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Autore: Nymeria87    20/08/2020    4 recensioni
dal testo:
“Ti sta bene tutto questo?” le chiese d’un tratto in un sussurro indicando con la mano le tavolate difronte a loro.
Sansa lo guardò curiosa soppesando per un momento la sua espressione costernata mentre cercava di comprendere il significato delle parole di Jon.
[...] “sei un uomo di valore Jon, ti meriti tutto questo, lo hai dimostrato sul campo di battaglia!”,
“Sono quasi morto sul campo di battaglia, e lo sarei se non fosse stato per te!”.
“Hai rischiato tutto per il Nord, è questo quello che loro vedono, un uomo che darebbe la vita per la sua terra e la sua gente...”
Per il Nord, certo, ma avrei dato la vita anche solo per te Sansa, sei stata il mio ultimo pensiero prima dell’impatto con le armate Bolton.
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Ripartiamo dalla settima stagione ripercorrendo gli eventi visti nella serie ma andando a scavare un pò piu’ a fondo, attraverso i gesti e le espressioni che hanno fatto galoppare la mia mente molto lontano, a coltivare congetture e ad immaginare ciò che (ahimè) non abbiamo potuto vedere.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Ah...che capitolo!!! Scusate ma l'ho sudato e pianto e adorato, la cosa migliore è che passo ore a riguardare i fotogrammi delle scene, riascoltare le frasi in italiano e in inglese per una traduzione più accurata possibile e visionare tutte quelle micro espressioni che danno il la ad innumerevoli interpretazioni e congetture.
Credo la scena Jonsa più emblematica di tutte, una delle colonne portanti di quest ship: la piacevolissima (se così si più dire) aggressione a Ditocorto da parte di Jon!
Spoiler: il capitolo si conclude con un personaggio a sorpresa!
Buona lettura!




Erano tutti indaffarati con gli ultimissimi preparativi quando Jon irruppe nel cortile interno; con uno sguardo d’intesa a Davos, proseguì silenzioso verso ciò che rimaneva dei metalupi in pietra a guardia dell’ingresso delle cripte, prima di scomparirvi all’interno avvolto dal suo pesante mantello. I suoi passi rimbombavano a tonfi muti sul selciato buio, il lungo corridoio era fiocamente illuminato della torce che rifrangevano su muri e statue bagliori giallo-rossicci; Jon percorse lentamente la distanza che lo separava dal tumulo dove riposavano le ossa di suo padre: la statua che lo rappresentava non sembrava somigliare al tiepido ricordo che giaceva nei meandri della sua mente ma la fredda pietra che tentava di rappresentare i suoi lineamenti, gli richiamò la sua integrità, la sua incorruttibilità e l’onore che da sempre aveva accompagnato ogni suo passo.
Jon aveva sempre tentato di vivere in funzione di quegli stessi principi, eppure aveva imparato a sue spese che il modo più onorevole di comportarsi non portava necessariamente al perseguire gli obbiettivi prefissati, inoltre aveva dato la sua parola che avrebbe fatto di tutto per proteggere il Nord.
E prima di ogni altra cosa c’era Sansa.
Ti proteggerò, lo prometto.
E l’avrebbe fatto a discapito della sua stessa integrità, della sua stessa lealtà e della sua stessa vita poichè niente sembrava avere senso senza di lei: il suo risveglio dalla morte non avrebbe avuto senso senza lei. Doveva tenerla al sicuro dal Rè della Notte e dalla sua armata. Sansa era l’unica cosa per cui valeva la pena continuare a lottare.
Era in piedi di fronte alla tomba del loro stesso padre, eppure non riusciva a provare vergogna rispetto a quei sentimenti così radicati: non avrebbe mai fatto niente per nuocerle, questo gli faceva da scudo rispetto a quell’impetuoso trasporto che indugiava su di lei in maniera differente da come un fratello avrebbe dovuto pensare ad una sorella.
Sorellastra.
Sembrarono sussurrare infide le umide mura delle cripte.
 
Quando ci rivedremo, parleremo di tua madre, è una promessa.
Jon inspirò quel ricordo legato a suo padre, in un tempo che sembrava essere lontano secoli, eppure i sorrisi dolci di Sansa e i suoi sguardi pieni lo calamitavano alla sua appartenenza Stark più di quanto non avesse osato sperare: quel legame sembrava condurlo verso chi fosse destinato ad essere e Rè del Nord pareva un titolo quasi irrilevante rispetto alla posizione che lei gli aveva conferito tramite il fiero sorriso di approvazione, apparso sul suo viso d’alabastro durante l’acclamazione.
 
Sei uno Stark per me.
 
Sei uno Stark: non avrai il mio nome, ma hai il mio sangue.
 
Poi il ricordo di quella mano a ghermirgli il braccio, quella stretta rovente come braci a scottargli la pelle attraverso i vestiti, quel richiamo urgente di occhi azzurri di ghiaccio bollente e la necessità incondizionata che in qualche modo tornava sempre a palesarsi, nonostante i loro stessi sforzi di mantenerla celata.
Devi essere più attento di nostro padre ed essere più astuto di Robb.
E come dovrei essere più astuto? Ascoltando te forse?
Sarebbe così terribile?
Quello scambio di sguardi, sofferenti di tacite emozioni, dilaniati dall’impossibilità di dar voce ai tormenti delle loro anime.
Ti proteggerò, lo prometto.
Non farò mai niente per nuocerle; per gli Antichi Dei, Padre perdonami.
 
Un sospiro abbandonò le labbra di Jon mentre sentiva il peso dei suoi sentimenti così contrastanti, incapace di negare la loro entità in quel posto sacro.
Poi una voce melliflua lo distolse dall’agonia dei suoi pensieri.
“Ho riportato i sui resti io stesso” il tono di Petyr Baelish, vellutato e infido si propagò nell’ombra, Jon si voltò quasi incredulo ad incontrare la sua figura che incedeva avvicinandosi a lui, “li portai a Lady Catelyn come bel gesto da parte di Tyrion Lannister”.
Jon lo soppesò prima di voltagli le spalle per tornare a fissare la statua di suo padre.
“Sembra sia passata un’eternità” continuò Ditocorto mentre Jon ingoiava fiele e il suo corpo elettrico cercava di contrastare la disciplina che gli rimandava la sua mente dominante.
“Porgi i miei saluti a Lord Tyrion quando lo vedrai” chiese remissivo il tordo beffeggiatore, mentre Jon tentò di reprimere il sorriso sarcastico.
Sempre attento a mantenere buoni i rapporti eh Baelish?
Ditocorto si accostò a lui, voltato a rimirare la riproduzione dei lineamenti di Ned Stark prima di parlare nuovamente: “mi ha addolorato la sua morte; tuo padre e io avevamo le nostre divergenze ma lui amava Cat immensamente” si voltò per incontrare il suo sguardo, “come l’amavo io”.
Jon sapeva cosa celavano quelle parole, Sansa gli aveva raccontato la sorta di transfert che lui sembrava aver creato tra lei e sua madre.
“Non era una tua grande sostenitrice vero?” domandò retorico Baelish senza che Jon gli desse la soddisfazione di una risposta. Non sarebbe cascato nei suoi tranelli, Catelyn Stark non aveva mai amato Jon e non ne aveva mai fatto mistero per quanto egli bramasse una qualunque approvazione da parte sua, ma non per questo il suo rispetto sarebbe venuto meno; Lady Catelyn era stata una madre amorevole per i suoi figli e una donna feroce con chi aveva attaccato la sua famiglia, eppure Baelish sembrava pronto a lordare il ricordo della persona che diceva di amare, solo per poter perseguire chissà quali subdoli piani.
“Beh, sembra che ti abbia davvero sottovalutato” riprese lui prima tornare a interfacciarsi nuovamente al tumulo di Ned, “tuo padre e i tuoi fratelli sono morti, mentre tu sei ancora qui, Rè del Nord; la nostra ultima speranza contro la tempesta imminente”.
Solo allora Jon si volto a guardarlo, con occhi inquinati dal disgusto e dall’ira repressa; girò su se stesso ad incontrarlo, a porsi come una barriera tra Baelish e quel luogo sacro, come a difendere la sua casa dal sudiciume che quell’uomo portava con se: “tu non appartieni a questo posto” bassa e roca la sua voce, piena di disprezzo che fece capolino da quel mezzo sorriso sarcastico a contorcergli il bel volto.
“Perdonami” lo accolse Lord Baelish avvicinandosi di un passo, “non abbiamo avuto la possibilità di parlarci in modo appropriato. Volevo porre rimedio alla cosa”.
Jon lo incontrò con un’espressione beffarda che tradì i suoi impulsi: “non ho niente da dire a te” disse, non volendo dare peso ne potere a quel viscido omuncolo, voltandosi e muovendo i suoi passi verso il corridoio.
“Neanche Grazie ?” domandò Ditocorto esercitando il suo potere sulla questione e facendo arrestare i passi di Jon che ancora si ostinava a non voltarsi ad incontrarlo, “se non fosse stato per me, a quest’ora giaceresti macellato sul campo di battaglia”.
Jon si era chiesto quanto tempo ci avrebbe messo a far crollare quella maschera di buoni e gentili propositi prima di arrivare al nocciolo della questione; sentiva il sangue ribollirgli al solo pensiero di dover essere in debito con una tale fecccia, poi immancabilmente gli tornò alla mente ciò che aveva dovuto subire Sansa per mano delle macchinazioni e degli intrighi di quell’essere spregevole. Il valore del debito venne immancabilmente annullato in una frazione di secondo: non gli doveva proprio niente!
“Hai tanti nemici Mio Rè, ma ti giuro che io non sono uno di loro” continuò sottile il Lord protettore della Valle di Arryn.
Jon cercò di calmarsi tramite respiri profondi, eppure la furia era solo in attesa.
“Amo Sansa...”
Non osare
“...così come amavo sua madre”
Brutale fu l’attacco di Jon, il furore di quell'impeto travolgente prese possesso di tutto il suo corpo, la collera lo avvolse, annebbiandogli la mente fino a condurlo ad uno stato di bianca pace dominata dalla riconciliazione di se con la sua stessa violenza. Il potere, che sgorgava dalla sua mano al collo di quel piccolo uomo, impegnato a contorcersi sotto le sue dita, accalcato con la schiena al muro alle fredde pietre di Grande Inverno, vibrava in una melodia ancestrale mentre i suoi occhi antracite si beavano di ogni suo tentativo di prendere aria e traevano piacere da ogni suo muto gemito.
“Tocca mia sorella, e ti ucciderò con le mie stesse mani” ringhiò feroce, con una luce di follia che trapelò dall’occhio destro, prima di rilasciare la presa, abbandonando Lord Baelish a se stesso e muovere finalmente i passi verso il cortile interno.
 
Il suo incedere fermo sul suolo umido lo catapultò fuori alla luce del mattino; la neve aveva preso a cadere lieve e l’aria fresca del Nord era come un blsamo per i suoi bollori interni. Si apprestò a montare sul suo destriero prima di voltarsi lentamente ad incontrare con gli occhi, la calamitante figura che sapeva trovarsi sulla balconata alle sue spalle: Sansa si ergeva avvolta nel suo mantello e nel suo abito scuro, circondata da quel delicato nevicare che sembrava avvolgerla in un altro tempo; un’immagine che avrebbe conservato con gelosia nel profondo del suo animo.
Jon alzò la mano in cenno di saluto, mentre lei dischiuse le labbra in un delicato sorriso prima di fare altrettanto. Risponderle allo stesso modo fu solo che facile mentre lei chiudeva quasi la mano, come a poterlo trattenere a se ancora un poco.
 
Tornerò Sansa, qualunque cosa accada ti prometto che tornerò a Grande Inverno.
Tornerò da te.
Ascoltami...
Aspettami.
 
Jon si voltò e il cavallo si mosse, oltrepassando l’arco d’ingresso.
 
Era davvero partito ed ora tutto dipendeva da lei.
Sansa prese un respiro come a farsi coraggio, mentre gli occhi ancora indugiavano sulla assordante assenza di Jon.
 
Petyr Baelish uscì in quel momento dalle cripte, la mano ancora a massaggiarsi il collo, come a darsi sollievo laddove la stretta brutale di Jon l’aveva ghermito; lo sguardo perso verso gli zoccoli scalpitanti dei cavalli in partenza prima che il richiamo della sua favorita lo portasse a contemplarla.
 
Sansa Stark, Lady di Grande Inverno e fino al ritorno de Rè, Protettrice del Nord. L’unica persona su cui i Lord potevano fare affidamento, l’unica persona a poter condurre i suoi Lord verso il disegno che Baelish stava delineando per se. Le aveva insegnato bene e con la sua bellezza e le innate capacità diplomatiche avrebbe riscosso tutto il benvolere necessario, doveva fare solo in modo che la ragazza potesse nuovamente fidarsi di lui, doveva costruire una necessità, affinchè lei cercasse il suo consiglio dinuovo.
 
 
 
 
 
Un fuoco scoppiettava nel folto della foresta; una ragazza vestita di abiti scuri, stava accucciata al terreno scaldandosi le mani.
Poi un rumore di rami spezzati, l’agitazione del suo cavallo bianco e un branco di lupi rabbiosi la circondò nella frazione di un secondo.
Un basso ringhio alla sue spalle.
La ragazza armata di una spada sottile si voltò con occhi grandi ad incontrare la belva che maestosa si stagliò alle sue spalle: non era un semplice lupo, era molto più grande, dal manto grigio e occhi gialli come monete al sole.
La ragazza soffiò un nome in una nuvola di condensa, azzardò un passo verso l’animale prima di poggiare la sua arma affusolata al suolo.
“Nymeria sono io, Arya”.
Le iridi della Metalupa a scrutarla sospettose.
“Piccola, sto andando a Nord” continuò con voce dolce la ragazza.
“Torno a Grande Inverno, sto finalmente tornando a casa” disse azzardando un’altro passo.
“Vieni con me” sussurrò alzando una mano per protendersi verso la grande bestia.
La Metalupa la fissò con occhi buoni, riconoscendo la sua controparte, consapevole di chi aveva di fronte e di chi invece non aveva di fonte.
Nymeria abbassò il muso ad annusarla ancora una volta.
“Vieni con me” un tono quasi in supplica il suo, una melanconia verso un tempo passato, una speranza uccisa tanto tempo prima.
Gli occhi grandi di Nymeria sembrarono sussurrarle una verità a cui nessuna della due sembrava poter fuggire.
Nymeria fiutò l’aria prima di voltarsi in un sommesso uggiolio e lasciarla alla sua strada.
Silenziosi gli altri lupi seguirono la capobranco come fantasmi, abbandonando Arya a scontrarsi con la dura realtà della solitudine; aveva intrapreso quella strada tanto tempo prima, lo avevano fatto entrambe.
 
Arya respirò e cacciò indietro le lacrime, l’ombra di un triste sorriso ad incrinarle le labbra: “non sei più lei”.
   
 
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