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Capitolo 16
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La ragazza le si gettò al collo
ringraziandola per averle salvato la vita.
“Non smetterò mai di esserti riconoscente
per il tuo gesto. Saresti potuta morire”.
“Tranquilla, tranquilla” Rispose Mai in
evidente imbarazzo “Ho solo fatto il mio dovere”.
“Non hai salvato solo me” Disse
staccandosi dall’abbraccio, o dallo strozzamento se lo guardiamo da un altro
punto di vista “Ecco…ti presento Mai e io sono Jen”
Indicò il fagottino che dormiva beato nella culla.
“Mai?” Chiese inarcando un sopracciglio, sorprendendosi
che l’avesse chiamata come lei.
“Si, ho chiesto il tuo nome al tuo
ragazzo, volevo che portasse il nome della nostra eroina. Un giorno sarà
proprio come te! Coraggiosa, forte e bellissima”
Incredibilmente dopo le sue ultime parole,
la prima frase passò in secondo piano.
Avrebbe voluto dire speriamo di no.
Se si fosse guardata allo specchio,
avrebbe visto una ragazza sola e fragile, che ha dovuto lottare contro mille
difficoltà e che per uno strano scherzo del destino, si è ritrovata a vivere la
sua vita per ben due volte, che probabilmente ha trovato l’amore della sua
vita, ma che è dovuta scappare davanti l’evidenza, perché impaurita da un
sentimento così grande.
Una paura scaturita dall’ansia che un giorno
forse sarebbe finita, di stare male per aver creduto in una cosa che alla fine
si sarebbe rivelata non vera, oppure, che sarebbe finita proprio perché
conoscevano già il loro destino e sarebbero finiti con il non sopportarsi.
Stare insieme ad una persona perché si è
forzati o perché si sa già che si deve, non era nelle sue intenzioni.
Se son rose, fioriranno…si ripeteva, per questo un giorno ha preso la
difficile decisione di allontanarsi da Trunks, anche
se questo ha significato spezzargli il cuore ed autoinfliggersi lo stesso
trattamento.
Ma avevano bisogno di staccarsi l’uno dall’altro,
questo lei l’aveva capito, complice anche la sua visione della cosa in un modo
più maturo rispetto al lilla.
Proprio quello che le è successo con Miles,
ha creduto in un sentimento che alla fine si rivelò finto, almeno per quanto
riguardava lui, la prendeva in giro ogni volta che le rivolgeva la parola ti
amo o la chiamava amore, e magari qualche ora prima si era scopato
una ragazza nello sgabuzzino riservato alle inservienti, a sua insaputa.
A causa sua aveva perso il loro bambino,
un bambino che le ha fatto scoprire che esiste anche l’amore incondizionato e
che al mondo non esiste niente di più grande, anche se era solo un esserino poco
più di un centimetro.
Valeva la pena sacrificarsi per quelle due
vite.
“La vuoi prendere il braccio?” Le chiese Jen con un enorme sorriso, intuendo che quello fosse il suo
desiderio in quel preciso istante.
Mai allargò le braccia per accogliere
quella creatura che al contatto con arti estranei aprì gli occhi.
Non pianse, incrociarono lo sguardo per
qualche secondo e poi si riaddormentò.
Se avesse avuto poco più di un mese,
sicuramente le avrebbe sorriso.
Alla corvina bastò quel semplice incontro
d’occhi, sembrava che la piccola creatura l’avesse in qualche modo ringraziata
per avergli salvato la vita.
“Avete figli tu e quel ragazzo?” Le chiese
alludendo a Trunks.
Mai rise “Hai frainteso, non è il mio
ragazzo, è solo un vecchio amico”.
“Ah, scusami…” Abbassò lo sguardo per
figuraccia appena fatta “E’ che vi guardate in un modo…non so spiegarlo, ma
sembrate…lasciamo perdere” Tagliò corto.
“Non ti preoccupare, immagino che stiamo
dando un’impressione sbagliata su di noi”.
Sbagliata? Aveva capito giusto, ha sempre
gli occhi che le brillano quando è vicina a lui e viceversa.
Mai guardava quella bambina con occhi amorevoli
e una lacrima le rigò il volto.
“Perché piangi?” Le chiese Jen.
Le porse la bimba frettolosamente, era già
passato un anno da quando aveva perso il suo bambino, non pensava, ma le faceva
ancora male quel ricordo, forse perché a quello è legato il tradimento di una
persona da cui credeva essere amata, ma invece si era rivelato uno stronzo.
“Tempo fa ho perso un bambino” Raccontò.
“Oh mi dispiace” Quell’affermazione
l’aveva colta impreparata, non sapeva come scusarsi e cosa dirle, qualsiasi
parola sarebbe stata superflua e inappropriata.
“Non ti preoccupare, la gravidanza era
ancora all’inizio, forse era destino che non avessi quel bambino” Non ricorda
in quell’ultimo anno quante volte si era ripetuta quella frase per consolarsi.
“Ne avrai altri” Le disse amorevolmente
“…forse è una magra consolazione, io mi ritroverò a crescerla da sola, suo
padre, quando ha saputo che ero incinta se n’è andato e dall’ora non l’ho più
rivisto”.
“Sei una ragazza dolcissima, vedrai che
quando meno te lo aspetti, troverai la persona che amerà incondizionatamente
sia te che tua figlia”.
Erano due ragazze diverse, che in comune
avevano un destino funesto.
Rimasero a chiacchierare per oltre un’ora,
finchè la piccola Mai non si svegliò reclamando la
sua poppata serale.
“Ora devo andare, mi ha fatto un enorme
piacere parlare con te, mi hai sollevato il morale su molte questioni che mi
stavano tormentando da mesi, ma grazie al tuo aiuto, le affronterò con
serenità”.
“Io devo ringraziare te, se hai piacere,
ti lascio il mio numero, chiamami quando puoi” Le porse un bigliettino bianco
con impressi i numeri del suo recapito telefonico.
“Lo farò sicuramente” Disse dirigendosi
verso l’uscita e prima di richiudere la porta aggiunse “…parla con Trunks, ti sentirai ancora meglio”.
Quali inconfessabili segreti si fossero
scambiate quelle due, rimasero un mistero, ma dalle loro espressioni,
sembravano essere più leggere e serene, dopo essersi tolte a vicenda alcuni pesi dagli stomaci dopo aver ingoiato per anni dei rospi
enormi.
Mai a quell’ultima affermazione, annuì con
il capo.
*
Trunks lasciò l’ospedale quella sera, sarebbe ritornato
l’indomani nel pomeriggio per farle compagnia.
La mattina aveva una serie d’impegni a cui
non poteva assolutamente rinunciare, e a malincuore lo aveva comunicato a Mai
consegnandole anche la busta che Teo si era raccomandato di farle recapitare.
La infilò velocemente nel cassetto del
comodino senza aprirla.
“Non la leggi?” Forse il figlio del
principe dei saiyan era più curioso di lei del suo
contenuto.
“Dopo, non è importante” Tutte balle,
sapeva bene cosa poteva contenere, tempo fa aveva fatto domanda per essere
trasferita in un altro plotone, una scelta dettata dal fatto che non voleva
avere più quel viscido di Miles tra i piedi.
Il glicine e la corvina non avevano nessun
legame affettivo dichiarato, però il Trunks non se la
sentiva di lasciarla da sola e le faceva visita ogni volta che poteva.
Era bello parlare del più del meno con
lei, ridere e fare lunghe passeggiate nel giardino dell’ospedale nelle ore più
fresche, fermandosi sotto il salice piangente per ripararsi sotto la sua ombra.
Però, anche se c’era la curiosità da parte
di entrambi di sapere di più su quei dieci anni lontani, nessuno dei due aveva
ancora posto la fatidica domanda, c’era sempre qualcosa che li frenava.
Forse di scoprire qualcosa che potesse
fare male, del tipo Mai, aveva paura di scoprire che Trunks
avesse una famiglia, oppure che al momento fosse impegnato con qualcuno, magari
con Marron, ricordava ancora quell’odiosissima bimbetta bionda che gli ronzava
sempre attorno come una fastidiosa mosca.
Controllò velocemente la mano sinistra e
tirò un sospiro di sollievo quando non ci trovò nessun anello o segno di tale
unione.
Pensò anche che se avesse una storia con
qualcuno, non passerebbe così tanto tempo lì con lei, oppure sicuramente in
nome della loro amicizia passata, gliela avrebbe fatta conoscere.
Come fece Goten
quando qualche ora prima, nell’orario di visita, gli presentò Valese, la rossa riccia con cui cercava disperatamente casa.
“Allora come procede la ricerca?” Gli
chiese Trunks seduto sopra la panchina.
“Ancora nulla…non riusciamo a trovare quella
perfetta, o sono troppo grandi, oppure troppo piccole, oppure da fare troppi
lavori di ristrutturazione, si trovano in una casa trafficata, sono rivolte
principalmente a nord…” Cinguettò lei rassegnata.
“Non demordete, troverete quella perfetta”
Le sorrise Mai.
“Ma a proposito, te come stai? Ti trovo in
splendida forma!” Biascicò Goten rivolgendosi alla
corvina.
“Ogni tanto il collo fa male, ma sono
questi stupidi punti, non il graffio in se”
Insisteva a chiamarlo “graffio”, ma
faceva male, un male cane, essendo un militare aveva imparato bene a sopportare
e nascondere dolore, mostrarlo ad altri sarebbe stato considerato un segno di
debolezza.
“Ci hai fatto spaventare ragazza” Le disse
dandole una pacca sulla spalla.
“Ho fatto solo il mio dovere, niente di
più”
“Intendi che puoi anche decidere di
suicidarti?” Chiese Goten ridendo, poteva
permetterselo visto che il peggio era ormai passato.
“Non proprio” Scoppiò a ridere “…ma in
certi momenti non pensi alle conseguenze”.
“Comunque sei grande Mai, in vita mia non
ho mai conosciuto una donna che presta servizio di leva, per giunta Generale, e
così giovane. Complimenti, sono onorata di fare la tua conoscenza” Confidò la
rossa che guardava la corvina con molta ammirazione.
“Ti ringrazio Valese”
Le sorrise nascondendo malamente il dolore appena provato quando mosse la testa
dall’alto verso il basso per annuire.
“Appena posso ti porto da Dende” Le disse Trunks non
sopportando vederla ridotta così.
“Non mi serve il suo aiuto, sto bene”
Aveva sempre rifiutato le cure di quel guaritore venuto da un pianeta lontano
“…e poi come mi giustifico con i miei sottoposti se mi chiedono qualcosa non
vedendo più la cicatrice?”.
“Puoi sempre portare una benda ben
incollata per qualche tempo, e poi voi donne siete maestre del trucco e parrucco” Propose Goten ridendo guardando
l’orologio digitale che portava al polso “Urca com’è tardi, dobbiamo andare
Vale” Si portò una mano sulla fronte.
“Ah si giusto,
dobbiamo vedere quella villetta, speriamo sia la buona volta” Cinguettò felice.
“In bocca al lupo allora ragazzi” Mai li
salutò con la mano alzata.
“Crepi!” Esclamarono all’unisono prima di
vederli sparire dietro la siepe alta del sentiero a ciottoli.
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A Mai facevano piacere quegli incontri con
Trunks, perché le ricordava i bei tempi andati, e
sembrava che l’essere stati lontani tutti quegli anni, non abbia incrinato
affatto il rapporto che avevano prima, ma anzi, sembrava persino rafforzato.
“Sono proprio contenta per Goten, sembra aver trovato l’amore della sua vita”.
Il cielo iniziò a farsi scuro e a tuonare,
si sarebbe scatenato da lì a poco un tipico temporale estivo.
“E’ da un pezzo che stanno insieme, e se
stanno progettando di andare a convivere sicuramente le cose si stanno facendo
serie”
“E chi se lo sarebbe aspettato da Goten, il latin lover di turno, è proprio vero, quando si
trova l’amore vero, lo capisci subito” Lo guardò dritto negli occhi quando
pronunciò quella frase.
“Già” Asserì lui non distogliendo lo
sguardo.
Un tuono più forte e la pioggia che iniziò
a cadere prima lentamente, poi più forte, li costrinse a rientrare velocemente.
*
“Senti Goten, ma
la ragazza di prima, per caso è quella che parlava sempre Trunks?”
Gli chiese Valese curiosa.
Stavano percorrendo la statale in
macchina, dirigendosi verso quella che sarebbe diventata, forse la loro dimora.
“Si è lei perché?”
“Non danno l’impressione di essere solo amici,
si guardano in un modo…non lo so…”
“Sembrano innamorati?” Le finì la frase.
“Si, ecco, però da quello che mi dicevi
non si vedevano da tanti anni”
“Da dieci per la precisione”.
“Tu non puoi fare niente?”. Gli chiese
ingenuamente.
Goten inarcò un sopracciglio “Io? E chi sono, il dottor
Stranamore?”
“No beh…ma magari…tu sei bravo in queste
cose…a convincere la gente”
“Senti Vale, per tutto il bene che posso
volere a quei due, devono imparare a cavarsela da soli, non voglio
intromettermi negli affari degli altri.”
Valese non ci credeva, non poteva starne fuori, era nella
natura di Goten aiutare gli altri, soprattutto amici
“Va bene…vedremo se sarà così”.
“Eccola, siamo arrivati”. Cambiò lui
completamente discorso
*
Nel frattempo la pioggia e alcune nuvole,
avevano lasciato spazio ad un timido sole.
Mai osservava dall’enorme finestrone della
sua stanza, il cielo nero in lontananza, anche uno sfocato arcobaleno aveva
fatto la sua comparsa.
“Guarda Trunks!”
Gli indicò l’arco colorato, era sempre un’emozione per lei vederlo, poteva
avere anche cento anni, ma era sempre uno spettacolo unico.
Lui sorrise, quante volte da bambina lo
chiamava dopo il temporale per osservare insieme l’arcobaleno, e se non si
manifestava quel fenomeno, lo creava lui in casa con un gioco di luci e
cristalli.
“Ti ricordi quella volta che appesi alle
finestre della tua camera tutte quelle pietre trasparenti che con la luce
diretta del sole riflettevano mille colori?”
“Lo chiamasti arcobaleno fatto in casa.
Come posso dimenticarmelo, mi fai fatto felicissima, è stata una sorpresa
bellissima”.
“Eri arrabbiata perché il vento aveva
portato via le nuvole velocemente, e l’arcobaleno non aveva fatto a tempo a
saltar fuori”.
“Non mi ricordo se ti avevo ringraziato”
“No, eri troppo presa a danzare tra le
luci”
“Allora lo faccio ora: grazie” Gli sorrise
e lo abbracciò ringraziandolo anche di essere presente in quel momento.
“Ci sarò sempre per te, non devi mai
dubitare di questo” Le baciò i capelli che odoravano di more e vaniglia.
Quanto le sarebbe bastato in quegli anni
anche solo un gesto simile nei mille momenti di difficoltà, quelle braccia
erano un porto sicuro dove rifugiarsi, nessuno l’avrebbe strappata via da lì,
lui non l’avrebbe permesso.
Non si era resa conto che per quanto
quella caserma fosse diventata ora la sua casa e avesse attorno a lei tante
persone, era sola.
Lo prova il fatto che solo pochi compagni
e qualche carica alta le aveva fatto visita per sincerarsi delle sue condizioni,
tranne Teo, lui veniva a trovarla ogni volta che poteva.
“Trunks” Lo
chiamò prima che potesse aprire la porta per andarsene “Dopo domani mi
dimettono, è passato il dottore a darmi la notizia prima che arrivassi”.
Aveva già progettato di scappare, e questa
volta senza salutarlo, la sua vicinanza e la chiacchierata della sera prima con
Jen, le avevano rinvangato sentimenti che non pensava
più di possedere.
Il fato gioca scherzi strani, lei era
sicura che lasciandolo la prima volta non lo avrebbe più rivisto, e che la
lontananza potesse cancellare sentimenti che prima di allora, non credeva
potessero essere indelebili.
Continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti miei fedeli lettori, anche
oggi vi ringrazio per essere arrivati alla fine del capitolo, e come sempre vi
invito a lasciarmi una vostra impressione se ne avete voglia.
In
questo capitolo Mai e Jen hanno parlato un po' e si
sono confidate, forse perché hanno vissuto o stanno vivendo esperienze simili,
a volte ci si riesce ad aprirsi di più con persone che non si conoscono, che
con quelle a cui ci si confida sempre.
Abbiamo
conosciuto anche un altro dettaglio della vita passata di Mai e Trunks, ve lo ricordate che nel capitolo scorso si era
parlato di un cristallo appeso alla finestra dell’alloggio della ragazza?
Eccovi il motivo.
Sperando abbiate gradito anche questo, vi mando un enorme bacio e abbraccio.