Tokyo, 29 agosto, ore 22:30
Il portellone d’acciaio della
cassaforte sbatté violentemente.
Saguru non se ne curò correndo
a perdifiato lungo il corridoio, la camicia appiccicata al torace in quel museo
privo di aria condizionata. Nakamori aveva fatto spegnere il sistema di ventilazione
con la speranza di indurre ladro Kid ad usarlo, spingendo il detective a
chiedersi quanto lontano potesse giungere l’ingenuità dell’ispettore.
Kid ovviamente non l’aveva usato,
anzi, per farsi beffa dell’insulto alla sua intelligenza aveva giocato con il
termostato innalzando la temperatura interna oltre i venticinque gradi.
Il mantello bianco della sua
preda svanì oltre il corridoio sulla destra, le suole stridettero sul pavimento
nel repentino cambio marcia accompagnato dalla giacca svolazzante. La manica
sollevata ad asciugare la fronte grondante.
«Kaitou Kid ti
ordino di fermarti!»
L’urlo di Saguru fu coperto dalla miriade di
identiche frasi sbraitate dagli agenti che correvano al suo fianco. Alcuni
uomini della task force selezionata per quel furto si erano arresi qualche biforcazione
precedente per via dell’afa, altri erano prossimi ad accasciarsi al suolo da un
momento all’altro ma Saguru non era disposto ad arrendersi. Non osservando
Nakamori in testa alla fila correre come un maratoneta alle olimpiadi. Che
diavolo di allenamento faceva quell’ ispettore? Aveva venti anni in più dei
suoi, fumatore accanito eppure correva più veloce di tutti loro al suo seguito.
Saguru stesso iniziava a credere di non avere
più energie, inciampato in un ostacolo invisibile era quasi caduto a terra
rallentando inevitabilmente la sua andatura. Affannato aveva anche sfilato la
giacca gettandola stizzito in un angolo, rimpiangendo al contempo tutti i soldi
spesi per comprare quel capo d’alta moda ridotto ora a misero straccio.
Arrestò la sua andatura dinanzi ad uno dei
grandi finestroni spalancati da cui filtrava una brezza calda, volgendosi poi
verso la nube di polvere lasciata dagli altri poliziotti. Kaito era passato di
lì, eppure non era saltato oltre la vetrata per fuggire dato che nessun aliante
si vedeva all’orizzonte.
Il ladro aveva ottenuto la sua gemma, aveva avuto un’opportunità di fuga
servita su un piatto d’argento, perché continuava a farsi inseguire?
Un piccolo lembo candido svolazzante fu
attirato dalla sua vista periferica, svanito repentinamente oltre una porticina
malmessa. Senza pensarci la aprì inforcando le scale d’acciaio della zona di
servizio dirette verso il tetto.
Uno, due, tre…quaranta.
Al conteggio del quarantesimo gradino si ritrovò
sul tetto della struttura completamente immerso nel buio, i riflettori della
polizia erano stati disattivati.
Saguru sbuffò camminando a tentoni sperando
di non innescare alcuno stupido trucchetto.
«Kuroba lo so che sei qui! A che gioco stai
giocando?» l’urlo si perse in quel marasma oscuro, morse le labbra innervosito
da quel silenzio voltandosi da una parte all’altra senza riuscire a captare
alcun suono «Vieni fuori! Non ho preso il primo aereo per venire a giocare a
nascondino! Accidenti a te e i tuoi avvisi di rapina dell’ultimo secondo!»
Saguru si ritrovò a sbracciarsi nel vuoto
ruzzolando sul pavimento, maledicendo lo scalino che al buio non era riuscito a
vedere per tempo.
Quella giornata non l’aveva immaginata esattamente così.
Tra il jet lag, le ore di sauna in quell’hotel visionando schemi su schemi, le
ramanzine di Nakamori urlate con un diaframma da far invidia ad un megafono, la
sua casa ancora un miraggio lontano e la poltiglia viscosa su cui era appena
caduto – e di cui non voleva assolutamente sapere l’origine – anche la sua
pazienza poteva dirsi esaurita.
«KID! Giuro che se non ti fai vedere la
prossima volta consiglio personalmente all’ispettore l’uso di una pistola per
abbatterti!»
Saguru si voltò di scatto verso il fruscio
avvertito a poca distanza, in quella notte dalla luna coperta oltre le nuvole
un’improvvisa lucina si era accesa a pochi passi da lui. Alzatosi, aveva
ridotto la distanza dal suo oggetto di indagine mostrando una certa cautela. Per
quanto ne sapesse, poteva trattarsi della miccia di una batteria di fuochi d’artificio.
Abbassatosi a destinazione, le sue
supposizioni si erano rivelate parzialmente esatte.
Il tenue bagliore era della fiammella di uno
stoppino ma non per innescare uno spettacolo pirotecnico, bensì appartenente a
una candelina.
Un sottile bastoncino di cera azzurro incastonato
su un cupcake glassato nel medesimo colore o perlomeno così gli parve in quel
piccolo alone luminoso.
Il particolare più accattivamene fu però la miniatura del cappellino di Sherlock
Holmes accuratamente posizionato di sbieco sulla glassa.
«Happy birthday
Hakuba-kun!»
Il trillo allegro e spensierato giunse alle
sue spalle, lentamente si voltò ad osservare il ladro fantasma accovacciato in
stile ranocchia con un sorriso a trentadue denti sul viso.
Saguru restò spaesato a contemplarlo, alternando lo sguardo da lui al piccolo
dolcetto.
Doveva fargli notare che non aveva usato il tono di Kid ma la sua vera voce?
Dirgli che Kaito lo chiama così ma non Kid?
Sottolineare come in quella vicinanza la lucina del dolcetto tra le mani
illuminava perfettamente i suoi lineamenti senza maschera?
Estrarre le manette e finalmente arrestarlo?
Sì, forse Saguru avrebbe dovuto fare una di
quelle cose nell’ elenco.
Avrebbe dovuto, invece ignorò il tutto
lasciandosi sfuggire un leggero sorriso.
«Di un po’, l’avviso di rapina inviato all’ultimo
minuto proprio in perfetta coincidenza con il volo da Londra con i posti
liberi, il filo di nailon teso nel corridoio, la finestra non scavalcata per
fuggire, il sapone versato per farmi scivolare qui sopra…facevano tutti parte
del tuo piano per farmi arrivare qui sopra il giorno del mio compleanno? Per
ringraziarmi col dolcetto da quelle false accuse da cui ti ho scagionato all’ultimo
colpo?»
Kaito si limitò ad un’alzata di spalle, le
labbra inarcuate più verso un ghigno ironico.
«Non saprei, il detective di Londra fra i due
sei tu non io»
Saguru sospirò rigirando il pasticcino fra le
dita, le sue parole erano tutte esatte su questo non aveva dubbi. Mancava solo
la giusta dose di stranezza per capire a fondo i meccanismi che azionavano la
mente contorta di Kuroba, quel dolcetto avrebbe potuto tranquillamente
consegnarlo sul davanzale della sua finestra insieme a un bigliettino firmato
da quell’odiosissimo doodle.
«Già, tu sei esperto in fare magie»
«Esatto!» l’esclamazione gioiosa di Kaito fu seguita da un battito di mani da
cui esplosero una serie di coriandoli, portando il mago accovacciato seduto
davanti a lui «Quale miglior magia della serata se non l’esprimere un desiderio
soffiando sulla candelina?»
Saguru si irrigidì sollevando i suoi occhi dilatati sulla figura del mago del
chiaro di luna che l’osservava con quel sorrisetto compiaciuto stampato sulla
faccia.
Una volta trovata la strada, il labirinto contorto della mente di Kaito
diventava fin troppo chiaro.
Il suo desiderio del momento? Scoprire con certezza la
vera identità di Kid.
Soffiò sulla candelina spegnendola all’istante.
«Oh, ottimo detective! Non dirlo cosa hai desiderato altrimenti annulli la magia!»
Saguru annuì divertito assecondando quell’inutile spiegazione, non c’era
un bel nulla da annullare. Il suo desiderio si era già bello che realizzato all’accensione
della candelina a causa di tutti quegli errori volontari e Kaito lo sapeva fin
troppo bene.
Il suo amico idiota gli aveva regalato un cupcake.
Lo stesso identico dolce che per tutta la settimana si era vantato di saper
cucinare alla perfezione nella chat del gruppo di classe.
Note finali
Un saluto a tutti gli utenti del fandom! <3
Sì, sono ancora viva anche se dai miei aggiornamenti può non smembrarlo!
Spero che nonostante il periodo burrascoso che stiamo affrontando stiate tutti
bene e mi raccomando continuate a prendervi cura di voi stessi con i giusti
accorgimenti!
Prometto di portare a conclusione ciò che ho lasciato in sospeso ma nel
frattempo ringrazio tutti coloro che sono arrivati alla fine di questa mia e
alquanto breve ed inusuale storia! Vi ringrazio anticipatamente anche solo per
darle una possibilità aprendola <3
L’ho scritta di getto dopo pranzo colta dall’ispirazione, o probabilmente
volevo solo evitare di studiare (>.<) ma spero vi
strappi almeno un sorriso!
Un grande abbraccio a tutti ❤
Aky
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono
proprietà di Gōshō Aoyama, questa storia è stata scritta senza
alcuno scopo di lucro.