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Autore: Corydona    23/08/2020    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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«Il palazzo va a fuoco!»

Seguirono altre grida, passi tra i corridoi del Sogno d'argento e anche chi non era stato svegliato dalle voci in strada fu destato da quel trambusto.

Giampiero si vestì in fretta, comprendendo che non c'era un minuto da perdere. Non osava immaginare nulla, sapeva che doveva verificare con i propri occhi che quelle urla all'albeggiare non fossero solo dettate da suggestioni degli abitanti di Mitreluvui.

Scese al pianterreno, dove i clienti della locanda si erano radunati attorno ad alcune persone che parlavano in maniera concitata.

«Ho portato mia figlia lontana da lì, lei voleva continuare a vedere... non aveva mai visto un incendio, ma avevo paura che ci saremmo rimasti secchi anche noi, ma il fuoco si è fermato al muro e si è spento, di colpo. Di colpo, vi dico!»

Il marchese vide Bianca De Ghiacci scuotere lievemente il capo, come se non riuscisse a credere a tali parole. Era impeccabile persino a quell'ora, con un abito blu a fasciarle il corpo, con il collo niveo adornato da quello zaffiro di famiglia.

Si avvicinò alla locandiera che stava versando del caffè in numerose tazzine.

«Eleonora, è vero?»

La donna sollevò gli occhi su di lui, ancora assonnata. «Pare di sì... se la regina e il principe erano lì... siamo senza sovrani. Sarà un dramma enorme per tutti noi. I Lotnevi erano saggi e sempre attenti alle esigenze del popolo, è difficile che chi li sostituisca riesca a essere come loro. Sono una famiglia rara.»

Giampiero sospirò, devastato da quella notizia. Non si trattava solo dei Lotnevi, c'era ben altro in gioco...

«Devo andare a vedere con i miei occhi. Si può andare?»

Lei gli porse una tazza e dello zucchero. «Nessuno ha vietato nulla» gli rispose. «I soldati non si sono visti, forse quelli al palazzo...»

La locandiera si interruppe, e posò la mano sul bancone, cercando di fermarne il tremolio.

«Era un mostro di fuoco, vi dico!» stava raccontando un altro uomo alla folla radunatasi. «Un mostro che ha divorato tutto!»

«Eleonora...» mormorò il Tirfusama. Aveva immaginato quali pensieri avessero attraversato la mente di quella donna tanto gentile. «Sono certo che suo figlio non era a palazzo. Sarà insieme agli altri al confine...»

«Lo voglio sperare» sussurrò lei. «Non ho sue notizie da molti giorni, stanno portando avanti delle operazioni segrete e non vorrei che...»

Non terminò la frase, travolta dalla paura di non vedere più il suo bambino ormai diventato uomo.

«Questo caffè arriva?» sbraitò qualcuno tra gli avventori.

La locandiera posizionò le tazze su un vassoio e con uno sguardo malinconico si congedò dal Tirfusama, che venne subito affiancato da un'altra figura.

«Nicola era tenuto lì, vero?» mormorò Bianca, con aria grave.

Lui chinò il capo. «Anche Luciana.»

«Questa storia non mi piace... voglio tornare a casa prima che la situazione precipiti. Non mi sento sicura a rimanere qui, stanno accadendo troppe cose che non posso controllare.»

«Le controllerete, Bianca. Siete una donna intelligente e molto dotata per le strategie, sono certo che ve la caverete» disse Giampiero, prima di buttare fuori un profondo sospiro. Non le aveva mai detto cosa pensava sul suo conto, e non si voltò a guardarla, tanto era concentrato nel seguire ogni movimento di Eleonora, ignorata dai suoi clienti eppure tanto più turbata di loro a quella tremenda notizia.

«Raissa mi spaventa. Se dietro tutto questo c'è la sua mano, chissà cos'altro potrebbe escogitare per indebolirci...»

«Non lo sappiamo, per questo dobbiamo essere preparati. Il Copne è un posto sicuro da cui salpare?»

«Roberto ha ricevuto una lettera dalla principessa Milena che l'ha rassicurato. L'ha mostrata anche a me, per questo mi sento fiduciosa a tornare lì, anche se allungheremo il viaggio verso il Pecama.»

A qualche passo da loro, il vociare si elevava, ormai terminato il resoconto di chi aveva assistito all'incendio.

«Bianca, se non ci sarà più nulla da fare qui, io tornerò nel Defi. Alcina potrebbe mettervi a disposizione una nave ben equipaggiata e un viaggio in incognito... pensateci bene prima di precipitarvi al nord.»

La giovane gli sorrise riconoscente. «Vi ringrazio, ma davvero non ce n'è bisogno.»

Giampiero annuì e si congedò dalla principessa De Ghiacci. Salutò la locandiera con un'occhiata da lontano, e si incamminò verso il palazzo reale di Mitre, circondato da uomini e donne d'ogni fascia d'età che si radunavano per commentare l'accaduto. Le voci lo seguivano nelle vie, quelle secondarie e nel raggio che si ritrovò a percorrere, ma le ignorò, deciso ad arrivare il prima possibile alla sua meta.

L'aria fresca del primo mattino lo schiaffeggiava, la consapevolezza che qualcosa di terribile era avvenuto gli attanagliava le viscere e gli mozzava il respiro. Il sole ignaro compiva un nuovo giro, sebbene la sua luce giungesse fredda tra i lastricati della capitale di Cmune.

Giampiero giunse alla piazza principale e si arrestò non appena poté vedere che al di là dei cancelli c'era il nulla. Qualche albero bruciacchiato, il terreno arso come per un incendio – se davvero di incendio si era trattato – e qualche soldato che perlustrava il cortile vuoto del palazzo sotto la direzione di alcuni nobili presenti ai Lupfo-Evoco e di notabili della città.

Si avvicinò lentamente, stentando a muovere un passo dietro l'altro, senza essere in grado di radunare i pensieri e le preoccupazioni. Luciana era lì... Luciana era lì ed era divenuta polvere, così come altri nobili, così come Nicola. Aveva fatto di tutto perché la sentenza fosse emessa il più in là possibile; e quello era il triste risultato.

«E poi, di punto in bianco, è scomparso. Puff!» stava dicendo un ragazzo a un coetaneo. «Lo so che pensi che sono matto, ma sembra magia!»

«Lillo, ma quale magia!» esclamò l'altro. «Tu passi troppo tempo sui libri di storia antica!»

«Toto, so cosa ho visto, credimi!»

Il marchese li ascoltò appena, ma si voltò per guardare le loro espressioni. Il primo ad aver parlato sembrava sincero ed esterrefatto allo stesso tempo, quasi sapesse di sostenere una tesi grave a cui pochi avrebbero creduto, mentre l'altro, con maggiore pragmatismo, insisteva nel cercare le cause altrove.

«Dev'esserci un motivo serio se quell'incendio si è spento, no?»

«Certo che c'è! Se è magia, è la magia a comandare, magari a quel fuoco sono stati degli ordini ben precisi!»

«Un fuoco che prende ordini? Lillo, ma ti ascolti?» lo sbeffeggiò quel tale Toto.

Giampiero non si intromise nella discussione, ma si allontanò a grandi passi. La magia... persino il popolo istruito aveva compreso di cosa si trattava. Il marchese sospirò, gettando uno sguardo al cielo limpido verso l'orizzonte che si stava schiarendo.

La morte di Luciana e Nicola era opera di Raissa, questo gli martellava nelle tempie, pensiero tremendo di cui non riusciva a capacitarsi. Come aveva potuto appiccare l'incendio senza essere lì? Come era possibile che nessuno l'avesse notata? Se era per sua mano che Guglielmo Lotnevi era stato ucciso, se era stata lei altresì a colpire a morte la corte Dal Mare e se... e se c'era lei dietro il pittoresco assassinio dei Delle Foglie, qualcosa sfuggiva alla comprensione del Tirfusama.

Incrociò un soldato che lo riconobbe, sebbene a Giampiero gli sfuggisse di chi si trattava. Gli fece cenno di avvicinarsi: avrebbe desiderato tornare al Sogno d'argento almeno con una buona notizia.

«Marchese, voi non eravate a palazzo?» domandò l'uomo, con tono apprensivo.

«No, ero a una locanda.»

«Sapreste indicarmi se lì c'erano altri nobili che avevano partecipato ai Lupfo-Evoco?»

Giampiero lo scrutò attentamente, ma non riuscì a distinguere sul volto del militare alcun segno che potesse metterlo in allarme: la sua preoccupazione era sincera.

Gli elencò i nobili che avevano dormito al Sogno d'argento e provò una fitta allo stomaco nel fare il nome di Lavinia Lugupe. Lei albergava alla sua stessa locanda... e avrebbe certamente saputo la notizia molto presto.

«Bene, almeno ci sono dei nobili al sicuro» commentò il soldato.

«Chi era al palazzo?»

«Purtroppo la regina e il principe. Anche Luciana Lugupe, visto che era tenuta prigioniera lì... Di nobili non ce n'erano molti, erano più i delegati di paesi lontani, ma...»

«Ma?» lo incalzò Giampiero.

«C'erano di sicuro Matilde Estate e Amelia Autunno» ammise l'uomo, abbassando lo sguardo.

Le due donne che avevano assistito Donna Clara con il conteggio dei voti, rifletté il marchese. Perché Raissa avrebbe dovuto uccidere la propria madre? Non aveva già la certezza di essere lei la futura regina di Ruxuna?

«E i soldati...» mormorò. «Anche quelli che erano di guardia al palazzo sono scomparsi. E la servitù.»

Anche la corte, aggiunse mentalmente; ma dei cortigiani di Cmune nessuno avrebbe sentito la mancanza.

«Purtroppo neanche per loro c'è più nulla da fare. Ora scusatemi, ma devo andare.»

«Un'ultima cosa» lo trattenne il Tirfusama. «Michele Sanni era di turno al palazzo? Sua madre è in pensiero per lui, non riceve sue notizie da giorni.»

«No, l'ho spedito io di persona al confine a nord. Finché gli Autunno non ci attaccano, sua madre può stare tranquilla.»

Giampiero tirò un sospiro di sollievo. Almeno Eleonora avrebbe avuto una buona notizia.

Il soldato si inchinò in segno di saluto e poi si allontanò in direzione del palazzo reale, o di quel che ne rimaneva, mentre il marchese si incamminò a passi veloci verso il Sogno d'argento, desideroso di dare alla locandiera l'unica buona notizia di quella infausta giornata.

Arrivò mentre i due fratelli De Ghiacci si accingevano a partire, con i loro bagagli che venivano accatastati in due carrozze da alcuni ragazzetti, che avrebbero racimolato qualche soldo in cambio del servigio.

A scorgere Giampiero fu Menta, che sostava a un passo dall'uscio della locanda insieme alla principessa. Lui la vide, con il viso spruzzato di lentiggini, gli occhi castani attenti a ciò che la circondava: il nuovo ruolo l'aveva resa vigile, più di quanto fosse nella sua casetta nella periferia di Nilerusa. L'abito blu notte che le fasciava il corpo le donava un'aria di nobiltà e qualcosa nella sua postura e nelle sue movenze lasciava suggerire che lei avesse davvero il sangue blu e che il suo posto fosse davvero al fianco di Bianca.

Il Tirfusama ridusse la distanza che lo separava dalle due giovani, a cui rivolse un rispettoso inchino.

«Non abbattetevi» sussurrò Bianca. «Lei non l'avrebbe voluto.»

Lui annuì, senza poter più celare il suo reale stato d'animo.

«Lei non c'è più e io ho fallito. La regina ha vinto e io sono in scacco matto»

La De Ghiacci sospirò, mesta. «Non è ancora finita, Giampiero, me lo sento.»

Il marchese non poté dire nulla, perché la porta della locanda si aprì e ne uscì Roberto, trafelato.

«Lavinia ha scoperto che la figlia è morta e ora sta più di là che di qua» commentò, quasi ridendo.

«Pensa se fossero stati i tuoi genitori a ricevere questa notizia» lo rimproverò Giampiero, anticipando Bianca. «Prova a rispettare il dolore altrui»

Con la coda dell'occhio, vide Menta impallidire nell'udire quelle parole; o forse fu solo una sua impressione. Ma forse lei comprese perché, mentre Bianca si allontanava per ammonire il fratello sui suoi modi di rapportarsi con il prossimo, gli si avvicinò.

«Mi dispiace» mormorò. «Avete fatto tanto per me, vorrei potervi restituire il bene che ho ricevuto da voi.»

«Non è necessario» provò a rincuorarla lui. «L'importante è che tu sia in salvo. E non darmi del voi. Dopo quello che ho combinato non lo merito più.»

Menta scosse la testa. «Pensate alle cose buone che avete fatto e non disperatevi. Vi prego.»

Lui sorrise, e sorrise sinceramente alla giovane di Nilerusa. «Ci proverò» disse soltanto, prima di avvicinarsi a Bianca e Roberto e augurare loro una buona partenza.

Entrò nella locanda e il profumo penetrante del caffè lo riportò alla realtà degli altri, fatta di giorni che si susseguono tutti uguali, con il lavoro quotidiano, le carte imbrattate di inchiostro degli scolari borghesi, con le stoffe dei sarti e delle tessitrici, gli aromi della campagna e delle meraviglie che da lì venivano vendute in città. Non sarebbe stata una strage di nobili a fermare la popolazione, che sarebbe andata avanti. Nel segno del lutto, in onore della famiglia reale stroncata orribilmente, ma con la loro memoria a fare da guida per i giorni futuri, in attesa di cosa nobili stranieri avrebbero stabilito per quel regno.

La ressa era ancora intenta a chiacchierare, scambiandosi opinioni di ogni tipo, ma ormai Giampiero ne aveva ascoltate di tutti i tipi per prestare ancora attenzione alle dicerie. Nel profondo del suo cuore, lui sapeva la verità.

Si diresse subito al bancone, dove Eleonora ordinava lo zucchero da portare agli avventori.

«Ho una buona notizia» esordì il marchese. «Suo figlio è ancora al confine, non era a palazzo questa notte. Può essere sicura.»

La donna sorrise, radiosa. «Michele... è vivo?»

«Il generale che lo ha inviato lì mi ha garantito che non si è spostato.»

«Vi abbraccerei, se potessi» disse lei, cercando di trattenere alcune lacrime di commossa felicità.

«Vi ringrazio.»

Lui sorrise. «Non c'è bisogno di abbracciarmi. Ha visto la regina Lugupe?»

Eleonora si rabbuiò. «Qualche minuto fa è scesa qui e ha sentito la notizia del palazzo... è svenuta non appena le è stato confermato che sua figlia era lì. Qualcuno l'ha riportata in camera, tra poco le mando su la colazione.»

«Posso pensarci io?» si offrì Giampiero.

«Non vi preoccupate, ci pensa mia figlia. Mi stavo dimenticando... mentre eravate via è arrivato un giovanotto, credo sia un nobile, ma non lo conosco. Ha chiesto di parlare con voi.»

«Dove posso trovarlo?»

«Nella sala privata sul retro, vi aspetta.»

   
 
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