io" annuì, facendosi scivolare il leggero abito verde sulla testa "Da questo punto di vista è un bene che non sia venuto nessuno della nostra corte con noi" sospirò, ravvivandosi i capelli e infilando le scarpette basse. Se sua madre avesse deciso di metterle accanto una scorta del proprio regno con qualcuno che dovesse sorvegliarla da vicino, probabilmente sarebbe stata costretta a indossare ogni giorno quegli ingombranti accessori.
Invece, in quel momento, nessuno le avrebbe detto che girare senza corsetto o con i capelli sciolti era poco dignitoso per una principessa. Insomma, era praticamente in mezzo a dei soldati, uomini del popolo e dell'alta borghesia, a loro non fregava sostanzialmente nulla se fosse andata in giro con indosso un abito da sposa o un sacco di yuta; al contrario dei nobili, che erano sempre pronti a criticare anche il più piccolo capello fuori posto. Per questo detestava la compagnia di questi ultimi.
Ruàn si congedò nella piccola stanzetta sulla destra per cambiarsi e Raf ne approfittò per sgattaiolare fuori. L'intero paesaggio era calato in un'atmosfera quasi mistica, immerso nei colori arancioni e rosati del tramonto, che la ragazza trovò a dir poco suggestivo. Alcuni uomini stavano ancora montando le tende e, qualche metro più in là, erano stati disposti diverse pietre e ciocchi di legno intorno ad un falò che Luefra si stava prodigando per accendere. Si avvicinò silenziosamente a lui, guardandolo con curiosità mentre sistemava meglio i rami secchi, assicurandosi che non uscissero fuori dal cerchio di rocce: era la prima volta che metteva piede in un accampamento ed era la prima volta che vedeva un falò vero e proprio da vicino, pertanto ne rimase davvero affascinata.
Il ragazzo si voltò per prendere due pietre focaie poggiate accanto a sé e sobbalzò quando la vide in piedi alle sue spalle che osservava il suo lavoro con aria interessata. Sgranò gli occhi e li sbatté un paio di volte, riconoscendo in lei la ragazza incontrata sulle sponde del fiume.
"Ma voi siete la fanciulla dell'altra volta!" esclamò, stupito, e ciò spiegava come mai la principessa avesse un'aria così familiare. Raf voltò gli occhi verso di lui e annuì.
"Sì, sono io" rispose, congiungendo le mani dietro la schiena "Presumo non abbiate pensato minimamente di trovarvi davanti una principessa" notò, divertita.
Luefra scosse il capo: "Direi proprio di no" rise "Anche perché, con tutto il rispetto parlando, vestita così non sembrate affatto una nobile" constatò.
Raf sorrise "Beh, sì, lo scopo ultimo è questo" ammise "E poi non mi piacciono particolarmente i pomposi abiti di corte" confidò, con un'alzata di spalle "Detto tra noi: sono fastidiosamente tediosi" mormorò, sporgendosi lievemente in avanti. Luefra rise di gusto e si sistemò meglio sul terreno, poggiando l'avambraccio su un ginocchio. "Posso immaginarlo" rispose, sinceramente divertito "Anche la nostra principessa non li ama particolarmente. Ma ho una buona notizia per voi: le regole della nostra corte sono meno restrittive di quelle a cui siete abituata e, salvo occasioni speciali, nessuno vi dirà nulla se girerete anche solo con la camicia da notte per il castello" rivelò. Raf sbarrò gli occhi, decisamente stupita da quell'informazione e, in un certo senso, molto sollevata nel sapere una cosa del genere.
Non conosceva quasi nulla sulle tradizioni di Zolfanello City, non aveva avuto il tempo materiale per documentarsi come si doveva ma, dato che era praticamente circondata da abitanti di quel regno, avrebbe potuto semplicemente chiedere in giro: qualcuno che rispondesse alle sue domande lo avrebbe trovato sicuramente.
"Voi non potete immaginare quanto ciò mi renda felice" rispose, contenta e un po' stupita.
"Lieto di saperlo" rispose Luefra, avvicinando le pietre ai rami e iniziando a sfregarle tra di loro per produrre delle scintille "Potevate stare tranquilla in ogni caso, comunque, nessuno quì in mezzo vi avrebbe detto nulla se foste andata in giro senza abiti di lusso: siamo uomini di mondo, in fin dei conti, più di tanto non ci interessano etichette e protocolli" aggiunse. Una scintilla finì dritta su un mucchietto di foglie che iniziò prima a fumare e poi a prendere lentamente fuoco; il ragazzo mise quindi le pietre in una piccola sacca che teneva legata alla vita e si alzò.
"Sì, lo avevo immaginato" annuì Raf, guardando le fiamme disperdersi sui rametti e giungere fino ai grandi ciocchi posti più sotto "Non vi ho mai ringraziato per quel giorno" esalò d'un tratto, attirando la sua attenzione "Sapete, in quel momento ero così sconvolta che ho seriamente pensato di scappare via per non dover affrontare queste nozze" confidò, facendosi seria, quasi sentendo di nuovo su di sé quelle emozioni così forti e malinconiche. "Mi sembrava di aver perduto tutto ciò che più amavo e mi sentivo..."
"Persa? Distrutta? Umiliata?" indovinò il ragazzo, interrompendola. Raf alzò gli occhi su di lui, sorpresa, e annuì. "Sì, lo avevo immaginato: il vostro viso non lasciava intendere emozioni ben più allegre di queste" ammise il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.
Raf fece una smorfia: "Già... però parlarne con voi mi ha ha fatto bene" aggiunse "E il vostro consiglio mi è stato molto di aiuto."
Luefra si gattò distrattamente una guancia: "E lo avete trovato? Il lato positivo" chiese.
Lei assunse un'espressione indecisa, infine alzò le spalle "Beh, potrò vestirmi come mi pare" ricordò "Se non è un lato positivo questo non so cosa altro possa esserselo."
Il ragazzo sorrise ampiamente, annuendo "Sì, effettivamente è un enorme lato positivo" concordò. Una voce, proveniente da un piccolo gruppetto di tende poco distante, mise fine alla conversazione.
"Luefra, smettila di molestare quella povera ragazza e datti una mossa, abbiamo un sacco di lavoro da fare!" lo riprese uno degli uomini. L'interpellato sospirò.
"Lavoro, lavoro, sempre lavoro" canticchiò, alzando gli occhi al cielo "Perdonatemi, ma temo che dovremo continuare la chiacchierata un'altra volta" si congedò, con un cenno del capo, avviandosi verso colui che lo aveva chiamato.
Rimasta sola, Raf si guardò intorno in cerca di qualcosa da fare: non era ancora buio e non voleva passare tutto il tempo chiusa dentro la tenda, dopo la giornata in carrozza voleva prendere un po' di aria fresca. Miki la raggiunse in quell'istante, infilata in un leggero abito azzurro e con una lunga treccia a raccoglierle i capelli. Sospirò, affiancandola, stiracchiandosi con sollievo.
"Mi sento rinata" esclamò, decisamente contenta di essersi tolta quell'ingombrante vestito di dosso, e si guardò intorno. "Che si fa, ora?" chiese. Raf scrollò le spalle.
"Non lo so" ammise "Ma non voglio chiudermi nella tenda fino all'ora di cena" aggiunse.
"Beh, in questo caso c'è qualcosa che possiamo fare" le informò Ruàn, apparsa dietro di loro: si era cambiata anche lei e ora indossava un semplice vestito color pistacchio, con un grembiule bianco poggiato sulla gonna e le maniche a tre quarti. "Bisognerebbe raccogliere un po' di frutta per la cena: vi va di aiutarmi?" chiese, porgendo loro dei cestini di vimini.
A Raf si illuminarono gli occhi all'idea di dover passare un po' di tempo in mezzo alle piante e accettò senza indugiare: almeno si sarebbero tenute impegnate e avrebbero fatto qualcosa di utile e divertente.
Effettivamente, pensò mentre risalivano il sentiero, quel viaggio entrava di diritto nella lista dei lati positivi.






Era ormai buio inoltrato quando Raf uscì dalla propria tenda. Avevano cenato ormai da un pezzo ma, nonostante continuasse a rigirarsi nel letto, non riusciva a prendere sonno. Si era quindi diretta fuori per prendere un po' d'aria fresca nei d'intorni, senza allontanarsi troppo dalla propria tenda, e fu sorpresa di scorgere alcuni uomini ancora seduti intorno al falò. Erano sette in tutto e stavano chiacchierando amabilmente, bevendo liquori da dei piccoli boccali; tra di loro la ragazza scorse Luefra, seduto su un tronco che le dava le spalle, e accanto a lui l'uomo che l'aveva richiamato quella mattina: era decisamente in là con gli anni, con i capelli e la corta barba grigi, ed era uno dei capitani della scorta nonché stimato eroe di guerra. Si chiamava Wyrda e, da quel che aveva visto, non era un tipo molto paziente o avvezzo alle simpatie.
La ragazza si avvicinò lentamente, interessata alla loro conversazione, anche se temeva che la sua presenza avrebbe potuto dar loro fastidio. Tuttavia non sembrarono notarla, complice il buio della sera e la sua corporatura esile, e continuarono animatamente a parlare di qualcosa che Raf non riusciva bene a capire: utilizzavano nomi e modi di dire tipici delle loro zone che lei non conosceva ma che la incuriosivano molto. Uno degli uomini disse qualcosa, con aria seccata, in un dialetto molto stretto e tutti gli altri risero. Fu allora che Luefra, voltatosi quasi per caso, la vide a pochi passi di distanza da loro.
"Principessa!" esclamò, stupito di vederla lì, e tutti gli astanti si voltarono all'unisono verso di lei, facendola sentire d'un tratto a disagio. Il ragazzo mise giù il boccale, facendo per alzarsi. "C'è qualcosa che non va? Avete bisogno di qualcosa?" chiese. Raf esitò un momento, non sapendo bene cosa dire, ma quando aprì bocca Wyrda parlò.
"Per amor del cielo, Luefra, non assillarla" sbottò "Se ci fosse qualche problema lo direbbe da sé, non ha bisogno dell'interrogatorio."
La ragazza arrossì e si schiarì la gola, titubante: "No, niente di tutto ciò..." mormorò imbarazzata "Ero solo venuta a prendere un po' d'aria."
"Ecco, l'hai messa a disagio" esclamò Ascar, guadagnandosi un'occhiataccia da Luefra.
"Sto solo facendo il mio dovere. Scusate tanto, eh" esclamò lui, con evidente ironia nella voce. L'uomo vicino ad Ascar – che credeva si chiamasse Either – sbuffò una risata.
"Rilassati, amico, va bene che è ancora giovane ma è pur sempre una donna" esclamò e Raf sia accigliò, non capendo il senso di quella frase.
"Che cosa?" domandò, non riuscendo a trattenersi, piuttosto confusa. Either alzò lo sguardo su di lei, stupito, e d'un tratto sembrò ricordarsi che venivano da due paesi diversi.
"Oh, beh, siete una donna: non avete certo bisogno di qualcuno che badi a voi" rispose, con una certa ovvietà nel tono di voce, ma il risultato fu solo quello di lasciare Raf ancora più confusa: non riusciva a capire se fosse un insulto oppure no.
Wyrda alzò gli occhi al cielo, preferendo non commentare sulla stupidità dei propri uomini, e sospirò: "Vedete, principessa..." iniziò a spiegare, grattandosi sotto l'occhio "...a differenza di Angie Town che – senza offesa s'intende – ha una cultura sociale esageratamente patriarcale, noi abbiamo un'idea piuttosto differente sulla gerarchia sociale divisa in base ai sessi. Siamo semplicemente dell'opinione che una donna non abbia necessariamente bisogno di un uomo che badi a lei e la protegga poiché, ella, queste cose è in grado di farle anche da sola
Nel corso dei secoli abbiamo avuto moltissime donne il cui nome è rimasto impresso nella storia: imperatrici, guerriere, filosofe, storiche, matematiche, artigiane, pittrici... insomma, un bel fritto misto di tutto, che hanno contribuito a sfatare il mito della figura femminile debole e sottomessa. Non facciamo quel tipo di distinzione, ecco" concluse, bevendo un sorso di idromele.
Raf fissò l'uomo ad occhi sgranati, quasi non riuscendo a credere alle proprie orecchie: un ragionamento del genere, per lei che era cresciuta in un sistema fondamentalmente maschilista, suonava come qualcosa di sorprendente. Però, effettivamente, questo spiegava moltissime cose, a partire dal comportamento così aperto e naturale che Sulfus aveva avuto nei suoi confronti, trattandola fin da subito come una sua pari: quello non era un aspetto unico del suo carattere ma proprio un'ideologia, frutto di un sistema sociale paritario che vigeva in tutto il regno di Zolfanello City e con cui il ragazzo era stato cresciuto.
Sentì il suo interesse per quel luogo crescere di qualche altra tacca e con una certa emozione.
"Beh, non è nata per caso questa cosa" aggiunse Ascar "E non è neanche frutto di un evoluzione sociale. C'è sempre stato un grande rispetto per il genere femminile nella nostra cultura data l'origine stessa del regno" spiegò, facendo roteare l'idromele nel boccale "Dopotutto, fu proprio una donna a fondarlo."
La ragazza, che oramai pendeva dalle loro labbra, sentì la curiosità crescere ancora di più: "Sul serio?" domandò.
"Beh, certo" continuò lui, con una certa fierezza nella voce "Negli annali è soprannominata "Regina degli Inferi": fu la migliore maestra della spada che le cronache ricordino e costruì il regno con le sue sole forze, facendolo divenire in poche decine d'anni uno dei più prosperi e ricchi reami al di là delle Terre Rosse. Nomea che mantiene ancora oggi, modestamente."
Raf rimase totalmente affascinata da quel breve racconto, non sapendo che esistessero figure stoiche così di spicco avendo sempre studiato solo le vicende passate legate al proprio regno, che in quanto a storia non aveva granché da raccontare. Aveva dato un'occhiata ad altri monoscritti, ma perlopiù riguardanti leggende e miti di altre nazioni e in modo molto vago e sintetico.
"Insomma, una donna con le palle" tagliò corto Either.
"Già, peccato fosse un mezzo demone" scherzò uno dei soldati. La ragazza drizzò le orecchie a sentire quella frase, aggrottando le sopracciglia.
"In che senso?" domandò, incuriosita.
Calò il silenzio e gli uomini intorno al falò si mossero in imbarazzo, ma non diedero risposta alla sua domanda. Solo Wyrda, dopo alcuni istanti, si decise a prendere la parola: “È un racconto popolare del nostro regno, una specie di leggenda sulla nascita di Zolfanello City” spiegò, quasi divertito “È una storia che si racconta ai bambini che non vogliono dormire.”
Raf non fece una piega, ormai del tutto interessata alla vicenda, e scavalcò il tronco sedendosi tra Wyrda e Luefra “Mi piacerebbe ascoltarla” decretò, infine, aggiustandosi la gonna.
L'uomo la fissò intensamente per qualche istante, poi bevve un lungo sorso di idromele: “Molto bene” acconsentì “In quanto promessa ministrante conoscerete senza dubbio la leggenda di Zar’roc, il demone esiliato sulla terra per i suoi tentativi di rivolta contro Mefisto, il Dio delle Tenebre” cominciò. Raf annuì: aveva studiato attentamente ogni religione esistente e tutte le sue divinità, era inevitabile che si imbattesse anche in lui.
“Ebbene, si dice che Zar’roc, giunto sulla terra in forma umana, si accoppiò con una sacerdotessa mortale concependo dal suo grembo il primo essere conosciuto metà demone e metà umano: Anya, fondatrice e prima Imperatrice di Zolfanello City” spiegò “Ovviamente, essendo lei una figura così leggendaria, era inevitabile che si creassero questo tipo di storie intorno alla sua esistenza. Ma sono, appunto, solo storie: non c'è mai stato nessun riferimento ad una sua possibile natura soprannaturale in nessun documento storico ufficiale. Era solo una donna molto combattiva, intelligente e di larghe veduta” concluse, prendendo la bottiglia di liquore per riempirsi nuovamente il boccale.
“Tra l'altro se Anya fosse stata davvero un mezzo demone anche tutti i suoi discendenti lo sarebbero” puntualizzò Luefra “E non ce lo vedo molto bene il nostro principe con le corna e le ali” scherzò. Gli uomini risero e anche a Raf scappò un sorriso, immaginando Sulfus con una lunga coda appuntita.
“Io invece mi ci vedrei benissimo” esalò una voce alle loro spalle, facendoli sussultare: Temptel si era avvicinata al gruppetto, con indosso una lunga camicia da notte nera che la fasciava il corpo sinuoso e un largo sorriso sulle labbra.
“Voi stareste benissimo con qualunque cosa, Temptel” la elogiò Either, azlando il boccale nella sua direzione. La donna rise e si spostò la frangetta su un lato.
“Ovviamente” rispose, con fierezza: era affascinante e lo sapeva benissimo, perché fingere modestia? Scosse il capo, muovendo i lunghi capelli rossi, e si poggiò una mano sulla vita. “Suvvia, ora basta annoiare la principessa con queste storielle” decretò, abbassando lo sguardo su di lei “È molto tardi e domani partiremo presto, è meglio se andiate a riposare ora.”
Più che un ordine era stato un invito ma Raf sentì in esso un tono che non ammetteva alcun tipo di replica. Annuì, diede la buonanotte e s'incamminò verso la propria tenda, anche se non era del tutto sicura di riuscire a prendere sonno: sentiva su di sé l'atmosfera lugubre, se non addirittura mistica, che quei racconti le avevano lasciato e d'un tratto aveva il desiderio impellente di informarsi il più possibile sulla storia di Zolfanello City.
Forse, pensò mentre si infilava sotto il lenzuolo, era giunto il momento di rendere omaggio ai doni che le avevano portato.






Raf sbadigliò, sprofondando un po' di più nel sedile e quasi immergendo il naso nel libro. Il sole di mezzogiorno era alto nel cielo e batteva senza pietà sul mezzo di trasporto che, nonostante i finestrini aperti, somigliava più ad un forno che ad una carrozza. Miki si sventolava stancamente il volto con un ventaglio e Ruàn aveva poggiato il viso sul bordo di una delle finestre, trovando un po' di sollievo nel venticello fresco che produceva l'andatura svelta dei cavalli. Raf non soffriva eccessivamente la calura ma non vedeva l'ora di uscire da lì dentro e, oramai, non doveva mancare poi molto alla prossima sosta.
La prima cosa che aveva fatto quella mattina, prima di prepararsi per la partenza, era stato arrampicarsi su una delle carrozze per recuperare la pila di libri che le avevano portato trai vari regali di nozze. Aveva lasciato tutte le stoffe, le sete, le spezie e le porcellane a palazzo portando con sé solo i vestiti e i gioielli; più che altro perché, almeno ogni tanto, avrebbe dovuto indossarli a corte per far intendere di averli apprezzati. Era rimasta, quindi, tutta la mattina a leggere seduta in carrozza scoprendo, con sua somma gioia, che in quei libri erano descritti tutti i miti, le leggende, gli eventi storici più importanti e la geografia di Zolfanello City; vi era anche un intero trattato sulla lingua parlata anticamente nel regno.
Era tutto estremamente affascinante e Raf quasi non riusciva a staccare gli occhi dalle pagine: il suo lato da studiosa era emerso totalmente fin da quando aveva aperto il primo libro.
Dopo alcuni minuti la carrozza si fermò e Luefra si accostò ad essa, in sella al proprio cavallo: “Facciamo sosta per il pranzo” annunciò. La ragazza chiuse di malavoglia il tomo ma uscì più che volentieri all'aria aperta, saltando giù dalla carrozza appena il ragazzo la aprì. Una piccola tenda era in fase di montaggio in una radura sul ciglio della strada e alcuni uomini si stavano prodigando per accendere un grande falò su cui cuocere le pietanze. Raf respirò a fondo e si incamminò verso il luogo di ristoro dove, nella tenda, quattro donne della scorta stavano lavorando tre conigli e un cervo appena cacciati dai soldati in avanscoperta. Vedere quei poveri animali morti sul grande tavolo di legno le fece stringere lo stomaco ma pensò bene di non dire nulla a riguardo: dopotutto lei la mangiava la carne, e le piaceva molto, anche se vedere i loro cadaveri dal vivo faceva un certo effetto.
Either entrò dopo di lei, portando con sé un sacco di farina e una cesta di spezie, grano e alcune patate raccolte in un campo vicino. Sembrò stupito di vederla lì, mentre poggiava le cose sui ripiani adeguate. “Questo non è uno spettacolo adatto a voi, principessa” commentò, riferendosi allo sventramento in diretta di quei poveri animali: le ragazze lavoravano con precisione quasi chirurgica e senza battere ciglio, come se fossero abituate a svolgere quel genere di lavoro che, fino a quel momento, Raf sapeva fosse delegato esclusivamente agli uomini. Le pelli e le viscere venivano gettate in un apposito secchio per poi essere seppellite nei boschi, mentre gli organi venivano separati dalla carne e messi dentro delle vaschette.
“Può darsi” ammise “Ma mi piacerebbe dare una mano.”
Una delle donne alzò gli occhi su di lei, tagliando la testa uno dei conigli con un colpo secco di mannaia. “Non è un lavoro che dovreste fare voi” rispose, gettando il capo nel secchio “Però, se proprio volete, potete sempre sbucciare e tagliare le patate” acconsentì, indicando con un cenno del capo il cesto, senza fare una piega. Raf annuì e sfilò un coltello da uno dei rotoli di pelle: non aveva mai sbucciato una patata in vita sua ma quanto mai avrebbe potuto essere difficile? Si sedette quindi su uno sgabello e iniziò a pelarle, facendo attenzione a non tagliarsi le dita. Le prime tre non vennero perfette ma, come prima volta, era decisamente accettabile; nel frattempo ci prese la mano e divenne via via sempre più svelta e precisa. Ne aveva già sbucciate una ventina quando una delle ragazze si accostò a lei per aiutarla: finirono in meno di mezz'ora e la donna le mostrò come tagliarle della giusta misura, usando un grande tagliere di legno.
Nel mentre, due uomini avevano portato nella tenda un grande pentolone nero ricolmo d'acqua nel quale buttarono dentro l'olio, la carne tagliata in pezzi, le patate, i germogli di grano e una bel po' di farina (per dare consistenza al brodo). Il tutto venne riportato fuori e posto sul fuoco, tenuto da due grandi sbarre di ferro.
Mentre dava una mano a riordinare, Mira, la donna che l'aveva aiutata con le patate, si ritrovò a fissarla a lungo pulire il tavolo. “Siete una strana principessa, lo sapete?” commentò, guardandola con curiosità. La ragazza, presa di sorpresa, alzò le spalle.
“Sì, me lo dicono spesso” ammise, sciacquando lo straccio nel piccolo catino pieno di acqua fresca. Quando uscì di nuovo fuori trovò Either intento a girare lo stufato con un grande mestolo di legno, gettandovi dentro un pugno di sale prima di riporvi sopra il coperchio, chiacchierando amabilmente con Ruàn seduta al suo fianco.
Mancavano ancora due interi giorni di viaggio prima di arrivare a destinazione e, ogni volta che ci pensava, Raf sentiva crescere l'ansia. Per questo cercava di distrarsi in ogni modo possibile e, con tutto quello che c'era da fare durante le loro soste, avrebbe sicuramente trovato il modo di tenersi impegnata. O almeno lo sperava.
Quando il pranzo fu pronto aiutò Ruàn e Either a riempire e distribuire le porzioni, dosate in delle ciotole di terracotta, e si sedette intorno al falò con Miki per consumare la propria. Chiacchierarono a lungo, tra un boccone e l'altro, e Raf si sentì sorprendentemente a proprio agio in quello stile di vita un po' selvaggio: insomma, era seduta sull'erba e stava mangiando dello stufato con un cucchiaio di legno; niente argenteria, niente sedie imbottite, nessuno che le servisse i pasti o le riempisse il calice, nessun vestito scomodo o portamento studiato... una cosa assolutamente impensabile, per lei, solo fino a pochi giorni prima. Eppure le piaceva. Le piaceva tantissimo.
Senza alcun dubbio ciò che più stava apprezzando era proprio quel viaggio e, lo sapeva, ne avrebbe sentito la mancanza una volta giunta al palazzo reale.












Quando Raf scese dalla carrozza, il quarto giorno, si ritrovò ad osservare ad occhi sgranati l'immenso campo di papaveri che costeggiava la strada da ambo i lati. Un'infinita distesa di puntini rossi che si estendeva per centinaia di chilometri da una parte e costeggiata da alcune alte collinette rocciose dall'altra.
Mentre gli uomini si occupavano di innalzare la tenda e accendere il fuoco in vista del pranzo, Raf scivolò giù dalla stradina per atterrare in piedi tra gli alti fiori. Sorrise e cominciò ad avanzare lentamente verso una delle rupi che sporgeva direttamente su quella parte di campo; le si illuminarono gli occhi quando, in quello splendido paesaggio, riconobbe il disegno dettagliato e un po' sbiadito impresso sugli antichi manoscritti storici del proprio regno: era lì che si era svolta l'ultima battaglia tra Angie Town e Zolfanello City ed era proprio da quella rupe, a pochi chilometri di distanza da lei, che si era gettata l'Imperatrice per mettere fine alla guerra. Quei papaveri rossi, stando alla leggenda, erano sbocciati dal suo corpo esanime in sua memoria come testimonianza dell'impavido e commovente gesto.
Le vennero i brividi al pensiero di trovarsi in un luogo così storicamente e culturalmente importante e, dopo essere giunta al centro esatto del campo, si stese sull'erba lasciando che i fiori, mossi dal vento, le accarezzassero leggermente il viso circondandola con il loro profumo. Sorrise e chiuse gli occhi pensando a quanto fosse ironico che un posto come quello, nel quale un tempo si era svolta una tremenda lotta e su cui avevano perso la vita moltissime persone, era ora divenuto un paesaggio meraviglioso e pieno di vita. Respirò a fondo, beandosi del calore del sole sulla propria pelle finché questo non venne messo in ombra da qualcosa.
“Non dovreste allontanarvi così tanto da sola, ci sono molti serpenti velenosi qui in giro” esalò la voce di Sulfus poco sopra di lei, seria e impettita. Raf aprì piano un occhio, sbattendoli per abituarsi alla forte luce, e lo scorse in piedi alle proprie spalle in compagnia del suo grande cavallo nero, che teneva per le redini. Alzò un po' la schiena, poggiandosi sui gomiti, e si rese conto che quella era la prima volta in assoluto che lo vedeva da quando si erano messi in viaggio: si era chiesta, di tanto in tanto, dove passasse tutto il tempo tanto da non farsi scorgere neanche di sfuggita ma non se n'era mai preoccupata più del dovuto.
“Non lo avrei mai detto” ammise alzandosi in piedi, incurante dell'erba e delle foglie che le si erano attaccate al vestito e ai capelli. Qullo spettacolo sembrò divertire molto il ragazzo, che allungò una mano per toglierle il petalo di un papavero dal capo con estrema naturalezza.
“Sapete dove ci troviamo?” domandò, retorico, come se già sapesse la risposta. La ragazza annuì.
“È il luogo dove si è svolta l'ultima battaglia della Grande Guerra” rispose prontamente. Sulfus si voltò verso la rupe.
“Questo campo ha un significato importante per noi: una delle nostre più stimate regine si è tolta la vita quì per mettere fine alla faida” spiegò, indicando il rialzo nella roccia “Per molto tempo è stato un luogo sacro, anche se dopo la scomparsa della casta sacerdotale questa nomea è cessata lo consideriamo ancora un posto dove onorare la sua memoria” aggiunse, facendo volare le redini oltre il capo del cavallo per portarle dietro la sua testa. Si aggrappò quindi alla sella e montò su di lui con agilità, girandolo per trovarsi la ragazza di fianco “Venite, vi faccio vedere una cosa” invitò, porgendola la mano.
Raf esitò per qualche istante, sorpresa da quel gesto, infine la prese e lasciò che lui la tirasse su con estrema facilità, quasi come se non pesasse nulla. Si aggrappò alla sua camicia per non cadere e lo vide fare un cenno con la mano a Wyrda, intento a staccare i cavalli dalle carrozze; l'uomo annuì e Sulfus voltò il cavallo, dirigendosi ad andatura svelta verso le collinette. Risalirono un piccolo sentiero scavato nei ridossi fino a raggiungere la cima di un'alta roccia dove, con grande meraviglia di Raf, scorsero davanti a sé un'immensa distesa d'acqua cristallina, separata dal cielo da una sottile linea quasi invisibile.
“Avete mai visto il mare?” domandò il ragazzo, sporgendosi leggermente verso di lei. La ragazza scosse il capo, ancora persa in quella visione.
“Solo nei dipinti” ammise. Dopotutto, Angie Town era stata costruita in una valle circondata dalle montagne, per vedere il mare bisognava andare in tutt'altro paese e lei non era mai uscita dal proprio regno... fino a quel momento. Sulfus riprese il cammino, scendendo dalla collina fino a raggiunere una piccola distesa di terra macchiata d'erba e, dopo pochi metri, gli zoccoli del cavallo affondarono nella sabbia.
Raf, emozionatissima, aspettò che si fermasse del tutto per saltare giù dalla sella; si tolse le scarpette di raso e le tenne in una mano mentre sentiva, per la prima volta in vita sua, la sabbia calda sulla pelle. Si avvicinò alla riva e si fermò a pochi passi dall'acqua, lasciando che le onde le lambissero dolcemente i piedi nel loro lento e ritmico andirivieni; sorrise, estasiata, alzando lo sguardo sull'acqua limpida e cristallina che brillava sotto i raggi del sole.
“È meraviglioso” mormorò, inconsciamente, dando voce ai propri pensieri. La brezza leggera che soffiava su di lei portava con sé un dolce aroma di salsedine che la fece sentire totalmente rilassata, come se tutti i pensieri le stessero scivolando via dalla mente, attraversassero i nervi e si scaricassero nel mare per venire, infine, portati via dalle onde. Il giorno dopo, a quell'ora esatta, sarebbe arrivata dinnanzi le porte di Zolfanello City e, se prima quella consapevolezza era per lei fonte di stress, ora non intaccava minimimante quella sensazione di serenità che aleggiava beatamente dentro il suo cuore.
Era un momento troppo bello per essere rovinato in quel modo da dei pensieri così nefasti.
Respirò a fondo, felice come non le era da molto tempo, con l'unico desiderio di rimanere lì per tutto il giorno... se non addirittura tutta la vita.
Sulfus scese silenziosamente dalla cavalcatura, affiancando la ragazza nella contemplazione del paesaggio. Per lui, che sulle coste ci era praticamente nato, non era niente di nuovo ma trovava esilarante la reazione di lei a quello spettacolo.
“Sapete cos'altro è meraviglioso?” domandò, piegandosi sulla sabbia bagnata “Poter fare questo!” esclamò d'improvviso, affondando la mano nell'acqua e accompagnandola con forza in direzione della ragazza, bagnandola dalla testa ai piedi.
Raf sussultò, sentendo l'acqua gelida su di sé, e fece un balzo all'indietro. Si passò una mano sul viso fradicio, decisamente irritata, e si fece violenza per impedirsi di insultarlo. “Ve lo potevate risparmiare” sibilò.
Il ragazzo rise di gusto: “Perché? È divertente!” rispose, con una naturalezza disarmante, e per un attimo le sembrò quasi di sentir parlare Miki: avevano lo stesso modo di fare strafottente quei due; qualcosa le diceva che sarebbero andati più d'accordo di quel che credeva.
“Oh, sì, divertentissimo” borbottò, allontanandosi un po' per piazzarsi alle sue spalle. Sulfus sospirò, passandosi una mano tra i capelli: “Su, non ve la prendete...” la richiamò, voltandosi verso di lei. Raf, dal canto suo, non se l'era affatto presa ma di certo non era il tipo che sopportava in silenzio; per questo, quando il ragazzo si girò, gli poggiò una mano sulla fronte e lo spinse indietro, approffittando della sua posizione poco stabile, facendolo finire letteralmente con le chiappe in acqua, preso di sorpresa. La ragazza inspirò a fondo e si crogiolò fieramente nella sua beatitudine a veder compiuta così egregiamente la propria vendetta. Sorrise ampiamente: “Avete ragione, è davvero divertente” commentò, poggiando diplomaticamente le mani sulla propria gonna.
Il ragazzo si tolse i capelli fradici dal viso e sospirò, rassegnato: “Me lo sono meritato” ammise.
“La cosa importante è che ne siate consapevole” annuì lei, con tono canzonatorio. Si stava palesemente prendendo gioco di lui e senza il minimo cenno di rimorso o imbarazzo e si rese conto di sentirsi fin troppo a suo agio in sua presenza, anche non credeva che ciò fosse un male. Non del tutto almeno.
“Sareste così gentile dal darmi una mano, almeno?” chiese il ragazzo, allungando il braccio verso di lei.
“Anche due” acconsentì ma, appena tese la propria, Sulfus gli afferrò il polso di scatto e la tirò giù, facendola finire di faccia in quel pezzetto di oceano. Poi scoppiò a ridere di gusto, guardandola mentre si rialzava, decisamente scura in volto e più bagnata di prima.
“Andiamo... come avete fatto a cascarci?” rise, portandosi la braccia al ventre e rigettandosi all'indietro, schizzandola d'acqua. E se Raf era stata sul procinto di affogarlo si ritrovò, suo malgrado, a sorridere incredula mentre lo vedeva sguazzare allegramente sulla sabbia, con le onde che si abbattevano su di lui di tanto in tanto, scosso da un attacco di risatine isteriche.
Forse, e sottolineava bene quel forse, aveva trovato un altro lato positivo in quella storia.
   
 
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