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Autore: kibachan    20/08/2020    2 recensioni
[Baby Netflix]
[Baby Netflix]Cosa succede a Fabio dopo la fine della seconda stagione? E a Brando sopratutto?? L'esperienza spaventosa del suo collasso sarà l'occasione per riavvicinarsi, e iniziare a lavorare per cominciare ad essere... davvero sé stesso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Cap 15

 

 

DOMENICA

 

 

Fabio si svegliò spontaneamente intorno alle 10. Tirò su una mano a stropicciarsi gli occhi e, riprendendo contatto col proprio corpo, si rese conto della striscia di calore che gli premeva sull'addome. Guardò giù. Era il braccio di Brando a provocargli quella piacevole sensazione di peso. Il ragazzo stava a pancia in sotto ancora profondamente addormentato. Fabio fece un sorrisino alla sua espressione rilassata, sprofondata nel cuscino. Si girò piano nel suo inconsapevole abbraccio per recuperare il telefono dal comodino. Lo stacco dal caricabatterie

 

(sì, quel fortunello lo aveva ritrovato nello spogliatoio proprio dove lo aveva lasciato)

 

constatò l'ora e decise che era arrivato il momento di alzarsi. Scostò piano il braccio di Brando dalla sua pancia e sollevò appena la coperta per scendere dal letto. Nel farlo scoprì appena il ragazzo e notò la spalla nuda che usciva dalla coperta. Aggrottò le sopracciglia. Sollevò appena la coperta per sbirciare sotto. Solo i boxer.

Era strano, freddoloso com'era almeno la maglietta se la teneva sempre. Fece spallucce e si chinò su di lui per poggiargli un bacio sui capelli, poi uno sulla fronte. Lo vide strizzare gli occhi, e gliene diede un altro piccolino sulla guancia. Brando emise una specie di lamento.

“buongiorno raggio di sole eh..” ridacchiò Fabio seduto in mezzo al letto “so le 10” precisò. Vedendo che non dava segni di vita si avvicinò e gli accarezzò un attimo la guancia col naso prima di stamparli un altro bacio “dai Bra...” “ancora 5 minuti...” biascicò il moro con gli occhi ancora ben serrati. Data la vicinanza Fabio non potè fare a meno di sentire la zaffata di alcol che veniva dal suo respiro. Storse il naso infastidito da quell'odore “ma quanto hai bevuto?” gli chiese facendosi aria davanti al naso con la mano. Brando fece un verso sofferente, racimolando tutta la sua determinazione per mettersi seduto e si strinse la tempie tra pollice e medio della mano destra. Sul dorso aveva ancora stampato il timbro con il logo del Macro. Fabio soppresse una risatina per la sua espressione allucinata “seratona ieri eh?” lo prese in giro “potresti non urlare? Ho un mal di testa da record...” piagnucolò Brando lottando ancora per spiccicare gli occhi “non sto urlando” ridacchio Fabio. Dopo un minuto il riccio fu in grado se non altro di aprire gli occhi e di guardarlo con aria sofferente. Si passò le mani sulla faccia un paio di volte “ma i vestiti? Perchè sono senza vestiti?” chiese guardandosi addosso “ah se non lo sai tu..” commentò Fabio incrociando le braccia al petto e poi, decidendo che Brando non era nelle condizioni di subire scherzi, aggiunse “fino ad arrivare a casa ce li avevi, sono sul pavimento”. Il moro grugnì d'approvazione.

“quanto hai bevuto?” gli chiese di nuovo Fabio, questa volta con una piccola nota di rimprovero nella voce “open bar...” fu la laconica risposta. L'altro roteò gli occhi “allora mi sorprendo che tu sia stato in grado di ritrovare la strada di casa” scherzò... anche se un po' lo preoccupava l'idea di lui ubriaco fradicio alla guida.

“senti..” gli stava dicendo lui in quel momento, probabilmente cogliendo la sua disapprovazione “o bevevo o rimorchiavo, che preferisci?” gli disse ironico, cominciando a svegliarsi “preferisco aiutarti a vomitare nel dopo sbornia” rispose forse un po' troppo di fretta Fabio, facendo sogghignare Brando “ecco..” commentò continuando a massaggiarsi la fronte e poi aggiunse “tranquillo che non vomito comunque, non mi succede quasi mai, mo mi riprendo” Fabio annuì “vado a farti un caffè va, di quelli tripli, così ti snebbia il cervello” annunciò alzandosi dal letto “te lo porto qui?” aggiunse quasi sulla porta. Brando sfoderò un sorriso “oddio ti amerò per sempre se lo fai” esclamò lasciandosi ricadere di nuovo a pancia in sotto sul cuscino. Fabio ridacchiò “è una dichiarazione Bra?” il ragazzo lo guardò con l'unico occhio che sporgeva dalle braccia, messe a mo di cuscino “può essere..” ironizzò facendogli un mezzo sorriso dei suoi, che fece arrossire Fabio, suo malgrado.

 

 

 

Poco dopo stavano seduti tutti e due in cucina a fare colazione, con Giovanni che leggeva il giornale al suo solito posto. Fabio occhieggiò Brando. Si era ripreso in maniera incredibilmente repentina, doveva ammetterlo. Sembrava quasi normale anche se, a lui che lo sapeva, non sfuggiva che, ogni volta che suo padre poggiava il cucchiaino nella tazza, per Brando il rumore doveva assomigliare a un colpo di pistola alle sue tempie dolenti. Nascose il viso nella tazza di caffèlatte per non far vedere che gli veniva da ridere.

“allora ragazzi” esordì l'uomo senza tuttavia staccare gli occhi dal giornale “avete pensato all'argomento per la tesina d'esame? Ormai non manca molto..” Brando sollevò la testa guardandolo esterrefatto “wo wo wo! Così di botto? Prima del caffè? Che cattiveria..” commentò. Giovanni gli donò un'occhiata di rimprovero, con un sopracciglio sollevato “Brando, ne hai già presi due di caffè” replicò con calma “io sì, ci ho pensato” intervenne Fabio, più che altro con l'intento di toglierle l'altro d'impiccio. Il padre lo guardò piacevolmente sorpreso “ah si? Sentiamo..” gli disse. Fabio arrossì visibilmente “beh tipo... l'iconografia, per raccontare momenti storici importanti” borbottò a bassa voce, non staccando per tutto il tempo gli occhi dal contenuto della sua tazza “dalle incisioni rupestri fino alla.... fotografia” l'ultima parola la disse a volume appena udibile. Brando gli gettò un'occhiata affettuosa per l'imbarazzo con cui parlava di quello che gli piaceva, mentre Giovanni sollevava lo sguardo al soffitto soppesando l'argomento “beh non male” commentò “originale” Fabio fece un incredulo sorriso “sai che Fabio gli piacerebbe fare fotografie di mestiere?” buttò lì Brando a quel punto, a bruciapelo. Fabio per poco non si strozzò e, sotto lo sguardo sorpreso del padre, gli mollò un calcio sotto al tavolo, fulminandolo con lo sguardo “così ti impari a fare il secchione” gli sibilò Brando tra i denti “io sì, ci ho pensato” ripetè facendogli il verso della voce.

 

In realtà lo aveva detto per aiutarlo, perchè sapeva che ancora aveva parecchia soggezione di suo padre, ma la sua reputazione da stronzo prima di tutto.

 

Giovanni li guardò divertito “Vabbè Fabio, poi ne parliamo” tagliò corto. Fabio lo fissò, sorpreso che non avesse archiviato la faccenda con un secco -non se ne parla- incassò la testa nelle spalle. I discorsi (o meglio i monologhi) padre/figlio per lui erano sempre stati particolarmente temuti e ansiogeni, ma forse per una volta poteva pensarci con un pizzichino di speranza.

Giovanni tornò a dare attenzione all'altro ragazzo “stanotte sei tornato alle 4...” gli disse trapassandolo con un'occhiataccia. Il ragazzo corrucciò la fronte “ma tu non dormi mai?” gli chiese sorpreso, e poi guardando Fabio aggiunse “non dorme mai tu' padre..” Fabio rise e Giovanni ravvivò il giornale scuotendo la testa “e chi dorme quando siete fuori casa..” commentò, e poi immergendo di nuovo il naso nelle notizie aggiunse “se un giorno avrete figli mi capirete..” borbottò.

I ragazzi si rivolsero un'identica occhiata perplessa, poi Brando, mimando platealmente il gesto di -che palle- si alzò e iniziò a togliere le tazza dal tavolo, dopo essersi dato una sistemata al cavallo dei pantaloni. Fabio lo seguì in piedi e si stiracchiò mentre l'altro raggiungeva il lavandino. Afferrò i due pacchi di biscotti e il sacchetto del muesli di suo padre e si avviò agli scaffali pensili di fronte al lavandino, alle spalle di Brando.

“permesso..” gli disse poggiandogli una mano sulla parte bassa della schiena per spingerlo lievemente avanti per passare, nella strettoia tra lui e i pensili. Brando si voltò chiudendo il rubinetto e si addossò appena al lavandino per fargli spazio. Lo osservò alzarsi un secondo sulle punte per mettere la roba nello scaffale più in alto e poi girarsi, sorridendo di trovarselo a così pochi centimetri. Brando gli sorrise a sua volta e lo tirò a sé per i laccetti della felpa, chinandosi su di lui per poggiargli un bacio leggero e morbido sulle labbra. Fabio lo guardò per un attimo e poi si avvicinò di nuovo per restituirgli il bacio a stampo.

 

Giovanni si voltò un istante a lanciargli uno sguardo, rigirandosi poi subito dopo, scuotendo la testa sorridendo. Mamma mia che appiccicosi!

 

Brando afferrò Fabio per una spalla per trattenerselo vicino quando tirò indietro la testa, e lo coinvolse in un bacio più lungo e approfondito, anche se ancora solo con le labbra. Fabio gli serrò la vita tra le mani, premendo la bocca contro quella di Brando. Ormai il suo respiro sapeva quasi solo di caffè, con solo un vago sentore di alcol. E comunque, pensò, adorava baciarlo in qualsiasi situazione si trovasse .

 

Giovanni abbassò il giornale sentendo il sommesso rumore di baci alle sue spalle.

1-2-3-4-5-6......10-11....15 secondi consecutivi “oh ragazzi!” sbottò a quel punto facendoli separare di botto “e andatevene un po' di là!!” esclamò ridacchiando. Fabio si passò di fretta una mano sulla bocca, completamente rosso in faccia, si era quasi dimenticato che c'era anche suo padre, pensò mentre Brando rideva accanto a lui.

 

 

 

POCO DOPO

 

Giovanni guardò l'orologio facendosi due conti, mentre intascava rapidamente le chiavi della macchina e quelle di casa, dalla ciotola accanto alla porta. Toccò la maniglia e poi tornò indietro, improvvisamente resosi conto che non li stava neanche avvertendo che usciva, tanto era preso dalle sue intenzioni.

Attraversò il corridoio fino alla camera di suo figlio e si affacciò alla soglia della porta aperta. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito dopo, rendendosi conto che i ragazzi non lo avevano sentito arrivare ed erano immersi ognuno nei propri pensieri. Si prese un momento per guardarli. Brando stava seduto sul letto, con la schiena curva a scrutare lo schermo del suo telefono. Teneva una gamba giù, fuori dal letto e una ripiegata sopra al materasso a fare da cuscino a Fabio, che invece stava steso completamente, le caviglie accavallate, gli occhi chiusi e le cuffie della musica nelle orecchie. Brando teneva la mano non occupata dal telefono abbandonata intorno al suo collo, col pollice gli accarezzava distrattamente l'angolo della mascella.

Lo sguardo di Giovanni si intenerì per un istante. Gli sembrava non ci fosse niente di più naturale di loro due così, rilassati in una pigra mattina di Aprile. Lasciò andare un sospiro grave, mentre si incupiva leggermente, conscio della difficoltà di ciò che si apprestava a fare. Il riccio alzò la testa, accorgendosi della sua presenza, donandogli uno sguardo interrogativo

“devo uscire” gli disse Giovanni a voce bassa, non seppe perchè “non so bene quando torno, tanto voi per pranzo vi arrangiate no?” Brando annuì aggrottando le sopracciglia, come a dire di non preoccuparsi. L'uomo assentì soddisfatto “ci vediamo più tardi” lo salutò “oh, fate pure i compiti, se non li avete fatti ieri, intesi?” aggiunse poi per circostanza, andandosene poi senza aspettare risposta.

 

 

 

 

Giovanni gettò un'occhiata all'imponente e signorile palazzina bifamiliare che aveva di fronte. Con la facciata gialla ocra e panna, tipiche di quella zona, e gli stucchi floreali agli angoli.

Aveva rimediato l'indirizzo negli elenchi della scuola. Niente di più facile. Certo non era molto educato da parte sua presentarsi lì senza invito, e senza essersi annunciato prima, di domenica. Ma aveva ritenuto che in quel frangente l'effetto sorpresa fosse fondamentale. Sperò solo di aver avuto ragione, quando aveva immaginato che in un giorno festivo lui sarebbe stato in casa.

Il cancelletto del cortile interno lo aveva trovato aperto, ora si trattava solo di trovare il citofono, lì accanto al grosso portone di ottone e legno.

Semplicissimo anche quello, c'era un solo nome, la palazzina era tutta loro.

“De Santis” lesse a mente Giovanni sul campanello, un attimo prima di bussare.

Una donna minuta con folti capelli neri, morbidamente acconciati, venne ad aprirgli. Giovanni la riconobbe, era la madre di Brando, si erano visti quando era passata a scuola a lasciare i vestiti. L'uomo notò, cosa a cui la volta precedente non aveva fatto caso, che il ragazzo somigliava a lei, esteticamente. Il sorriso che aveva le si smorzò non appena lo riconobbe, in un'espressione apprensiva “signor preside!” esclamò sorpresa “è successo qualcosa? Brando sta bene?” chiese facendo un passo avanti per sfiorargli un braccio a questa domanda “sì, sì! Tutto bene, stia tranquilla” si affrettò a rispondere Giovanni, per placare la sua preoccupazione “anzi mi dispiace essere piombato qui senza avvisare” aggiunse “ma avrei bisogno di parlare con suo marito, è in casa?” chiese educatamente. La donna fece un sospiro di sollievo portandosi per un istante la mano al petto, poi si scostò leggermente “ma sì, naturalmente, prego entri” gli disse precedendolo dentro casa “glielo chiamo subito, è nello studio, come sempre d'altronde” si arrotolò in un susseguirsi di affermazioni di questo tipo mentre si addentrava nell'appartamento. Si voltò un attimo prima di imboccare dalla sala il corridoio che portava alle stanze da letto “senta..” lo bloccò con sguardo supplice, come se non riuscisse più a trattenersi “Brando... lui sta bene.. non è vero?” gli chiese di nuovo, torturandosi le dita delle mani. Giovanni si sforzò di farle il sorriso più rassicurante che potè “ma certo signora, sta bene, stia tranquilla” le disse in tono dolce, anche se in realtà quella donna gli faceva rabbia. Forse di più ancora di quanta gliene facesse suo marito.

Se era così in pena perchè non chiamarlo? Perchè non andare da lui?

Ricacciò questi sentimenti indietro mentre la signora De Santis scompariva nel corridoio, lasciandolo lì in piedi ad aspettare. Non era venuto lì per fare la guerra, e intendeva tener fede al suo proposito.

 

Poco dopo era stato fatto accomodare su una morbida poltrona, in salotto. Il signor De Santis era seduto di fronte a lui, separati solo dal basso tavolino da thè. Se ne stava lì a fissarlo, nella sua veste da camera lentamente allacciata sul davanti, con sguardo nervoso. Giovanni lo studiò per qualche istante, abituato com'era a interrogare adolescenti su questioni di vario genere, non era certo intimidito da un po' di silenzio pesante. Roberto De Santis era un uomo imponente anche se longilineo, probabilmente sfiorava i due metri. Brando decisamente non aveva ripreso da lui, anche se riconosceva la forma lunga e affusolata del naso e la durezza che entrambe sapevano mettere nello sguardo.

“Signor De Santis” esordì di botto facendolo quasi trasalire “innanzi tutto voglio scusarmi per essermi presentato a casa sua di domenica mattina, senza invito” gli disse in tono cordiale “ma avevo davvero bisogno di parlarle, e temevo che chiedendole formalmente un incontro, avrebbe rifiutato, visto come ci siamo lasciati l'ultima volta al telefono” aggiunse lanciandogli un'occhiata eloquente. Roberto gli fece cenno di proseguire. Giovanni si schiarì la voce “ci tengo a precisare che Brando neanche sa che sono qui, era proprio una mia esigenza avere un confronto con lei, da padre a padre. Ho un ragazzo anch'io dell'età di Brando, si chiama Fabio” si sentì in dovere di precisare a quel punto, dato che gli balenò in mente che quell'uomo poteva tranquillamente non sapere dell'esistenza di suo figlio. Roberto cambiò l'incrocio delle gambe “mi dica, l'ascolto” concesse poggiando poi il mento su una mano.

Giovanni si guardò per un attimo le mani, chiedendosi da dove cominciare, poi sollevò la testa per incontrare i suoi occhi “lei lo sa... come mai Brando è venuto proprio da me, a casa mia?” buttò lì corrugando la fronte. L'uomo scosse appena la testa chiudendo e riaprendo molto lentamente gli occhi “perchè è un bravo insegnante?” propose in evidente tono di scherno. Giovanni smorzò un mezzo sorriso, non raccogliendo la provocazione “no, non lo sa... beh io anche l'ho scoperto solo quella sera, vede Brando e mio figlio stanno... com'è che dicono i ragazzi... insieme, tipo” Roberto sgranò gli occhi, distogliendo poi lo sguardo di lato e poggiandosi indietro sullo schienale della poltrona “non so quanto fosse una cosa seria prima” aggiunse Giovanni tornando a guardarsi le mani “ma credo lo sia diventata parecchio, negli ultimi mesi” L'uomo davanti a lui fece uno sbuffo di risata scuotendo di nuovo la testa “mamma mia... è un'epidemia! Si sparge a macchia d'olio!” commentò tra i denti. Giovanni si morse l'interno della guancia per tentare di mantenere la calma “a me Fabio l'ha detto all'incirca un anno fa” si sentì di precisare “e la avverto che se fa una sola battuta squallida, del tipo che il mio ha infettato il suo, mi alzo e me ne vado, si vede che non abbiamo più niente da dirci” aggiunse in tono duro per un attimo. Roberto tacque, e Giovanni lasciò che il silenzio accarezzasse ogni angolo della stanza per un po', non staccando neanche per un istante gli occhi da quelli del suo interlocutore. Poi rilassò le spalle, lasciando andare un sospiro “signor De Santis, il motivo per cui le dico questo, è che vorrei lei capisse che non sono qui per ergermi sopra di lei” gli disse pacato “a farle vedere quanto sono stato bravo io... e lei no... sono qui per dirle che io la capisco, semplicemente perchè ci sono passato prima, sono solo qualche passo tempistico avanti” spiegò smorzando un sorriso dolce. L'uomo lo guardò con curiosità, dopo quelle parole “quando Fabio mi ha detto di essere gay, lo scorso anno” iniziò a raccontare Giovanni, questa volta con lo sguardo fisso sulle sue mani “io non ho reagito bene. Sono rimasto di stucco. Credo di non avergli rivolto parola o sguardo per giorni” ammise, e poi alzando gli occhi al cielo aggiunse con un sospiro “dio solo sa cosa gli è passato per la testa in quel periodo, ancora me ne vergogno di quanto in quel momento sono riuscito ad essere egoista” lo guardò “eh sì, perchè in quel momento siamo concentrati su noi stessi anziché su di loro, non è vero?” gli chiese in tono complice quasi “mi frullavano in testa mille domande” disse ancora “la più ricorrente era, dove ho sbagliato? Sa, mia moglie è morta che Fabio era piccolo, l'ho cresciuto da solo, quindi mi sono cominciato ad arrovellare: sarò stato troppo severo forse? Troppo duro? L'ho inibito in qualche modo? O forse troppo chiuso? Non abbiamo mai parlato di sentimenti in casa.. e tutte altre cose così. In quel periodo non riuscivo neanche a toccarlo, mi sembrava un estraneo” ammise tristemente. Roberto rilassò le spalle a quelle parole, per la prima volta da quando si erano seduti. Sentendosi compreso per la prima volta da quando quella storia era iniziata “la capisco..” disse, interrompendolo senza volere, poi vedendo che Giovanni stava zitto continuò “me lo sono chiesto anche io mille volte, cosa ho fatto per farlo diventare così... troppo duro, troppo morbido certe volte, troppo assente...” “ed è qui che la volevo!” esclamò Giovanni puntandogli per un attimo un dito contro “il punto sta tutto qui, signor De Santis, io ci ho messo del tempo ma l'ho capito, non sono DIVENTATI così... loro SONO così, lo sono sempre stati” e poi poggiando gli avambracci sulle gambe per avvicinarsi virtualmente a lui aggiunse “sa io a un certo punto ho smesso di arrovellarmi.. e ho iniziato a guardarlo, mio figlio, a osservarlo, e sa che ho visto?” chiese in modo retorico “che non era diverso dal ragazzino che avevo cresciuto e con cui avevo sempre identificato Fabio, non si era... trasformato in qualcos'altro, era sempre lui. Niente di quello che la mia mente prevenuta aveva immaginato di vedergli dire o fare da quel momento in poi, era successo, era sempre... mio figlio” e poi ripensandoci meglio aggiunse “ecco, forse giusto un po' più sereno di prima” Roberto lasciò andare un lungo sospiro a questo punto, strofinandosi la mano sui capelli avanti e indietro arruffandoseli senza ritegno “eh vabbè... capisco che vuole dire... ma ciò non cambia la sostanza...” disse stringendo a aprendo il pugno come a tentare di afferrare qualcosa “non è normale che si... piacciano... tra loro, tra maschi” spiegò sputando fuori la parola piacciano come un insulto “certe cose di noi uomini piacciono alle donne, e viceversa... è da deviati sennò! Non è naturale” Giovanni scosse la testa guardandolo ora quasi tristemente, della sua ottusità “se li avesse visti stamattina, come li vedo io, non potrebbe mai pensare che c'è qualcosa di innaturale” mormorò, piano, quasi a sé stesso, dubitando di poter spiegare a parole cosa intendesse.

Roberto ancora si torturava la faccia strofinandoci una mano sopra “io davvero, credevo di aver tirato su un uomo, non una femminuccia” borbottò tra sé e sé. Giovanni trattenne malamente una risata a quel punto, facendolo voltare a guardarlo “mi creda, Brando è la cosa più lontana da una femminuccia che io abbia mai visto, glielo assicuro!” esclamò “eh ma comunque non è un uomo!” ribattè Roberto allargando le braccia “certo che non lo è!” replicò Giovanni ridendo ancora “ha 18 anni, è un ragazzino!.... ma crescerà” si infervorò appena “i suoi sentimenti, per chi li prova, non sono quelli che lo qualificano o meno come uomo... ” e poi tornando serio aggiunse “la prego... lo guardi” lo supplicò quasi “solo questo le dico, lo guardi e basta” Roberto si girò verso di lui iniziando poi, molto poco signorilmente, a mordicchiarsi l'unghia del pollice “io...” iniziò con voce quasi strozzata “io gli ho detto... e fatto... delle cose...” ammise schiarendosi la voce “di cui si vergogna immagino, anzi spero... fa bene nel caso” lo interruppe Giovanni in tono un po' brusco, ma poi si addolcì di nuovo “ma vede signor De Santis, i figli sono fatti apposta per disattendere le nostre aspettative, è vero, ma sono anche in grado di perdonarci l'impossibile, quindi non abbia paura” Roberto sospirò a lungo, gettando un'occhiata al mobiletto in cui teneva i superalcolici con bramosia. Non appena il preside avesse levato le tende avrebbe decisamente avuto bisogno del conforto di un goccetto.

“che poi..” gli disse facendo una mezza risatina “sarà una banalità eh... ma avevo sempre immaginato che sarei diventato nonno... un giorno..” buttò lì. Giovanni abbassò gli occhi sorridendo “mai dire mai...” commentò facendo spallucce “il mondo cambia in maniera così veloce signor De Santis, che non possiamo immaginare cosa sarà possibile fare nel nostro paese domani. Io e lei siamo dei fossili praticamente” scherzò “chissà... magari nonni lo diventeremo insieme” buttò lì ridacchiando. Roberto non sembrava in vena di scherzare però. Giovanni lo osservò semi sprofondato nella sua poltrona con un'espressione di profondo e meditabondo malumore. Sospirò alzandosi poi in piedi, decidendo che la sua visita fosse durata anche troppo. Roberto si alzò a sua volta e lo accompagnò alla porta, sollevato che volesse andarsene “la ringrazio di avermi ascoltato” lo salutò Giovanni stringendogli vigorosamente la mano sulla soglia della porta “e io la ringrazio di essere venuto” rispose formalmente l'uomo, ricambiando la stretta. Il preside gli trattenne la mano nella sua per un attimo fissandolo intensamente “signor De Santis.... Roberto.... la prego, ci pensi almeno, a tutto quello che le ho detto” gli intimò “e badi bene che non glielo sto dicendo per me, Brando non mi da nessun fastidio a casa, anzi. E non lo dico nemmeno per lui” aggiunse “che in qualche modo se la caverà comunque. Io lo sto dicendo per lei... e per sua moglie” aggiunse facendo cenno con la testa all'interno della casa, dove la donna si era rifugiata non appena gli aveva accompagnato davanti il marito. Roberto non mosse un muscolo ma lo guardò intensamente.

Sua moglie, seppur non protestando apertamente, non dormiva con lui da settimane ormai.

Solo quando la porta si richiuse alle spalle di Giovanni si concesse di sprofondare il viso nel palmo della mano, sospirando pesantemente, con un lieve tremore nella voce.

 

 

 

 

LA SERA

 

Fabio guardò suo padre di sottecchi mentre si allacciava le scarpe, con un piede tirato sulla seduta di una delle sedie della cucina. Non si era ancora alzato da tavola, a stento aveva toccato cibo. Già solo il fatto che non stesse brontolando perchè appoggiava il piede sulla sedia, rappresentava un campanello d'allarme.

C'era qualcosa che non andava.

 

Era rincasato nel pomeriggio mentre loro stavano studiando, ma non gli aveva quasi rivolto parola. Era rimasto per un po' a fissarli sulla soglia della camera, poggiato mollemente allo stipite, con aria pensierosa, tanto che sulle prime Fabio, che stava ripetendo a Brando storia, si era sentito a disagio perchè aveva creduto che si fosse messo lì per ascoltare.

Poi invece a un certo punto se ne era andato senza commentare nulla, con un'espressione vacua, persa su qualcosa di molto lontano da lì.

 

Brando gli si affiancò, lanciando le chiavi della macchina di poco sopra il suo naso e riacchiappandole al volo. Fabio gli fece cenno con la testa verso Giovanni. Il moro si girò a guardarlo. Stava seduto anche piuttosto scomposto, con la testa china in avanti, lo sguardo fisso sulle mani e le gambe distese lunghe sotto al tavolo.

 

Giovanni era di pessimo umore. Era uscito dalla proprietà dei De Santis con un tale peso sul petto che aveva dovuto fare una passeggiata di ore, solo per far sbollire la tensione che gli camminava sotto pelle. Poi aveva stancamente ripreso la macchina.

Nonostante il pomeriggio tranquillo trascorso, tra un libro e un giornale di sudoku, continuava a rimuginare sulla conversazione che aveva avuto con Roberto. Mettere a nudo le proprie mancanze davanti a un uomo simile era stato spossante, per di più continuava ad essere aggredito dai ricordi delle sue uscite squallide e del suo bigottismo becero.

In qualche modo era in pena per i ragazzi, toccare con mano l'esistenza di persone che la pensavano così era spaventoso.....sconsolante perfino.

 

“hem... noi papà, andiamo ok?” si schiarì la voce Fabio in quel momento, passando il peso da un piede all'altro sulla soglia della cucina “andiamo in macchina, tanto il The Space ha il parcheggio” aggiunse, senza tuttavia fare neanche un passo verso l'uscita, continuando ad essere impensierito dal suo atteggiamento.

“ok.. non fate tardi” rispose debolmente lui senza neanche girarsi. Brando gettò una rapida occhiata all'uomo e poi all'espressione preoccupata di Fabio “Giovà.. ma non ti senti bene?” buttò lì. A queste parole l'uomo si voltò a guardarli incuriosito, notando solo in quel momento l'apprensione sul viso di suo figlio “ma no, sto bene” rispose con un sorriso stanco passandosi un paio di volte la mano sui capelli, arruffandoli e poi sistemandoli di nuovo. Fabio non sembrava convinto “sicuro?” lo incalzò “guarda che non dobbiamo uscire per forza... se vuoi.... restiamo a casa eh?” propose occhieggiando Brando in cerca di approvazione che, dopo un attimo di esitazione, stava annuendo. Giovanni a quel punto scosse la testa e agitò una mano davanti al viso “ma no!” esclamò alzandosi in piedi e sforzando un sorriso, non voleva farli preoccupare “siete carini, ma davvero sto bene, sono solo stanco” spiegò avvicinandosi “è tutto a posto” aggiunse. E nel dire questo, spinto da un moto d'affetto verso di loro, li abbracciò intorno al collo tutti e due stampandogli un bacio sulla sommità della testa a ciascuno, come fossero stati due bambini. Quasi rise dell'espressione da gatto arruffato che soffia che venne a Brando, a quel suo gesto decisamente oltre la sua soglia. Fabio invece aveva su un'aria più preoccupata di prima. Non ricordava che suo padre lo baciasse da quando aveva.... 4 o 5 anni? “papà...” lo chiamò “stai per morire per caso? No perchè se sei malato vorrei saperlo..” disse in tono decisamente troppo serio “ma!” esclamò a quel punto Giovanni ridendo, e mollandogli subito dopo una sberla dietro la testa. Fabio si massaggiò la parte colpita sorpreso, mentre il padre rideva scuotendo la testa “come ti viene in mente! Roba da matti, uno sta un po' giù di tono e questi già gli scavano la fossa!” poi si voltò verso Brando con un sorrisino sornione. Quello sgranò gli occhi “hei! Guarda che io non ho detto niente, stai lontano da me!” intimò ridacchiando nervosamente mentre Giovanni, abbandonata definitivamente ogni malinconia, gli si avvicinava provando ad acchiapparlo. Brando si mise dietro a Fabio spingendolo in avanti verso Giovanni “hei!” protestò lui puntando i piedi. L'uomo rise di nuovo e si sporse afferrando il moro per un gomito “su, prendile da uomo” gli disse tirandolo verso di sé e dando anche a lui un leggerissimo schiaffetto dietro al collo. Brando lo guardò male mentre Fabio ridacchiava sotto i baffi “ragazzi” disse a quel punto Giovanni tornando serio “davvero sto bene. Scherzi a parte, grazie di esservi preoccupati. Su andatevene. Buona serata” gli intimò indicandogli la porta e sparendo subito dopo in corridoio.

 

L'uomo attese di sentire la porta chiudersi, poi alzò gli occhi al cielo, gonfiando d'aria le guance e sbuffando pesantemente.

Era ora di mandar via i brutti pensieri. Malinconico così non era di nessun aiuto. Era ora di sciacquarsi metaforicamente la faccia e ripartire. Ai ragazzi serviva qualcuno che li supportasse... non qualcuno che si piangesse addosso.

 

CINEMA THE SPACE

 

Il The Space assomigliava più a las Vegas che a un centro commerciale, con tutti quei localini prefabbricati, strapieni di luci al neon colorate. Pacchiano da morire. Ma il cinema aveva delle sale nuovissime, poltrone enormi e audio di ultima generazione. A Brando piaceva andarci, sin da ragazzino eppure, si rese conto, era davvero tanto che mancava da quel posto. Gettò un'occhiata alla schiena di Fabio, pochi passi avanti a lui, illuminata dai neon rossi del sushi bar, mentre percorrevano il vialetto di ingresso. Il sorriso che gli era venuto su spontaneo venne spazzato via dalla solita espressione dura quando riconobbe sul piazzale le sagome di Damiano, Chiara e Ludovica. Lasciò che fosse Fabio ad avvicinarsi per primo.

Damiano, non appena vide l'amico, sfoderò un sorriso e gli andò incontro “ah bello..” lo salutò mollandogli una pacca sulla spalla, prima di dare attenzione a lui “Bra...” disse facendogli un cenno di saluto col mento “ciao...” rispose lui meccanicamente, gettando un'occhiata a Chiara che baciava Fabio sulle guance, seguita subito dopo da Ludovica. Brando roteò gli occhi ingoiando un paio di parolacce.

 

Non so.... se lo voleva sbaciucchiare qualcun altro???

 

Chiara gli si avvicinò e gli sfiorò le guance con le sue brevemente, sussurrando un -ciao- freddo come lo zero assoluto.

Damiano si posizionò una sigaretta tra le labbra senza accenderla “vado a prende i biglietti” annunciò facendo ballare su e giù la sigaretta “so 10 euro a testa” “10 euro???” esclamò Ludovica corrucciando le sopracciglia “me lo regalano il film, me lo porto a casa” scherzò cominciando a scavare nella microscopica borsa di perline che portava a tracolla, facendo sogghignare Damiano.

Fabio notò Chiara mettere mano alla borsa e subito Damiano scuotere la testa “lascia faccio io...” le disse a bassa voce, con semplicità.

Chinò gli occhi sul suo portafogli, muovendo un dito su e giù tra i foglietti di carta e le banconote, domandandosi se non fosse una cosa carina che anche lui offrisse il biglietto a Brando, non seppe perchè ma arrossì imbarazzato

 

e se a lui invece avesse dato fastidio?

O se gli altri in qualche modo avessero giudicato male la cosa? Lui già non gli piaceva...

 

Era ancora concentrato sul questa sega mentale quando vide Brando tirare fuori dalla tasca un pezzo da venti e darlo a Damiano senza pensarci troppo su. Aprì la bocca per dire qualcosa ma l'amico aveva già annuito soddisfatto “accompagname va...” aveva sentenziato battendo un paio di volte la mano sul braccio di Brando per farsi seguire.

Fabio sprofondò il viso nel palmo della mano dandosi mentalmente del cretino mentre si allontanavano.

Splendido.

Così invece era sembrato che lui perdesse tempo per non tirare fuori i soldi! Che figura di merda!!

Pensò in imbarazzo, mentre raggiungeva le due ragazze vicino al cartellone con la locandina del film. Si posizionò tra loro due, squadrando con aria perplessa il tizio mascherato, con un'evidente sproporzione fisica e un machete in mano, che torreggiava sul titolo sanguinolento della pellicola.

“ma a voi davvero piace sta' roba?” chiese sollevando un sopracciglio “non guardare me, i fissati con gli sbudellamenti sono lei e Damiano” ridacchiò Chiara appoggiandosi al suo gomito e indicando l'amica “ma si!” esclamò la moretta “è divertente proprio perchè è eccessivo!” spiegò. Fabio fece spallucce “già.. pure Brando adora questo genere, era tutto felice quando gli ho detto cosa venivamo a vedere” commentò donando una nuova occhiata perplessa al cartellone. Chiara e Ludovica si scambiarono uno sguardo, poi la mora lo prese sottobraccio addossandoglisi con un sorrisino “ancora mi fa strano pensare che state insieme, lo sai?” gli confessò, mentre Chiara annuiva aggiungendo“si comporta bene con te vero?” Fabio le rivolse un'occhiata divertita “certo che si comporta bene!” ribattè “voi piuttosto, ve lo devo dire... potreste pure schifarlo un po' meno apertamente, lo so che è stato una carogna con voi in passato, però..” le rimproverò, anche se in tono dolce, guardando prima l'una e poi l'altra. Ludovica si mise una mano in mezzo al petto con un'espressione fintamente oltraggiata “schifarlo io? Ma quando mai!” esclamò “ah Ludovì!” replicò Fabio incrociando le braccia al petto con una smorfia “se le occhiate potessero uccidere ti assicuro che il mio ragazzo sarebbe cenere a questo punto!” Chiara scoppiò a ridere mentre Ludovica sfoderava un sorriso sornione appiccicandosi di nuovo al suo fianco “ma sentilo quanto gli piace dì sta parola! Il mio ragazzo!” lo prese in giro premendogli un paio di volte un dito nella guancia, facendolo arrossire di botto “sei proprio cotto Fa..” le fece eco Chiara stringendolo dall'altro lato.

 

Il massacro psicologico venne interrotto da Damiano “aho! 'namo che comincia!” urlò facendogli cenno di avvicinarsi, da qualche metro di distanza. Fabio lo benedì mentalmente, tirando un sospiro di sollievo. Vide Brando avvicinarsi a lui, mentre Chiara raggiungeva il suo ragazzo e si incamminava prendendogli la mano.

“oh c'hai na faccia... che è successo?” gli chiese il riccio sollevando un sopracciglio. Fabio scosse la testa passandogli un braccio intorno alla vita e tirandoselo un po' più vicino mentre camminavano “niente niente... fai bene tu a non avere amiche femmine” borbottò, e poi lanciandogli una breve occhiata colpevole aggiunse “senti... per la faccenda del biglietto... non vorrei pensassi ci stessi marciando sopra eh” gli spiegò in imbarazzo “stavo solo..” “stai tranquillo” lo interruppe Brando mettendogli un braccio intorno alle spalle e stringendolo a sé “dopo da mangiare lo offri tu” spiegò e poi con un sorrisino bastardo aggiunse “e non t'è convenuto, lo sai che dopo mezzanotte me viene una fame assassina!” scherzò facendolo ridere.

Ludovica li sbirciò, qualche passo dietro a loro. Vide Brando che abbracciava Fabio e gli diceva qualcosa, per poi rivolgergli uno sguardo dolce quando lui sorrise. Lo vide dargli una leggera toccatina con la fronte alla tempia. Sorrise.... a lei non l'aveva mai guardata in quel modo per il poco tempo che erano stati insieme, si capiva che con Fabio era un'altra cosa.

 

 

 

Il film era il classico horror talmente stupido da fare il giro e risultare divertente. Con tutti i clichè del caso. Un alternarsi di tiepida tensione e scene gore, con squartamenti assurdamente fantasiosi.

Fabio storse il naso appiccicando la testa allo schienale della poltrona, davanti a una scena in cui l'assassino mascherato usava le budella di un tizio per calarsi giù da una finestra. Brando sghignazzò sommessamente e poi gli gettò un'occhiata. Lo vide fare una smorfia e poi mettersi una mano sugli occhi, aprendo leggermente le dita per sbirciare attraverso. Sorrise e si sporse verso di lui “oh ma che c'hai paura?” gli sussurrò all'orecchio in tono di scherno, mettendo la mano a coppa davanti alla bocca. Fabio si mosse a disagio sulla poltrona “schifo più che altro” rispose, senza riuscire tuttavia a staccare gli occhi dallo schermo. Brando buttò uno sguardo a Damiano, piuttosto assorto, seduto accanto a Fabio. Vicino a lui invece non c'era nessuno “hai bisogno di distrarti per caso?” disse ancora, nello stesso modo di prima. Poi, senza aspettare risposta gli baciò delicatamente il lobo dell'orecchio mordendoglielo appena “Bra...” sospirò Fabio a bassa voce, come se volesse supplicarlo di smettere, e tuttavia piegando un po' la testa di lato per permettergli di baciargli anche il collo. Brando gli girò il viso verso di sé con due dita sullo spigolo della mascella “guarda me se il film non ti piace” gli disse con aria maliziosa prima di catturargli la bocca con la sua. Si baciarono solo con le labbra per qualche istante, poi Fabio si girò leggermente anche col busto e i fianchi verso di lui e insinuò la lingua nella sua bocca poggiandogli una mano sulla coscia. Brando ricambiò il bacio con altrettanto entusiasmo, accarezzando il collo di Fabio e premendolo di più contro di sé.

Damiano si voltò, notandoli, e storse il naso. Allungò una mano e spinse con mala grazia la testa di Fabio in avanti facendogli sbattere i denti su quelli di Brando “oh avete rotto er cazzo!” sussurrò ridacchiando. Brando subito masticò un'imprecazione di dolore tirandosi indietro. Fabio si voltò a guardare Damiano stupefatto, con una mano sulla bocca. Sentiva pure sapore di sangue perchè si era tagliato il labbro contro l'apparecchio di Brando

“siete venuti pe guardà il film o pe limonà!” gli disse sfottendolo davanti alla sua espressione interrogativa “sei un coglione, me so fatto male!” replicò Fabio a quel punto, mollandogli una spinta e arrossendo, mentre Brando si sporgeva davanti alle sue gambe “ah Younes ma te fai i cazzi tua!” gli sibilò tra l'arrabbiato e il divertito. Damiano gli alzò un dito medio, scherzando (all'80%) “sai dove te poi mette quel dito??” ribattè il riccio.

“shhhh!!!” esclamò all'unisono la coppia sulla settantina seduta davanti a loro, girandosi a fulminarli con lo sguardo. I due ammutolirono all'istante, più che altro per la sorpresa. Chiara scoppiò a ridere silenziosamente, contorcendosi sulla poltrona accanto a Damiano “oh ve siete fatti sgridà pure dai nonnetti!” li prese in giro, pizzicando il fianco del ragazzo che si scansò sorridendo, fintamente offeso.

Si rimisero a guardare il film. L'assassino stava continuando a sterminare allegramente ogni cosa si trovasse davanti. Nella scena corrente entrava nella stanza alle spalle di una coppia intenta in un rapporto orale, e decapitava in un colpo la ragazza la quale, per uno spasmo improbabile, amputava con i denti il membro del suo compagno, in un tripudio di urla e schizzi di sangue, la scena fece portare istintivamente la mano sul cavallo dei pantaloni a tutti e tre i maschietti del gruppo, in un sospiro di empatia per il malcapitato. Ludovica invece scoppiò a ridere fortissimo facendo crollare la testa sul collo di Chiara, che pure rise della reazione dei ragazzi.

 

Tornato il clima di pallida tensione nel film, Fabio occhieggiò Brando. Incantato per un momento dal suo profilo marcato. Definito dalla penombra della sala. I suoi ricci, che adorava, il naso dritto e lungo, la piega della labbra. Si girò di nuovo verso lo schermo, facendo scivolare la mano delicatamente sulla sua gamba, iniziando a disegnare piccoli cerchietti col dito sulla coscia. Lo notò con la coda dell'occhio che guardava un attimo in basso a vedere che faceva la sua mano.

Brando fece un breve sorriso, poi si addossò al suo lato della poltrona e gli passò un braccio dietro al collo iniziando poi a fargli grattini sulla spalla dove la sua mano era finita, rilassando la schiena e godendosi quelle coccole.

Dopo qualche minuto gettò un'occhiata a Damiano, per vedere se avesse ancora qualcosa da ridire, e aprì per un attimo la bocca dalla sorpresa, ingoiando a stento un'imprecazione, quando lo vide intento a infilare la lingua nella bocca di Chiara. Si tirò seduto togliendo il braccio dalle spalle di Fabio, che lo guardò stupito “guarda quell'infame” gli disse a bassa voce facendo cenno col mento alla sua sinistra “loro possono e noi no?” chiese mentre l'altro si avvedeva di quale fosse il problema “tiragli una pizza” aggiunse secco “cosa??? no!” protestò Fabio corrucciando la fronte tornando a guardarlo “shhhh!!!” si girò di nuovo la signora davanti a Brando “scusi..” sussurrò lui alzando un attimo la mano e poi dando di nuovo attenzione a Fabio “eddai! Io non c'arrivo! Fallo tu!” “SHHHH!! Ma insomma!!” protestò ancora la donna “eh signora mi dia tregua però!” protestò a quel punto Brando “non è che se sta a guardà Kubrick eh????” aggiunse facendola voltare con aria oltraggiata e ridacchiare Fabio. Brando non perse un altro secondo, si alzò per metà, allungandosi poggiato alla spalla di Fabio e schiaffeggiò anche con poca delicatezza la testa di Damiano, ripiombando subito seduto prima che si girasse. Damiano lanciò un 'occhiata di fuoco a tutti e due e Brando ebbe pure il coraggio di indicare Fabio, il quale sussultò impanicato per l'accusa e gli mollò una sberla al braccio. Poi tutti e tre trattennero malamente una risatina, Brando facendo una mezza pernacchia nel palmo della mano.

Nel frattempo il killer aveva fatto fuori tutti i componenti della confraternita che con il rito satanico l'aveva evocato, e ora si apprestava ad uscire dal campus, andando ad incontrare la vera protagonista della storia: una giovane prostituta d'alto bordo che, scambiandolo al citofono per un cliente, lo faceva entrare nella casa chiusa, e poi avrebbe passato la successiva ora ad urlare nascondendosi da lui in ogni modo possibile.

La ragazza aveva lunghi capelli biondi e un viso innocente, apparentemente irrealistica in quel ruolo. Brando gettò un'occhiata fugace a Chiara, che a quanto pare sembrava aver fatto il suo stesso parallelismo, data l'espressione tesa che aveva su in quel momento. Il divertimento era stato spazzato via dal suo viso.

 

Quando la sala si illuminò di botto per il fine primo tempo, Ludovica si stiracchio soddisfatta e gettò un'occhiata curiosa a Chiara, che invece era schizzata in piedi.

“vado in bagno” sentenziò la bionda “vuoi che venga con te?” propose l'amica afferrando già la borsetta, ma Chiara la bloccò con un cenno della mano “no, ci metto un attimo” e detto ciò scavalcò le sue gambe affrettandosi sulle scale.

Brando chiamò Fabio con un tocco sul braccio, mentre era intento a chiacchierare con Damiano, e gli mimò il gesto di fumare con due dita davanti alla bocca, quando quello si voltò a guardarlo. Fabio annuì e Brando si alzò in piedi iniziando a tastarsi le tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette. Uscì dalla sala, posizionandosi la sigaretta spenta tra le labbra, e si avvicinò alla porta antipanico, che dava sulle scale antincendio.

Si fermò per un attimo sorpreso sulla soglia, quando notò Chiara in fondo al ballatoio, immobile a guardare la sfilza infinita di macchine nel parcheggio.

 

Ma non era andata in bagno?

 

Ponderò per un attimo l'idea di cercarsi un altro posto, poi scosse la testa scartando questa opzione, e si avvicinò circospetto. Si tolse la sigaretta dalle labbra tenendola tra due dita della mano destra, quando le arrivò a fianco. La sbirciò per un attimo. Si abbracciava il busto infreddolita e alzò gli occhi al cielo scuro della notte quando si avvide della sua presenza.

“che sei venuto a fare?” gli chiese in tono brusco. Urtata che l'avesse quasi sorpresa a piangere

“fumare” rispose Brando semplicemente, poi con tono ironico aggiunse “tu piuttosto, non sapevo avessi imparato a pisciare in piedi...” Chiara scosse la testa con una mezza risata scocciata “idiota...” borbottò. “t'ha dato fastidio? La scena della puttana perseguitata?” le chiese lui a bruciapelo, ignorando la sua reticenza. La ragazza si voltò a lanciargli un'occhiata, un misto tra infastidita dalla parola puttana.... e colpita che avesse capito così facilmente cosa la turbasse.

“beh non verrò certo a confidarmi con te” replicò nonostante tutto, tornando a guardare dritto avanti, sperando che se ne andasse. Brando invece tirò fuori dalla tasca l'accendino e si accese la sigaretta, come a lasciar intendere che non aveva alcuna intenzione di schiodare “però sono l'unico a sapere perchè... ti turba così tanto” insistette girandosi verso di lei “o sbaglio?” aggiunse con tono indagatore. Chiara gli rivolse ancora un breve sguardo “sì... è così...” confermò debolmente, detestando dargliela vinta, ma contemporaneamente desiderando proteggere Ludovica dalla sua scomoda attenzione. Lui non sapeva che c'era anche lei in quel giro. E le cose dovevano ASSOLUTAMENTE rimanere così.

“è una paura che un po' ho sempre” confessò con riluttanza “ quella che un giorno arrivi uno squilibrato che chissà che vuole farmi..” Brando annuì, facendo un tiro e poggiando gli avambracci alla balaustra. Lasciò andare lentamente il fumo via dalla labbra, guardando di sotto, contando distrattamente le macchine del parcheggio. Il familiare senso di disagio, che aveva sempre nei confronti di Chiara dai loro ultimi trascorsi, si fece sentire più martellante dopo quelle parole.

 

Era stato lui lo squilibrato di cui avere paura quella volta?

 

“ascolta...io ci tenevo a dirti una cosa” disse dopo qualche istante che passavano in silenzio, facendola girare di nuovo col viso verso di lui “volevo chiederti.... scusa... per quella sera là... a casa di Carlo” stavolta era lui a non guardarla però. Si contemplava le mani. Chiara distolse lo sguardo di nuovo facendo spallucce, per niente impressionata dalle sue parole “mi sembrava ti fossi già scusato...” commentò ironica “beh questa volta sono scuse sentite” ribattè Brando tirandosi su e guardandola “e questo che significa? Che sono tenuta ad accettarle per forza??” lo fronteggiò lei piantandogli gli occhi chiari nei suoi. Brando girò il viso, lasciando andare un sospiro “no. Immagino di no” sussurrò facendo un passo indietro e tornando a poggiarsi sul corrimano. La sentì sbuffare pesantemente mentre poggiava i reni alla balaustra, con le braccia ancora incrociate davanti, come se quella posizione potesse difenderla persino dalla frustrazione che provava. Prese ancora una boccata di fumo, ciccando di sotto, con i polsi accavallati.

Chiara gli rivolse una fugace occhiata, sbuffando di nuovo. La irritava il fatto di cogliere che fosse realmente dispiaciuto, la irritava rendersi conto, da come vedeva Fabio felice da quando stava con lui, che doveva esserci altro dietro la corazza da stronzo che si era costruito. Avrebbe voluto essere arrabbiata con lui per tutta la vita, ma sentiva che non ce l'avrebbe fatta dopotutto.

Si staccò dal corrimano con un colpo di reni e si avviò alla porta antincendio per rientrare

“Brando...” lo chiamò quando già aveva toccato il maniglione antipanico. Lui si girò dalla sua parte “ti perdono” disse solo la ragazza, un attimo prima di sparire nel vano della porta. Lasciandolo lì con un espressione sorpresa dipinta in viso.

 

  
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